-FONTI SECONDARIE.
-FONTI ETERONOME: vengono prodotte da autorità apposite per disciplinare i
comportamenti umani e ha come destinatari i cittadini.
-FONTI AUTONOME: i destinatari stessi sono coinvolti nella stesura delle norme
giuridiche stesse (es. convenzione).
2. La macrofamiglia romano-germanica, la macrofamiglia
anglosassone e le altre macrofamiglie
i giuscomparatisti del continente europeo (studiano quegli ordinamenti che, attraverso
il diritto romano giustinianeo e la mediazione dello ius commune (1200-1700 circa),
hanno portato alla nascita del diritto codicistico moderno) contrappongono
generalmente la macrofamiglia romano-germanica alla macrofamiglia anglosassone.
Questa distinzione operata dalla dottrina novecentesca ha storicamente messo in
evidenza gli elementi differenziali di queste due macrofamiglie incontrando negli ultimi
anni forti critiche, che hanno portato a considerarne le comuni radici storiche
medievali, i processi di avvicinamento e le convergenze tra common law e diritto
romanistico. Il diritto anglosassone e il diritto europeo continentale rappresentano il
più raffinato modo di produzione normativa che tuttavia soffre di eurocentrismo o
americacentrismo. Nel mondo globalizzato vi sono però altre macrofamiglie, diverse
dalla tradizione giuridica occidentale, alcune delle quali stanno assumendo un rilievo
sempre maggiore in parallelo allo sviluppo economico-sociale dei loro paesi.
3.Le fonti fatto: la consuetudine
= fonte più antica, soppiantata da altre tipi di fonti.
=consiste in un comportamento ripetuto nel tempo dai consociati che si basa su due
requisiti:
1)elemento materiale (usus): il comportamento deve essere costante, uniforme,
ripetuto e pubblico da parte di tutti i consociati.
Es: Common law
2) elemento psicologico (opinio): convinzione da parte dei consociati che quel
comportamento corrisponda a un dovere giuridico e che non sia solo un'abitudine.
Caratteristiche:
- Tipica delle società primitive;
- E' stata alla base della nascita della common law;
- Utilizzata nel diritto internazionale (norme di comportamento riconosciute come tale
che gli stati adottano nelle relazioni internazionali).
La consuetudine, oltre ad occupare un posto particolare nel diritto internazionale,
svolge anche un ruolo significativo presso la maggioranza degli Stati di area africana e
asiatica, soprattutto in quelli che non hanno subito o hanno subito in maniera più
leggera il dominio coloniale. Essa trae legittimazione dal precetto-base: “comportati
come gli altri si sono comportati prima di te”. Infatti la ripetizione costante di un
comportamento fa si che, nel corso del tempo, si arrivi al convincimento che sia
obbligatorio conformarsi alla condotta dei predecessori. La consuetudine è perciò una
fonte eteronoma che si impone per la semplice constatazione di un comportamento
ripetuto nel passato.
Presso i popoli più antichi le consuetudini rappresentarono le fondamenta delle più
varie strutture organizzative (tribù, clan, regni) mentre in Occidente hanno conservato
una notevole importanza sino al definitivo affermarsi del diritto giurisprudenziale e del
diritto codicistico. Oggi le consuetudini sono ritenute inadatte rispetto ai sempre più
sofisticati modi di produzione giuridica e di conseguenza relegate ad un ruolo
marginale, soprattutto per il loro carattere “statico” e conservatore, che appare
inconciliabile con lo sviluppo socio-economico delle moderne collettività. Nel diritto
comparato perciò si registra non una definitiva scomparsa della consuetudine ma
soltanto una sua drastica riduzione. In molte macrofamiglie di fonti dell’inizio del terzo
millennio , in particolare dell’Africa e dell’Asia, l’applicazione del diritto codificato di
stampo occidentale risulta problematica, a volte anche impossibile. A livello locale
pertanto, a causa della prevalente organizzazione tribale, le consuetudini “dettano
legge”, al punto che in alcuni ordinamenti vengono ufficialmente riconosciute a livello
costituzionale.
Es: Senegal, Madagascar; Sudafrica.
Nella maggioranza dei casi il trapianto del costituzionalismo e degli istituti di diritto
pubblico e privato occidentale si è rivelato fallimentare, come nel caso dell’Iraq,
dell’Afghanistan e di molti Paesi del continente africano.
Le consuetudini negli ordinamenti moderni
• negli ordinamenti contemporanei prevalgono le fonti atto. Le consuetudini sono
limitate a:
1) Consuetudini secundum legem (=il legislatore si limita ad assumere la
consuetudine quale fonte del diritto solo nei casi in cui vi è un esplicito rinvio ad
essa)= la materia è disciplinata da una legge, per completezza c'è un rinvio alle
consuetudini. La consuetudine non può essere contraria alle leggi, che sono fonti
primarie.
2)Consuetudini praeter legem= quando una materia non è disciplinata da una
fonte scritta si applicano le consuetudini.
3)Consuetudini contra legem (residuali).
Le consuetudini che contengono norme giuridiche contrarie alle norme giuridiche
contenute nelle leggi non sono ammissibili.
