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CONSUEGUENZE.
43. Il fatto illecito dei suoi elementi costitutivi.
Può darsi che il diritto interno non riesca ad evitare che lo Stato incorra in una violazione del diritto
internazionale o in un fatto illecito internazionale. Si pone allora il problema della responsabilità
internazionale degli Stati. Al tema della responsabilità degli Stati la dottrina ha dedicato
approfondite indagini dagli inizi del novecento ad oggi. Dal lontano 1953 la CDI ha poi intrapreso
lo studio dell'argomento, ma un progetto definitivo di codificazione ha visto la luce solo nel 2001.
Una caratteristica fondamentale delle varie parti del progetto della CDI, già presente nella versione
del 1980, è quella di considerare i principi sulla responsabilità come valevoli in linea di massima
per la violazione di qualsiasi norma internazionale. Quanto si dirà sulla responsabilità degli Stati
vale anche, mutatis mutandis, per gli altri soggetti internazionali ad esclusione degli individui la cui
responsabilità, sostanziandosi nella loro punizione nel caso di crimini internazionali, è regolata da
norme che attengono al campo del diritto penale. Sulla responsabilità delle organizzazioni
internazionali, la CDI ha approvato definitivamente nel 2011 un progetto di articoli redatto per larga
parte dal redattore speciale, progetto per l'appunto si conforma per la maggior parte alle regole
codificate in tema di responsabilità degli Stati. Peraltro gli articoli 58-63 del progetto si occupano di
un tema specifico quale è quello dei rapporti tra responsabilità dell'organizzazione responsabilità dei
suoi membri. Trattasi di regole ispirate in linea generale al principio dell'autonomia della
responsabilità delle organizzazioni, autonomia ricavabile dalla autonoma personalità internazionale
di cui sono dotate le organizzazioni medesime. Tra degli articoli segnaliamo anzitutto l'articolo 17 il
quale prevede la responsabilità dell'organizzazione qualora questa, per sfuggire ad un suo obbligo
internazionale, induca, con decisione vincolante, uno o più membri a compiere un atto illecito, e ciò
anche se il comportamento così composto non sia illecito per il membro. Va poi segnalato l'articolo
40 secondo cui i membri, qualora lo statuto dell'organizzazione lo preveda, debbano prendere tutte
le misure necessarie per dotare l'organizzazione dei mezzi finanziari per far fronte alle conseguenze
dell'illecito da essa ha commesso. Infine, l'articolo 62, il membro è responsabile del fatto illecito
dell'organizzazione, presumibilmente a titolo sussidiario, quando abbia accettato tale responsabilità
oppure abbia indotto la vittima dell'illecito a farvi affidamento. Data la coincidenza tra lo Stato
come soggetto di diritto internazionale è lo Stato-organizzazione, è ovvio che il fatto illecito
consista anzitutto in un comportamento di uno o più organi statali, comprendendo tra questi tutti
coloro che partecipano all'esercizio del potere di governo. Il fatto che l'autore dell'illecito sia
necessariamente un organo dello Stato assume importanza quando si tratta di illeciti commissiivi,
consistenti in azioni; è chiaro che per gli illeciti omissivi l'identificazione dell'organo che avrebbe
dovuto attivarsi per non lo ha fatto, la sua competenza, non hanno rilievo per il diritto
internazionale. Si discute se la responsabilità dello Stato sono da quando l'organo abbia commesso
un'azione internazionalmente illecita avvalendosi di tale sua qualità, e dunque agendo nell'esercizio
delle sue funzioni, ma al di fuori dei limiti della sua competenza La questione attiene ai soli illeciti
commissivi e riguarda essenzialmente azioni illecite condotte da organi di polizia in violazione del
proprio diritto interno e contravvenendo agli ordini ricevuti. Secondo una parte della dottrina azioni
del genere sarebbero comunque attribuibili allo stato, ad onta del fatto che l'organo abbia esorbitato
dai limiti della sua competenza. Se l'illecito internazionale è opera degli organi statali, resta esclusa
la possibilità che allo Stato sia addossata una responsabilità per atti di privati che arrechino danni a
individui, organi o Stati stranieri. Oggi si ritiene che lo Stato risponda solo quando non abbia posto
in essere le misure atte a prevenire l'azione o a punire l'autore è quindi solo per il fatto che i suoi
organi. Il comportamento di cui è responsabile lo Stato consiste in un'omissione. Si va peraltro
facendo strada l'opinione secondo cui, in certi casi, di fronte alla violazione di norme internazionali
da parte dei privati lo Stato risponderebbe direttamente per una sorta di "complicità" col violatore, e
pertanto per un illecito commissivo e non omissivo. Gli esempi che si fanno, e che ovviamente non
sono tassativi, riguardano il terrorismo è la violazione di norme sui diritti umani da parte di società,
in particolare di società multinazionali.
