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LA FAMIGLIA GIURIDICA AD EGEMONIA TRADIZIONALE

Alla famiglia giuridica ad egemonia tradizionale appartengono tutti quei sistemi giuridici in cui non vi è

nessuna separazione o divorzio tra il diritto e la tradizione, tra il diritto e la religione poiché essi

coincidono. Per noi occidentali, che disponiamo di una visione eurocentrica, è difficile comprendere questo

tipo di sistema dal momento che sono diverse le visioni antropologiche: è necessario conoscere i loro

sistemi religiosi e culturali per capire anche il loro diritto. Rientrano a far parte di questa famiglia alcuni

Paesi africani (altri sono parte dei sistemi misti), i Paesi musulmani, i Paesi indù e quelli dell’Estremo

Oriente (tradizione confuciana, buddista).

Tra diritto e religione

Ogni religione è tradizionalmente caratterizzata da un ordinamento giuridico che si è sviluppato

congiuntamente al nucleo dogmatico che racchiude la religione medesima. Si tratta di diritti che

trascendono sia i diritti secolari, sia le culture in cui si sono sviluppati. Ad eccezione della Chiesa Cattolica,

infatti, i diritti religiosi si sono evoluti in assenza di un assetto istituzionale centrale, di strutture

organizzative simili a quelle degli Stati, di analoghi fattori di produzione del diritto (la Chiesa ha pure il

codice di diritto canonico). Spesso, per studiare questi sistemi, si assume un atteggiamento eurocentrico,

ovvero si ragiona assumendo, per gli altri diritti religiosi, i medesimi criteri e parametri che si sono venuti

applicando in relazione alla centralità del diritto canonico nell’evoluzione europea.

I diritti religiosi sono caratterizzati da un sistema eteronomo secondo il quale il diritto proviene da

un’autorità esterna e superiore all’uomo: Dio (islam, cristianesimo, ebraismo), o inerente all’ordine

cosmico (induismo). Tra le fonti ritroviamo quella principale, costituita dalla Volontà Divina o dalle leggi

dell’universo: questa è la più significativa differenza rispetto agli ordinamenti secolari.

È considerato diritto in senso ampio purché:

 si includano anche regole di comportamento (rituali) che non sono giuridiche per l’ordinamento

dello stato;

 si escluda la distinzione tra etica religiosa e diritto tipica dei sistemi statali.

La legge è divina perché derivata da Dio. È oggetto di una rivelazione e non di una scoperta dell’intelletto

umano: senza la rivelazione non è possibile comprendere la legge di Dio solo con la ragione. Il diritto divino

è posto da Dio o rispecchia l’ordine del cosmo, esso è immutabile e quindi non può essere modificato da

alcuna autorità umana. L’immutabilità è relativa: detto diritto vive nella storia e deve misurarsi con le

trasformazioni della società e la sua comprensione dipende da una serie di fattori mutevoli che ne

consentono l’adattamento al mutare delle condizioni storiche.

Nei diritti cristiano, ebraico e islamico, il potere di dettare la legge che governa la vita degli uomini è

attributo del Creatore, di Dio. Nei diritti orientali, si rinvia all’idea di ordine naturale delle cose entro cui si

collocano e vanno valutati i comportamenti umani. Anche gli dei sono parte di detto ordine. 37

CHIARA ZECCHINI – Diritto Pubblico Comparato ed Europeo (gruppo M-Z)

Il diritto Islamico

Il diritto islamico è un sistema che raggruppa sistemi basati sulla religione islamica ed in cui il diritto

coincide con la religione: da un lato incontriamo principi teologici e dall’altra si trovano i principi

riguardanti il comportamento che si deve tenere quotidianamente secondo la religione. (Solo la Chiesa

cattolica conosce un sistema giuridico che presenta caratteristiche simili a quelle di uno Stato, applicando il

diritto canonico centralizzato, che coincide con il diritto dello Stato del Vaticano).

Nel diritto islamico, la fonte principale del diritto religioso è la volontà divina, la quale rivela all’uomo il

diritto, rendendolo immutabile ed immodificabile da qualsiasi volontà umana. Questo differisce dagli

ordinamenti statuali dove la volontà della legge è prodotta dallo Stato e dagli organi politici. Tuttavia,

quest’immutabilità dovrebbe essere relativa, ovvero dovrebbe mutare per adattarsi alle evoluzioni

storiche.

Inoltre, l’Islam è un ordinamento giuridico confessionale, dove il diritto è interno alla religione. Troviamo

una parte teologica e dogmatica alla quale ogni musulmano deve credere e poi delle regole da applicare

nella vita quotidiana: queste vanno a comporre la SHARI’A, ovvero la strada da seguire, la parte precettiva

che definisce le regole del diritto ed è un fenomeno religioso. Inoltre, tutto il diritto esistente è stato

rivelato agli uomini una volta per tutte. Si ha una visione totalizzante poiché è volontà immutabile di Dio e

non il prodotto di una società o specchio dei suoi problemi reali.

Ad oggi la SHARI’A convive con regole laiche (amministrazione dello Stato, legislazione, ecc.: es., Turchia) e

spesso è codificata. Inoltre si distingue la SHARI’A dal Figh, che è un qualcosa che compete all’uomo, la

scienza giuridica che studia la SHARI’A, ed esso è sempre riferito ad un dottore della legge, è una dottrina

all’interno del diritto islamico. Il Legislatore supremo è solo Dio (e con lui Maometto) e all’uomo rimane il

Fiqh che descrive e dichiara la SHARI’A.

