vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
NAPOLI 1873: MOMMSEN E L’OROLOGIO
Le memorie di Wilamowitz rappresentano uno spaccato della storia europea della rivoluzione liberale dal
1848 allo scoppio della prima guerra mondiale. In quelle pagine un ruolo importante è occupato da
Mommsen, il più grande storico di Roma antica la cui strada si intrecciò a quella di Wilamowitz sia sul piano
scientifico sia personale: Wilamowitz sposò, infatti, la figlia dello studioso. Mommsen guidava le campagne
epigrafiche per l’edizione dei volumi più significativi del corpus inscriptionum latinarum, un progetto per la
pubblicazione sistematica di tutte le epigrafi latine e i due svolsero questo lavoro anche in Italia. Una delle
tappe più importanti di questi tours scientifici era proprio Napoli, soprattutto per il Museo dove si trovavano
antiche iscrizioni fin dai tempi del governo borbonico. Mommsen si adirava per lo stato in cui erano tenute le
vestigia dell’antica grandezza romana; in particolare, nel 1873, partito da Napoli in compagnia di Wilamowitz
per controllare un’iscrizione arcaica di Lucera, il fatto di non trovarla scatenò la sua ira, che accrebbe quando
a Venosa scoprì che alcune antiche lapidi che aveva copiato e catalogato erano in rovina. Si scagliò, allora,
contro il sindaco: ”Voi volete essere la città di Orazio, siete la città dei porchi!”. La sua passione lo portava ad
adirarsi per motivi scientifici, per il resto potevano accadere anche fatti gravi e ne restava piuttosto
imperturbato. Proprio nel 1873 Mommsen subì una rapina sulla strada che porta ai Camaldoli, ma l’orologio
rubato gli fu restituito dalla polizia. Era stato un ordine del ministro e la polizia aveva rapporti segreti con la
camorra. Mommsen commentò: “ Poteva capitare anche al Tiergarten, ma nessun ministro se ne sarebbe
dato pensiero e non avrei nemmeno riavuto indietro l’orologio”, come si evince dalle memorie di Wilamowitz
che ne fu testimone “letterario” . Wilamowitz dà una vaga indicazione cronologica (maggio 1873) che diventa
più precisa sfogliando alcuni giornali della sera del 13 di quel mese. Vari giornali riportarono la notizia, anche
in modo piuttosto impreciso. La Gazzetta di Napoli “ Nelle ore pomeridiane di ieri due forestieri vennero
aggrediti nella selva dei Camaldoli. E’ a notare che gli aggressori tolsero loro soltanto gli orologi con le
rispettive catene, senza nessun’altra estorsione né offesa. I forestieri narrarono il fatto all’ufficio di pubblica
sicurezza del Vomero e quell’autorità spedì forza pubblica nella selva ma, pare, senza nessun risultato.
Stamane le guardie e i carabinieri perlustravano ancora quei luoghi, auguriamo ad essi miglior fortuna”. Il
piccolo riportava che l’aggressione si era consumata sul far della notte, nella selva dei Camaldoli. Le vittime
(sarebbero state due) si erano avviate su per la collina ad amminare “il chiaro della luna piena” ed erano
indicate come il bibliotecario dello zar di Russia e un suo concittadino. Secondo l’anonimo cronista, i due
sudditi dello zar erano stati entrambi derubati dei loro orologi ma la pubblica sicurezza era immediatamente
intervenuta e, dopo una notte di ricerca, i colpevoli erano stati arrestati. Già il 14 lo stesso giornale pubblica
la rettifica: le due vittime sono l’illustre storico Mommsen ed il bibliotecario della biblioteca reale di Berlino, il
dottor Schrader. A quei tempi lo straniero era considerato per sua natura diverso e non si aveva una
cognizione precisa e attenta delle diverse nazionalità, ecco perché due tedeschi potevano essere
tranquillamente scambiati per due russi. Il timore per le escursioni, specie serali, al di fuori dei luoghi abitati
emerge nei ricordi wilamowitziani ed è in connessione con la sottrazione dell’orologio. Un racconto del 1873
di Wilamowitz: “ Non badai al consiglio e andai in campagna dietro Porta Furba, sottovalutando la brevità del
tramonto nei paesi del sud. Sulla via del ritorno, a passo spedito, mi venne incontro un contadino in groppa a
un asino, con il fucile in spalla, come si usava ancora, e mi fermò veramente, rivolgendomi la domanda
sospetta che or’è?, a cui risposi senza tirar fuori l’orologio, poi cominciò a conversare chiedendomi che cosa
facessi lì e chi fossi. Durò per un po’. Alla fine venne a galla il suo desiderio: da m’un zigaro. Lo ebbe e ci
separammo da amici”. La Gazzetta del 14 torna sul fatto, con un’ampia e dettagliata descrizione. Emerge,
oltre all’identità di Mommsen e Schrader, che il furto era avvenuto alle 7 di pomeriggio nella selva dei
Camaldoli e in particolare nel sito detto Colle del Sospiro. “I ladri erano tre ma uno di loro soltanto strappò
l’orologio ad uno dei forestieri che, essendosi messo ad inseguirlo, fu percosso nel capo da un altro mariuolo
col calcio di una pistola. I due signori si recarono al posto di polizia di Antignano, dove dissero di essere stati
aggrediti, ma non vollero far querela né indicare i contrassegni dei malandrini. Il delegato di pubblica
sicurezza però trattenne in arresto l’asinaio che li accompagnava, e ch’è un noto ladruncolo, soprannominato
lo Zingariello, e sta come conduttore di asini all’angolo del Museo nazionale. Questi diede all’autorità i
contrassegni dei mariuoli, che sono alacremente ricercati ma che fino a stamani non si erano ancora potuti
arrestare. Ora però che per l’accorgimento dell’autorità di pubblica sicurezza di Antignano sono stati scoperti
e se ne sanno perfino i nomi, non andrà molto e capiteranno sicuramente nelle mani della pubblica forza.
