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AMBITI E COMPETENZE DELL’UE
L’Unione Europea non è uno Stato questo perchè non è un ordinamento a fini generali, ma è un
ordinamento a fini particolari, cioè persegue una serie di finalità e non la totalità dei fini. L’Unione
Europea ha delle competenze che gli Stati storicamente hanno deciso di affidarle.
Nel Trattato di Lisbona nel art 3 elenca le materie sulle quali l’UE ha una competenza esclusiva ed
in particolare sono:
1) L’unione Doganale, quando gli Stati hanno aderito alla libertà di circolazione, infatti non
esistono più Dogane all’interno dell’UE
2) Definizione delle regole di Concorrenza affidate al regolamento del mercato interno
3) Politica Commerciale, quello che riguarda gli scambi dell’UE con gli Stati fuori, è considerata
materia esclusiva
4) Conservazione risorse biologiche
5) Politica Monetaria, dal 1992 fino al 1998 in cui si è consacrata con la creazione della BCE.
Queste competenze vengono regolati prevalentemente con il diritto europeo, però gli Stati possono
formare delle norme interne riguardanti queste materie.
Poi vi sono delle materie concorrenti, in cui se l’UE decide di non produrre diritto europeo, rimarrà
competenza degli Stati, ma qualora l’UE dovesse produrre delle proprie norme a queste gli Stati
dovranno conformarsi. È a Maastricht che l’UE decide di occuparsi in queste materie, tra cui
abbiamo:
a) Agricoltura, una consistente parte del UE è dedicata all’agricoltura
b) Energia
c) Reti trans-europee, cioè reti per collegare meglio le nazioni (TAV)
d) Ambiente
e) Coesione Economica e sociale
Dal 1992 inoltre si è deciso di fare una politica di solidarietà, in cui si è affermato che non poteva
esse ammissibile che al suo interno vi siano delle Zone molto povere, e si è iniziato a investire con
delle risorse europee in queste zone come la Spagna, la Grecia o il Sud Italia.
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DIRITTO DELL’ECONOMIA
Per diritto dell’economia si intende lo studio di come i pubblici poteri intervengono nei sistemi dei
rapporti economici.
Si possono individuare 4 periodi storici in cui si e sviluppato l’attuale diritto dell’economia: Un primo
periodo va dall’unificazione del 1861 alla fine del XIX secolo che si qualifica con uno Stato
puramente Liberale. Il secondo periodo è quello che giunge fino agli anni 20, in cui si assiste ad un
cambiamento dei rapporti tra Stato e le attività economiche. Un terzo periodo che va dagli anni 20
e si arriva fino alla metà del XX secolo in cui abbiamo uno Stato imprenditore e pianificatore. Infine
Il quarto periodo è quello inizia dalla metà del XX secondo, in particolare della stesura ed entrata in
vigore dell’attuale Costituzione, in cui abbiamo uno Stato sociale.
Storicamente in Italia poco prima del Fascismo, inizia un forte intervento pubblico nell’economia da
parte dello Stato, in cui dagli anni 1920 fino agli anni 1980, vi è uno Stato definito imprenditore, che
contribuiva alla produzione di beni e servizi. L’economia dell’Italia in questo periodo è
principalmente un’economia con una forte influenza pubblica, definita economia mista, che si
caratterizza con i primi interventi di nazionalizzazione che si sono messe in atto in epoca Fascista.
Per economia mista si intende un’economia in cui operano sia soggetti pubblici che privati. Nel
1900, i Paesi Capitalisti, avevano appreso che il mercato lasciato libero non era troppo efficiente,
allora a metà del 900, decisero di instaurare un’economia mista, in cui i privati potevano
liberamente agire, però sempre la la possibilità che vi fosse un intervento dello Stato.