Gli Stati della famiglia giuridica islamica hanno fatto parte di imperi fondati sull’Islam (impero ottomano,

persiano, ecc.); – hanno partecipato della struttura di governo del “califfato”, sollecitato dalla politica di

Maometto: la comunità (umma) è governata da un Califfo che detiene il potere esecutivo. È vicario e

successore di Maometto e principe dei credenti (amir).

Vi è una sostanziale unità al suo interno, pur essendovi aree diverse:

A. Araba: Maghreb (occidente: da Marocco a Libia) e Mashreq (oriente: Egitto, penisola araba, aree

siro-libanesi e mesopotamica);

B. Iraniana (vecchio impero persiano: Iran, Afghanistan, Kurdistan)

C. Turca (Impero ottomano) con lingua diversa;

D. altre zone di penetrazione: Indonesia, Africa sahariana, Bangladesh.

I secoli XIX e XX hanno conosciuto la “occidentalizzazione” del diritto islamico. In altri casi si è seguita la via

della codificazione del diritto islamico (come in Civil Law). Ancora, si sono soppressi i tribunali religiosi: il

diritto islamico è oggi applicato spesso e sempre più da corti statali.

La gerarchia delle fonti del diritto musulmano

Le Radici sono definite usul ed esse sono procedimenti e fonti da cui è tratta la SHARI’A. Questa gerarchia

delle fonti, concetto di Civil Law che viene applicato a questi sistemi, fu elaborata nel IX sec ed al suo

interno troviamo: 38

CHIARA ZECCHINI – Diritto Pubblico Comparato ed Europeo (gruppo M-Z)

I. Corano: rivelazione divina fatta dall’Arcangelo Gabriele a Maometto. Trascritto nel 656 d.C. (fino a

quel momento il diritto è trasferito oralmente) dal terzo califfo. È un testo giuridico/religioso

completo composto da 114 sure, suddivise in versetti e disposte non in ordine cronologico, ma

dalla sura più lunga alla più corta. Per i contrasti tra i versetti si applica il criterio abrogativo per il

quale vige la sura più recente. Contiene pochi principi giuridici e mancano, ad esempio, le sanzioni

per le violazioni di precetti. È casististico e asistematico poiché presenta soluzioni di casi pratici

sottoposti a Maometto in quanto giudice e risolti sulla base del diritto consuetudinario arabo,

senza un ordine cronologico o per materie;

II. la Sunna comprende detti e fatti del Profeta ed interviene quando non si riesca a identificare

cronologicamente una rivelazione. Questi detti e fatti danno una interpretazione cronologica delle

rivelazioni al fine di applicare il criterio cronologico. Una tradizione deve essere stata trasmessa da

una catena ininterrotta di narratori attendibili e avere per oggetto un comportamento di

Maometto, il cui agire è ispirato da Dio.

Le raccolte dei detti e fatti sono seguiti da sunniti (coloro che seguono la tradizione), che ritengono

come il Corano e la tradizione non possano essere usati da un’autorità per decisioni politiche;

III. consenso (igma): la comunità dei fedeli in accordo produce nuovo diritto. Poi è stato ristretto ai

soli ulema (= dottori, esperti o studiosi del diritto) per evitare eccessive e indiscriminate

proliferazioni di regole tra le varie comunità. Gli sciiti non lo riconoscono;

IV. analogia (qiyas): procedimento per trarre da una norma o da un detto, ecc., un principio generale

anche per la risoluzione di casi non disciplinati;

V. convenzione e consuetudine che consentono di ampliare la portata e così introdurre norme non

previste. Non è una vera fonte del diritto, perché avrebbe significato intaccare un caposaldo del

diritto islamico: la sua uniformità vale per tutta la comunità dei credenti. È tollerata se non è in

contrasto con il diritto islamico. In tale caso essa completa il diritto musulmano.

Il diritto Africano

Il diritto Africano ha una precisa delimitazione geografica poiché esso è riconosciuto come il diritto

dell’Africa come continente, comprensivo del Madagascar. Tuttavia, l’Africa non è un’entità omogenea dal

momento che è scarsa l’omogeneità sociale, culturale e linguistica. Anche quella giuridica è eterogenea ed

infatti è presente una notevole varietà di diritti, che non impedisce però una trattazione comune. La

trattazione ci richiede di delimitare ulteriormente il diritto Africano:

 a sud del Sahara scorre una linea che va dalla costa della Mauritania a quella del Kenya;

 a Nord sono presenti popolazioni che parlano lingue afroasiatiche (o semito-camitiche: arabo

amharico, tigrino, berbero, ecc.) e praticano una religione rivelata (per lo più islam-sunnita). A Sud

di detta linea si parlano lingue nigerkordofaniane, nilosahariane e khisane;

La linea ha valenza linguistica, antropologica e giuridica.

Il giusto approccio al diritto africano è tramite il metodo dell’analisi stratigrafica secondo la quale ogni

cultura risulta da strati accumulatisi l’uno sull’altro: strato tradizionale, religioso (cristianesimo e islam),

europeo e coloniale (diritto continentale, inglese, angloindiano degli anni 1815-1945), dell’indipendenza.

Un susseguirsi di dominazioni politiche, che portarono i sistemi giuridici occidentali, si è appoggiata su uno

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strato di diritto tradizionale, ovvero un diritto che viene tramandato oralmente e non viene scritto lungo

tutto il momento giuridico – dalla legge, al processo, fino alla

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
106 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/21 Diritto pubblico comparato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiarazecc di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Pubblico Comparato ed Europeo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Butturini Daniele.