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STATUS DI STATO MEMBRO.
Considerazioni finali: Il processo di integrazione europeo è ormai nel pieno della
dimensione costituzionale, in quanto ne tocca il cuore, ossia la tutela dei diritti
fondamentali. Tuttavia, proprio per la delicatezza di tale argomento, il livello di
integrazione previsto dalla Carta è ancora prudente e lacunoso. Ci si sta però
avvicinando lentamente ad un modello di tutela dei diritti fondamentali più simile a
quelli degli Stati membri.
Verso una forma di governo più chiara:
5) Forma di governo>regole relative alla
distribuzione delle funzioni di uno Stato (legislativa, esecutiva, giudiziaria) tra
gli organi di vertice + composizione degli organi di vertice + disciplina dei
rapporti tra di essi. (=PRINCIPIO DI SEPARAZIONE DEI POTERI). Il sistema
europeo è evidentemente diverso da quello degli Stati membri. Esso è stato
definito come ispirato al principio della confusione dei poteri, con conseguente
deficit democratico(=governo che perde democraticità).Tuttavia, i trattati e, per
ultimo, il Trattato di Lisbona, hanno cercato di chiarire la forma di Governo
dell’Unione: innanzitutto, si stabilisce una direzione comune verso la quale si
svolgono i lavori delle istituzioni, ovvero la promozione dei valori e degli
obiettivi dell’UE. A questa novità generale, se ne sono aggiunte altre riferite agli
specifici organi, sia per quanto riguarda la composizione, sia per quanto
riguarda i poteri attribuiti.
Il parlamento europeo: Ha visto un rafforzamento dei suoi poteri normativi e di
controllo. La sua composizione non può superare i 750 membri, eletti dal popolo
europeo. I suoi poteri, stando al trattato di Lisbona sono:
Funzione legislativa e di bilancio (col Consiglio)
Funzione di controllo politico e di consultazione
Elegge il presidente della Commissione
Per quanto riguarda la legislazione dispone:
Della PROCEDURA DI CODECISIONE con il Consiglio, utilizzata quasi come
una procedura ordinaria, che consente al Parlamento di esaminare per primo
i progetti e di emendarli, lasciando il potere di veto al Consiglio. Rimane però
il limite che il Parlamento NON detiene il POTERE DI INIZIATIVA LEGISLATIVA,
propria della Commissione, alla quale il Parlamento può chiedere di
presentare proposte. La Commissione può anche non accettare, ma deve
MOTIVARE.
Del PARERE CONFORME, grazie al quale il Parlamento può approvare o no
alcune importanti decisioni del Consiglio (es: uso clausola di flessibilità,
ammissione stato nell’UE, sanzione Stato, revisione Trattato)
Col Trattato di Lisbona cresce anche il livello di rappresentanza dei cittadini, non solo
attraverso il Parlamento, ma anche attraverso la specificazione di diritti dei cittadini
nel partecipare alla vita politica dell’UE:
Diritto di essere informati e di far conoscere le proprie opinioni
Obbligo delle istituzioni di mantenere un dialogo con la società civile
Obbligo della Commissione di procedere in seguito a consultazione delle
parti interessate
Possibilità di avanzare alla Commissione (da almeno 1M di cittadini dell’UE)
una richiesta di presentare una proposta su determinate materie. E’ tuttavia
un mero invito.
Il Consiglio Europeo: Solo recentemente inteso come una vera e propria istituzione, è
composto da Capi di Stato o Governo degli stati membri e dal Presidente, eletto a
magg. qualificata dal Consiglio Eu stesso, in carica 2 anni e mandato rinnovabile una
volta. Egli non può ricoprire alcun incarico nazionale. I capi di governo o di stato sono
affiancati dai ministri competenti rispetto alla materia all’ordine del giorno. Il suo
compito è quello di prendere le decisioni politiche più importanti: definisce gli
orientamenti e le politiche generali dell’Unione. Delibera all’unanimità. Non ha potere
legislativo.
Il Consiglio : Il nuovo trattato non ne cambia la composizione. I poteri sono quelli
legislativi e di controllo del bilancio (col Parlamento) e ad esso spetta la funzione di
definizione delle politiche di coordinamento. Non ha più funzione esecutiva, che spetta
alla Commissione, salvo casi specifici. Un passo avanti è il superamento del voto
ponderato per la MAGGIORANZA QUALIFICATA ( o doppia maggioranza)>almeno il 55%
dei membri del consiglio deve essere favorevole e deve rappresentare il 65% della
popolazione EU. L’unanimità è riservata a determinati casi specifici.
La commissione: Mantiene il MONOPOLIO DELL’INIZIATIVA LEGISLATIVA (funzione
esecutiva). Rappresenta gli interessi dell’UE. Fino al 2014 composta da un membro per
Stato (28 rappresentanti), dal 2014 è formata da un numero di membri pari ai 2/3
degli Stati, che sono rappresentati ugualmente a rotazione. La procedura di elezione
dei membri e del presidente rimane la stessa già descritta, la fiducia votata dal
Parlamento permette la nomina della Commissione da parte del Consiglio. La
Commissione ha, verso il Parlamento una RESPONSABILITA’ COLLEGIALE, che prevede
la MOZIONE DI CENSURA da parte del Parlamento sull’operato della Commissione. Se
approvata dai 2/3 dei voti a maggioranza assoluta, comporta le dimissioni della
Commissione.
