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Capitolo IV: La famiglia del console
Nel panegirico di Claudiano mancano le notizie relative alla famiglia del console. Il letterato tedesco Seeck ha individuato un fratello di Theodorus nel prefetto di Roma del 398, Lampadius. Ancora giovane questo Lampadius avrebbe lasciato Roma per trasferirsi a Milano con l'intenzione di esercitare l'avvocatura. Nel 382 gli fu affidata una non determinata funzione amministrativa in Oriente; nel 398 sarebbe stato prefetto di Roma e nel 408 avrebbe tenuto un discorso in Senato per attaccare violentemente la politica del reggente Stilicho.
Si è ritenuto che fosse fratello di Theodorus solo perché viene ricordato così in una lettera scrittagli da Symmachus. Quest'ultimo avrebbe scritto a Theodorus con lo scopo di raccomandargli suo fratello, evidentemente, più giovane. Ma se i due erano fratelli che ragione ha la raccomandazione?
Claudiano non ricorda nulla della famiglia di Theodorus e dunque possiamo concludere che...
Il nostro console non ebbe fratelli. Forse però ebbe una sorella. A Milano nella Basilica di Sant'Ambrogio si troverebbe su di una pietra inciso un epitaffio funebre scritto in forma di epigramma da un certo Theodorus. Il fratello ed erede aveva così esaudito la volontà della sorella Manlia Dedalia di riposare non lontano dalle reliquie di santi. Ella era una vergine consacrata a Dio, morta alla soglia dei sessant'anni. L'iscrizione sarebbe stata posta alla fine del IV secolo. L'epitaffio metrico contiene però un'affermazione che mette in dubbio la stesura di questo da parte del nostro personaggio. Infatti è scritto che Manlia era nobile di nascita e agiata; il console non poteva certo definire se stesso nobile di nascita. Ciò può indurre a ritenere che il dedicante non fosse il nostro console ma suo figlio omonimo e che quindi anche la stessa Manlia fosse sua figlia. Al figlio Theodorus, il console dedica anche
un'operetta DE METRIS. Secondo il Seeck il nostro console non appena entrò in carica come prefetto del pretorio, fece nominare il figlio proconsole d'Africa e dopo poco pose alla prefettura di Roma il fratello Lampadius. Theodorus figlio sarebbe stato proconsole d'Africa il 22 dicembre 396 edunque era troppo giovane per un incarico del genere. La soluzione è: il nostro console Theodorus era alla prefettura del pretorio di Italia Africa e Il lirico, il figlio era preposto alle Gallie, il fratello Lampadius era prefetto di Roma. Con questi funzionari il regime di Stilicho attuava il pieno controllo della parte occidentale dell'impero. Ciò che comunque è certo: un figlio a cui il console ha dedicato l'opera De Metris e una figlia che non si sposò, ma si dedicò ad opere di carità.
CAPITOLO V: UN INTELLETTUALE CRISTIANO NELLA MILANO DELLA FINE DEL IV SECOLO.
Theodorus era un discepolo di Plotino. Questa è una scelta
quasi obbligata dal suo essere cristiano nella capitale della fine del IV secolo. La filosofia dell'ultimo pensatore pagano rappresenta per la nascente dottrina cristiana il collegamento diretto con la filosofia greca. La sua rivisitazione dell'insegnamento platonico è il presupposto stesso dell'elaborazione a cui si affacciano i cristiani nella nuova realtà dell'impero dopo l'Editto di Tessalonica voluto da Teodosio I appena salito al trono.
Inoltre Agostino, futuro vescovo di Milano, dedica a Theodorus il DE BEATA VITA tra il 386/387 e di lui ricorda che era uno studioso di Plotino e dei suoi 5 libri. L'opera dedicata al console vuole dimostrare come la felicità sia la piena soddisfazione dell'anima, prodotta dalla conoscenza della verità, cioè di Dio. Il DE BEATA VITA pertanto è dedicata proprio a colui che questa verità ha già raggiunto.
Al console sono attribuiti numerosi libri, ma
Nell'elogio di Claudiano non viene fatta menzione di questa sua prolifica produzione letteraria, ma ci si riferisce alle immense conoscenze del console. Così ad egli oggi viene attribuita solo la traduzione dal greco di un'opera di filosofia scritta da Celsino di Castabala.
Per comprendere meglio la figura del console occorre far riferimento ad Agostino. Quest'ultimo era arrivato a Milano tramite un altro africano, Romanianus, e grazie al quale si inserì a corte e conobbe il nostro console. A Milano si raccolse un gruppo di filosofi attorno al vescovo Ambrogio, il quale risponde alle loro domande religiose e crea un vero e proprio esercito che si muove dalla basilica alla corte. Anche Agostino approda in questo circolo e conobbe il nostro Theodorus. Il loro rapporto evidenzia il console come un vero maestro per Agostino nello studio della filosofia, una traccia da seguire verso la religione cristiana. Agostino lo definisce uomo insigne per il carattere.
