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IL BURATTINAIO E LA MARIONETTA: UN MECCANISMO IDEOLOGICO

Vi sono alcuni elementi che caratterizzano la problematica dell'individuo e dei suoi rapporti intersoggettivi, si tratta di postulati ideologici che possono essere assimilati metaforicamente all'immagine di un burattinaio e di una marionetta. Infatti, tale metafora è utile per comprendere il principio di subordinazione di un'entità su un'altra e di come acquisti rilevanza giuridica non l'ente subordinato in se per sé, ma il punto di vista della volontà dell'entità sovraordinata che direttamente sottomette. Alla figura del burattinaio in questo caso, si assimilerebbe lo Stato e nella figura della marionetta si troverebbe l'individuo che viene modellato e fatto agire dallo Stato sulla base di determinate situazioni intersoggettive in cui vengono concesse alcune libertà individuali. Lo Stato è l'ente che regge tutto e a seconda delle

disposizioni che esso emana, un soggetto ad es. acquista la capacità giuridica al momento della nascita (art. 1 cod. civ.), oppure, al compimento della maggiore età è riconosciuta la capacità di agire in tutti gli atti ove è richiesta dalla legge un'età diversa (art. 2 cod. civ.); sono i classici esempi di come talune norme siano costitutive di taluni status in capo ai soggetti destinatari, considerando anche il fatto che, dietro ad un atto di normazione di questo tipo, vi sono condizionamenti socio-economici frutto dell'incontro di volontà delle classi più abbienti volte a garantire un'uguaglianza più formale (quella di fronte alla legge) che sostanziale (cioè l'uguaglianza in concreto). Secondo le correnti visioni, il rapporto di supremazia fra lo Stato e l'individuo trova la sua regolamentazione in un corpus di norme denominato diritto oggettivo. Quest'ultimo poi si distingue in

diritto10pubblico e diritto privato a seconda che i precetti riguardino la sfera sovraindividuale o quella individuale. Per quanto poi concerne la sfera individuale occorre distinguere quei precetti che disciplinano la condizione del soggetto dal punto di vista statico e cioè definiscono la sua sfera giuridica quale centro di imputazione di situazioni giuridicamente rilevanti (la c.d. sfera soggettiva riconosciuta al soggetto di diritto spettante all'individuo), laddove, dal punto di vista dinamico, il diritto oggettivo disciplina le situazioni soggettive che possono creare inseno al loro titolare alcune situazioni personali di vantaggio o disvantaggio (c.d. situazioni soggettive attive e passive). Nell'ambito delle situazioni predette assume rilevanza il diritto soggettivo dal lato attivo (in quanto ricomprende l'interesse e/o la volontà giuridicamente rilevanti dell'individuo che l'ordinamento tutela e protegge) e dal lato passivo, rileva invece

L'obbligazione (quale vincolo a tenere un determinato comportamento onde consentire agli altri il soddisfacimento dei loro interessi). Sul piano poi del soggetto di diritto sono da distinguere le attività ossia i fatti e gli atti giuridici da cui possono dipendere sul piano degli effetti che ne derivano il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi delle situazioni attive e passive.

Prima di passare allo studio vero e proprio delle figure sopra esposte, è necessario chiarire alcuni concetti di ordine generale. Innanzi tutto per diritto oggettivo si intende l'insieme di norme giuridiche ossia di quei precetti vincolanti con cui lo Stato si relaziona con gli individui. Per poter spiegare il senso della giuridicità di una norma, si devono necessariamente considerare 2 importanti teorie: una definita teoria normativa, l'altra teoria istituzionale. La prima ha avuto il suo più grande teorico in Kelsen, il quale, si muove dall'assunto secondo cui le

Le norme giuridiche si caratterizzano per il fatto che la loro giuridicità è legata al principio della sanzione in caso di loro inosservanza. Sulla base di tale presupposto, Kelsen afferma che le norme giuridiche hanno un rilievo nell'ordinamento per il fatto di essere dipendenti da una norma fondamentale o primaria necessariamente implicita in ogni ordinamento giuridico degno di essere tale (si ricordi che "è non scritta") e che sancisce, in base alla volontà delle forze sociali originarie di cui ne è l'espressione, l'applicazione della sanzione in tutti i casi di inosservanza delle norme date. Quindi, per Kelsen, il diritto oggettivo sarebbe un complesso di giudizi ipotetici funzionali alla prevalenza del momento sanzionatorio.

La seconda teoria ha avuto il suo massimo esponente in Santi Romano il quale, nella sua esposizione "istituzionale" sulle norme giuridiche, ha posto l'accento non sul loro carattere

imperativo bensì sul fatto che lenorme sono collocate all’interno di un’organizzazione sociale e da essatraggono il loro carattere giuridico, la loro vigenza, il fattore legittimantea livello istituzionale. In una simile prospettiva, la norma fondamentaledi Kelsen non trova alcun spazio in quanto, la giuridicità delle norme,non viene ricavata attraverso la predominanza del carattere sanzionatorio(espresso nel comando dei costituenti originari), bensì dalla dimensionestorico-sociale dell’ordinamento che muta a seconda del mutare dellenorme che ne sono le componenti essenziali.