44. L'elemento oggettivo.
Il progetto si occupa agli articoli 12 e seguenti del secondo elemento del fatto illecito, ossia
dell'illiceità del comportamento dell'organo statale. Trattasi dell'elemento obiettivo contrapposto
all'elemento soggettivo di cui fin qui abbiamo discorso. L'articolo 12 definisce l'elemento obiettivo
dell'illecito, dichiarando: "si ha violazione di un obbligo internazionale da parte di uno Stato quando
un fatto di tale stato non è conforme a ciò che gli è imposto dal predetto obbligo". Gli articoli
successivi contengono alcune regole dirette a stabilire quando, e a quali condizioni, una violazione
del diritto internazionale può considerarsi come definitivamente consumata. Tra queste l'articolo 13
contiene la regola tempus regi actum, ossia prevede che l'obbligazione debba esistere al momento in
cui il comportamento dello Stato è tenuto; a loro volta di articoli 14 e 15 stabiliscono quando deve
ritenersi che si verifichi illecito negli illeciti istantanei, in quelli aventi carattere continuo e negli
illeciti composti. All'elemento obiettivo dell'illecito internazionale attengono le cause, o circostanze,
escludenti l'illeicita, cui sono dedicati gli articoli 20 e seguenti del progetto. Una prima causa è
costituita dal consenso dello Stato leso. "Il consenso validamente dato da uno Stato-dice l'articolo
20-alla commissione da parte di un altro Stato di un fatto determinato esclude l'illeicita di tale fatto
nei confronti del primo stato sempre che il fatto medesimo resti dei limiti del consenso". La norma,
ispirato al principio violenti non fit iniura, trova ampio riscontro nella prassi internazionali ed ha
quindi in natura consuetudinarie: si pensi ad esempio alle autorizzazioni dello Stato territoriale a
che atti coercitivi, come l'apertura di un criminale, la liberazione di ostaggi… siano compiuti da
organi stranieri. Il consenso dello Stato leso viene configurato da una parte della dottrina come un
vero e proprio accordo tra lo Stato autorizzante dello Stato autorizzato, diretto a sospendere, con
efficacia limitata al caso specifico, un obbligo preesistente. Una delle più importanti cause di
esclusione dell'illecita è costituita dall'autotutela ossia dalle azioni che sono dirette al regime
dell'illecito altrui e che, per tale loro funzione, non possono essere considerate come antigiuridiche
anche quando consistono in violazione di norme internazionali. L'articolo 23 annovera tra le cause
di esclusione dell'illiceità la forza maggiore, cioè, secondo la definizione data nel progetto, il
verificarsi di una forza irresistibile o di un evento imprevisto, al di là del controllo dello Stato, che
rende materialmente impossibile adempiere l'obbligo. È controverso se per il diritto internazionale
lo stato di necessità, ossia l'aver commesso il fatto per evitare un pericolo grave, imminente e non
volontariamente causato, possa essere invocato come circostanza che esclude l'illeceità. Diciamo
subito che nessuno dubita che la necessità possa essere invocata quando il pericolo riguardi la vita
dell'individuo-organo che abbia commesso l'illecito o degli individui a lui affidati (c.d. distress)
come nell'esempio classico della nave e si rifugia nel porto straniero, senza previa autorizzazione
dello Stato costiero, per sfuggire alla tempesta. Le incertezze riguardano la necessità in quanto
riferita allo stato nel suo complesso, vale a dire le azioni illecite che siano compiute per evitare che
sia compromesso un interesse vitale dello Stato. Anche in questo caso, la dottrina è unanime nel
ripudiare la vecchia tesi, di marca giusnaturalistica che legava la necessità ad un pretesto "diritto di
conservazione" dello stato, e che su tale base finiva con il giustificare non solo ogni sorta di abuso
ma soprattutto fenomeni come la conquista e l'ingrandimento territoriale a danno di altri Stati.
L'articolo 25 del progetto si pronuncia in senso favorevole. "Lo Stato non può invocare lo stato di
necessità come cause di esclusione dell'illiceità di un atto non conforme ad un obbligo
internazionale se non quando l'atto: (a) costituisca l'unico mezzo per proteggere un interesse
essenziale contro un pericolo grave ed imminente; e (b) non leda gravemente un interesse essenziale
dello Stato o degli Stati nei confronti dei quali l'obbligo sussiste, oppure della comunità
internazionale nel suo complesso". In ogni altro caso la necessità di non può essere invocata se (a)
l'obbligo internazionale in questione esclude la possibilità di invocare la necessità; o (b) lo Stato ha
contribuito al verificarsi della situazione di necessità". Non le è del tutto azzardata la tesi secondo
cui l'illeceità sia esclusa quando l'osservanza di una norma internazionale urti contro principi
fondamentali della costituzione.
45. Gli elementi controversi: la colpa del danno.
Una questione a lungo dibattuta riguarda la necessità o meno che sussista la colpa dell'organo
statale autore della violazione. Con ampia generalizzazione possono distinguersi, in riferimento al
problema della colpa, tre tipi di responsabilità. Anzitutto vi è la responsabilità per colpa che si ha
quando si richiede che l'autore dell'illecito abbia commesso quest'ultimo intenzionalmente o almeno
con negligenza. Vi è poi una responsabilità cui può darsi il nome di responsabilità oggettiva relativa,
o per la quale, la dottrina anglosassone usa il termine di "strict liability" (responsabilità
contrattuale): essa si ha quando la responsabilità sorge per effetto del solo compimento dell'illecito,
ma l'autor