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IL FONDAMENTO DEI DIRITTI DI LIBERTÀ
IPOTESI GIUSNATURALISTICA…
- Secondo i giusnaturalisti la libertà nasce da un diritto anteriore, trascendente rispetto a quello
statuale. Lo Stato si limita solo a dichiararla, a recepirla in disposizioni meramente ricognitive o al
max a disciplinarla nei suoi aspetti di dettaglio.
- Invece secondo i positiviti è un altro il fondamento dei diritti di libertà perché sono i singoli
ordinamenti positivi a costituire l’eventuale esistenza della libertà.
L’ipotesi giusnaturalistica nasce dal desiderio, in sé nobilissimo, di conferire una garanzia più
sicura alle elementari esigenze dell’uomo, nell’errata convinzione che il positivismo giuridico sia
corresponsabile delle oppressioni delle libertà.
Infatti il giusnaturalismo proclama solennemente le libertà come diritti “sacri”, “eterni”, “innati”,
“naturali”, “inalienabili”, proprio per contrapporli agli altri diritti, spontaneamente elargiti dallo
Stato e da questo liberamente revocabili.
Grossi non condivide il fondamento giusnaturalistico per i diritti di libertà per varie ragioni:
1) è contraddittorio un diritto che si ritiene superiore a quello statale, ma che non riesce a imporsi
da solo perché necessita dell’intermediazione di norme positive che lo traducano in regole
veramente efficaci, perché coercitivamente sanzionate;
2) i valori richiamati dal giusnaturalismo non sono univoci, tanto che in nome del diritto naturale
sono stati parimenti giustificati sia la libertà che la schiavitù, sia la comunione dei beni che la
proprietà individuale, sia la monogamia che la poligamia, sia la democrazia che la monarchia;
3) considerare le libertà preesistenti e intangibili per lo Stato, significa abbandonarsi
all’insindacabile discrezionalità del legislatore e del giudice k giudica sulla legittimità delle leggi;
extra-
4) una concezione statuale del fondamento dei diritti di libertà deve, x sua natura,
riconoscerli anche a stranieri e apolidi. E invece questo problema va risolto non in astratto, ma
caso per caso; La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme
5) infine dall’art 1 della nostra Cost “
e nei limiti della Costituzione ” emerge chiaramente che:
- tutto il nostro diritto è fondato sulla volontà popolare e non in un ordinamento naturale,
- e questa sovranità può essere limitata solo dal sistema positivo.
POSITIVISTICA:
a) Stato assoluto; Tirannide e Dispotismo; Stati totalitari e dittatoriali.
Ma non può essere accolta nemmeno una ricostruzione positivistica del fondamento giuridico della
libertà che poggi esclusivamente sul diritto stabilito dallo Stato.
- Pensiamo allo Stato assoluto, qd poi non degeneri nel Dispotismo e nella Tirannide, ai quali ultimi
corrispondono in epoca contemporanea gli Stati totalitari e dittatoriali.
- Il Dispotismo si è diffuso nei paesi orientali e ha un fondamento teocratico.
- La Tirannide invece si caratterizza per l’illegittimità della sua origine.
- Lo Stato totalitario si caratterizza per la presenza di: una ideologia ufficiale; la lotta al
deviazionismo represso come eresia; l’asservimento dell'arte e religione alla politica; un partito
unico; una martellante propaganda di regime; l’accentramento nelle mani dello stato delle attività
economiche.
- Infine lo Stato dittatoriale differisce dagli altri soprattutto perché la concentrazione di poteri in
capo ad una persona carismatica non si realizza negando in via di principio la superiorità della
democrazia o le libertà.
Ma contraddicendovi in fatto, in nome di una situazione, provvisoria, di necessità.
Ebbene, nonostante le indubbie differenze, questi ordinamenti hanno una cosa in comune: non
assicurano alcun vero fondamento giuridico alla libertà, nonostante l’eventuale presenza di
disposizioni giuridiche ipocritamente garantistiche.
È vero che non sarà mai materialmente possibile, neppure per il più agguerrito Stato di Polizia,
sopprimere ogni spazio per la libertà.
Perché in questi casi, la libertà si attuerà cmq come una mera esperienza di fatto che non gode di
nessuna vera protezione giuridica.
Ma quand’anche l’autorità privi, ingiustificatamente, delle libertà anche una sola persona, l’intero
popolo si sentirà “in catene” perché l’incertezza sulla libertà equivale alla sua totale mancanza,
perché nessuno di noi è libero se non siano liberi tutti gli altri.
b) Stato autoritario e Stato di diritto. Gerber e Jellinek
Se invece la libertà ottiene un suo riconoscimento giuridico nei confronti dei poteri pubblici, si
pone il problema di concepire una pretesa del singolo validamente contrapponibile alla sovranità
statuale, che per definizione si definisce assoluta e illimitata.
Prima Gerber e poi Jellinek hanno tentato di superare questo ostacolo.
Secondo Gerber le libertà pubbliche sono principi giuridici, cd diritti popolari, che limitano il potere
dello Stato.
Ma, attenzione, per Gerber, le libertà pubbliche sono solo concessioni graziose dello Stato e quindi
solo effetti «riflessi» del diritto sovrano spettante allo Stato.
