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A CRISI DEL PRINCIPATO E LA C D ANARCHIA MILITARE DEL SECOLO DL GE RIFORME DI ALLIENO

Verso la metà del III secolo d.C. l'Impero versava nella crisi più grave che avesse mai dovuto affrontare. In larga misura essa era stata determinata dagli spostamenti di popoli che avvenivano nel profondo delle regioni euro-asiatiche. Intorno al 200 d.C., gli unni di stirpe turco-mongolica, nella loro marcia verso occidente, avevano raggiunto la zona tra il Mar Caspio, l'Ob, il Volga e le montagne che limitavano l'altipiano iranico. Il contraccolpo, da ovest a est, mise in movimento i germani orientali, in particolare i Goti. Un altro pericoloso avversario dell'Impero sorse in Oriente, ove si affermò il regno neopersiano dei Sassanidi, i quali, a differenza dei Parti, nel proclamarsi eredi dell'antico impero universale degli Achemenidi, distrutto dalle conquiste di Alessandro Magno (334 - 327 a.C.), non nascondevano le loro pretese egemoniche.

Sull'intero Oriente romano (la Siria, l'Egitto e l'Anatolia). La resistenza delle legioni non riuscì a contenere la pressione su tutti i confini. Il limes fu ripetutamente sfondato in più punti. L'imperatore Decio cadde in battaglia contro i Goti sul corso inferiore del Danubio (251 d.C.). Valeriano fu fatto prigioniero a Edessa (in alta Mesopotamia) dai Persiani (260 d.C.). Nonostante la caotica situazione militare, anzi anche in ragione di questa, l'esercito finì per diventare l'unica organizzazione capace di garantire sicurezza a chi non trovava più una risposta ai propri problemi nel sistema politico e sociale dell'Impero. L'esercito imperiale si presentava da sempre come una somma di centri di potere che godevano d'ampia autonomia. Tuttavia la presenza d'una forte autorità politica centrale aveva impedito, per più di due secoli, il continuo ripetersi di conflitti e crisi istituzionali.

Con il declino del controllo esercitato dal potere centrale, le legioni conquistarono ampi spazi d'autonomia, contrapponendosi le une alle altre. L'antico e consueto meccanismo dell'acclamazione imperatoria fu usato impropriamente per nominare imperatori spesso legittimati dal gradimento d'una o, al più, di poche legioni. La conseguenza fu l'aprirsi d'una crisi politico-militare gravissima: per molti anni gli imperatori si susseguirono l'uno all'altro. Sovente vi furono più imperatori contemporaneamente, ciascuno dei quali considerava gli altri usurpatori. La quasi totalità dei personaggi, che si disputarono il potere nei cinquant'anni compresi tra il 235 e il 284 d.C., era, in effetti, costituito da comandanti militari. E' stato acutamente osservato dal Montesquieu che il regime dell'impero, durante la c. d. fase dell'anarchia militare (235 - 284 d.C.), potrebbe qualificarsi come una specie direpubblica irregolare, dove la qualifica irregolare vuol significare l'assenza di un ordinamento organizzato in vere e proprie istituzioni. Chi consideri, infatti, i due poli attraverso i quali passa l'intensità del potere politico, l'esercito (il popolo romano in armi) e l'imperatore, e abbia presenti i frequenti contatti del capo con i gregari, relativi ai vari problemi di governo che questi suole risolvere facendo appello alle assemblee dei militi, non può fare a meno di riconoscere in siffatti rapporti la continuazione di quelli, regolati dalle raffinate istituzioni cittadine, che passavano tra il magistrato e il popolo. Tale riflessione, tuttavia, ci conduce a riconoscere un altro aspetto caratteristico dell'ambiente storico che stiamo analizzando. L'impero del III secolo appare una rozza forma di democrazia militare a chi si ponga dal punto di vista dei rapporti fra imperatore e soldati; al contrario, osservato dal versante della popolazione cittadina.del Senato, esso viene configurandosi, per il fatto stesso dellaloro esclusione dall’esercizio del potere, quale regime di tipo autocratico. Il momento dipassaggio dal principato all’impero tardoantico può cogliersi, sostanzialmente, in treeventi decisivi:
  1. emarginazione politica del Senato, ancora influente e decisivo al tempodella rivolta contro Massimino il Trace (238 d.C.), e dei senatori, in conseguenza delleriforme di Gallieno.
  2. L’esclusione dei senatori (databile attorno al 261-62 d.C.) dai comandimilitari rompe quell’involucro istituzionale, nel quale il Mommsen ha riconosciuto unaspetto fondamentale della costituzione diarchica del principato. Le ragioni che indusseroGallieno, membro della più alta aristocrazia senatoria, a un’iniziativa tanto drastica paionoovvie: di fronte a un pericolo mortale, l’Impero non poteva permettersi il lusso di lasciareai posti di comando degli ignoranti di cose militari (i quali, per di più,
costituivano unaminaccia come potenziali usurpatori). I senatori, in tal modo, furono quasi completamente rimossi dal governo delle province, fino a quel momento, loro monopolio, a parte alcune eccezioni [Egitto, Mesopotamia (a partire dal principato di Settimio Severo) e altri territori – le c.d. province procuratorie – di minore importanza]; b) abolizione delle forme legali di conferimento del potere d’origine repubblicana. Aurelio Caro (282 d.C.), ascendendo al trono, dopo l’acclamazione dei soldati, non avvertì la necessità di richiedere, secondo la consuetudine costituzionale, l’approvazione del senato e la conseguente convocazione dei comitia imperii (lex de imperio). L’abrogazione, o la sottovalutazione del rilievo, di queste forme legali del conferimento dei poteri imperiali equivalse al riconoscimento solenne dell’evoluzione assolutistica e autocratica della monarchia imperiale; c) provincializzazione dell’Italia, ovverossia

