La capacità d'agire. Gli "impuberes"
Attualmente tutte le persone fisiche sono soggetti di diritto: si tratta di vedere chi fra di esse abbia la capacità d'agire. La capacità d'agire viene riconosciuta a coloro che hanno raggiunto una maturità intellettuale sufficiente a rendersi conto della portata degli atti che compiono. In diritto romano dunque la capacità d'agire può essere esclusa o diminuita da cause attinenti all'età (impuberes e minores XXV annis), al sesso (donne), e vizi della sfera mentale (pazzi) e caratteriale (prodigi).
Il diritto civile prevede l'infirmitas aetatis come causa di esclusione o di diminuzione della capacità d'agire. Il ius civile fissa un limite d'età entro il quale si presume manchi l'idoneità a curare i propri interessi. In linea di principio il limite è rappresentato dalla pubertà ed ha un ristretto margine.
Alle origini la pubertà veniva accertata di volta in volta eventualmente con un'inspectio corporis: durante il principato questa teoria continuò ad essere seguita dai Sabiniani, sicuramente per i ragazzi, mentre i proculiani fissavano l'inizio della pubertà al compimento dei 14 anni per i ragazzi e dei 12 anni per le fanciulle. In epoca classica per esse era prevalsa l'opinione dei proculiani, mentre per i ragazzi questa soluzione fu definitivamente imposta da Giustiniano. Comunque si consideri accertato il raggiungimento della pubertà, sia i ragazzi che le fanciulle escono dalla condizione di impuberes, ma mentre i primi divengono per il ius civile totalmente capaci, per le seconde cambia solo il tipo di incapacità e di tutela.
Gli impuberi incapaci e sottoposti a tutela erano chiamati pupilli (o pupillae): all'interno di questa categoria si ha un regime unitario. Nel periodo classico si individuano tre categorie di
impuberes:- gli infantes- gli infantia maiores- i pubertati proximi
Gli INFANTES erano quei bambini che, pur potendo emettere suoni articolati, non si rendevano sufficientemente conto della portata delle proprie e delle altrui parole nel contesto sociale. Non esisteva un limite preciso d'età che delimitasse questa categoria: ricorrono spesso quelli di 5 o 7 anni.
Gli INFANTIA MAIORES sono coloro che hanno superato tale limite: tra di essi si distinguono i PUBERTATI PROXIMI solo ai fini della responsabilità penale.
Gli Infantes sono totalmente incapaci di agire: e sotto questo profilo sono equiparati ai pazzi. Gli atti da loro compiuti non hanno alcun effetto giuridico. Per il pupillo che abbia la materiale capacità di parlare si ammette che con l'auctoritas del tutore possa fare la cretio dell'eredità od acquistare il possesso, applicandogli in via eccezionale il regime degli infantia maiores.
Gli Infantia maiores sono solo parzialmente incapaci di agire.
In ordine ai diritti patrimoniali essi possono migliorare la loro situazione. È lo stesso regime che si ha per i filii familias e per gli schiavi per quanto concerne gli effetti della loro attività giuridica sul patrimonio del paterfamilias: ed anche per i pupilli vige il principio che, nell'ambito dello stesso affare e dello stesso negozio, si scindono gli effetti favorevoli che si verificano da quelli sfavorevoli che non hanno luogo. Perché un negozio giuridico possa produrre anche effetti sfavorevoli al pupillo è necessario che questi agisca con l'auctoritas del tutore. Questo regime era in certi casi eccessivamente favorevole per il pupillo: si cercò dunque, soprattutto sul piano del diritto pretorio di tutelare la controparte nel limiti dell'arricchimento del pupillo. Un rimedio di carattere generale fu introdotto, a partire dalla metà del II sec.d.C., quando a seguito di un rescritto di Antonino Pio, si ammise la.responsabilità del pupillo per i negozi compiuti senza l'auctoritas del tutore.testamentaria è quella attribuita, nel proprio testamento, dal paterfamilias, che aveva l'impubere sotto la potestas al momento della morte. Nel testamentum per aes et libram, il quale era la forma ordinaria di quest'atto in epoca tardo-repubblicana e classica, ciò avveniva in forma imperativa. Originariamente il tutore testamentario era forse l'erede che il paterfamilias nominava al filio impubere, ove non raggiungesse la pubertà e coincideva col sostituto pupillare, solo successivamente, nel testamentum per aes et libram, la datio tutoris ebbe una rilevanza autonoma. Tutore testamentario poteva essere chiunque avesse i requisiti per essere tutore: era solo il paterfamilias che poteva nominare un tutore e solo quando l'impubere fosse ancora sotto la potestà del padre al momento della morte di quest'ultimo.