Insomma non sono diritti pubblici soggettivi, non possono essere fatti valere con un’azione
giudiziaria, perché Stato e cittadino non stanno su un piano di parità.
Anzi lo Stato può liberamente modificare o eliminare qualsiasi rapporto giuridico.
Quindi come accade nello Stato legale (o autoritario, da non confondere con lo Stato totalitario)
che si contrappone allo Stato di diritto, la libertà è sì giuridicamente tutelata, ma tale tutela non è
perfezionata a tal punto da consentire ai privati di farla valere con un'azione giudiziaria.
Allora Jellinek per poter concepire la libertà come diritto soggettivo pubblico ricorre all’idea di una
auto-limitazione da parte dello Stato, in modo che la sovranità statale non ne sia intaccata.
Perché la sovranità statale non esclude qualsiasi restrizione, ma solo quelle diverse da quelle che
essa stessa si pone.
Ma allora si pone il timore che un vincolo posto tanto spontaneamente dallo Stato, possa altrettanto
liberamente essere revocato.
Di qui il tentativo, fragile, di ancorare il fondamento dei diritti di libertà, per sostenerne
l’intangibilità, non ad una successiva ed eventuale auto limitazione dello Stato, ma al fatto che le
libertà individuali diventano modi di essere coessenziali della sovranità statale.
Insomma non costituiscono più forze antagoniste.
Il che non è esatto in generale, ma semmai solo per lo Stato di diritto.
KELSEN E LIMITI POLITICI, NATURALI O MORALI ALLA SOVRANITÀ STATUALE
Invece secondo Kelsen lo Stato:
- non è un essere superumano, ma si identifica con l’ordinamento giuridico (con le sue norme); e
- non può auto-limitarsi o auto-obbligarsi perché lo Stato non può essere destinatario di diritti e
obblighi, né può concepirsi un suo comportamento contrario al diritto.
I destinatari delle regole sono solo gli uomini che operano nella veste di organi dello Stato.
Ma la tesi di Kelsen è incondivisibile perché è innegabile che lo Stato può essere chiamato a
rispondere solidalmente delle violazioni compiute dai suoi funzionari-persone fisiche alle libertà.
Né sono idonee a fornire una costruzione giuridica delle libertà quelle teorie che pongono alla
sovranità statuale limiti politici, naturali o morali, come può essere la volontà collettiva del corpo
sociale; l’unità politica della Nazione; il grado di civiltà di un popolo.
CONCLUSIONI. STATO-ORDINAMENTO-UNIONE-APPARATO
Secondo Grossi, per ricostruire il fondamento dei diritti di libertà, è necessario distinguere i 3
concetti di Stato-ordinamento, Stato-Comunità e Stato–apparato.
Ebbene lo Stato-apparato (o Stato-persona giuridica o Stato-governo) indica gli organi governanti,
compresi gli organi legislativi.
Invece Stato-ordinamento e Stato-Comunità sono i 2 elementi, uno materiale e l’altro personale,
dello Stato-istituzione.
La comunità statale non va confusa:
- né con il popolo che è solo l’insieme degli individui che vivono, in un certo momento, in un certo
territorio. Mentre la comunità comprende le generazioni sia presenti che passate e future;
- né con la Nazione che si pone come un ente preesistente e prescindente dallo Stato,
caratterizzato non da fattori giuridici, ma oggettivi, come la lingua, la razza, la comune origine e
soprattutto la coscienza dei suoi membri di costituire una unità.
Peraltro il termine Stato può essere utilizzato anche in un’altra accezione, quella di Stato-centrale,
in ragione dell’articolazione territoriale del potere all’interno dello Stato-istituzione, per cui l’art.
114 della Costituzione prevede che la Repubblica italiana è costituita da Comuni, Province, Città
metropolitane, Regioni e dallo Stato (nel senso di Stato-centrale).
Ebbene per Grossi il fondamento dei diritti di libertà, intesi come rapporti giuridici che
intercorrono tra soggetti privati e soggetti investiti del potere pubblico (quindi tra privati e Stato-
apparato) è l’attribuzione della sovranità al popolo.
O meglio ancora, è possibile configurare un diritto di libertà verso lo Stato non tanto perché i
cittadini sono riconosciuti sovrani, quanto perché lo Stato-apparato ha cessato di essere sovrano.
Infatti con il riconoscimento normativo che la sovranità appartiene al popolo (come confermano i
referendum, l’attribuzione della capacità elettorale a tutti i cittadini e tanti altri istituti), lo Stato-
apparato da organizzazione dominante si è trasformato in organizzazione servente, meramente
rappresentativa, strumentale, esponenziale rispetto alla collettività dei cittadini.
Solo così è possibile ricostruire un fondamento dei diritti di libertà + solido di quello di Jellinek
che ancorava il principio di auto-limitazione al presupposto della persistente sovranità dello Stato-
apparato.
IL NUMERO DELLE LIBERTÀ
UNA SOLA LIBERTÀ GIURIDICA O TANTI DIRITTI DI LIBERTÀ?
Per capire se la libertà debba essere considerata come 1 sola situazione tutelata dal diritto,
suscettibile di articolarsi in varie estrinsecazioni; oppure se ci sono tanti diritti di libertà quanti
quelli riconosciuti dal sistema positivo in vigore, è necessaria un’analisi analitica, caso per caso,