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Caratteristiche persone sui iuris

Figli postumi nati dopo la morte del padre, nasce come persona sui iuris. Anche se la madre si fosse risposata nel frattempo occorrerebbe adottarlo come arrogazione, per esercitare su di lui la patria potestà.

Fanciullo, pur appena nato, e quindi incapace di fare qualunque cosa, sarebbe una persona sui iuris, un paterfamilias con determinate caratteristiche, incapace di agire perché non ha le facoltà richieste dal sistema giuridico per poter gestire autonomamente i propri affari. Occorre che il sistema si occupi di lui. Qui il diritto romano pone sostanzialmente una distinzione: in base all'età.

<7 ANNI infante il sistema giuridico fa in modo che i familiari o il Pretore nominino un tutore che compia gli atti per lui, si sostituisca, è uno dei rarissimi casi nel diritto romano di rappresentanza diretta, in nome e per conto, con una libertà di manovra molto limitata per non compromettere gli interessi del fanciullo.

quindi unagestione diretta sì, ma improntata esclusivamente alla conservazione del patrimonio. 7 ANNI alla dimostrazione di una capacità "di intendere e di volere il tutore non è più rappresentante diretto del tutelato, ma lo assiste. Il tutelato compie gli atti in prima persona, gestisce il proprio patrimonio nel proprio interesse in prima persona, ma con l' auctoritas assistenza del tutore. l'auctoritas del tutore serviva al ragazzo sui iuris, per svolgere giuridicamente la propria attività negoziale. L'atto del fanciullo tutelato privo dell'auctoritas del tutore è appunto un atto privo di validità nel regime giuridico. Il fanciullo deve avere l'assistenza di un tutore nello svolgimento delle proprie attività fino ai 14 ANNI finché non dimostri di avere la capacità di metter su famiglia. In un momento successivo si ritenne che fino al 25° anno di età dovessero

Essere sottoposti a una sorta di curatore che avrebbe dovuto aiutarli nello svolgimento delle proprie attività dando loro i più prudenti e i più saggi consigli. È interessante notare come avesse grande rilievo la tutela nel sistema giuridico religioso romano in quanto addirittura vi era la possibilità di rimuovere il tutore dal proprio incarico attraverso un'azione popolare.

TUTELA DONNE anche le donne erano sottoposte a tutela; ma mentre il fanciullo maschio si sarebbe svicolato dalla tutela, grossomodo al 14° anno di età, la donna - che non fosse sottoposta ad altro potere, o quello del padre o quello del marito - lo doveva essere per tutta la vita. Gaio dice: "A causa della leggerezza d'animo delle donne". Una donna sui iuris che avesse ereditato dal padre, non avrebbe trasmesso ai propri figli l'eredità, ma poteva in qualche modo - anche attraverso lo strumento della dote, o attraverso il testamento.

Che poteva tranquillamente fare - poteva far prendere altre strade al patrimonio famigliare. Era una finestra nel sistema e andava in qualche modo corretta attraverso la tutela.

PAZZI E PRODUGHI: non erano in grado - nonostante l'età, anche avanzata - di gestire autonomamente il proprio patrimonio. Il pazzo, il furiosus, il malato di mente, colui che non è in grado di articolare ragionamenti nella media normalità. Anche se costui fosse stato sui iuris, un curatore in questo caso avrebbe dovuto affiancarlo e sostituirsi, a seconda dei gradi della follia, nella gestione del patrimonio. La stessa cosa con il prodigo, cioè colui che sperperava il patrimonio famigliare in modo ingiustificato, disarticolato, irrazionale, mettendo a rischio gli interessi della famiglia. Quindi il sistema giuridico-religioso romano poteva intervenire intorno alla persona sui iuris che, o a motivo dell'età, o a motivo del sesso, o a motivo di un vizio mentale, non fosse capace di gestire il proprio patrimonio.

intendere e di volere, più semplicemente di gestire autonomamente nella perfezione le proprie attività. LIBERTINO l'ex schiavo liberato da schiavitù. Costui ad esempio aveva una limitata capacità di fare testamento, nel senso che una parte dei beni doveva andare al suo vecchio dominus, costui non avrebbe potuto esercitare un'azione giudiziaria contro il patrono, perché farlo avrebbe dimostrato la sua ingratitudine nei confronti di una seconda nascita. Ed ecco che il libertino, avendo figli liberi, nati liberi, quindi ingenui, avrebbero riposto nei figli quella capacità piena che lui non avrebbe mai avuto. INFAMI persone che esercitavano lavori esecrabili per la mentalità dei romani, ad esempio chi esercitasse il meretricio o i lenoni, quindi gli organizzatori di postriboli o gli attori. Erano persone che esercitavano lavori riprovevoli ma non tanto per il lavoro in sé quanto per l'abitudine consumata, nella loro attività.

A mistificare la realtà, a omettere, a celare, a nascondersi dietro una doppiezza che può essere comune a tutti, ma nel loro caso era conclamata dall'attività che essi stessi svolgevano. Ecco allora che queste persone non potevano ad esempio ricevere lasciti per causa di morte, quindi legati, o eredità, di persone di un certo censo, perché poteva generare il sospetto, una liberalità nei loro confronti, che se la fossero guadagnata con raggiri, o con pressioni, o con promesse di attività illecite. Queste persone avevano anche una limitazione nei processi: non potevano cioè essere chiamate a testimoniare. E allora ecco che gli infami non potevano svolgere queste attività a causa del loro lavoro.

