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I RACCORDI TRA LO STATO E LE REGIONI

Sezione Prima

LA PARTECIPAZIONE DELLE REGIONI AD ATTIVITÀ DELLO STATO

1. Il regionalismo «bifronte», garantista e cooperativo, e le più rilevanti e gravi torsioni del modello costituzionale registratesi nell’esperienza.

Il regionalismo garantista, nato prima di quello cooperativo, consiste nel salvaguardare la sfera delle competenze regionali rendendola impermeabile agli atti dello Stato (es. una legge statale non potrebbe abrogare una legge regionale), pur nel rispetto della legge dello Stato quale garanzia dell’unità-indivisibilità della Repubblica.

Il regionalismo cooperativo consiste nella «leale cooperazione» (ascendente o discendente) tra Stato e Regione per integrare le competenze reciproche e concorrere all’esercizio delle rispettive funzioni.

La Cooperazione ascendente (da parte della Regione verso lo Stato) è regolamentata, in maniera frammentaria e discontinua, dalla Costituzione.

dubbi in termini di efficacia e rappresentatività. Questo ha portato ad una concentrazione di potere nelle mani dei governi centrali, a discapito delle istituzioni regionali e dei cittadini. La cooperazione tra Stato e Regioni è stata spesso utilizzata come strumento per il controllo politico e amministrativo delle Regioni da parte del Governo centrale. Le decisioni prese a livello nazionale sono state spesso imposte alle Regioni, senza tener conto delle loro specificità e delle esigenze dei cittadini locali. Inoltre, la cooperazione tra Stato e Regioni ha spesso favorito le Regioni più grandi e più influenti a discapito delle Regioni più piccole e meno rappresentate. Questo ha creato uno squilibrio nel sistema federale italiano, con alcune Regioni che hanno acquisito un potere e una autonomia maggiori rispetto ad altre. In conclusione, la cooperazione tra Stato e Regioni in Italia ha subito una serie di distorsioni nel corso degli anni, che hanno portato ad un indebolimento del regionalismo garantista e ad un rafforzamento del potere centrale. Questo ha compromesso l'equilibrio originariamente previsto dalla Costituzione italiana e ha limitato la capacità delle Regioni di agire in modo autonomo e indipendente.

disorganizzati e deludenti. Un tentativo di coordinamento e armonizzazione è venuto dalla Corte Costituzionale che ha ribadito il concetto di leale cooperazione anche se nell'ottica del perseguimento degli obiettivi prefissati dagli organi statali. Il concetto di leale cooperazione alle interpretazioni più flessibili... pareri vincolanti... Altra forma di cooperazione sono gli accordi di programma ove gli enti locali cooperano con il Governo nazionale per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento. I deludenti risultati del regionalismo cooperativo è da imputarsi principalmente al sistema politico, che non ha dato spazio a sufficienza sia all'effettiva diversificazione regionale che alla concreta partecipazione degli enti locali alle politiche quadro nazionali, ma è anche da imputarsi alla debolezza espressiva della Costituzione. Pag. 142. La partecipazione regionale ad attività parlamentari e le sue

forme secondo l'originario mo-dello costituzionale. Le Regioni partecipano alla elezione del Presidente della Repubblica nominando tre delegati (laV. d'A. ne ha solo uno) scelti dai rispettivi Consigli che rappresentino adeguatamente anche leminoranze. Purtroppo però la presenza assorbente dei partiti politici nei Consigli non ha fattoaltro che accrescere solo il numero dei rappresentati delle stesse forze politiche presenti nelleCamere e non la varietà degli schieramenti. Altre forme di partecipazione sono: - Diritto di iniziativa legislativa esercitabile dal singolo Consigliere; - Richiesta di referendum abrogativo o costituzionale esercitabile da almeno cinque consiglieri; - Pareri circa la fusione o creazione di Regioni esercitabile dai Consigli Regionali interessati; - Pareri circa il passaggio di Comuni e Province da una Regione all'altra, esercitabile dai Consi-gli Regionali interessati; - Pareri circa il mutamento di circoscrizioni provinciali o.

L'istituzione di nuove province, esercitabile nel silenzio della norma dal Consiglio Regionale interessato o da chi demandato dallo statuto;

Per l'iniziativa legislativa alcuni ritengono che i Consigli debbano scegliere quale ramo del Parlamento presentare la proposta, altri invece ritengono che la proposta debba essere presentata al Governo (Presidente del Consiglio) il quale sceglierà a quale ramo del Parlamento inoltrare la proposta. La seconda ipotesi è suffragata dal principio che il Governo costituisce organo di raccordo tra Stato e Regione.

L'iniziativa può riguardare leggi ordinarie o costituzionali, in particolare le Regioni speciali possono proporre modifiche al proprio statuto, ovvero sono consultate se la modifica dello statuto avviene su iniziativa del Governo.

