Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
DC
iniziarono a decentrarsi dal punto di vista politico e ad improntarsi verso un
orientamento più di sinistra che di destra; nacque infatti proprio durante questi
anni il centro-sinistra, rappresentato dall'ingresso del Partito Socialista in alcune
compagini del governo. Tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70, si
registrarono i primi significativi interventi, quali: l'istituzione delle Regioni
ordinarie con l'adozione degli statuti, le norme sul referendum e sulle iniziative
legislative popolari, lo statuto dei lavoratori, fu introdotta la possibilità di
scioglimento del matrimonio e fu infine introdotto un nuovo corpo di norme
sull'ordinamento penitenziario.
Quando quella fruttuosa stagione di riforme non poteva dirsi certo terminata, da
alcune parti cominciò a prospettarsi l'esigenza di procedere a incisive riforme
istituzionali e costituzionali, riguardanti soprattutto la parte organizzativa della
Costituzione (ossia la parte II), al fine di porre rimedio a disfunzioni che
l'esperienza mostrava. Si apriva così, una fase nuova della politica italiana, che
spostava il fulcro della sua attenzione non più sulla necessità dell'attuazione
della carta Costituzionale, ma sulla opportunità di un suo radicale ripensamento.
Tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 infatti, oltre a significativi
cambiamenti operati nell'ambito dei regolamenti generali di Camera e Senato e
provvedimenti riguardanti la riforma delle autonomie locali, o di disciplina
dell'esercizio di diritto di sciopero o anche di tutela della concorrenza del
mercato, fu approvata la legge n.400 del 1988, sull'attività normativa e
l'organizzazione del Governo, di fondamentale importanza poiché esplicitava la
struttura del Governo che, prima di allora, non era ancora mai stata ideata e
formulata. Tale spinta attuativa e innovativa fu però arrestata da quella che fu la
crisi della X legislatura (1987-1992) rappresentata da una parte dalla crisi del
sistema dei partiti della politica italiana tradizionali, scissi e lacerati dai sempre
più numerosi arresti dei loro esponenti politici di spicco che avevano dato vita
ad un sistema corrotto di finanziamento illecito dei partiti e generalizzato su
larghissima scala ("Tangentopoli" o "mani pulite"), e dall'altra dall'approvazione
di nuove leggi elettorali a livello Comunale, Regionale e per la Camera e il
Senato.
A metà degli anni '90, la prospettiva riguardo il tema delle riforme costituzionali
e dell'idea stessa di revisione mutò radicalmente. Se durante gli anni '80 l'attività
di revisione era consistita nella modificazione di singole disposizioni
riguardanti singoli argomenti di una singola parte della Costituzione,
cominciano ora a farsi pressanti ipotesi di riforma settoriale, ossia di
cambiamenti radicali di interi settori della Costituzione; falliti gli sforzi però di
conseguire riforme della Carta secondo il procedimento ordinario dell'articolo
138 della stessa Costituzione, ci si avvia verso una fase (1993-1997) di tentativi
attraverso la quale attuare modifiche revisionali della Costituzione attraverso
speciali procedure (quasi anticostituzionali) e raggirare in tal modo l'articolo
riguardante la revisione costituzionale. Il primo tentativo di revisione
costituzionale “speciale” fu quello del 1993 con la Commissione nota come
"De Mita-Iotti", dai nomi dei presidenti succedutosi nell'incarico. Tale
tentativo e progetto, che fu però fallito a causa dello scioglimento anticipato
delle Camere nel 1994 a causa dell'inchieste dalla magistratura portate avanti
riguardanti "Tangentopoli", che portò all'arresto di un numero significativo di
parlamentari, istituiva una procedura con carattere temporaneo rispetto
all'articolo 138, che prevedeva la sottoposizione obbligatoria del futuro progetto
di legge di revisione costituzionale al referendum popolare. Il richiamo al
referendum, oltre a rappresentare un allontanamento dallo spirito costituzionale
dell'articolo 138 che prevedeva il referendum solo in uno specifico caso,
rappresentava anche un processo fin troppo lungo, che avrebbe richiesto un
numero eccessivo di passaggi. Un successivo tentativo di revisione "speciale" fu
poco dopo ripreso nel 1997; si volle infatti costituire una Commissione
parlamentare bicamerale (nota con il nome di "Commissione D'Alema") per le
riforme costituzionali, ancora una volta cercando di adottare procedure e norme
che potessero raggirare l'articolo 138, che si poneva così come un vero e proprio
vincolo di modifica costituzionale. Dopo un intenso lavoro che portò sempre nel
1997 all'approvazione di un progetto di riforma dell'intera Parte II della
Costituzione, causa il sorgere di dissensi tra le forze politiche, la procedura
revisionale del 1997 fu prima bloccata, e poi definitivamente cancellata dal
calendario dei lavori del Parlamento.
