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E’
titolare del diritto di garanzia si potrà soddisfare in via preferenziale sul bene oggetto del diritto.
necessario però, precisare che la categoria dei diritti reali è costituita da un numero chiuso: diversamente da
obbligatorio, quindi, l’autonomia dei soggetti è ristretta alla scelta tra i
qunato avviene di regola, nei rapporti
diritti tipici previsti nella legge. Ciò significa che, pure essendo possibili molte forme di rapporti personali in
ordine al godimento dei beni, non tutte costituiscono diritti reali: questi sorgeranno infatti, soltanto quando
sulla cosa si costituisce una delle poche figure tipicamente previste dalla legge e ad essa si ricorra. Ciò non
esclude tuttavia, che entro il tipo previsto dalle leggi ci sia spazio per un’autonomia: la situazione reale
ammette infatti, l’incidenza per il godimento del diritto, di un regolamento contrattuale.
In passato, e in particolare, prima del ricevimento della direttiva che disciplina specificatamente la
multiproprietà, vi erano infatti, diversi notai che ricevevano atti prevedenti la multiproprietà: alla stregua di
ciò, ci si è chiesti allora, se ciò fosse possibile o meno. Ebbene, in tal caso, precisa il Professore, la situazione
si può aderire incondizionatamente all’indirizzo finora
è alquanto problematica: da un lato, infatti, non
pacifico, teso a negare il ricevimento dell’atto, sul presupposto che gli stessi costituiscono un “numerus
clausus” e quindi, sul presupposto della loro tipicità, in quanto questo dato è contestabile; dall’altro lato,
però, non si può neanche aderire incondizionatamente all’indirizzo opposto, teso invece, ad ammettere la
rogabilità dell’atto, in quanto la lettura è tuttora, distante dall’addurre argomenti a sostegno di tale indirizzo.
La multiproprietà
Nel linguaggio corrente, il termine “multiproprietà” identificava sino a qualche tempo fa, quella figura
giuridica complessa, che consiste nel godimento turnario di un bene, da parte di più soggetti, secondo
prestabiliti periodi di tempo: si trattava quindi, di un negozio atipico, assai diffuso nella prassi ed in specie
nel campo dei beni immobili ad uso abitativo, detto anche contratto di “Time-sharing”, dall’inglese
“ripartizione nel tempo”. In questa prospettiva, si inserisce oggi, il D. Lgs. 427/1998, con il quale il
legislatore ha introdotto specifiche norme, dirette a disciplinare le modalità di predisposizione e conclusione
del contratto di multiproprietà concluso tra un professionista ed un acquirente: in particolare, tale disciplina è
oggi confluita negli artt. 69 - 81 del Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005). A tale definizione alquanto
generica contenuta nel suddetto provvedimento, il legislatore aggiunge poi, una precisazione di notevole
rilievo, consistente nell’art. 72 del Codice del Consumo, il quale stabilisce che il termine multiproprietà può
essere utilizzato “soltanto quando il diritto oggetto del contratto è un diritto reale”: in questo modo, quindi, la
nozione di multiproprietà viene ricondotta esclusivamente all’ambito dei diritti reali, di modo che non può
essere riferita alle diverse fattispecie, in cui oggetto del contratto sia invece, un diritto personale di
E’ necessario infine, precisare come di regola, la multiproprietà è immobiliare: in particolare,
godimento. di tale contratto, l’acquirente acquista il diritto ad usufruire dell'’immobile per un periodo
con la stipulazione
fisso, secondo regole stabilite dal contratto stesso, eventualmente colmate, ove necessario e ove non
contrastante, dall’applicazione analogica della normativa in materia di comunione e di condominio.
3) il caso del notaio che si trova a ricevere un negozio unilaterale atipico, cioè fuori dagli schemi previsti
dal legislatore, vigendo nel nostro ordinamento, il principio della tipicità dei negozi unilaterali.
Il negozio giuridico unilaterale
Il negozio giuridico è unilaterale, quando si tratta di dichiarazioni di volontà proveniente da una sola parte,
cioè da un unico centro di interessi: si pensi, ad esempio, all’accettazione di eredità. E’ necessario però,
precisare che il concetto di centro di interessi non si identifica con quello di persona, essendo infatti,
possibile riscontrare un centro di interessi formato da più persone: si pensi, ad esempio, che la disdetta è
sempre un negozio unilaterale, anche se proviene da due comproprietari. Alcuni negozi sono infine,
necessariamente unilaterali: si pensi, ad esempio, al testamento, il quale si perfeziona con la sola
manifestazione di volontà del testatore. In merito alla disciplina del negozio giuridico unilaterale, è invece,
necessario precisare che il Codice Civile non fa menzione della categoria, la quale comunque è generalmente
accettata in dottrina e la cui disciplina si fa risalire alle norme sui contratti: in particolare, rilevano in tal sede,
l’art. 1324 C.C, il quale sancisce che “Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si
osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale; e l’art. 1334
il quale sancisce che “Gli atti unilaterali
C.C., producono effetto dal momento che pervengono a conoscenza
alla quale sono destinati”.