Si dibatte anche sul fatto che l'iniziativa legislativa sia limitata a questioni di diretto e sicuro interesse regionale, anche se la verifica della sussistenza

dell'interesse è di dubbio accertamento. Nella pratica è avvenuto che lo Stato ha tanto ampiamente consentito alle Regioni di presentare progetti legislativi quanto pochi o nessuno di questi progetti è stato tradotto in legge. Migliore è la situazione per il caso dell'iniziativa referendaria ove l'ammissibilità della domanda è accertata dalla Corte Costituzionale e non dal Parlamento, però qui è necessario il concorso di almeno cinque Consigli regionali che abbiano deliberato lo stesso testo (altrimenti si tratta di iniziative differenti) a maggioranza assoluta. Pag. 153. La partecipazione regionale "a livello esecutivo": la "Conferenza Stato-Regioni". La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome costituisce la sede in cui, al massimo grado, si realizza l'incontro tra Governo e Regioni, e fu istituita con decreto del Presidente del Consiglio.dei ministri del 12 ottobre 1983. La Conferenza Stato-Regioni è composta dal Presidente del Consiglio (Presidente), Presidenti delle Regioni e delle Province autonome (membri). È convocata almeno ogni sei mesi e possono essere invitati i Ministri interessati all'o.d.g. oltre a rappresentanti di amministrazioni statali o enti pubblici. La Conferenza ha funzioni consultive su: a) linee generali dell'attività normativa di interesse diretto regionale, determinazione degli obiettivi di programmazione economica nazionale e della politica finanziaria e di bilancio; b) criteri generali relativi all'esercizio delle funzioni statali di indirizzo e coordinamento dei rapporti tra Stato, Regioni, Province autonome e gli enti infraregionali, nonché indirizzi generali relativi all'elaborazione ed attuazione degli atti comunitari riguardanti le competenze regionali; c) ogni altro argomento che il Presidente del Consiglio ritenga opportuno sentire.

Conferenza. Non si tratta di un organo Statale ma «un’istituzione operante nell’ambito della comunità na-zionale come strumento per l’attuazione della cooperazione fra lo Stato e le Regioni (e le Pro-vince autonome)». Nonostante si i deliberata della Conferenza abbiano solo valore di parere, essi hanno un note-vole significato politico.

Gli effetti prodotti sono stati:

  1. D.Lgs. 418/1989 – Trasferimento in capo alla Conferenza le attribuzioni generali degli orga-nismi a composizione mista;
  2. D.Lgs. 281/1997 – Unificazione della Conferenza Stato-Regioni con la conferenza Stato-Cit-tà ed autonomie locali;
  3. L. Bassanini (n. 59/1997) – Parere obbligatorio della Conferenza sui decreti di attuazionedella devoluzione delle funzioni statali alle regioni;
  4. L. 362/1988 – Consultazione della Conferenza per la redazione del documento di program-mazione economico-finanziario e del progetto di legge di bilancio annuale e pluriennale.
Le proposte volte ad incardinare stabilmente le Regioni nell'organizzazione dello Stato-per-sona ed i rischi, assai gravi, che possono ad esse accompagnarsi per il mantenimento dell'equilibrio tra diritto costituzionale e diritto politico (in ispecie, la modifica del Senato in "Camera delle Regioni" e la modifica della composizione della Corte costituzionale). Come visto la partecipazione regionale alle attività statali è piuttosto limitata. Ad esempio infatti l'elezione del Senato a base regionale ha avuto come unico effetto quello del riparto territoriale dei seggi e non quello della rappresentanza regionale nel Parlamento. Si discute se rendere il Senato la "Camera delle Regioni" o la "Camera delle Autonomie", si tende per la prima ipotesi ma con spazi per le autonomie locali all'interno delle regioni (es. Consiglio regionale quale organo bicamerale comprendente il "Consiglio delle Autonomie"). Legge di riforma del Titolo V della Costituzione

Legge di riforma del Titolo V della Costituzione

La legge di riforma del Titolo V della Costituzione parrebbe orientata a consentire una partecipazione allargata a tutte le Autonomie Locali nella Commissione parlamentare per le questioni regionali ma nei termini dei regolamenti delle Camere. Pag. 16

Sezione Seconda

I POTERI DELLO STATO NEI CONFRONTI DELLE REGIONI E IL PRINCIPIO DI UNITARIETÀ DELLA REPUBBLICA

  1. La ratio dei poteri statali nei confronti delle Regioni.

I poteri statali nei confronti delle regioni assumono tre forme:

  1. Poteri (latamente) di indirizzo - Indirizzamento ed incanalamento dell’attività regionale sia in negativo (cornice oltre la quale l’attività non può spingersi) che in positivo (sollecitando l’attività regionale al perseguimento di dati obiettivi);
  2. Poteri sostitutivi o sussidiari - Soppressione all’inerzia degli organi regionali nell’esercizio delle loro funzioni ovvero sostituzione all’organo regionale tutte le volte in cui la cura di

Un interesse pubblico può essere meglio realizzato dallo Stato piuttosto che dalla Regione;

Poteri (latatamente) di controllo - Sanzionamento o sollecitazione l'applicazione di sanzioni a carico di atti o attività commissive o omissive delle Regioni che abbiano superato i limiti e che possano pregiudicare l'unità.

2. I poteri d'indirizzo.

I poteri di indirizzo si estrinsecano sia in forma legislativa che amministrativa.

Le leggi di indirizzo sono tutte quelle leggi idonee a vincolare l'autonomia regionale orientando-ne le relative manifestazioni normative (es. potestà esclusiva: sulle norme fondamentali delle riforme economiche e economico-sociali; potestà ripartita: leggi-quadro o leggi-cornice - principi fondamentali).

Le leggi regionali devono comunque osservare anche le leggi statali, sebbene non siano di indirizzo, ma adottate nel rispetto degli impegni internazionali o idonee ad esprimere "principi generali".

dell'ordinamento giuridico". Le leggi-quadro in ambito della pot

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A.A. 2010-2011
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Regionale e degli Enti Locali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Chiara Giuseppe.