Dopo tali vicende di riformazione costituzionale, elemento di maggior rilievo da
segnalare riguardo le riforme fu rappresentato dall'approvazione avvenuta a
(stretta) maggioranza di interventi settoriali riguardanti la Costituzione da parte
di Parlamenti dominati da maggioranze politiche; ossia provvedimenti
riguardanti riforme costituzionali approvati e portati avanti da Parlamenti
italiani in cui vi era una supremazia maggioritaria di un determinato partito
politico, senza cercare così di pervenire a testi condivisi da più maggioranze
politiche o di quelle che appoggiavano i Governi in carica. In tal modo, i testi
revisionali della Costituzione furono settoriali, e non ebbero un consenso pari ai
2/3 del Parlamento come previsto dall'articolo 138. Tra i più importanti
provvedimenti approvati da una singola maggioranza in Parlamento (e quindi
non da una maggioranza assoluta ma solo da una maggioranza risicata) vi fu la
cosiddetta "Legge Bassanini", riguardante la riforma dell'intero Titolo V della
Parte Seconda della Costituzione in tema di autonomie territoriali, ossia
riguardante il decentramento del potere dello Stato in zone periferiche e locali
per avvicinarsi di più ai cittadini delle varie Regioni, provincie e comuni,
attribuendogli così maggiori poteri, capacità e responsabilità prima appartenenti
esclusivamente allo Stato. Una volta approvata in Parlamento, tale proposta di
legge revisionale fu per la prima volta sottoposta al referendum popolare
previsto dall'articolo 138; il 7 ottobre 2001 circa i due terzi dei elettori si
espressero a favore della revisione. Altro provvedimento fu la cosiddetta "bozza
di Lorenzago" o "bozza dei quattro saggi", stilata nel 2003 da quattro
esponenti dell'allora maggioranza parlamentare, anch'essa approvata da una
stretta maggioranza parlamentare e poi sottoposta a referendum popolare nel
2006. Tale proposta di legge revisionale però, fu bocciata dagli stessi elettori,
che si espressero a favore del "no" con il 61 per cento. È chiaro quindi, che
revisioni costituzionali sono state sempre promosse dal Governo o dal
Parlamento, vedi Governo Berlusconi, Governo Letta o Governo Renzi.
Nonostante però tutti questi tentativi di revisione costituzionale, la Costituzione
si è sempre dimostrata immutabile e resistente, come rifiuto di cambiamento di
determinati principi considerati portanti e ispiratori, come dimostrazione che la
Carta Costituzionale non può essere ridotta al rango di una semplice legge
modificabile a piacimento da qualsiasi maggioranza parlamentare di passaggio.
È altrettanto chiaro però, come può essere osservabile dalle varie legislature che
si sono susseguite, che mentre la Parte I della Costituzione relativa ai doveri e
principi del cittadino viene considerata come qualcosa di immutabile e valido, è
la Parte II relativa alla forma e all'ordinamento della Repubblica a dimostrarsi
non più adatta, adeguata e sempre più incapace di dare risposte all'esigenze che
sempre più vengono alla luce.
Capitolo 6
Come esistono una pluralità di ordinamenti interni allo Stato italiano, esiste un
altro tipo di ordinamento, sovranazionale e che vige a livello europeo cui
obiettivo e di integrare i diversi paesi appartenenti all'attuale Unione Europea.
Tali ordinamenti presentano ormai uno sviluppo tale che li rende capaci di
interagire e integrarsi con gli ordinamenti nazionali, condizionandoli sotto una
molteplicità di punti di vista. Il processo di integrazione europea origina dalle
vicende del secondo conflitto mondiale, a causa delle tragiche conseguenze
prodotte dalle dittature e dei milioni di morti sui vari fronti nazionali che
sempre più rafforzarono il convincimento dell'utilità dell'abbandono delle
divisioni per forme di collaborazione tra i vari ordinamenti statuali di quest'area
del pianeta. A guidare questa ispirazione, due furono le correnti politiche che si
impegnarono nel compito di creare un ordinamento che unisse tra loro più paesi
del continente europeo. Da un lato i federalisti, in cui spiccavano tra gli
esponenti coloro che parteciparono ad elaborare il "Manifesto del Ventotene"
(tra cui Altiero Spinelli), che vedeva in una federazione europea la soluzione
dei problemi che avvelenavano la vita del continente, e dall'altro i funzionalisti,
quali Jean Monnet. Entrambe le posizioni sollecitavano ad un cambiamento
netto rispetto al sospetto e alla diffidenza reciproca che animava le relazioni tra i
più importanti Paesi europei. Il primo passo fu l'istituzione della Comunità
economica del carbone e dell'acciaio (CECA) nel 1951 a Parigi, al cui Trattato
(la cosiddetta "Dichiarazione Schuman" elaborata da Monet e lo stesso
Schuman) aderirono sei Stati europei (Belgio, Francia, Germania, Italia,
Lussemburgo e Olanda). Lo scopo di tale comunità fu quello di dare vita ad un
tentativo di gestione comune di un settore economico che oggi può apparire
limitato ma che all'epoca era di centrale importanza. Successivamente si
assistette alla firma dei Trattati di Roma della Comunità economica europea del
(CEE), che prevedeva l'instaurazione di un mercato comune tra gli Stati membri
di tale comunità attraverso l'unione doganale o la libera circolazione di merci, e
della Comunità europea dell'energia atomica (Euratom), entrambi entrati in
vigore nel 1958. Nel 1967 infine, tali comunità vennero unite tra loro attraverso
quello che fu il "Trattato di fusione", istituendo un'unica e vera Comunità
Europea. La Comunità Europea verrà infine sciolta nel 1993 con quello che fu
il "Trattato di Maastricht" o "Trattato sull'Uni