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RESTRIZIONE CHE NON è DISCRIMINATORIA.
se l’operatore straniero è in
In questo caso noi dobbiamo andare a vedere semplicemente
qualche modo e in qualche misura ostacolato nella propria attività dalla misura pubblica
senza dover andare a vedere se un locale è avvantaggiato oppure no.
Se la Corte adottasse questa 3° categoria, il divieto di aprire la domenica costituirebbe una
restrizione?
Se la Corte decidesse di includere ne divieto anche questa terza categoria che prescinde dalla
discriminazione, il caso degli orari di apertura rientrerebbero fra le restrizioni vietate?
Da un punto di vista teorico oltre alla restrizioni discriminatorie ci sono anche le restrizioni che non
sono discriminatorie in quanto hanno lo stesso impatto economico su tutti, stranieri e locali.
Esempio del divieto totale di vendere una determinata merce è applicato a tutti e ha lo stesso
→
impatto economico su tutti.
98 ff
Se la corte decidesse di considerare vietate anche le misure che limitano la libertà economica
transfrontaliera anche se non sono discriminatorie, in questa ipotesi in cui la corte decidesse che il
trattato vieta non solo le misure discriminatorie ma anche le misure che non sono discriminatorie
se sono restrittive, se la corte dovesse fare questo tipo di interpretazione, il caso della limitazione
degli orari domenicali della Francia per i ristoranti, la misura francese sarebbe una violazione del
divieto di ostacolare la libertà di circolazione?
→
Ipotesi di diritto di stabilimento diritto dei lavoratori autonomi, come ristoranti, di aprire un
secondo ristorante in un secondo paese.
Il divieto di aprire di domenica è una restrizione alla libera circolazione, ovvero alla libertà
economica oppure no?
Non c’è una risposta univoca, quello che il Prof vuole farci capire è che tutto dipende dalle
➔
categorie che la Corte adotta per stabilire a monte ciò che è proibito, dunque ciò che è restrizione
vietata e ciò che non lo è.
Se decide di limitare il divieto alle sole misure discriminatorie, dirette e indirette, il caso dei limiti
• →
degli orari dei ristoranti sarebbe ori dal divieto quindi gli stati potrebbero imporre
liberamente limiti per le aperture.
Se invece la Corte interpretare le norme del diritto dell’UE, ne senso di includere anche misure
• non discriminatorie, ma che comunque restringono la libertà economica possiamo capire che
→
rientrano nel divieto molte già misure nazionali qualunque attività in quanto regolata è
→
regolata e in quanto regolata è ristretta l’obiettivo della regola è proprio quello di dire ciò che
si può fare e ciò che non si può fare. Nella misura in cui si dice ad un operatore economico “Tu
non puoi fare questo” si limita la libertà economica di quell’operatore e se applicato allo
straniero si limita la sua libertà di circolazione. ha limitato la restrizione alle
→
Dunque è molto importante quindi capire cosa la Corte decide
sole misure discriminatorie o oppure le ha ampliate e ad incluso anche misure restrittive non
discriminatorie?
È tutto rimesso quindi alla Corte.
Il trattato prevede norme ma di fatto è la Corte che interpretandole ne stabilisce l’ambito
→
applicativo stabilisce quali sono i contorni del divieto.
Al di fuori del perimetro del divieto le libertà non si applicano e quindi gli stati sono liberi di fare
ciò che vogliono.
Quindi è importante chiarire qual è il perimetro di queste libertà.
➟
La Francia può vietare l’apertura domenicale ai ristoranti o viola le libertà di circolazione, per
esempio il diritto di stabilimento o la libera circolazione delle merci?
Cosa ha stabilito quindi la Corte?
Non c’è una risposta assoluta in quanto la Corte no ad un certo punto, no ai primi anni 90,
➔
nei casi della libertà di circolazione delle merci ha adottato un’interpretazione molto ampia del
divieto, quindi a favore dei titolari della libertà e contro gli Stati che devono rispettare tali libertà.
In un caso particolare chiamato proprio “Aperture domenicali” (= si trattava di una misura inglese,
dell’ordinamento britannico che vietava l’apertura dei negozi la domenica).
La Corte disse che questo divieto dell’apertura alla domenica era vietato dalla libera circolazione
delle merci.
99 fi fi fi
C’è un effetto discriminatorio?
No, l’impatto restrittivo di questo divieto era pari per merci britanniche e merci straniere; tuttavia si
ritenne che questa misura britannica, il divieto di aprire la domenica, costituisse un ostacolo alla
libertà di circolazione delle merci stranieri e in quanto tale era vietato dall’ordinamento europeo.
Dove stava la restrizione alla libertà di circolazione delle merci?
Perché una parte delle merci vendute la domenica erano anche una perte delle merci prodotte
→
all’estero quindi impedendo di vendere la domenica si riduceva la quantità di merci che
venivano dall’estero.
Quindi gli esportatori stranieri vendevano meno, guadagnavano meno e quindi ciò costituiva una
restrizione alla loro libertà produttiva e di esportazione.
