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Costituzioni - 543-565

Produzione legislativa sempre a stampo novellare, anche se di scarsa importanza data la diminuzione del numero e della qualità dei collaboratori.

La prima codificazione (529-529 NOVUS IUSTINIANUS CODEX)

Dopo un primo periodo di staticità giuridica, il 13 febbraio 528, con una costituzione ("de novo codice compendo" o meglio conosciuta come HAEC QUAE NECESSARIO) G. annuncia al senato l'inizio dei lavori per la stesura di una raccolta di LEGES, al fine di "amputare" la "prolixitas litium" (ridurre la durata delle cause). Il fondamento di questa nuova raccolta sono i tre precedenti codici GREGORIANO, ERMOGENIANO E TEODOSIANO, integrati con la successiva legislazione imperiale.

La commissione era costituita da:

  • Giovanni (forse di Cappadocia)
  • 6 funzionari o ex funzionari imperiali tra i quali lo stesso TRIBONIANO
  • Teofilo, professore presso la facoltà giuridica di Costantinopoli
  • 2 togati, cioè avvocati

patrocinati con il tribunale superiore del prefetto del pretorio.*le istruzioni contenute nella lex introduttiva determinavano il fine utilitaristico del codice econsentivano:-la MANIPOLAZIONE, intesa come una vera a propria modifica dei contenuti originari,-la “raesecatio” cioè l’eliminazione delle “praefationes” (qualora fossero state considerate inutili),delle cose “simili” e delle cose “contrarie” e delle norme cadute in desuetudine. Tutto ciò era direttoa ottenere un’estrema chiarezza del diritto (“certae et brevi sermone conscriptae”.)-la collocazione sotto opportuni TITOLI senza tener conto dell’”ordo temporum”-è inoltre sancito il valore generale: delle costituzioni già prive di data nei codici precedenti, dellecostituzioni indirizzate a singole persone o emanate nella forma “pragmatica sanctio”.La costituzione H.Q.N. termina affermando

L'utilità del codice nella pratica argomentativa forense. L'opera fu ultimata in poco più di un anno, e la costituzione SUMMA REI PUBLICAE del 7 aprile 529 rendeva applicabile il codice. È ovvio che tutta l'opera giuridica precedente a esso fosse ormai illegittima a fini giudiziari.

Un problema emerge per quanto riguarda il mezzo attraverso il quale il primo codice giustinianeo sia giunto sino ai giorni nostri. Infatti, nel 534 entrò in vigore un nuovo codice che portò alla scomparsa del primo codice. Grazie ad un PAPIRO D'Ì OSSIRIACO (pubblicato nel 1922) è stato possibile risalire ad alcune delle costituzioni inserite nel codice del 529. Consultando questo indice è possibile affermare che la legge delle citazioni era contenuta nel codice (non sarà inserita nelle successive compilazioni giustinianee), da ciò si presume che Giustiniano intendesse ancora utilizzare le "iura" in un'ottica teodosiana.

come strumento giurisprudenziale. 3) il DIGESTO 3.a) Il progetto della raccolta di iura "digesta seu pandectae" (530-533) Aprile 529 e agosto 530 proseguono i lavori della cancelleria, sotto la guida di Triboniano nominato "questor sacri palataii" (ministro della giustizia, considerato il promotore della raccolta di iura). I tempi di maturazione dell'opera sono tuttora incerti (tale incertezza è dovuta alle "quinquaginta decisiones", utili per la compilazione del D., di cui non è certa né la composizione, né la datazione delle costituzioni che costituivano il corpo normativo delle decisiones stesse) [per chiarire non si sapeva un cazzo né di cosa ci stava in sta minchia di 50 decisioni ne si sapeva la data in cui quel coglione di Giustiniano abbia emanato le 50 costituzioni che formeranno le decisioni]. Altro nodo importante è stabilire la funzione attribuita alle Q.D.: secondo alcuni erano un mero strumento.

dirisoluzione delle controversie relative le opere giuridiche classiche (in ottica teodosiana), secondo altri costituirebbero una sorta di bozza o comunque lavori preparatori alla compilazione del DIGESTO (tesi più valida).

I lavori di compilazione del Digesto hanno inizio il 15 dicembre 530 con la costituzione Deo auctore, indirizzata allo stesso Triboniano (cui fu data anche la libertà di scegliere i propri collaboratori), contenente le indicazioni riguardanti i principi e le direttive per la compilazione della raccolta di iura. Nella Deo auctore sono stabilite:

  • le FONTI da cui trarre i contenuti del D. (par.4) e il trattamento del materiale da inserirvi: s’impone la lettura dei “libri” degli “antiqui iuris prudentes”, da cui si dovrà estrarre “quod unum pro omnibus sufficiat” (eliminando ogni “simulatio” e “discordia”).
  • l’ARCHITETTURA dell’opera (par.5): divisione

in 50 libri, titoli e la struttura interna (per la quale i compilatori dovranno seguire lo schema utilizzato nel Codice e nell'Editto Perpetuo).

ASSIMILAZIONI DELLE COSTITUZIONI IMPERIALI nell'opera (par.6), come voce dello stesso imperatore.

la possibilità, da parte dei compilatori, di INTERVENIRE sui materiali classici e costituzioni riportate o citate dai giuristi.

i RAPPORTI DI COESISTENZA del Codice e della raccolta di iura (par. 8-9), stabilendo il divieto di antinomia e ripetizione.

la possibilità per i compilatori di inserire le "LEGES IN VETERIBUS LIBRIS POSITAE" (par.10), ormai cadute in desuetudine.

