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La controversia intorno alla condizione di servo o di libero
La controversia intorno alla condizione di servo o di libero in cui un individuo si trovi si svolge in antico nelle forme dell'actio sacramenti in rem, fra il preteso padrone da una parte, dall'altra una persona libera che difende le ragioni del preteso servo (adsertor libertatis). Secondo che l'individuo sia rivendicato come schiavo mentre attualmente si comporta da libero, o sia rivendicato in libertà mentre è in servitù di fatto, il processo prende nome di vindicatio (o petitio) ex libertate in servitutem o ex servitute in libertatem. L'individuo riconosciuto servo era materialmente costretto dal padrone a seguirlo, e quello riconosciuto libero riprendeva anche in fatto la sua libertà di azione. Nel processo di libertà (causa liberalis) si faceva ricorso al procedimento per sponsionem che impostava la causa sulla promessa di una somma irrisoria fatta dal convenuto, cioè da colui che era in stato di possesso, all'attore:
anche qui, infatti, il giudice si limitava a pronunciarsi sulla ragione o sul torto, cioè, nell'ipotesi, sulla esistenza o meno del controverso status libertatis. Se si è applicata alla materia anche la formula petitoria della rei vindicatio, ciò non ha potuto portare alla conseguenza che, pagando la litis aestimatio, si potesse trasformare un uomo libero in servo o viceversa: al più, una condanna del convenuto avrà potuto essere pronunciata ai soli fini del risarcimento dei danni patrimoniali. Quando poi l'imperatore Antonio Pio creò il praetor liberalium causarum, davanti al quale le cause si svolgevano extra ordinem, il magistrato-giudice poté senz'altro, in forza del suo potere discrezionale, ingiungere al falso padrone di dimettere l'uomo riconosciuto libero, e poté consentire al proprietario riconosciuto come tale di riprendersi il servo. Cause della schiavitù Normalmente, si è schiavi per esserNati da schiava. Per diritto classico, ciò vuol dire che il figlio segue la condizione che la madre aveva al momento del parto; il d. giustinianeo, invece, considera schiavo solo il figlio nato dalla donna che in nessun momento, entro i 10 mesi precedenti il parto, è stata libera. Lo status di schiavo si acquistava anche a seguito di captivitas, cioè la prigionia di guerra. Si riteneva che cadessero in schiavitù sia gli stranieri fatti prigionieri dai romani, che i romani fatti prigionieri dai nemici: il prigioniero perdeva tutti i diritti. Il cittadino libero caduto nelle mani del nemico subiva la capitis deminutio maxima e cadeva in stato di servitus iniusta in quanto Roma non considera come iusta la schiavitù del cittadino che il nemico ha fatto prigioniero: onde la conseguenza del postliminium. Non mancano le ipotesi di caduta del cittadino in iusta servitus; vanno ricordate: quella del debitore che ha subito la manus iniectio e la conseguente prigionia.
senza pagare il suo debito e senza trovare un vindex, e che il creditore vende transTiberium (oltre il Tevere); quella di chi si sottrae al servizio militare (infrequens) o all'iscrizione nelle liste del censo (incensus) e venga venduto ugualmente trans Tiberium; quella del cittadino che per violazione del diritto delle genti viene consegnato dal pater patronus, capo del collegio sacerdotale dei Feziali, al popolo straniero offeso. In epoca avanzata, mentre queste cause sono tutte abolite o desuete, altre se ne creano. La petitio ex servitute in libertatem fu negata all'uomo libero che si fosse lasciato vendere come schiavo per poi dividere il prezzo col compare che lo aveva venduto. Sotto l'impero, in forza di un sc. Claudiano, la donna libera che, avendo una tresca con uno schiavo, non la interrompe neppure dopo una triplice diffida del padrone, diventa schiava dello stesso dominus. Così pure il manomesso che ex lege Aelia Sentia è dediticiorum numero, sevengain Roma o entro 100 miglia, ricade nella condizione servile da cui era uscito. Nell'età del Principato la condanna ad uno dei summa supplicia, ai ludi gladiatori o ai lavori delle miniere produce la servitus poenae: proprietario del servo è formalmente il principe. In tale epoca era considerato schiavo il figlio di famiglia venduto in tenera età dal pater familias. Il patrimonio di chi ha subito la capitis deminutio maxima appartiene normalmente a chi lo acquista come schiavo. Solo in caso di schiavitù all'estero per ragioni pubbliche (prigionia) il patrimonio resta alla famiglia.
Cessazione della servitù: la manomissione e il patronato
L'acquisto della libertà avviene mediante un negozio giuridico col quale il padrone proclama o lascia proclamare libero il suo servo: i negozi preordinati a questo fine sono molteplici e portano il nome di manumissiones. Il diritto antico ne conosce 3 specie: testamento, censu, vindicta.