IUS-DIRITTO E RAPPORTO CITTADINI ROMANI E STRANIERI

È una definizione di diritto, conservata nel Digesto, e appartiene al giurista Celso, della 1° età imperiale. Riportata dal giurista Ulpiano accolta da un

Imperatore appunto Giustiniano,: il diritto è l'arte del bene edell'equo". Il diritto è un'arte: nella misura in cui costituisce una esplicazione dell'opera umana, del bene e dell'equo. Il diritto, come opera dell'uomo, disciplina la realtà quotidiana degli uomini. È un bene che appartiene all'uomo; ciò che non è bene per l'uomo non rientra nella definizione di diritto. Non è equo ciò che proviene da una realtà esterna a quella umana, l'equità è una esigenza umana che viene accolta nella definizione del diritto. E quindi il diritto è tutto ciò che è bene per l'uomo, e tutto ciò che deve essere ridotto a equità. Tutti gli uomini o una parte di essi? L'essere umano qui è considerato nella sua stretta entità, appunto, umana. Questo concetto di diritto aderisce alla realtà umana a 360 gradi, anche per quanto riguarda il

Rapporto tra romani e stranieri. Il primo contatto tra romani e stranieri si ebbe nell'età del regnum. Romolo, stando a quello che ci dice Livio, avrebbe istituito il cosiddetto asilum, avrebbe dato cioè l'opportunità anche agli stranieri di entrare nella città di Roma, acquisirne la cittadinanza, indipendentemente dal loro passato. E' vero che, dalle fonti emerge chiaramente, come la prima parola che i romani hanno usato per indicare lo straniero è una parola che in età matura acquisì il significato di "nemico", HOSTIS e sostiuita da. Peregrinus dà un senso di movimento. E il rapporto tra i cittadini e gli stranieri a Roma non è un rapporto statico, immutabile nel tempo e nello spazio, ma un rapporto in movimento, perché chi oggi è straniero potrà non esserlo domani. Chi oggi non ha la cittadinanza romana, potrà averla domani, acquisendola in vari modi: con la nascita, da madre romana.

con i trattati, i romani aprono sin da subito al concetto di trattato, che gestiscono ovviamente secondo un profilo religioso, infatti il sistema romano è un sistema giuridico-religioso. Sono dei Sacerdoti, i Feziali, che si occupano di intrattenere per il popolo i rapporti con gli stranieri, perché il rapporto fra il cittadino romano e lo straniero non può prescindere dalla religione in quanto il cittadino romano deve agire nella realtà umana senza turbare la Pax Deorum, e i modi per turbare la Pax Deorum sono molteplici: la Pax Deorum non è violata solo da un'offesa nei confronti degli Dei direttamente, ma anche da un'offesa nei confronti degli altri uomini perché offendendo in modo ingiusto, quindi non conforme a ius, quindi non al bene e all'equità, gli esseri umani, si possono offendere anche le divinità. Nei trattati è appunto scritto quali rapporti si devono intrattenere con quel popolo straniero. Questarealtà in cammino, questo rapporto in cammino tra cittadini e stranieri si riflette nel lessico da hostis a peregrinus, e si riflette ovviamente anche nel campo del diritto. Ecco allora che ius est ars boni et aequi è applicabile a tutti gli esseri umani non solo quindi i romani. I romani per loro ritagliano una parte di quella che concepiscono come il diritto romano, cui danno il nome, molto presto, di ius civile. Pomponio sottolinea l’aspetto del diritto civile non scritto che nasce dalla interpretazione dei giureconsulti dalla discussione nel Foro. Papiniano scrive: “Il diritto civile è ciò che proviene dalle leggi, dai plebisciti, dai senatoconsulti, dai decreti dei principi, e dall’autorità dei giuristi”. Il diritto civile quindi si arricchisce di ulteriori fonti ma non cambia nulla nel suo sostrato fondamentale; il diritto civile rimane quello applicabile esclusivamente ai cittadini. Compone lo ius romano non solo lo ius civile, ma

Anche lo ius gensium, il diritto delle genti. Abbiamo una definizione di Ulpiano: Il diritto delle genti quindi come diritto delle genti umane quando non si trovano in un territorio sottoposto al potere di Roma e si applica anche laddove due stranieri litighino a Roma o in un territorio sottoposto al potere politico e militare romano.

Vi è un ultimo segmento ed è quello dello ius honorarium, di cui ci parla sempre Papiniano, ciò che i Pretori con l'ausilio dei giuristi introdussero per aiutare oppure supplire, oppure correggere il diritto civile a causa di utilità pubblica. E che matura attraverso o sviluppo, l'interpretazione, di categorie e concetti dello ius gensium - la buona fede, ad esempio.

IUS HONORARIUM nel 366 a.C., il Pretore quindi amministra la giustizia non si fa molta differenza, tra Pretori che si occupano dei litigi tre cittadini romani e litigi fra stranieri.

Ora, nel caso di litigi fra cittadini romani diritto civile basato sulle 12 tavole.

Tavole e sulla interpretazione dei giuristi. E a mano a mano che maturavano le discussioni giurisprudenziali, maturava anche il cosiddetto "Editto del Pretore" il Pretore scriveva ogni anno come avrebbe amministrato la giustizia controversie fra stranieri e fra romani e stranieri non pote
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher federicovinci94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Niccolò Cusano di Roma o del prof Vallocchia Franco.