È inoltre affermato che l'ordinamento sarà costituito unicamente dal Codice e dalla raccolta di iura, cui si potrà aggiungere solamente un'opera istituzionale (par.11).

negli ultimi paragrafi della D.A. viene inoltre imposto il divieto di commentari (per evitare problemi d'interpretazione), di utilizzare

“sigla” (abbreviazioni) ed è anche inserita una sollecitazione alla conclusione dei lavori in tempi contenuti.

L’opera venne, di fatto, ultimata in tempi relativamente brevi e pubblicata il 16 dicembre del 533 con la costituzione “TANTA” (scritta in latino e in greco), che rese la raccolta vigente dal 30 dicembre.

La costituzione “tanta” conteneva (oltre all’acclamazione ai successi diplomatici, bellici e giuridici ottenuti dall’imperatore) il provvedimento di applicabilità dell’opera (par.1) e una minuziosa descrizione delle 7 “partes” in cui si divideva (par.2-8). Nella T. sono inoltre indicati i nomi dei membri della commissione (par.9): Triboniano, Costantino (unico rappresentante dell’alta burocrazia), gli “antecessores” (professori di diritto) Teofilo, Doroteo, Anatolio e Cratino, e 11 “patroni causarum” (in totale 17 persone).

È inoltre introdotto il principio della

“reverentia antiquitatis” (par.10), che ha obbligato icompilatori a premettere a ogni frammento un’“inscriptio”, per non rendere “taciturnitati traditus” inomi dei giuristi utilizzati nella raccolta. L’innesto all’interno del digesto di tale principio sembrarispecchiare un qualche scrupolo storico, subito smentito dalla legittimazione alle manipolazioni.Nelle restanti parti della T. viene sempre analizzato l’ordinamento nel suo complesso(ISTITUZIONI, CODICE E DIGESTO), non escludendo, in alcuni casi, le similitudini e le analogietra le norme del D. e del C. ,in linea di massima non sono presenti antinomie e sono giustificate leomissioni. Vengono in seguito elencati i pregi dell’opera e resa lecita la futura introduzione di“negotia” (interventi legislativi integrativi, riservati sempre all’imperatore) e determinata la vigenzae l’esecutività delle tre opere. E’ sancito l’obbligo

Di iscrivere in capo al digesto un elenco dei giuristi utilizzati nella raccolta (par.20), elenco realmente rinvenuto nell' "index florentinus", ribadendo la parità tra i giuristi scelti. Anche in tale contesto è riproposto il divieto di produrre commentari relativi all'opera e l'utilizzo di abbreviazioni. I paragrafi 23-24 della Tanta determinano la valenza spazio-temporale delle istituzioni e del digesto.

I giuristi utilizzati nella raccolta sono 39 (anche se vi è la possibilità di un caso di omonimia tra Venuleio Saturnino e Claudio Saturnino); fra essi primeggia il giurista dell'età dei Severi Ulpiano (1/3 dell'opera e ispirata al suo lavoro), e Paolo (1/6 dell'opera). È possibile comprendere come, essendo ispirata ad autori relativamente recenti, il digesto verta verso una sensibile modernità giuridica.

Il testo del Digesto, quello considerato più noto, è custodito presso la biblioteca.

Laurenziana di Firenze (qui giunto da Pisa, da cui la prima denominazione di "littera Pisana") e va sotto il nome di "Littera Florentina". Altri scritti vanno sotto il nome di "Littera Vulgata" o "Littera Boboniensis", posteriori alla littera florentina, utilizzati dalla scuola giuridica bolognese intorno all'anno mille. 3.b il metodo di compilazione del digesto e il problema delle interpolazioni 1) Per quanto concerne il metodo usato dalla commissione per inserire le opere classiche all'interno del Digesto, le fonti non forniscono informazioni esaurienti. Su questo punto è nato un dibattito tra studiosi di tutto il mondo: - Bluhme, nel 1820 sviluppò la tesi secondo la quale le opere sono state disposte nel D. non in modo casuale, bensì seguono un ordine razionale. Ne consegue, sempre secondo lo storico, che le opere da inserire nella raccolta siano state divise in tre grandi masse (massa Sabiniana, opere dello "ius

civile”; massa Edittale, opere dello “ius honorarium”; massa Papinianea, opere di casistica soprattutto “quaestiones” e “responsa”; un probabile gruppo di opere pervenute nelle mani dei compilatori a lavori già avviati, detta massa Postpapinianea o“appendix”). Dopo questa suddivisione preliminare, vi sarebbero state delle riunioni congiunte delle tre sottocommissioni a cui erano assegnate le diverse masse (la quarta massa era assegnata alla terza commissione), per stabilire come i frammenti delle opere classiche sarebbero stati disposti nelle rubriche, avendo cura di eliminare le ripetizioni.

-critica alla tesi di Bluhme: tale critica si basa sulla congettura che i compilatori avessero deciso di avvalersi di compilazioni private del V secolo (ne comporta un lavoro estremamente agevolato per la commissione, spiegando così anche i tempi ridotti di stesura dell’opera). Tale tesi trovò un certo consenso anche nella

dottrina italiana, in maniera più moderata attribuendo alle compilazioni private un ruolo poco più che marginale. - Diòdsi, in parte appoggia la teoria del pr
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A.A. 2010-2011
13 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher summerit di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Luchetti Daniele.