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Il contenuto dell'Art.21 risulta inevitabilmente datato per quanto riguarda i mezzi di diffusione del pensiero ad esso considerati.
Infatti, l'unico mezzo di informazione espressamente evocato è la stampa. Non viene nominata nemmeno la radio che pure era stata uno strumento di propaganda politica tanto negli Usa, quanto nell'Italia fascista e nella Germania nazista.
Non si garantisce, insieme alla libertà di stampa, anche la libertà di informazione. In altre parole, mentre è garantita la libertà di stampa rispetto a possibili interventi censori al potere pubblico, ben poco è previsto per garantire la trasparenza e il populismo dell'informazione: si prevede solo, al quinto comma, che "siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica" se la legge lo stabilisce.
La disciplina cui la stampa è sottoposta si può così riassumere:
- La pubblicazione a mezzo stampa non è
1. La pubblicazione di un testo può essere soggetta a controlli preventivi da parte di alcune autorità pubbliche, ad esempio autorizzazioni o censure.
2. Si può ordinare il sequestro di una pubblicazione solo se ricorre una fattispecie di delitto espressamente prevista dalla legge sulla stampa (riserva di legge rinforzata) e solo in forza di un atto motivato dell'autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione).
3. La pubblicazione deve rispettare i limiti alla libertà di manifestazione del pensiero.
4. La legge sulla stampa (l.47/2000) prevede che ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, l'editore. I giornali e i periodici devono essere previamente registrati presso la cancelleria del tribunale del luogo dove sono pubblicati e devono avere un direttore responsabile iscritto all'albo dei giornalisti.
5. La legge sull'editoria (l.416/1981), dando attuazione all'Art. 21.5, richiede che
lealtà". Tuttavia, con il passare del tempo, questa posizione di monopolio è stata messa in discussione e sono state introdotte normative che permettono la partecipazione di soggetti privati nel settore radiotelevisivo. È importante sottolineare che, nonostante la mancanza di una disciplina costituzionale specifica, anche i mezzi di comunicazione di massa come internet e i social media hanno un impatto significativo sulla società e sulla formazione dell'opinione pubblica. Pertanto, è necessario garantire una regolamentazione adeguata per evitare abusi e manipolazioni. In conclusione, mentre le imprese editoriali devono rendere pubblico il loro assetto proprietario e evitare una posizione dominante attraverso la concentrazione di testate, è necessario anche regolamentare in modo adeguato gli altri mezzi di comunicazione di massa, come il sistema radiotelevisivo e i nuovi media, al fine di garantire un'informazione obiettiva, imparziale e completa.continuità in tutto il territorio nazionale" è stato introdotto per garantire che le trasmissioni private via etere siano disponibili in tutto il paese. Verso gli anni '80, le trasmissioni private via etere sono state prima introdotte a livello locale e successivamente a livello nazionale. Le radio e le televisioni private si erano già affermate prima che una legislazione completa venisse adottata per regolare il settore. Infatti, la regolamentazione della radiotelevisione è avvenuta solo con la legge 6 agosto 1990, n. 22 (legge Mammì), che si ispirava al principio del pluralismo delle voci come valore costituzionale fondamentale. La legge 223/1990 prevedeva un sistema radiotelevisivo misto pubblico-privato, limiti alla concentrazione nel settore televisivo con un tetto del 25% delle reti nazionali previste, limiti alla concentrazione tra imprese radiotelevisive ed editoriali, nonché alla concentrazione tra imprese radiotelevisive e concessionarie pubblicitarie. Inoltre, sono stati istituiti poteri di controllo affidati a un'autorità garante.base al quale nessun soggetto poteva risultare titolare di più del 25% del numero diretti previste fu dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale per violazione del principio del pluralismo delle voci e del diritto all'informazione. (legge Maccanico). Il Parlamento approvò quindi la l. 31 luglio 1997, n.249 ( Essa stabilì nuove regole e istituì l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con compito di controllo e vigilanza anche su radiodiffusione ed editoria. Anche in questo caso intervenne la Corte costituzionale con la sent. 466/2002 e dichiarò l'illegittimità della legge per la mancata previsione di una scadenza certa e non prorogabile per porre termine alla situazione censurata a suo tempo con la sentenza del 1994. (legge Gasparri). A questo punto veniva approvata dal Parlamento la l. 3 maggio 2004, n.112 (in base alla quale è stato poi emanato un testo unico (d.lgs.177/2005). La legge stabiliva il tecnicadigitalepercorso per la conversione delle trasmissioni dalla tecnica