L’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (Mr. PESC): non è un
organo vero e proprio. Eletto a maggioranza qualificata dal Consiglio, è una figura che
nasce con il trattato di Lisbona, ma ricopre le cariche affidate al Ministro degli Affari
Esteri e all’Alto Rappresentante: guida la politica estera e di sicurezza dell’Unione. Per
l’esercizio di tale funzione dispone di una STRUTTURA DI SUPPORTO > il SERVIZIO
EUROPEO PER L’AZIONE ESTERNA, nominato e revocato dal Consiglio.
La Corte di Giustizia: Le sue competenze sono state molto espanse dal Trattato di
Nizza a quello di Lisbona. Rappresenta il potere giurisdizionale dell’UE. E’ composta
anche dal Tribunale di primo grado e tribunali specializzati. I membri sono nominati dai
governi statali, carica di 6 anni. Come già detto, sotto di essa ricade anche la tutela
dei diritti fondamentali e il giudizio sul rispetto del principio di sussidiarietà.
Politiche e competenze UE:
6)
All’inizio non chiare. Il progressivo sviluppo dopo è avvenuto a partire dal TUE, che
alludeva a competenze esclusive dell’Unione ed introduceva il PRINCIPIO DI
SUSSIDIARIETA’ (>gli interventi dell’Unione si giustificano in base alla natura dei
problemi da affrontare e all’insufficienza a livello statale) e quello di
PROPORZIONALITA’ (>l’invasività degli interventi dell’UE deve essere proporzionata al
problema e, comunque, non deve spingersi oltre ad esso).
Dopo la Dichiarazione di Laeken e dopo il trattato costituzionale, si sarebbe prevista
per la prima volta la distinzione tra COMPETENZE ESCLUSIVE dell’Unione e
COMPETENZE CONCORRENTI degli Stati membri, nelle quali essi possono legiferare se
l’unione non esercita la propria competenza o ha cessato di esercitare. Erano previste
anche le COMPETENZE PARALLELE, nelle quale l’Unione interveniva a completamento
dell’azione degli Stati, non in sostituzione, e le AZIONI DI SOSTEGNO. Si raggiunge così
maggiore chiarezza nella definizione delle competenze , con la disapprovazione di
molti stati che non vedono di buon occhio gli allargamenti delle competenze previsti.
Col Trattato di Lisbona poco cambia: si rafforza il POTERE DI ATTRIBUZIONE, secondo il
quale, qualsiasi competenza non specificata dai trattati rimane sotto il controllo
statale. Vengono introdotte due modifiche:
Per quanto riguarda i presupposti che legittimano l’intervento sussidiario
dell’Unione, si fa riferimento anche all’insufficienza degli enti locali, che, di
conseguenza sottostanno alla logica della sussidiarietà.
Viene attribuito al Parlamento il compito di valutare la legittimità dell’uso del
principio di sussidiarietà.
Per non irrigidire troppo i criteri di spartizione delle competenze> CLAUSOLA DI
FLESSIBILITA’, mantenuta (se l’azione dell’UE viene considerata necessaria per il
perseguimento degli obiettivi prefissati, l’intervento si può realizzare
indifferentemente alla materia). Proposta dalla Commissione, approvata dal
Parlamento e dal Consiglio.
Novità di rilievo è il “Protocollo sull’applicazione dei principi di proporzionalità e
sussidiarietà” e quello “sul ruolo dei parlamenti nazionali”, che legittimano i
Parlamenti degli Stati membri nei processi decisionali dell’Unione. Tale risultato venne
raggiunto con un processo che, inizialmente, vide la nascita di organi comunitari nei
quali partecipavano delegazioni dei parlamenti nazionali e prosegue col Trattato di
Nizza (2000), che punta ad un maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali sul
piano europeo. Viene affermato che “i parlamenti nazionali contribuiscono al buon
funzionamento dell’Unione”:
Venendo informati dei progetti di legge dell’UE
Vigilando sul rispetto del principio di sussidiarietà
Partecipando alla revisione dei trattati
Venendo informati delle domande di adesione all’UE
Le novità più significative sono rappresentate dai due protocolli:
a) SUL RUOLO DEI PARLAMENTI NAZIONALI: ha per oggetto i punti sopracitati
b) SULL’APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI SUSS. E DI PROP.: disciplina la procedura di
controllo sull’applicazione dei principi in due modi :
I. Si prevede che prima di proporre una legge, la Commissione esegui
consultazioni estensive
II. LA PROCEDURA DELL’ALLARME PREVENTIVO (o EARLY WARNING): i
progetti legge EU vengono passati ai parlamenti nazionali, accompagnati
dalle motivazioni sull’applicazione dei principi in questione. I parlamenti
possono rivolgersi al Presidente di Parlamento, Consiglio e Commissione e
riportare loro, motivando, se il progetto non è conforme ai due principi.
Inoltre, i parlamenti nazionali possono chiedere di riesaminare il progetto,
che può essere mantenuto, revisionato o ritirato (CARTELLINO GIALLO).
L’ultima parola spetta al Consiglio e al Parlamento europeo, i quali, nel
caso in cui condividano le obbiezioni dei p.n., possono annullare
l’approvazione (CARTELLINO ROSSO). Esso, tuttavia, allunga il processo
di adozione degli atti legislativi europei e gli si contesta anche il fatto che
potrebbe mettere in discussione tra di loro i parlamenti e gli esecutivi
nazionali che operano al livello unitario.
Il Trattato, coinvolge i parlamenti anche nel CONTROLLO SUCCESSIVO (alla messa in
atto della legge): gli Stati membri, i singoli parlamentari e gli enti regionali possono
fare ricorso alla Corte di Giustizia affinch&eacut