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CCNL.

94 Quando si parla di litisconsorzio facoltativo si deve tener presente che l’art. 33 c.p.c.

prevede una deroga alle norme sulla competenza che non è stata modificata dall’entrata in

vigore dell’art. 40 c.p.c.

Esempio: un attore deve agire nei confronti di più convenuti perché le domande sono

connesse (es. il creditore vuole agire nei confronti dell’obbligato principale e del

fideiussore). Potrebbe accadere che in base alle regoli generali sulla competenza questi

soggetti dovessero essere convenuti davanti a giudici diversi.

Il legislatore vuole favorire il processo cumulativo (simultaneus processus) e quindi prevede

che “le domande contro più persone, che a norma dell’art. 18 e 19 c.p.c. dovrebbero essere

proposte davanti ai giudici diversi, possano essere proposte davanti al giudice del luogo di

domicilio o di residenza di una di esse quando vi è connessione per l’oggetto o per il titolo”.

È una deroga alle norme sulla competenza per territorio semplice.

Questa deroga non è giustificata nel caso di connessione impropria.

Il litisconsorzio quasi necessario (o litisconsorzio unitario) si ha nel caso dell’impugnazione

delle delibere assembleari (i soci assenti e dissenzienti possono impugnare le delibere

assembleari delle s.p.a.). Se queste sono proposte separatamente, le impugnazioni devono

essere necessariamente riunite, e una volta che sono cumulate non possono più essere

separate.

Nell’ipotesi di impugnazione della sentenza si tratta di un caso di cause inscindibili (tutti i

soggetti che erano parti nel processo di primo grado devono essere parte anche del

processo dì impugnazione). La sentenze è efficace anche nei confronti di coloro che non

hanno impugnato la delibera (è un ipotesi di sentenza che opera con efficacia ultra partes),

è una deroga ai limiti soggettivi della cosa giudicata.

In questa ipotesi ci si chiede se sia un litisconsorzio necessario o un litisconsorzio

facoltativo. Si deve propendere per quest’ultima soluzione poiché quello che conta è la

possibilità di scegliere se agire insieme o meno. Anche se si tratta di un litisconsorzio

facoltativo che è soggetto ad un regime speciale, resta questa possibilità di scelta che

caratterizza il litisconsorzio facoltativo.

Tutto questo vale anche per l’ipotesi di impugnazione delle delibere condominiali. 95

I ( . 105 . . .):

NTERVENTO VOLONTARIO DEL TERZO ART C P C

L’intervento principale prevede che un terzo possa intervenire in un processo pendente fra altre

persone per far valere un proprio diritto nei confronti di tutte le parti, quando tra le domande che

si propongono vi è connessione per l’oggetto o per il titolo.

Questo terzo fa valere un autonomo diritto che potrebbe essere proposto in un autonomo

processo che è incompatibile rispetto a tutte le parti. Pertanto l’intervento principale determina

sempre un cumulo oggettivo di cause, oltre che un cumulo soggettivo.

Esempi: Tizio agisce nei confronti di Caio per far accertare il suo diritto di proprietà su un fondo.

Interviene Sempronio affermando di essere lui il proprietario del fondo per averlo

usucapito (Sempronio potrebbe far valere il suo diritto anche in un autonomo processo).

Il diritto di Sempronio è incompatibile sia con la posizione di Tizio che con la posizione di

Caio.

Tizio da una somma a mutuo a Caio e poi muore, erede è Sempronio. Tizio però istituisce

un legato nei confronti di Mevio. Questi agisce nei confronti di Caio chiedendo la

restituzione della somma data a mutuo. Sempronio interviene nel processo affermando di

essere egli il titolare del diritto di credito poiché il legato è nullo.

L’intervento litisconsortile (o adesivo autonomo) è previsto dal primo comma dell’art. 105 c.p.c.

che afferma che “ciascuno può intervenire in un processo che riguarda altre persone per far valere,

nei confronti di alcune delle parti, un diritto connesso per l’oggetto o per il titolo a quello

controverso”.

Differenza fra intervento principale ed intervento litisconsortile:

 Nell’intervento principale si fa valere un diritto autonomo ed incompatibile con quello

controverso (quindi vi è un’incompatibilità con la posizione di tutte le parti);

 Nell’intervento litiscosortile l’interveniente fa valere un diritto autonomo ma compatibile

con la posizione di alcuna delle parti (il diritto viene fatto valere nei confronti soltanto di

alcuna delle parti). Vi è un ampliamento della materia del contendere, vi è un cumulo

oggettivo di cause oltre che un cumulo soggettivo (vi sono più domande pendenti su questioni

sostanziali).

Questo istituto trova applicazione nelle stesse ipotesi in cui può aversi un litisconsorzio

facoltativo. L’art. 105.1 c.p.c. non fa però riferimento all’ipotesi della dipendenza delle

domanda dalla risoluzione di identiche questioni, ciò nonostante si ritiene che un

intervento litisconsortile possa avvenire anche nelle ipotesi in cui potrebbe aver luogo

litisconsorzio facoltativo per connessione impropria (connessione per la dipendenza dalla

risoluzione di identiche questioni). Vi è una particolarità che consiste nel fatto che qui il

litisconsorzio non è originario, come il litisconsorzio facoltativo, ma è sopravvenuto.

