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Circa gli obblighi comunitari, invece, possiamo guardare il comma 5 dell'art. 117

della nostra costituzione, che prevede che regioni e provincie autonome, nelle

materie di propria competenza, partecipino allo sviluppo di atti normativi a

livello comunitario. Non si tratta più di buona volontà del legislatore statale ma

di un obbligo previsto a livello comunitario. Anche tale disposizione è contenuta

nell'art. 5 della legge La Loggia, per cui esse concorrono direttamente alla

formazione degli atti comunitari e partecipano alle attività comunitarie. Altra

Appunti di Diritto Regionale e degli Enti Locali – Prof.ssa P. Santinello

novità era già stata prevista nel 2005 ed è stata sostituita dalla legge 234/2012

(che ha abrogato la prima) che all'art. 2 aveva costituito un comitato

interministeriale per gli affari europei (che prima aveva nome diverso),

convocato per concordare le linee del governo sulle politiche comunitarie, cui

possono, quando coinvolte, partecipare anche le regioni mediante la conferenza

stato-regioni. Sempre la legge del 2005 aveva articolato in maniera incisiva il

concetto di trasmissione dei progetti di atti comunitari alle regioni. Con l'art. 24

della 234/12 si è previsto che gli atti siano trasmessi alle regioni, che queste

possano presentare delle osservazioni, la possibilità della convocazione di una

conferenza stato-regioni.

Già a partire dalla legge La Pergola, modificata nel '98 si era dato alle regioni un

potere attuativo. L'art. 40 della legge 234/12 prevede definitivamente la

possibilità per le regioni di recepire autonomamente le direttive. La legge

comunitaria oggi è sostituita altre due leggi, una di delegazione europea ed una

legge europea con altre prescrizioni che non pregiudicano l'adeguamento alle

direttive comunitarie (vedi schemi moodle).

Per quanto riguarda la fase discendente degli obblighi internazionali non

comunitari è legata al fatto che le regioni diano esecuzione ed attuazione non solo

agli atti dell'UE, ma anche ai trattati internazionali, sempre previa comunicazione

al governo (art. 6 comma 1 legge 131/03). Si tratta di qualcosa impensabile alla

vigilia della riforma del 2001.

La potestà legislativa integrativa-attuativa è legata all'originario art. 117, che

prevedeva che lo stato potesse delegare alle regioni l'attuazione di proprie norme.

Si trattava di una potestà legislativa ridotta a potestà regolamentare, poco

utilizzata se non indirettamente. Tale potestà non è più prevista dal nuovo 117,

ma non è decaduta: lo stato può ancora delegare alle regioni l'attuazione di

proprie norme. Situazione del genere sono state avallate dalla corte

costituzionale. Le regioni speciali, visto che hanno ancora gli statuti originali che

Appunti di Diritto Regionale e degli Enti Locali – Prof.ssa P. Santinello

prevedono i tre tipi di potestà (primaria, concorrente e integrativa attuativa), a

tale proposito fanno riferimento alla clausola di maggior favore, art. 10 della

legge cost. 3/2001.

La potestà normativa delle regioni non fa riferimento solo alle leggi, ma anche ai

regolamenti. Ciò che emerge dal sesto comma dell'art. 117 è che il revisore

costituzionale ha inteso eliminare il rischio di regolamenti nazionali in materie

regionali. Questo principio di separazione delle competenze non è facile da

seguire, per via delle competenze trasversali e concorrenti. Nel secondo caso,

nonostante la previsione costituzionale, la corte cost. ha riconosciuto la

possibilità dell'intervento dello stato. Altro problema sorge in relazione alla

chiamata in sussidiarietà. Maggiore autonomia regolamentare è lasciata agli enti

locali. Per il secondo comma dell'art. 121 della cost. e la sua modifica del '99, per

la quale “il consiglio regionale esercita le potestà legislative” (e non più anche

egolamentari). Tale potere era poco usato perché il procedimento di formazione

dei regolamenti era uguale a quello delle leggi. Mentre spesso gli assessori

rilasciavano circolari con la forma di regolamenti. Con tale modifica ci si chiede

se il potere passasse all'esecutivo, alla giunta (cfr. comma 3 ed emanazione da

parte del presidente della giunta), oppure agli statuti che, effettivamente decidono

a quale organo delle regione affidare il potere regolamentare, che rientra nella

forma di governo che è di competenza statutaria. Alcune regioni affermano che il

potere sia del consiglio a meno che la singola legge non demandi il potere alla

giunta, o viceversa, dalla giunta al consiglio.

A livello governativo sono previsti regolamenti che trovano disciplina nella legge

400/88, che rimane in vigore solo per poche disposizioni. I tipi di regolamento

governativo possono essere:

−esecutivi della legge, rendono esecutive leggi e trovano legittimazione nella

legge su citata (400/88);

−integrazione ed attuazione della legge, possono anche innovare, integrare il

contenuto della legge, dandole attuazione, si tratta di riserve di legge relativa;

Appunti di Diritto Regionale e degli Enti Locali – Prof.ssa P. Santinello

−delegificazione o in materie delegificate delegati, indicano un tipo di fonte,

molto utilizzato, particolare,. Il parlamento delega l'esecutivo a sviluppare

regolamenti, alla luce di contenuti stabiliti (diverso dal dlgs che è una legge). Il

decreto legislativo è dato da una legge di delega che regola i contenuti, come per

il regolamento, ma per il dlgs c'è un termine, oltre il quale la delega è scaduta e

questo non può essere modificato se non mediante un'altra legge delega, mentre il

regolamento delegato vuole che dopo la delega da parte del legislatore al

governo, l'ultimo potrà modificarlo e non avrà, nel suo mandato, limiti di tempo.

