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La verifica comporta quindi, una triplice valutazione sulla
congruenza fra la disciplina normativa e la decisione amministrativa; sula coerenza tra la valutazione
tra le decisioni comparate:
compiuta e la decisione presa, sull’uniformità solo in questo modo, infatti,
l’attività della Pubblica Amministrazione, in quanto ragionevole e razionale, sarà anche legale; diversamente,
l’attività amministrativa sarà affetta dal dell’eccesso di
in caso di violazione del suddetto principio, vizio
potere, cioè dal vizio di legittimità dell'atto amministrativo consistente nell'uso del potere amministrativo per
conseguire finalità diverse da quelle stabilite dalla legge. L'attività amministrativa infatti, in quanto diretta
alla cura di interessi pubblici predeterminati in sede politica, non è libera, ma vincolata nel fine: in
particolare, il legislatore, in attuazione del principio di legalità, oltre ad attribuire alla Pubblica
pubblico da realizzare (“interesse il
Amministrazione il potere di agire, fissa anche l'interesse primario”),
quale deve poi, essere armonizzato con gli interessi, pubblici o privati, che di volta in volta, possono con
(“interessi
esso scontrarsi secondari”).
In tale prospettiva però, il legislatore lascia alla Pubblica Amministrazione un ambito decisionale entro cui
operare, denominato appunto, “discrezionalità”: in particolare, la discrezionalità amministrativa è il criterio
orientativo dell’azione della Pubblica Amministrazione nella scelta tra più comportamenti giuridicamente
leciti per il perseguimento dell’interesse pubblico. La discrezionalità amministrativa rappresenta dunque, uno
spazio di agire libero dell’Amministrazione Pubblica, all’intero del quale essa effettua quella ponderazione
comparativa degli interessi in gioco, richiedente la completa acquisizione degli interessi stessi ed il loro
raffronto secondo il canone della ragionevolezza, intesa come logicità, o meglio come conseguenzialità
logica che deve necessariamente sussistere tra le premesse fattuali e normative poste alla base dell’azione
della Pubblica Amministrazione.
Ulteriore specificazione del principio di ragionevolezza è poi, il principio di proporzionalità, il quale,
nell’informare ugualmente l’azione della Pubblica Amministrazione, non permette alla stessa di adoperare
atti amministrativi obbligatori o restrittivi della sfera giuridica dei privati in modo non proporzionato
all’interesse pubblico da perseguire. In particolare, il principio di proporzionalità è stato elaborato dalla
giurisprudenza costituzionale e amministrativa tedesca, per passare poi, per osmosi culturale, alla
giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea e da questa, al legislatore comunitario, il
quale ormai, in pressoché tutte le direttive da lui emanate, fa riferimento al suddetto principio. Precisamente,
la dottrina giuridica richiama a proposito del principio di proporzionalità, il Caso Kreuzberg (Reuzberg) del
aveva ritenuto invalida l’ordinanza di
1882, nel quale era accaduto che una Corte Amministrativa Prussiana in quanto l’autorità
chiusura di un negozio alimentare che vendeva alcool privo di licenza, che aveva
emanato tale atto di chiusura non aveva valutato la possibilità di adottare un provvedimento sanzionatorio di
minore gravità. Da tale caso giurisprudenziale è allora, possibile cogliere il nucleo centrale del principio di
che la Pubblica Amministrazione nell’esercizio dei compiti
proporzionalità, imponente a lei attribuiti dalla
legge, è tenuta ad adottare una soluzione idonea, necessaria ed adeguata (o proporzionale in senso stretto): in
all’obiettivo
particolare, il provvedimento è idoneo, quando esso è conforme da raggiungere in concreto;
solo se non è disponibile un’altra misura ugualmente efficace, ma meno
necessario, quando esso è utilizzato
incidente negativamente sulla singola situazione privata, cioè comportante il minor sacrificio possibile per la
posizione del privato coinvolto; adeguato (o proporzionale in senso stretto), quando il bilanciamento di
interessi da esso realizzato è appropriato. Idoneità, necessarietà e adeguatezza (o proporzionalità in senso
stretto) di un determinato provvedimento incidente su di un diritto fondamentale, costituiscono quindi, il
triplice necessario passaggio individuato dalla giurisprudenza tedesca, affinché il principio di proporzionalità
sia correttamente applicato.
A questo punto, Fabio Merusi precisa come in realtà, quando si fa riferimento al principio di proporzionalità,
il pensiero non può non correre all’affermazione di Romagnosi, il quale nelle “Istituzioni di diritto
amministrativo”, pubblicate nel 1814, scrive che “La regola direttrice dell’amministrazione in questo
conflitto con il privato è di far prevalere la cosa pubblica alla privata entro i limiti della vera necessità, cioè
“tale
con il minore sacrificio possibile della proprietà privata e della libertà”: prevalenza” precisa poi,
Romagnosi, “non colpisce il fine o l’effetto, ma il semplice mezzo”. Ebbene la comparazione del mezzo