Queste 2 teorie, se analizzate insieme, presentano elementi in comunedati dal fatto che nessuna delle 2 si propugna di individuare il diritto“giusto” in quanto entrambi, sono ben coscienti del compito del giuristache è quello di interpretare a livello dottrinario le norme secondo lamassima oggettività e depurazione da influenze politiche. Vi è

altresì una sostanziale concordia tra i 2, circa la portata della nozione di norma giuridica: Kelsen la predilige come giudizio ipotetico, Santi Romano invece individua la norma classificandola come regola di condotta, ma entrambi pongono una particolare attenzione sul dato incontestabile secondo cui una norma, sia che abbia carattere generale ed astratto, sia che abbia carattere particolare è sempre in grado di produrre diritto e ciò nello stesso modo con cui un giudice, pronunciando una sentenza su un singolo caso, produca con essa diritto, rendendo altresì vigente ad esempio, il principio generale secondo cui "il non adempiere ad un obbligazione equivale col porsi contro un dovere e quindi si compie un'azione censurabile mediante sanzione". Il dato emergente da questa breve analisi, rileva tuttavia una costante che ciò interessa ancor di più e cioè che sia Santi Romano che Kelsen, si rifanno nelle loro teorie, all'odiernarealtà storica in cui viene accordato un sostanziale privilegio e un'assoluta sovraordinazione all'apparato organizzativo statale e alla sua potestà di emanare norme generali ed astratte quali elementi ineliminabili del diritto oggettivo. In base a queste considerazioni il problema del diritto pubblico e di quello privato, diviene essenzialmente un problema di norme generali, le quali, si distinguono per l'appunto, in base all'appartenenza all'una o all'altra sfera. Questa impostazione non esaurisce tuttavia il problema; per poter addivenire ad una soluzione occorre far capo all'antichità. Una frase di Ulpiano riprodotta nel Digesto e nelle Istituzioni, parla del diritto pubblico come elemento che interessa fondamentalmente l'organizzazione giuridica romana, e del diritto privato, il giurista dice che è un complesso di norme concernente l'utilità dei singoli. Sulla base di questa testimonianza, gli autori

I moderni hanno identificato il diritto pubblico secondo una prospettiva indirizzata all'interesse sociale, e, il diritto privato come insieme di norme finalizzato al perseguimento dell'interesse individuale. A queste impostazioni se ne sono aggiunte altre che hanno invece privilegiato il dato dell'inderogabilità delle norme di diritto pubblico perché promananti dallo Stato a fronte delle norme privatistiche pienamente consone al margine di autonomia accordata ai privati, altre ancora, hanno posto l'accento sul carattere discriminante dell'imperio statuale tipico delle norme di stampo pubblicistico, e assente invece in quelle private. Appare comunque evidente che molto spesso appare difficile poter individuare quasi matematicamente le sfere di competenza rispettiva dell'uno e/o dell'altro ordinamento, fare un es., potrà essere utile a tale scopo. Se si analizza l'art. 42 della Cost., che è una norma di diritto pubblico,

esso dice che“la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. L’art.1470 del codice civile, (norma di diritto privato) prevede nella sua fattispecie il dato che coinvolge la proprietà in quanto disciplina l’atto negoziale (la vendita) in forza del quale un soggetto può acquistare la proprietà del bene da parte di un altro soggetto. In questo, come in moltissimi altri casi, sia che si ponga l’accento sull’interesse pubblico che in quello privato, è sempre lo Stato ad assumere un ruolo centrale nella produzione del diritto oggettivo. Il dato al pari incontestabile, concerne anche un altro aspetto, e cioè la considerazione del diritto privato come strumento essenzialmente legato agli interessi del ceto capitalista quanto alla figura del soggetto di diritto.

munito di ampi poterie capacità. Questo assunto rispecchia in sostanza come, il parametro della soggettività giuridica, sia servito all’aristocrazia ottocentesca per plasmare i contenuti del giusnaturalismo in base alle sue esigenze, ancorando i diritti dell’uomo in quanto tale su fondamenti codicistici posti in essere dallo Stato. A tal fine un giusnaturalista C. Wolff, 14 teorizzava l’esistenza di una duplice dimensione in seno all’uomo: una attinente all’essere prettamente fisico, l’altra, invece, presuppone il soggetto come entità investita di diritti ed obblighi secondo una dimensione però fittizia, ascrivibile alla volontà statuale di riconoscere tali prerogative in seno al soggetto nei rapporti che direttamente lo vedono protagonista nelle relazioni con gli altri. Alla fine dell’800 questa impostazione giunge a compimento per quanto riguarda gli effetti poiché, leggendo alcune pagine del giuri
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A.A. 2010-2011
56 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Mantello Antonio.