L'eloquenza e i doni che ha ricevuto dalla fortuna, ma ancor di più per le sue capacità intellettuali. Nelle CONFESSIONI invece non ha certo parole lusinghiere per quello che definisce l'orgoglioso milanese. Vi deve essere stato qualcosa che ha determinato la rottura tra i due: forse il ritorno di Theodorus alla vita politica e quindi l'aver infranto un'immagine di pensatore che Agostino si era costruito anche come modello.
In conclusione Theodorus rappresenta un tipo di funzionario molto diverso da quelli che lo hanno preceduto e che verranno dopo di lui. Non è né un burocrate di corte, né un aristocratico senatore di Roma. È nato in Liguria da una famiglia di cui non si conoscono i trascorsi, ha studiato diritto ed ha esercitato a Milano l'avvocatura prima di iniziare la sua carriere amministrativa. Cristiano nella Milano della fine del regno di Giustina e Valentiniano I, partecipa al dibattito religioso del e con il
vescovo Ambrogio. Decide di allontanarsi dalla vita di corte dopo la morte dell'imperatore Graziano. È un intellettuale colto: parla e scrive il greco, tratta la filosofia e le altre scienze, legge libri e scrive. Compone e dedica un saggio sulla metrica a suo figlio. Sotto Onorio ritorna all'attività politica: prefetto del pretorio d'Italia, Africa e Illirico nel 397 e console nel 399. La sua carriera a questo punto sembra finita, ma forse spinto dal suo partito nel 409 è nuovamente prefetto del pretorio ma solo per pochi mesi. Dopo un nuovo scenario attende l'impero nel 409: Milano ha lasciato il posto a Ravenna dove l'impero vive la sua ultima stagione e Theodorus non ne fa parte. CAPITOLO VI: IL PREFETTO. 1. LE LEGGI A THEODORUS DEL 397. Theodorus fu prefetto del pretorio di Italia, Africa e Illirico dal 31 gennaio 397. Il prefetto del pretorio è il funzionario più alto in grado dell'amministrazione imperiale: in genere è acapo di una soladiocesi, ma sono frequenti i casi in cui ad un solo prefetto sianoaffidate più diocesi (Costantino aveva diviso l'impero in 4 diocesi). Ilprefetto del pretorio pronuncia inoltre sentenze vice sacra, ovvero alposto dell'imperatore.L'affidamento di un territorio così vasto comprendente 3 diversediocesi deriva da: 1) la necessità di porre sotto un unico governol'Italia e l'Africa, poiché queste avevano connessioni economiche;2) la situazione politica dell'Africa era insicura per le ribellioni neiconfronti dell'amministrazione centrale ad opera del generale Gildo.il governo dell'Illirico, unito alle altre due diocesi era solo nominalepoiché l'appartenenza del territorio all'impero d'Occidente è motivodi contrasto con l'Oriente, che su di esso esercitava il controllo.Il prefetto doveva abitare nella capitale della diocesi, ma ciò nonavveniva quasi mai. Infatti ilnostro prefetto svolse il suo incarico nel398 è il destinatario di 7 costituzioni, mentre nel 399 è attestato in carica sino al 20 gennaio e in questo breve periodo ricevette 2 leggi. Inoltre del 397 si ricordano in totale 19 leggi, 5 delle quali indirizzate al prefetto di Roma Florentinus.
La prima legge indirizzata a Theodorus è del 31 gennaio (è anche la prima del 397), Codice Teodosiano 11.16. È la costituzione 21 e serve a confermare le disposizioni degli imperatori che hanno preceduto Onorio, affinché venissero conservati intatti tutti i privilegi concessi alla Chiesa. Il vescovo di Roma non può essere chiamato a rispondere di imposizioni straordinarie o sporche che ne degraderebbero la dignità e la funzione.
La seconda è la costituzione 22 del 12 giugno e presenta un contenuto lievemente differente. Dopo una dichiarazione iniziale analoga alla prima, questo testo aggiunge il ricordo di validità di quanto già concesso anche per coloro che
servonola Chiesa. I due testi hanno suggerito la soluzione che si tratti di un'unicalegge emanata il 31 gennaio e divisa in due brevi escerti in questotitolo e in un altro (CTH 16.2.30) del 31 gennaio. Le costituzioni 21 e 22, mentre rinnovavano la volontà imperiale di conservare inalterati i privilegi concessi alla Chiesa, danno il segno immediato di come, nonostante la normativa imperiale in vigore, le amministrazioni delle città dell'Impero tentavano di reagire al dissolvimento dell'organizzazione dei loro servizi. Inoltre soprattutto quando il governo imperiale imponeva pesi fiscali straordinari, le curie cittadine chiamavano ad assolvere gli onori anche coloro che ne erano esonerati. • la terza legge fu emanata a Padova il 24 settembre. in questa Onorio acconsente alle richieste che vengono dall'ordine senatorio (CTH 7.13.13). Così l'imperatore concede di poter sost