Qui, la stessa situazione che si sarebbe potuta creare con l’intervento facoltativo, avviene

in seguito all’intervento volontario di un terzo. Questo determina il fatto che la domanda

può essere di segno invertito rispetto quella che l’attore avrebbe potuto proporre nel

litisconsorzio facoltativo.

Esempio: Tizio da una somma a mutuo a Caio che poi muore. Eredi pro quota di Caio sono

Sempronio e Mevio. Tizio decide di instaurare un litisconsorzio facoltativo, quindi agisce

con lo stesso atto di citazione nei confronti di Sempronio e di Mevio. Se invece decide di

agire solo contro Sempronio, Mevio potrebbe fare intervento litisconsortile chiedendo

l’accertamento negativo del diritto di credito di Tizio.

Mevio qui è titolare di un diritto che è connesso per il titolo con quello controverso.

96

L’intervento adesivo (o intervento adesivo dipendente) è previsto dal 2 comma dell’art. 105 c.p.c.

che afferma che il terzo “può altresì intervenire per far valere le ragioni di una delle parti, quando

vi ha un proprio interesse”.

Il concetto di “interesse” determina l’ambito di applicazione dell’istituto. È pacifico che l’interesse

debba essere giuridico, non può essere un interesse di mero fatto (es. interesse morale come il

desiderio di aiutare un amico). Bisogna distinguere:

 Sicuramente interesse giuridicamente rilevante si ha nel caso in cui la sentenza pronunciata

nel processo produrrebbe effetti nei confronti di un terzo:

 La regola generale prevede che la sentenza pronunciata in un processo non produce effetti

nei confronti di terzi (di chi non ha partecipato al processo). L’art. 2909 cc. disciplina la

cosa giudicata materiale e afferma che “L’accertamento, contenuto nella sentenza

passata in giudicato, fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e gli aventi causa”. Gli

eredi sono coloro che sono divenuti titolari del diritto controverso necessariamente dopo

il passaggio in giudicato della sentenza. Eredi ed aventi causa sono già soggetti terzi che

non hanno partecipato al processo, pertanto è già un’eccezione alla regola secondo cui la

sentenza non produce effetti nei confronti di terzi.

Le ipotesi di soggetti terzi, nei cui confronti si producono gli effetti della sentenza, sono

ipotesi eccezionali, e come tali non soggette ad estensione analogica.

Nel concetto di avente causa rientra colui che ha acquistato il diritto, e questo può

avvenire con atto inter vivos o mortis causa (nel caso di legato), ma anche coloro che

sono titolari di un diritto dipendente (es. di un diritto di usufrutto rispetto al diritto di

proprietà). Vi è stato chi in passato ha sostenuto che tutti gli aventi causa,

indipendentemente da quando fossero divenuti tali, subissero gli effetti della sentenza

(quindi erano aventi causa non solo quelli che erano divenuti tali dopo il passaggio in

giudicato, ma anche quelli divenuti tali prima del passaggio in giudicato o addirittura

prima del processo). In questo modo la cosa giudicata avrebbe operato nei confronti di

tutti gli aventi causa. La conseguenza era quella di ammettere all’intervento adesivo tutti i

titolari di rapporti dipendenti. Questa opinione poi è stata superata negli anni ’70 poiché

si è messo in rilievo il fatto che, siccome l’art. 24 Cost. garantisce il diritto di difesa,

estendere la cosa giudicata nei confronti di tutti gli aventi causa avrebbe violato tale

diritto dei terzi che non hanno partecipato al processo.

Ciononostante la giurisprudenza ammette il titolare del rapporto dipendente

all’intervento adesivo. Si tratta di un residuo della precedente opinione, che una volta era

giustificata dall’estensione generalizzata della cosa giudicata nei confronti dei terzi titolari

di rapporti dipendenti, mentre adesso non è più giustificata alla luce dell’art. 2909 cc. così

come interpretato alla luce della Costituzione;

 Vi sono dei casi in qui la cosa giudicata opera nei confronti di terzi, ed uno di questi è

costituito dall’art. 1595 cc. che al terzo comma prevede che “senza pregiudizio delle

ragioni del sub conduttore nei confronti del sublocatore, la nullità o la risoluzione del

contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del sub conduttore, e la sentenza

pronunciata tra conduttore e locatore opera anche contro il sub conduttore”. In questa

ipotesi la cosa giudicata materiale opera anche contro il sub conduttore. In questo caso il

terzo sicuramente ha un interesse giuridico a fare intervento adesivo.

“senza pregiudizio delle ragioni del sub conduttore” significa che il sub conduttore potrà

chiedere il risarcimento dei danni nei confronti del sub locatore.

Quindi ogniqualvolta vi è una norma che estende la cosa giudicata nei confronti di un

terzo, questo terzo è legittimato a fare intervento adesivo. 97

La teoria dei subcontratti afferma che la stessa disciplina prevista per la sub locazione

trova applicazione in tutte le ipotesi di sub contratto (es. sub mandato, sub comodato,

sub deposito etc.). Distingue, con riferimento ai titolari dei rapporti dipendenti, due

ipotesi:

Dipendenza permanente: si ha nelle ipotesi dei subcontratti. Tutte le vicende del

o rapporto principale si riflettono sul sub rapporto. La cosa giudicata che pronuncia sul

rapporto principale opera sempre rispetto al subcontratto (di dice che la dipendenza

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Publisher
A.A. 2013-2014
273 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher baldassarre20 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Giacomelli Marco.