Le merci straniere sostanzialmente a prescindere da quello che accadeva per le merci britanniche
( = ovvero la stessa cosa ), il fatto di creare un ostacolo alla quantità di merci straniere che si
potevano vendere, in quanto la domenica non potevano essere vendute, costituiva per questo un
ostacolo alla libera circolazione delle merci straniere.
E quindi l’apertura domenicale per questo e etto restrittivo non discriminatorio era considerato
contrario alla libera circolazione delle merci.
collegamento tra la misura pubblica e l’ostacolo alle merci straniere →
Quindi c’è un qui non
rileva il diverso trattamento, perchè non è la discriminazione che si vuole colpire, in quanto non
c’è discriminazione, perchè oltre a non poter vendere merci straniere di domenica, non si
potevano vendere nemmeno merci britanniche, quindi non c’era alcuna discriminazione ne
formale ne materiale, dunque ne diretta ne indiretta; pur tuttavia la Corte ha ritenuto che questa
misura in quanto comunque impediva alle merci straniere di essere vendute la domenica
costituiva restrizione vietata.
Art. 34 TFUE :
“Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi
misura di effetto equivalente.”
restrizione quantitativa →
si insiste sulla sul quanto si può importare.
➥Qui
Il fatto di non poter vendere merci straniere la domenica signi ca che sarebbe stata ostacolata
• l’importazione di merci straniere, perchè se si riduce lo sbocco commerciale di merci
straniere, il numero e la quantità delle loro importazioni sarà ridotto.
Sulla base di questo tipo di interpretazione la Corte ha ritenuto che anche questo tipo di
• misure sono vietate dall’ordinamento europeo.
Però se si adotta questa interpretazione il rischio qual è?
•
Questa interpretazione che è molto ampia di ciò che è vietato dall’ordinamento Europeo che tipo
di effetti potrebbe avere?
- →
Certamente darebbe molta libertà agli operatori che possono impugnare e vedersi rimuovere
i limiti alle loro aperture domenicali, o ai limiti sugli orari;
- Ma per lo stesso motivo posso impegnare qualsiasi altro limite loro imposto dall’ordinamento.
Questo perchè qualunque regola è una restrizione e se basta il fatto di essere limitato nella
➔
propria libertà per poter invocare il diritto alla circolazione, qualunque misura che uno stato
impone ad un venditore, a un lavoratore, può costituire una restrizione vietata.
Es. : Il venditore prima di concludere il contratto ha l’obbligo di dare determinate informazioni al
cliente.
È obbligato quindi a non procedere alla vendita prima che il cliente non sia venuto a conoscenza
di determinate informazioni e prima che il cliente non abbia dato il suo consenso.
Questa è una restrizione alla libertà economica?
L’ipotesi dei negozi inglesi che sono obbligati a dare queste determinate informazioni prima di
concludere il contratto di compravendita sono ristretti nella loro libertà economica, nella loro
vendita di merci?
100 ff fi
→
Si ciò signi ca che il tempo che devono utilizzare per dare queste informazioni potrebbe essere
utilizzato per avere un altro consumatore. →
Più informazioni devono dare, meno tempo hanno per gli altri clienti in questo modo si
riducono le merci vendute e quindi l’importazione.
Quindi l’obbligo di informazione al consumatore è una restrizione vietata?
Se si adottasse in maniera estrema l’interpretazione degli orari domenicali diremo di si e quindi
➔
l’ordinamento italiano non potrebbe imporre ai venditori l’obbligo di informare il consumatore su
determinati aspetti del prodotto in quanto ciò respinge la loro libertà economica,
Dunque il RISCHIO quindi è: se si adotta in maniera integrale questa interpretazione qualsiasi
misura imposta dall’ordinamento può costituire una restrizione vietata.
Quindi di fronte a qualunque obbligo il venditore lo impugnerà e cercherà di rimuovere questo
obbligo perchè in tale modo dirà che si sta limitando la sua libertà di circolazione in base al diritto
europeo.
Ciò è quello che è successo no ai primi anni 90.
Per e etto di questa operazione i commercianti di merci tendevano ad impugnare qualunque
restrizione, qualunque misura, obbligo, che veniva loro imposto.
Quindi la Corte si accorge di aver dato un’interpretazione troppo ampia, fa un passo indietro e
➔
da un’interpretazione più ridotta del divieto, formulando nel famoso caso Keck, caso del 93, ha
riformulato la sua interpretazione per evitare che potesse o rire ai destinatari un margine troppo
ampio di discrezionalità. →
Dunque con la sentenza Keck la Corte ha modi cato l’interpretazione è come se avesse
modi cato il contenuto della norma.
È rimasta scritta allo stesso modo, prima però era interpretata in un modo, molto più ampio;
Dopo il 93 la Corte ha deciso di dare un intercettazione diversa, dare un contenuto normativo
diverso alla stessa disposizione e questo ha fatto si che misure nazionali, obblighi che prima
sarebbero ricaduti nel divieto, che sarebbero quindi stati vietati dalla corte , dopo il 93 invece
erano legittimi e non costituiscono restrizioni vietate.