analogica allaterrestre e modificava le norme a tutela della concorrenza e del mercato, ora fondate su untetto (dal 10% al 20% a seconda dei casi) calcolato come percentuale del fatturatosistema integrato delle comunicazioni,complessivo del inteso come il settore economico cheinclude stampa, editoria anche elettronica, radio e televisione, cinema, pubblicità esterna esponsorizzazioni.Per la prima volta si è permesso agli editori della stampa di entrare nel mercato televisivo e aquello della tv (ma per i soggetti più grandi permane anche ora il divieto) di entrare in quellodella stampa.Successivamente è intervenuta una nuova legge di riforma della Rai del servizio pubblico (l.28 dicembre 1015, n.220).La libertà di religione e la libertà di coscienza.Nell'alveo della libertà di pensiero si collocano anche la libertà di religione e la libertàdicoscienza: tanto la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (Art.18), quanto la Cedu(Art.19) e la Carta dei diritti fondamentali dell'Ue (Art.10), infatti, le proclamano in un unico articolo. Nella decisione del 25 maggio 1993 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribadito che la libertà di religione è uno dei fondamenti delle società democratiche, bene prezioso anche per gli atei, gli agnostici e gli indifferenti. La Costituzione dedica alla libertà di religione l'Art.19: esso garantisce la libertà religiosa come libertà di fede e come libertà di pratica religiosa. Invece lo Statuto albertino riconosceva la religione cattolica come sola religione nello Stato, mentre gli altri culti erano solo tollerati. Nell'ordinamento repubblicano si assicura a chiunque la libertà di professare la propria fede religiosa in qualsiasi forma, sia individualmente, sia collettivamente.
Di farne propaganda e praticarne il culto in privato o in pubblico nel solo rispetto del buon costume. A questo è rivolto anche l'Art.20 Cost. relativo agli enti ecclesiastici. Anche qui l'affermazione della libertà implica la garanzia del suo aspetto negativo: la libertà di coscienza dei non credenti. Parte della dottrina sostiene che la libertà dell'ateo di esprimere le proprie convinzioni nei confronti della religione sia tutelata dall'Art.21 e non dall'Art.19. libertà di culto
Oggi è in particolare la libertà di culto a essere sempre più al centro dell'attenzione, in società multietniche e multireligiose. Essa rappresenta un terreno di prova tutt'altro che agevole per il pluralismo religioso: si pensi ad aspetti come la costruzione di luoghi di culto, al riconoscimento di giorni di astensione dal lavoro diversi dalla domenica, al diritto di indossare in luoghi pubblici segni religiosi distinti come il velo.
islamico e così via. La libertà della ricerca scientifica. La Costituzione afferma la libertà della scienza (Art. 33.1) e affida alla Repubblica il compito di promuovere lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnica (Art. 9.1). Il riconoscimento della libertà della scienza impone una serie di riflessioni sul suo contenuto, sulla scelta del costituente di dedicarvi una disposizione autonoma rispetto all'Art.21, sull'individuazione dei limiti alla ricerca scientifica, da stabilirsi comunque con legge. Per dare sostanza ai contorni di questa libertà occorre riferirsi ad altri principi e valori costituzionalmente protetti: ad esempio, il principio personalista e la dignità e integrità umana, il principio pluralista in relazione ai contenuti e ai mezzi della ricerca, cui ripugna qualsiasi forma di scienza ufficiale consueta agli stati totalitari o confessionali.
Quali sono i limiti della scienza? Essi vanno cercati solo nell'etica
campo eterologo,introdotto vincoli stringenti: divieto di tecniche di tipo cioè usando gameti di soggetti estranei alla coppia, accesso limitato a "coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, inetà potenzialmente fertile, entrambi viventi", creazione di non più di tre embrioni destinati a un unico e contemporaneo impianto. La legge è stata però dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale su più punti. Da principio, la sent.151/2009 ha fatto cadere il limite dei tre embrioni, consentendo al medico di valutare caso per caso, in relazione alle condizioni soggettive e alla salute della donna che si sottopone alle tecniche di procreazione assistita, quanti embrioni produrre e quanti impianti piantarne di volta in volta. Successivamente la sent.162/2014 ha fatto cadere il divieto di fecondazione eterologa, ritenendolo compatibile con il diritto della coppia di diventare genitori e formare una famiglia. Più in generale, la Corte ha ritenuto che non sussistessero interessi di rilievo costituzionale idonei a giustificare il differente trattamento riservato alla fecondazione eterologa rispetto a quella di tipo omologo. Inoltre, lasent.n.96/2015 ha esteso l'accesso alle tecniche di procreazione assistita anche alle coppie