La consuetudine abrogatrice è generalmente esclusa negli ordinamenti
liberal-democratici a causa del primato delle fonti-atto in quanto le disposizioni
sull’abrogazione non permettono che la mancata applicazione di una legge o di un
regolamento ne comporti l’espulsione dall’ordinamento per desuetudine
(=cambiamento di una consuetudine). Nel diritto pubblico più progredito l’idea stessa
che una disposizione costituzionale possa essere abrogata da una consuetudine è
inaccettabile in quanto ciò significherebbe ammettere la modifica della costituzione
senza seguire il complesso e solenne procedimento legislativo. Tuttavia gran parte del
costituzionalismo più antico fu consuetudinario.
Es: la trasformazione della forma di governo da “costituzionale” a “parlamentare”; il
ruolo del Presidente del Consiglio della Terza Repubblica francese; l’introduzione del
Vice Presidente del Consiglio e dei Ministri senza portafoglio; la normativa
sull’impedimento presidenziale (consuetudini interpretative o consuetudini
facultizzanti).
Le possibili consuetudini abrogatrici si trovano in casi limitati come: il divieto del Re di
rifiutare la sanzione alle leggi e di esercitare altre competenze storicamente spettanti
alla Corona (es: dichiarare guerra, concludere trattati internazionali, sciogliere il
Parlamento).
Convenzioni e consuetudini=non sono codificate, differenza minima.
Quando il comportamento è tenuto da istituzioni costituzionali si tratta di consuetudini
costituzionali, ma non possono assolutamente andare contro la costituzione stessa.
Es: la figura del vicepremier è una consuetudine, così come quella dei ministri senza
portafoglio.
Es.: il primo ministro inglese dato dal vincitore delle elezioni.
Le convenzioni: fonti del diritto autonomo
La convenzione si basa su un patto approvato all'unanimità con il quale i destinatari si
obbligano a rispettare le regole che nascono da quel patto. Tutti devono essere
d'accordo sul contenuto delle norme giuridiche che nascono dal patto. Casi rari:
- trattati internazionali (la convenzione è la base dei trattati): con la ratifica da parte di
fonti interne diventano diritto interno;
Trattato internazionale: è un patto tra gli stati con i quali si stabiliscono
determinate regole comuni che sono rispettate dagli stati che lo sottoscrivono
- concordati e intese con le confessioni religiose: vengono poi recepite in leggi
nazionali.
Quando gli stati non riconoscono una religione di stato e non si dichiarano laici
sottoscrivono dei concordati e delle intese con le confessioni religiose.
- convenzioni costituzionali (soprattutto nel Regno Unito - convenzioni che si sommano
e si integrano alla costituzione)
4. Le convenzioni costituzionali
La convenzione costituzionale:
-presuppone fonti che disciplinano i comportamenti;
-dimostra l’accordo fra le parti.
Anche se il diffondersi delle costituzioni rigide ha notevolmente ridotto il ruolo delle
consuetudini costituzionali, vi sono altre fonti non scritte che continuano a disciplinare
modalità importanti del diritto costituzionale come per esempio l’area del
government (=rapporti reciproci fra gli organi costituzionali detentori dell’indirizzo
politico) regolata nelle moderne liberal-democrazie da un importante fonte di diritto di
nome conventions of the constitution (=massime di comportamento costituzionale
attraverso le quali gli operatori politici misurano il loro potere ma che non vengono
fatte valere dagli organi giudiziari). La dottrina costituzionalistica continentale ha
tentato di adottare una definizione giuridica di tale fenomeno convenzionale basandosi
sul presupposto che le conventions predispongono regole legali o legislative in materia
costituzionale e intervengono per disciplinare ulteriormente le attività dei soggetti
sovrani, al fine di affiancarsi ad esse per poi sostituirle.
Es: ancor oggi in Inghilterra, la Regina per designare il Primo Ministro deve dirigersi,
per obbligo costituzionale, al leader del partito di maggioranza nella Camera dei
Comuni. Tale vincolo è di origine convenzionale. Lo stesso Gabinetto è un conventional
body e si considerano disciplinati da convenzioni anche i rapporti fra Primo Ministro e
Gabinetto, tra Ministri e Parlamento e tra Ministri e pubblica amministrazione. Molto
spesso consuetudini e convenzioni s’intrecciano così come normative sorte su base
convenzionale si trasformano in regole consuetudinarie.
Lo scopo delle convenzioni, sotto forma di regole non-legali, è quello di definire il modo
attraverso il quale le norme giuridiche di valenza costituzionale debbano essere
applicate. La dottrina tende a collocarle nella sfera della pura fattualità a causa del
loro carattere non giustiziabile, paragonandole alle regole di correttezza costituzionale,
che non si impongono come dovere giuridico, ma soltanto per motivi di educazione
politica, di cerimoniale e di etichetta. In seguito è stata riconosciuta alle convenzioni
un’efficacia prescrittiva sulla base di alcuni requisiti e ultimamente si è anche arrivati
ad una loro idoneità giuridica.
Es: le Corti supreme di Canada e Israele hanno utilizzato, in maniera esplicita e per la
prima volta, regole convenzionali come parametro di legittimità costituzionale.
5. I principi generali del diritto
• Non esiste una definizione univoca.
“principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato” (ordinamento italiano)
“principi fondamentali riconosciuti dalle leggi della Repubblica” (ordinamento
francese)
Guastini utilizza il termine “principi del diritto” per indicare: norme provviste di
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