[…] Il luogo dove fu consumato il furto è sempre deserto, anche nelle ore di pieno giorno, e quindi più
esposto agli agguati dei ladri; e se da un canto non si può pretendere un servizio di pubblica sicurezza in
una vasta ed aperta campagna, è dall’altro lato tanto più lodevole l’opera dell’autorità che, ad onta di queste
sfavorevoli condizioni, ha saputo così presto scoprire i colpevoli.” Possiamo notare che e autorità costituite
usavano precisare i fatti e comunicarli in via ufficiale agli organi dell’informazione; è attestato anche da un
trafiletto comparso su Roma il 15 maggio, che riporta la notizia in ritardo se ne scusa addebitandone la
responsabilità alla questura (che sembrerebbe aver favorito altre testate). Presso l’archivio di stato di Napoli
c’è un nutrito fascicoli sul fatto, da cui emerge la risonanza che ebbe l’accaduto. Il 13 maggio la questura di
Napoli trasmise al prefetto il rapporto scritto dal delegato di pubblica sicurezza. La vicenda assume dei
contorni precisi: Schrader è la vittima, non Mommsen. Gli viene sottratta con una certa violenza l’orologio ma
l’anziano bibliotecario cerca di correr dietro al delinquente e viene ferito da un complice col calcio della
pistola. “ Dinnanzi all’autorità di pubblica sicurezza non mostra la stessa baldanza, anzi appare
disinteressato o scoraggiato per la brutta esperienza. Il derubato non ha voluto declinare le sue generalità ed
il valore e la specie dell’orologio; né tampoco ha voluto essere medicato la ferita.[…] nel salire verso i
Camaldoli, vennero pedinati a cominciare dal Museo Nazionale da certo Stellano Gaetano du Giovanni di
anni 15 asinaro, il quale è stato già assicurato per deferire al potere giudiziario siccome complice nel reato in
parola, comunque si fosse ostinato a non palesare gli altri due compagni.” Dopo aver terminato il rapporto, il
questore ha il tempo, prima di trasmetterlo al prefetto, di aggiungere a margine un ulteriore svolgimento
dell’indagine: “ In questo momento quel delegato con altro rapporto mi scrivere aver liquidato un altro
colpevole, Luigi Varchetta da Pianura, pregiudicato del circondario di Pozzuoli e latitante come
contravventore dell’ammonizione. Si cerca subito di arrestarlo.” Nell’ incartamento d’archivio si evince
l’aspetto politico della questione, ed anche i rapporti tra le amministrazioni che tutelano l’ordine pubblico a
Napoli. Anche a Roma si vuole sapere se per caso nel fatto sia stato coinvolto Mommsen; il dubbio che
l’illustre tedesco, di cui era nota la permanenza napoletana, fosse coinvolto nell’aggressione spinge il
ministro ad interessarsi del fatto, facendo pressioni sul prefetto affinchè risolvesse il caso. Ebbene l’illustre
Mommsen è coinvolto nel fatto ma la rapina è avvenuta esclusivamente a danno del signor Schrader. L’Unità
nazionale del 15 maggio riporta la risoluzione del caso (i ladri sarebbero due caprai) e avverte di come
Mommsen rida dell’accaduto con gli amici. La vicenda, però, non è ancora chiusa. Un foglio ministeriale
indirizzato al prefetto di Napoli: “ L’aggressione sofferta dai signori Giulio Schrader e Teodoro Mommsen
nella selva dei Camaldoli presso Napoli, è molto a deplorarsi, perché commessa a danno di uomini di fama
europea, avrà dovunque un triste eco a pregiudizio della reputazione del Governo. Il sottoscritto ritiene che
nulla si lasci di intentato per scoprire il terzo degli aggressori rimasto ignoto e per conseguire l’arresto del
Varchetta, resosi latitante, essendo assai a desiderare che gli autori di questo reato siano prontamente
puniti, perché è questo l’unico mezzo di scemare la sfavorevole impressione che ha prodotto. Lo scrivente la
prega di raccomandare al signor questore una maggior sorveglianza nei dintorni di Napoli e particolarmente
nei luoghi frequentati da forestieri, nonché sulle persone sospette.” Il procuratore del re reggente la questura
accusa il colpo e replica che se i due signori ne avessero dato avviso al delegato del vomero, certamente li
avrebbe fatti accompagnare da qualche guardia e si sarebbero evitati inconvenienti; il fatto è indubbiamente
grave ma costituisce una semplice sventura, di cui nessuno incolpa il Governo. Inoltre ci tiene a sottolineare
che Mommsen, parlandone, si mostrava ilare e non biasimava in alcun modo l’amministrazione del paese;
quindi è Schrader ad aver subito la rapina ma anche la relazione assume come centro dell’interesse l’illustre
Mommsen. Il 28 maggio il caso è stato, ormai, chiuso: l’attività di polizia riesce ad assicurarsi il ricercato
Luigi Varchetta e, insieme a lui, viene arrestato un altro individuo, La Massa Pasquale. Ovviamente la
questione ha uno sbocco processuale. Il causa contro Luigi Varchetta e La Massa Pasquale fu discussa
dinanzi alla Corte d’Assise di Napoli il 18 aprile 1874. Il reato cade sotto l’imperio del codice penale sardo e
la “depredazione” costituisce una “grassazione” perché è stata accompagnata da f