sostanziale equiparazione del governo dellapenisola a quello delle province.- La riorganizzazione delle istituzioni che la nuova situazione imponeva, a differenza diquella portata a termine da Augusto, rivoluzionaria nella sostanza ma inserita in undiscorso propagandistico volto a restaurare il modello politico repubblicano, modificò37apertamente il sistema precedente. Si trattò di più di mezzo secolo d’interventi riformatori,avviati da Gallieno e Aureliano e conclusi da Costantino, grosso modo, dunque, tra il 261 eil 337 d.C. : ’L- A RICERCA DI NUOVI FONDAMENTI DI LEGITTIMITÀ DEL POTERE IMPERIALE L OPERA DIA URELIANODopo l’assassinio di Gallieno (268 d.C.), si determinò il crollo definitivo della legittimitàdel potere imperiale. Meglio di tutto lo dimostra il fatto che, a eccezione di Claudio ilGotico (268 – 270), che morì di peste, nel corso dei quindici anni successivi – tra il 268 e il284 – ben

Cinque imperatori caddero vittima dei propri soldati, mentre gli altri due vennero assassinati proditoriamente. Le usurpazioni degli anni 268 – 284 furono con ciò fondamentalmente differenti da quelle che ebbero luogo nel 260 – 1, quando la notizia della cattura di Valeriano (da parte dei Persiani) scatenò, nello stesso momento, tre usurpazioni contro Gallieno: in Gallia, in Pannonia e in Oriente. Quelle erano la reazione alle sconfitte che, da un lato avevano scosso l'autorità dei detentori del potere e, dall'altro, avevano esposto le province alle incursioni nemiche. Gli imperatori militari, i restitutori illirici (così chiamati perché tutti provenienti dalle province balcaniche), invece, morirono quando ormai il pericolo maggiore era superato e per mano di coloro i quali avevano guidato di vittoria in vittoria. Le campagne degli anni 267 – 271 fermarono l'impeto dei barbari, nel 272 – 274 venne arrestata la

Divisione dell'Impero, e, ciononostante, la rivoluzione ai vertici del potere, iniziata nel 268, divorò i suoi figli fino all'ascesa di Diocleziano. La causa di questa situazione è facilmente individuabile: agli ufficiali illirici, che provenivano dalle fila dell'esercito, molti dei quali erano cittadini romani di terza generazione appena, riusciva più facile accettare un imperatore di un'eminentefamiglia senatoria, piuttosto che qualcuno del proprio gruppo. Perciò, quando alla fine raggiunsero il potere, misero in moto un inesorabile meccanismo d'assassini e usurpazioni. I nodi, che i restitutores illirici (dallo "slogan" 'restitutio imperii' presente nelle legendae di molte monete coniate in questo periodo) furono chiamati a sciogliere, erano sostanzialmente tre e interconnessi tra loro: ricomporre l'Impero sotto un'unica guida, sostituendo alle forme di legittimazione del potere di tradizione repubblicana,

Travolte dagli eventi del III secolo, altri principii, in grado di giustificare l'esistenza di un forte e accentrato sistema monocratico; avere un esercito potente e fedele per imporre e conservare il nuovo sistema; recuperare, attraverso la riorganizzazione fiscale, la disponibilità economica necessaria per realizzare questi obiettivi.

Sotto Aureliano (270-75 d.C.) si affermò una monarchia militare, con un vago sapore democratico, in quanto l'imperatore sottopose ai soldati decisioni importanti. Allo stesso tempo, però, Aureliano impiegò, per la prima volta nella titolatura ufficiale, l'appellativo 'dominus et deus'. L'essenza del regime di Aureliano e la sua stessa concezione del potere coincidono con questi titoli, rivolti ad accentuare il carattere teocratico della monarchia. Nel pensiero di Aureliano, il carattere militare della monarchia è congiunto con la sua derivazione dalla divinità:

l'imperatore è tale in grazia del favore divino. Lo stesso imperatore si sentiva guidato dal dio Sole: durante una rivolta disse ai soldati che egli non doveva ringraziar loro per aver ripreso il trono, ma il suo signore e la sua guida divina.

L'enoteismo di Aureliano riconosce nel Sol invictus un simbolo spirituale e politico allo stesso tempo. Le religioni enoteistiche, quali generalmente sono i culti solari, partecipano della natura sia dei culti politeisti sia di quelli monoteisti: come i primi contemplano l'esistenza di tanti dèi, ma come i secondi attribuiscono la massima importanza a un unico dio considerando gli altri solo delle divinità minori, costrette a ubbidire al dio più importante. La religione politeista specializza molto i còmpiti, assegna a ogni divinità una funzione specifica, mentre nei sistemi enoteistici gli dèi minori sono propriamente tali e non possono agire autonomamente o contro il volere della

divinità più importante. Proprio per queste caratteristiche, i culti solari hanno fornito, in più occasioni, unalegittimazione
Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
47 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Mantovani Dario.