che consiste nella disposizione, contenuta nel testamento del dominus, che alla sua morte il servo diventi libero; 2. la manumissio censu consiste nel far iscrivere il nome del proprio servo nelle liste dei cittadini nell'occasione del censimento; 3. la manumissio vindicta è un caso di in iure cessio, e consiste in un finto processo nel quale un cittadino, il c.d. adsertor in libertatem, dichiarava nei confronti del padrone lo stato di libertà dello schiavo davanti al magistrato. Nel periodo repubblicano i padroni usarono esprimere anche in forme meno solenni la volontà di affrancare un dato servo: ciò avveniva mediante una dichiarazione orale in presenza di testimoni (inter amicos). Tale dichiarazione non aveva effetti civili perché priva di forma solenne, per cui il padrone poteva rivendicare il suo dominio sul servo. Per ovviare a questa possibilità, il pretore usò negare al padrone che avesse manomesso un servo inter amicos la petitio.ex libertate inservitutem, e creò così una situazione di libertà di fatto. L'insostenibile situazione fu corretta dall'alex Iunia: i servi così manomessi furono qualificati latini Iuniani; essi godevano dello ius commercii ma con la riserva che alla loro morte ogni loro guadagno spettasse al patrono come un peculio. In età classica e postclassica dalla manumissio inter amicos derivarono due autonome forme di manumissiones: la manumissio per epistulam, consistente in uno scritto indirizzato a una persona, in cui era espressa la volontà di liberare lo schiavo, e la manumissio per mensam, cioè quella fatta durante un banchetto. Comune all'epoca repubblicana e a quella classica è anche la manumissio fideicommissaria libertas (la quale non era un modo di liberazione dalla schiavitù), consistente in ciò che il testatore, anziché disporre la libertà del servo, incaricava l'erede o altro onorato (legatario,- fedecommissario) di manometterlo: la manumissione veniva eseguita di regola dall'incaricato in uno dei modi gia detti.
- In età classica acquistava di diritto la libertà il servo che veniva abbandonato in condizione di infermità dal padrone.
- In epoca giustinianea diventano liberi di diritto quei servi che fossero stati invitati, per vanità, al funerale del padrone vestiti da uomini liberi.
- Un nuovo modo postclassico di man. è quella in sacrosanctis ecclesiis, nata ad imitazione della consacrazione del servo agli dei.
- Accanto ad essa persiste la man. testamento, quella vindicta, ridotta ad una mera dichiarazione del dominus davanti al magistrato.
- La man. non può essere compiuta che dal dominus ex iure Quiritium dello schiavo: chi lo ha in bonis può conferirgli una libertà di fatto.
- Un caso interessante è quello del servo in condominio. Nell'antico consortium tra fratelli, dove l'atto di uno qualsiasi dei consorti
Valeva per tutti, la man. fatta da uno solo liberava ilservo. Per d. classico, la ma. disposta da un condominio vale come rinuncia alla quota: se tutti icondomini successivamente compiono l'atto, soltanto la man. compiuta dall'ultimo ha l'effetto diliberare il servo. Per d. giustinianeo, invece, la man. da parte di uno basta di nuovo a far libero ilservo, ma ciascuno degli altri ha diritto al valore della sua quota. Alla fine dell'epoca repubblicana,per impedire che il proliferare di affrancazioni permettesse l'acquisto della cittadinanza romana adun numero eccessivo di schiavi, intervennero due leggi, la lex Fufia Caninia del 2 a.C. e la lex AeliaSentia del 4 d.C. La prima limitò le libertà testamentarie disponendo che non si potessemanomettere più di un certo numero di schiavi, fissato in relazione al totale di quelli posseduti. Lalegge Aelia Sentia vietò la man. in frode dei creditori, compiuta cioè da un debitore
insolvente o chetale si ridurrebbe rinunciando alla proprietà di quei servi; vietò inoltre la manomissione di schiavi inferiori ai 30 anni o da parte di padroni inferiori ai 20, salvo, nell'una e nell'altra ipotesi, il ricorrere di circostanze particolari (come la parentela di sangue) accertate da un consilium. Assai peggiore era la situazione di quei manomessi che da servi avevano subito pene infamanti: essi erano assimilati ai peregrini dediticii, impediti di acquistare in qualsiasi tempo la cittadinanza, e ricadevano in schiavitù se erano trovati entro un raggio di cento miglia dalla Città. Delle norme accennate rimangono in vigore per d. giustinianeo solamente i divieti delle manumissioni in frode dei creditori e da parte di impuberi: tutte le altre erano cadute in desuetudine. Di fronte al padrone manomittente, (patronus), il servo (detto libertus) ha obblighi e pretese puramente sociali, come i doveri di salutare il patrono al suo risveglio, di servigli da.galoppino elettorale, o come la pretesa che il patrono metta in opera la sua influenza per trovar lavoro al liberto o per facilitargli la vittoria in un percorso; ma possono portare anche a una sanzione giuridica, come la pena che il pretore commina contro il liberto che senza permesso del magistrato abbia chiamato in giudizio il patrono, o come il divieto di matrimonio per la liberta che, sposata al patrono, lo abbia poi ripudiato. Quanto all'obbligo delle operae, giornate di lavoro che il liberto deve prestare al patrono per il bisogno della famiglia o dell'azienda, è probabile che fosse in origine rimesso alla discrezione del patrono medesimo, e sanzionato con quelle minori pene corporali che erano proprie della disciplina domestica: ma già in età antica l'obbligo del liberto si fece giuridico, limitandosi però a quelle prestazioni ch'egli aveva promesse per giuramento all'atto della man.; e il d. pretorio lo limitò ulteriormente. Le
La causa mancipi era la posizione di asservimento in cui veniva a trovarsi una persona libera rispetto ad un pater familias, di cui non era discendente. Le persone in causa mancipi diventavano tali quando i