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DIFFORMITÀ DEL PROVVEDIMENTO DAL PARADIGMA NORMATIVO:
NULLITÀ E ILLICEITÀ
Le conseguenze che l’ordinamento prevede con riferimento ai casi in cui il provvedimento sia difforme dal paradigma
normativo variano a seconda del tipo di norma non rispettata:
• è nullo il provvedimento emanato in violazione delle norme attributive del potere;
• è illecito nel caso di mancato rispetto di una norma attributiva del potere in concreto;
• va qualificato come annullabile ove invece esso sia difforme dalle norme di azione che disciplinano l’esercizio
del potere. invalidità,
La dottrina amministrativa riconduce nullità, illiceità e annullabilità nell’ambito della categoria delle consistente
nella difformità dell’atto dalla normativa che lo disciplina.
nullità
Il regime giuridico della è mutuato da quello codicistico: assenza di effetti, insanabilità, rilevabilità d’ufficio e in
qualunque tempo, possibilità di conversione dell’atto.
Le situazioni in cui nella realtà il problema del contrasto con una norma di relazione si pone con maggior frequenza
attengono a contesti differenti, in cui si versa nella situazione di carenza di potere in concreto: secondo la
giurisprudenza, il criterio di discriminazione tra la giurisdizione del giudice amministrativo e quella del giudice ordinario si
fonda sulla contrapposizione tra “cattivo esercizio del potere” e “carenza di potere”.
Il potere non esiste e l’effetto non si produce quando l’amministrazione agisce violando una norma attributiva del potere.
Per contro, la incisione di altrui situazioni soggettive è di norma da collegare all’esercizio di un potere che esiste. 85
Più in particolare, la mancanza di potere può presentarsi sia come carenza “in astratto”, sia come carenza di potere “in
concreto”. In tal caso, tuttavia, il potere non manca totalmente: sia pur ridotta, un’estrinsecazione del potere sussiste,
perché “in astratto” esso c’è, in quanto le norme attributive del potere sono state osservate e ciò basta perché il suo
esercizio mantenga quel tanto di autoritatività che gli consente di esplicare effetti giuridici. Infatti in questo caso non sono
rispettate norme ulteriori e aggiuntive, diverse dalle prime che, pur non attendendo alla esistenza del potere, pongono
limiti all’esercizio di esso a protezione dell’interesse del singolo e non sono pertanto riconducibili alle norme di azione (si
pensi al decreto di espropriazione conforme all’ordinamento emanato però dopo la scadenza del termine fissato ai sensi
illecito).
di legge nella dichiarazione di pubblica utilità: in questo caso il provvedimento è
Altra categoria di atti nulli è stata elaborata dal giudice amministrativo in ordine agli atti di assunzione dei pubblici
impiegati senza l’esperimento del concorso: la giurisprudenza ha posto l’accento sulla sussistenza di una norma
comminatoria della nullità di tali assunzioni.
SEGUE: L’ILLEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO
illegittimità
L’atto emanato nel rispetto delle norme attributive del potere ma in difformità di quelle di azione è affetto da
ed è sottoposto al regime dell’annullabilità. Esso produce effetti perché le norme che riconoscono la possibilità di
produrre effetti sono state rispettate; tuttavia questi effetti sono precari, nel senso che l’ordinamento prevede strumenti
giurisdizionali per eliminarli.
L’atto illegittimo è inoltre annullabile da parte della stessa amministrazione in via di autotutela, ovvero in sede di controllo
o di decisione di ricorsi amministrativi.
Il provvedimento illegittimo può essere convalidato.
L’illegittimità può essere di quattro tipi:
originaria:
1. l’illegittimità si determina con riferimento alla normativa in vigore al momento della perfezione
dell’atto;
sopravvenuta:
2. la normativa sopravvenuta successivamente all’emanazione del provvedimento in generale non
incide sulla validità dello stesso. Il mutato quadro normativo può aprire piuttosto la via all’adozione di
provvedimento di riesame;
derivata:
3. si determina quando l’annullamento di un atto che costituisce il presupposto di altro atto dà luogo ad
un caso di illegittimità. Quale esempio di tale situazione si può ricordare l’annullamento del piano regolatore
generale che inficia i successivi titoli abilitativi all’attività edilizia rilasciati sulla sua base, prima però
dell’annullamento del piano stesso;
parziale:
4. si riscontra allorché solo una parte del contenuto sia illegittimo, sicché soltanto essa sarà oggetto di
annullamento, salvo che eliminandola non sia più possibile configurare come tale l’atto amministrativo: la
restante parte resta in vigore, determinando comunque un cambiamento del contenuto originario dell’atto
(modificazione).
I VIZI DI LEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO
I vizi di legittimità degli atti amministrativi sono: l’incompetenza, la violazione di legge e l’eccesso di potere. L’analisi dei
vizi va condotta tenendo conto che essi conseguono alla violazione delle norme di azione e, cioè, delle disposizioni che
attengono alla modalità di esercizio di un potere.
incompetenza
Ciò precisato, si suole denominare il vizio che consegue alla violazione della norma di azione (leggi, ma
anche regolamenti o statuti) che definisce la competenza dell’organo e, cioè, il quantum di funzioni spettante all’organo
stesso.