della persona
Ebbene, la dottrina dominante ha escluso tale possibilità, in quanto nel nostro ordinamento vige il principio
dell’intangibilità delle sfere giuridiche individuali cioè il principio secondo il quale non è possibile intangere
le sfere giuridiche individuali, senza il consenso dell’altra parte, cioè attraverso un negozio che non sia
bilaterale). Diversamente, il Professore demolendo il vetusto dogma della tipicità sfere giuridiche individuali
e superando il principio dell’intangibilità delle sfere giuridiche individuali, ritiene che non ci si deve attenere
meramente formale dell’atto, dovendo invece, soffermarsi sulla sostanza del singolo atto atipico
al profilo
posto in essere: a suo giudizio cioè, le parti devono avere anche la possibilità di poter porre in essere negozi
unilaterali atipici, purché nel rispetto non del principio di intangibilità delle sfere giuridiche individuali, ma
di quello della protezione delle sfere giuridiche individuali. Secondo il Professore, vi possono quindi, essere
negozi unilaterali che sebbene siano atipici, comunque permettono la protezione della sfera giuridica altrui,
posto che esiste uno strumento di tutela dell’altra parte, che può comunque, rifiutare la stipula di tale atto: si
pensi, ad esempio, al negozio unilaterale di riconoscimento di diritti reali di indole generale, il quale sebbene
non previsto da una norma, può essere ricevuto dal notaio, previo controllo sostanziale di liceità (in tal caso,
infatti, il controllo di legalità viene meno, posto che l’atto nella sua forma, è atipico; tuttavia, nella sua
sostanza, esso non lede le posizioni giuridiche altrui e quindi, può essere rogato dal notaio) (nota 65).
pubblico destinato altresì a fronteggiare la non ancora piena
Il controllo di conformità all’ordine ad ammettere l’immediata e diretta operatività
disponibilità, da parte del pensiero giuridico contemporaneo,
delle norme costituzionali nei rapporti interprivati
Il Professore espone infine, la sua posizione circa il rapporto esistente tra il concetto di ordine pubblico e la
norma costituzionale, e quindi, la funzione del primo (prima è stato invece, analizzato il suo contenuto)
rispetto alla seconda: in particolare, enuncia i motivi, consistenti in una serie di svantaggi e di rischi, per i
all’epoca (quando il Professore scrive) la tesi dell’applicazione diretta delle norme
quali egli non condivide cioè senza la “mediazione” della norma contenuta nella
della Carta Costituzione nei rapporti interpersonali,
legge notarile.
In particolare, il Professore afferma che vi sono due diversi indirizzi dottrinali, di cui:
1) il primo fa coincidere gli istituti, consistenti nel caso di specie trattato dal Professore, nell’autonomia
negoziale o contrattuale, con i principi costituzionali, consistenti nel caso di specie trattato dal
41 Cost., sancente il principio della libertà di iniziativa economica privata,
Professore, nell’art. di modo
che l’art. 1321 C.C., che definisce appunto, il contratto, è espressione dell’art.
da ritenere 41 Cost:
“nulla quaestio”, in quanto
ebbene, in questa prospettiva, la norma costituzionale non viene mai relegata,
dovendo la stessa comunque trovare il suo referente sempre nella norma ordinaria;
2) il secondo ritiene invece, che non tutte le norme ordinarie sono espressione di un principio
costituzionale: ebbene, nel caso in cui prevalesse tale orientamento, la Carta Costituzionale non sarà mai
applicata, se non attraverso la sua applicazione diretta.
In questa prospettiva, interviene il Professore, il quale afferma che per sottrarsi a tale problematica, è
necessario utilizzare il concetto di ordine pubblico, il quale, indiscutibilmente richiamato dalla norma di
ordinario (quale l’art. l’art. 1343 C.C., ecc…),
livello 28 della Legge Notarile, permette di fare da tramite per
l’applicazione comunque della norma costituzionale (e ciò sottolinea il Professore, costituisce una ragione in
più per non cancellare l’ordine pubblico, sostituendolo con il concetto di ordinamento giuridico, posto che lo
stesso consente l’utilizzo dei principi informatori, soprattutto quelli costituzionali): egli definisce infatti,
l’ordine pubblico come un “elemento di raccordo” tra cioè l’atto
i rapporti interprivati, di autonomia
negoziale o contrattuale, e i principi informatori, soprattutto quelli costituzionali, cioè l’art. 41 Cost.
Qualora non si utilizzasse l’ordine pubblico come tramite della norma costituzionale, si correrebbe infatti, il
l’indirizzo dottrinario che
rischio, paventato dal Professore, consistente nel fatto che se fosse prevalso
negava la portata precettiva della norma costituzionale, facendo invece, prevalere quella descrittiva, cioè
l’indirizzo che era restio ad individuare nelle norme di livello ordinario dei riferimenti costituzionali, la
applicata, perché l’indirizzo prevalente all’epoca (quando il
norma costituzionale non sarebbe proprio stata
Professore scrive) era quello per cui la norma costituzionale non poteva essere applicata direttamente. Scrive
infatti, il Professore che chi ritiene di poter riallacciarsi in via esclusiva al precetto costituzionale,
prescindendo quindi, dal richia