Il tutore dativo, od Atiliano, è dato secondo la Lex Atilia del 210 a.C., dal pretore urbano, assistito dalla maiors pars dei
tribuni della plebe: esso viene nominato per l'impubere che non abbia altro tutore o sia dubbio che lo abbia. Nelle province procede a tale nomina il governatore provinciale. Uno specifico praetor tutelaris subentra al pretore urbano a partire da Marco Aurelio. Nel periodo postclassico il praefectus urbi di Roma e di Costantinopoli è competente per le due capitali, mentre ormai il tutore viene nominato nelle province dai magistrati municipali e principalmente dal defensor civitatis. E' discusso in dottrina se si possano cogliere nel regime della tutela legittima e testamentaria, da un lato, e quello della tutela dativa, dall'altro, diversità di regime che indichino nel senso di una differenza di funzioni. E' difficile negare l'esistenza di aspetti particolari della disciplina della tutela legittima e di quella testamentaria nei confronti di quella dativa. Si deve tener conto al riguardo di alcune importanti diversità nel regime dei vari tipi di tutela.tutela: né il tutore testamentario e forse neppure quello legittimo hanno l'obbligo di conservare la titolarità dell'ufficio; non sono tenuti ad assolvere ai compiti derivanti da tale ufficio e ad assumere la gestione del patrimonio tutelare; non perdono il titolo di tutore neppure se, in seguito a condanna in azioni pubbliche o private, se ne fosse accertata la dolosa violazione dei doveri d'ufficio. E va sottolineato come in tutti questi punti essenziali il regime della tutela dativa si contrapponga a quello della tutela legittima e testamentaria. Si deve valutare il fatto che, almeno nella tutela legittima, è tutore in linea massima chi sarà l'erede del pupillo, se questi muoia prima di raggiungere la pubertà. È difficile sottrarsi alla suggestione di questo insieme di rilievi, i quali portano a concludere che la funzione originaria almeno della tutela legittima vada trovata nella protezione
dell’interesse dell’adgnatus proximus e che non venga diminuito il patrimonio del pupillo nel quale egli è chiamato a succedere. Ciò può essere esteso anche alla tutela testamentaria: a differenza di quella legittima però non sembra sussistere qui una necessaria coincidenza fra la persona designata all’ufficio tutelare del padre del pupillo e l’erede di quest’ultimo (ove l’impubere muoia prima del raggiungimento della pubertà). La caratterizzazione dinanzi accennata rispecchia l’astratta potenzialità dell’istituto. Diverso può essere stato il concreto funzionamento. Va anzitutto rilevato che, conservando nel proprio interesse il patrimonio pupillare, il tutore curava, indirettamente, anche gli interessi del pupillo: e nella società dell’epoca risalente non doveva essere agevole distinguere l’interesse del singolo da quello dell’ambiente familiare, e quindi l’interesse.del pupillo da quello del tutore.
IL REGIME DELLA "TUTELA IMPUBERUM"
La persona designata assume la qualifica di tutore senza bisogno di accettazione: ma i tre tipi di tutela si differenziano in ordine all'obbligo di conservare la carica. Il tutore testamentario può rinunciare alla tutela, anche dopo aver cominciato a gerire l'ufficio: basta che compia l'abdicatio tutelae. In epoca risalente, il tutore legittimo poteva compiere l'in iure cessio tutelae che nel II sec.d.C. Gaio ricorda in vigore solo per la tutela mulierum.
Profondamente diverso è il regime della tutela dativa. Il tutore nominato dal pretore non può rinunciare all'ufficio tutelare, può solo presentare delle cause (excusationes) che lo giustifichino a rifiutare l'ufficio. Nel periodo classico egli poteva designare - potioris nominatio - persona più adatta alla tutela stessa: ed in seguito a ciò, il pretore decideva che dovesse
ssunzione dell'incarico, ma era obbligato ad accettarlo. Inoltre, il tutore doveva rendere conto delle sue azioni e delle spese sostenute per il tutelato. Questo sistema di tutela testamentaria è ancora in vigore oggi, anche se sono state apportate alcune modifiche nel corso dei secoli.Scarica il documento per vederlo tutto.
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