Non dà pertanto luogo al vizio di incompetenza la violazione di una norma attinente all’elemento soggettivo ma che sia
norma di relazione: in tal caso si parla di incompetenza assoluta e l’atto sarà addirittura nullo per carenza di potere.
L’incompetenza può aversi per materia, per valore, per grado o per territorio. L’incompetenza per territorio ricorre
soltanto allorché un organo eserciti una competenza di un altro organo dello stesso ente che disponga però di diversa
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competenza territoriale (ad esempio: un prefetto invade la competenza di un altro prefetto), mentre ove si eserciti la
competenza spettante ad organo di altro ente territoriale, la conseguenza sarà la nullità dell’atto.
violazione di legge
Il vizio di sussiste allorché si violi una qualsiasi altra norma di azione generale e astratta (la
puntualizzazione è importante per distinguerlo dall’eccesso di potere che non attenga alla competenza).
Il vizio ricorre dunque in tutti i casi in cui sia violata una norma di azione, indipendentemente dal fatto che essa sia
contenuta nella legge in senso formale, ovvero in altra fonte: violazioni procedimentali, vizi di forma, carenza di
presupposti fissati dalla legge, violazione delle norme sulla formazione della volontà collegiale.
La violazione di legge può ricorrere sia nel caso di mancata applicazione della norma, sia nell’ipotesi di falsa
applicazione della stessa.
eccesso di potere
Il vizio di è il risvolto patologico della discrezionalità. Esso sussiste dunque quando la facoltà di
scelta spettante all’amministrazione non è correttamente esercitata.
L’eccesso di potere è predicabile soltanto con riferimento agli atti discrezionali. Non va però dimenticato che un
sindacato di congruità e di ragionevolezza delle valutazioni operate è compiuto dal giudice amministrativo anche con
riferimento alla discrezionalità c.d. tecnica nel senso di ritenere illegittima – e tale illegittimità si riverbera sull’atto finale –
la valutazione di un presupposto che sia manifestamente illogica.
Classica forma dell’eccesso di potere è lo sviamento, che ricorre allorché l’amministrazione persegua un fine differente
da quello per il quale il potere le è stato conferito.
La giurisprudenza ha poi elaborato una serie di figure, dette figure sintomatiche, le quali sono appunto il sintomo del non
corretto esercizio del potere in vista del suo fine: violazione della prassi; manifesta ingiustizia (sproporzione tra sanzione
e illecito); contraddittorietà tra più parti dello stesso atto (tra dispositivo e preambolo o motivazione) o tra più atti;
disparità di trattamento tra situazioni simili; travisamento dei fatti (si assume a presupposto dell’agire una situazione che
non sussiste in realtà); incompletezza e difetto dell’istruttoria; inosservanza dei limiti, dei parametri di riferimento e dei
criteri prefissati per lo svolgimento futuro dell’azione.
Un cenno particolare meritano i vizi di motivazione e la violazione delle circolari e delle norme interne.
motivazione
Ricorre eccesso di potere allorché la sia insufficiente (perché non considera alcune circostanze), incongrua
(in quanto dà peso indebito ad alcuni profili), contraddittoria, apodittica, dubbiosa (è tale quella che richiama fatti che si
assumono non certi), illogica e perplessa. In tali ipotesi si parla di difetto di motivazione.
Si noti però che l’assenza di motivazione oggi dà luogo al vizio di violazione di legge, atteso che la motivazione è
obbligatoria ex art. 3 l. 241/1990.
Costituiscono figure di eccesso di potere anche le violazioni di circolari, di ordini e di istruzioni di servizio e il mancato
rispetto della prassi amministrativa.
Al riguardo va innanzitutto chiarito che tali atti e fatti non pongono orme giuridiche: in caso contrario la loro violazione
darebbe luogo a violazione di legge.
La circolare è un atto non avente carattere normativo, mediante la quale l’amministrazione fornisce indicazioni in via
generale e astratta in ordine alle modalità con cui dovranno comportarsi in futuro i propri dipendenti ed uffici.
La prassi amministrativa è il comportamento costantemente tenuto da un’amministrazione nell’esercizio di un potere.
Non si tratta di una fonte del diritto: tale qualifica spetta alla consuetudine, la quale si differenzia dalla prassi perché è il
risultato del comportamento di una certa generalità di consociati e perché è caratterizzata dalla opinio iuris ac
necessitatis. L’inosservanza della prassi non dà dunque luogo a violazione di legge ma può essere sintomo, se non
sorretta da adeguata motivazione, di eccesso di potere.
Analogo discorso può essere condotto in relazione alle norme interne, nei limiti in cui esse esistano e siano autonome
rispetto a quelle poste da circolari: si tratta delle norme non operanti per l’ordinamento generale, non aventi la natura di
norme giuridiche e destin