−Indipendenti, si trovano sulla carta, ma sono difficili da ritrovare. Permettono al

governo la disciplina di una materia non disciplinata dalla legge. Si trovano dei

limiti in riserve di legge relativa o assoluta.

A livello regionale vi sono tutti questi tipi di regolamenti eccetto quelli

indipendenti.

Dalla costituzione si potrebbe pensare che anche la regione possa emanare atti

aventi forza di legge, ma dagli art. 76 e 77 vediamo il contrario. Dopo la riforma

del 2001 la dottrina aveva iniziato a discutere su questa possibilità. Pensando che

si potesse riconoscere lo statuto come elemento che disciplini questo tipo di fonti.

La corte cost. nel 2004 on ha riconosciuto questa facoltà, nonostante ha permesso

che si delegassero alle giunte dei testi unici (previa approvazione da parte del

consiglio).

La forma di governo regionale, già citata circa l'autonomia statutaria, rientra in

quest'ambito (ex art. 123 cost.). Essa indica l'insieme delle regole che

disciplinano la distribuzione delle competenze tra gli organi ed i rapporti tra gli

stessi. Essa ha un rapporto strettissimo con le modalità di elezione. Nel testo

originaio si parlava di organizzazione interna della regione, limitata dalla scelta

delle modalità di elezione disciplinata dallo stato. Tuttavia, dopo la riforma del

2001, lo statuto ha acquisito un margine di manovra più ampio. Ex legge cost.

2/01, la legge statutaria è la legge delle regioni speciali con cui queste scelgono la

propria forma di governo e specificamente le modalità di elezione.

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La prima legge elettorale regionale, alla base dei primi consigli regionali, (ex

108/68) prevedeva un sistema elettorale proporzionale puro. Negli statuti del '71

non potevano esservi governi parlamentari o assembleari, ma necessariamente

tendenzialmente assembleare, con funzione politica e amministrativa residuale

del consiglio regionale e funzioni amministrative alla giunta, che non era

esecutivo del consiglio. Il consiglio, sovraccarico di mansioni, ha demandato

parte dei poteri alla giunta che ha iniziato ad utilizzare indirettamente il potere

regolamentare del consiglio, mediante circolari ed altri provvedimenti. Il

baricentro, nella prassi iniziava a variare. Il proporzionale puro, in oltre, aveva

portato ad una instabilità delle giunte. In n primo momento le regioni hanno

iniziato a modificare gli statuti prevedendo più potestà amministrative in mano

alla giunta e introdotto la mozione di sfiducia costruttiva (introdotta, per i comuni

dalla 142/90). La sfiducia si poteva presentare solo con un nuovo esecutivo ed un

nuovo programma. Altro meccanismo previsto dagli statuti era l'elezione del

presidente che presentava una lista di assessori.

La legge 43/95 che negli ultimi anni si è chiamata tatarellum (Tatarella primo

firmatario) e sembra sia piaciuta perché ripresa da numerose leggi regionali. Tale

legge non ha sostituito la 108/68, ma la ha modificata. Si prevede che i 4/5 dei

seggi, l'80% sono eletti con sistema proporzionale ed il restante 20% con il

maggioritario. Si è riconosciuto un premio di maggioranza (analogie con il

mattarellum del '93). La regione viene suddivisa in circoscrizioni che

corrispondono alle provincie. Vi erano liste provinciali collegate ad una lista

regionale con un capolista. L'80% dei seggi veniva diviso in modo proporzionale

ed alla lista di maggioranza era conferito un premio. Tale premio poteva essere

dimezzato se le liste provinciali superavano il 50%. Sempre in relazione alla

coalizione si otteneva da un minimo del 50%dei seggi ad un massimo del 60%.

Gli elettori erano convinti che il capolista divenisse presidente della giunta, ma in

realtà non vi era elezione diretta, ma si trattava di una consuetudine.

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Dopo la riforma ex art. 5 della legge cost. 1/99, che ha lasciato alle regioni la

scelta delle proprie leggi elettorali e delle proprie modalità di elezione. Si erano

anche sviluppate, nella stessa legge, disposizioni transitorie come l'elezione

diretta del presidente della giunta, ancora inteso come capolista (art. 122 comma

5). È il presidente che delega e revoca gli assessori, se muore si va alle elezioni.

Fino a quando le regioni non hanno emanato le proprie leggi alla luce della

riforma hanno fatto riferimento alla legge nazionale (165/04), suppletiva e

cedevole. Nell'ambito di tale provvedimento si fa salva una legislazione statale

che regoli delle cause di incandidabilità, inelegibilità (funzioni svolte dal

candidato che potrebbero influenzare gli elettori), incompatibilità (conflitto tra

funzioni svolte e funzioni per cui ci si candida).

In veneto la legge elettorale è la 5/12, ma prevede l'entrata in vigore dopo quella

dello statuto. Si tratta di un sistema misto, volto alla tutel

Dettagli
A.A. 2013-2014
51 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vercillo.marco di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto regionale e degli Enti Locali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Santinello Paola.