In Italia dopo la crisi del 1929, si inizia a nazionalizzare gli istituti di credito, per poterli salvare. Fu
cosi istituiti l’IRI per il salvataggio delle imprese in crisi, in particolare delle banche e l’INI. L’IRI
divenne così una holding dalla quale vennero a dipendere sia società figlie delle banche, sia le
banche stesso, facendo diventare lo Stato il più grande banchiere italiano. Però siccome esse
avevano al loro interno il capitale delle maggiori industrie italiane, l’IRI divenne anche proprietaria
di una gran parte dell’industria italiana, facendo così avviare la cosiddetta l’economia mista. Inoltre
nel periodo Fascista, si prevedeva un fronte sistema di controlli e autorizzazioni da parte die
Pubblici Poteri allo svolgimento delle attività dei privati. Infatti un privato non poteva avviare
un’attività economica, senza aver preventivamente ottenuto un’autorizzazione dei Pubblici poteri,
permettendo ad essi di controllare l’economia. In questo periodo si costituiscono le prime riserve
originare, in cui alcune attività economiche vennero riservate fin dalle origini ad un soggetto
pubblico. È in questo periodo che in Italia vi è la base di quello che verrà poi definito, Monopolio
del Pubblici Poteri. Tra le attività, nasce con regime di riserva la RAI, come anche il servizio
telefonico. In particolare queste attività venivano affidate a delle società, che svolgevano la loro
attività tramite il regime amministrativo della concessione fatta dallo Stato. Anche nel ambito dei
rapporti del lavoro, si realizza un forte controllo dei Pubblici poteri, utilizzando un modello tipico del
sistema Totalitario, in cui la disciplina del lavoro era molto penetrante, istituendo nel 1926 la Carta
del Lavoro, che caratterizzerà un forte dirigismo, cioè l’idea che i Pubblici poteri possano dirigere i
fattori economici. Nel 1936, il Regime Fascista produce una regolazione del sistema bancario
fortemente dirigista, improntata da un forte controllo pubblico, in cui le banche vennero qualificate
come un settore economico che tiene su l’economia, per questo sono necessarie delle
regolamentazioni. In questi anni il settore bancario era in mano allo Stato, che esercitava l’attività
del credito, in più nel 1936 produce una nuova disciplina che andò a definire un credito sottoposto
ad una regolamentazione molto rigida da parte dei Pubblici poteri.
Nel 1946, dopo il voto a favore della Repubblica, si insediò l’Assemblea Costituente, che si pose
anche il problema di definizione del sistema economico, in cui venne delineato un quadro
costituzionale, definito dagli art 41,42,43; chiamato Costituzione Economia, cioè un nucleo ristretto
di disposizioni interne alla Costruzione che indicano il modello economico scelto per il Paese.
Gli ambiti che disciplina la Costituzione Economica, riguardano le cosiddette libertà economiche,
cioè:
1) Libertà di Proprietà privata: il fatto di riconoscere o meno ai soggetti la possibilità di avere dei
beni a titolo di proprietà (art 42)
2) Libertà di Impresa: cioè la libertà di svolgere attività economiche (art 41)
In Assemblea costituente, essendoci una gran parte di forze cattoliche-liberali, si è arrivati a
riconoscere la proprietà privata e la libertà di impresa, ma tuttavia dominante da un potenziale
intervento pubblico che può fortemente dirigerle fino ad annullarle. Infatti oggi in Italia abbiamo
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ancora un’economia mista, nel quale si riconoscono le due libertà economiche (senza
autorizzazioni), ma dato che non ci si fidava del mercato, fu definito un intervento pubblico dello
Stato potenzialmente invasivo, riservandogli dei poteri nell’economia anche di natura dirigistica.
Con riferimento alla Proprietà privata, venne riconosciuta nel 1948 dalla Costituzione, anche se
l’art 42 afferma che: “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato,
ad enti o a privati.La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i
modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla
accessibile a tutti.La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo
indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della
successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità”.
Quindi l’art 42 inizialmente riconosce la proprietà privata, anche se i beni possono appartenere in
primis allo Stato e poi ai soggetti privati, facendo capire subito che il regime di proprietà privata è
anche riconosciuta allo Stato. Poi si afferma che i modi in cui i privati possono acquistare la
proprietà di un bene, perdere la proprietà e trarne godimento, sono indicati dalla legge e non sono
lasciati liberi, questo perchè il fine ultimo è quello di garantire un’utilità sociale. (ex disciplina sulle
locazioni sugli immobili). L’art 42 prevede anche il caso estremo in cui i beni vengono tolti dalla
proprietà privata, afferrando che per fini di interesse generale, un bene privato potrebbe essere
tolto dal proprietario. Però l’art 42 definisce delle grazie affinché possa intervenire una
espropriazione, tra cui vi è l’obbligatorietà della riserva di legge che attribuisce alle Pubbliche
Amministrazione l’autorizzazione a procedere; poi la Costituzione prevede che vi sia una
giustificazione per procedere all’espropriazione; infine si prevede che al privato a cui è stato
sottratto il bene, dovrà ricevere un indennizzo, senza però indicare la cifra, infatti vi sono stati dei
periodi in cui l’indennizzo era irrisorio, tanto che fu portato avanti fino alla Corte Europea dei diritti
del Uomo, che ha condannato l’Italia, obbligandola a risarcire un indennizzo quasi pari al valore di
mercato. L’art 42, non rientra tra i diritti inviolabili, perchè è suscettibile di compressione
significativa, fino all’eliminazione. Infine all’art 42 si ferma che la legge stabilisce che lo Stato
avanza diritti durane il passaggio dei beni tramite eredità, questo perchè quando il privato diventa
proprietario di un bene per una vicenda esterna ad esso, la logica è che debba condividerlo con la
collettività.
L’economia Italiana si qualifica come economia di mercato, come definisce l’art 41, anche se il
mercato non viene citato, questo perchè i Costituenti vedevano il mercato in maniera negativa. In
particolare l’art 41 afferma che: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in
contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana.La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica
e privata