Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 18
Riassunto esame Diritto, prof. Bonomo, libro consigliato L'alta velocità nell'amministrazione, Mastrangelo Pag. 1 Riassunto esame Diritto, prof. Bonomo, libro consigliato L'alta velocità nell'amministrazione, Mastrangelo Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto, prof. Bonomo, libro consigliato L'alta velocità nell'amministrazione, Mastrangelo Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto, prof. Bonomo, libro consigliato L'alta velocità nell'amministrazione, Mastrangelo Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 18.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Diritto, prof. Bonomo, libro consigliato L'alta velocità nell'amministrazione, Mastrangelo Pag. 16
1 su 18
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

AGLI INTERESSATI – ANNAMARIA BONOMO

È opinione comune che la legge 241/1990 abbia determinato il passaggio da un modello di

amministrazione autoritaria a quello di amministrazione partecipata e, tendenzialmente, paritaria.

Tale dicotomia si ripercuote anche sulla concezione del provvedimento amministrativo.

In Italia, il processo che ha segnato tale passaggio ha avuto uno sviluppo graduale e, dopo

vent’anni dalla legge, si continua a discutere del rapporto tra esigenze di trasparenza e

partecipazione e esigenze di non aggravamento e di accelerazione dell’attività amministrativa.

Occorre riflettere sull’avvio del procedimento, sui motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e sul

provvedimento finale limitativo della sfera giuridica dei privati.

La ratio alla base dei limiti stabiliti all’operatività di tali oneri comunicativi è legata alla necessità di

contemperare le esigenze partecipative con le esigenze di accelerazione e non aggravamento del

procedimento. L’onere di comunicazione d’avvio è regolato dagli articoli 7, 8 e 9 della legge 241 e

serve a informare determinati soggetti della pendenza del relativo procedimento. I destinatari di

tale comunicazione sono esclusivamente i destinatari del provvedimento finale, quelli che, per

legge, devono intervenire e i c.d. controinteressati, ossia i soggetti titolari di interessi legittimi

oppositivi che potrebbero essere investiti di rimbalzo dagli effetti tipici del provvedimento.

L’art. 8 specifica che anche per i procedimenti per istanza, la comunicazione va effettuata.

Secondo il legislatore della riforma, anche chi ha presentato l’istanza potrebbe essere non a

conoscenza della decisione dell’amministrazione e delle altre notizie desumibili dalla

comunicazione. La ratio dell’istituto è quella di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa e

di consentire all’amministrazione, attraverso un contradditorio anticipato, di adottare provvedimenti

rappresentanti le circostanze esistenti.

Tuttavia, esistono tre deroghe all’obbligo di comunicazione.

Innanzitutto, l’art. 7, comma 1 esonera dall’obbligo quando sussistano ragioni di impedimento

derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento. In questi casi, però, deve ricorrere

un’urgenza qualificata tale da non consentire che ne risulti compromesso il soddisfacimento

dell’interesse pubblico. Inoltre, occorre dare specifica motivazione in relazione alle esigenze di

celerità.

In secondo luogo, vi è una deroga all’obbligo di comunicazione nel caso dei procedimenti previsti

dall’art. 13, per i quali è esclusa la partecipazione. Si tratta sia dei procedimenti c.d. di rule –

making, volti all’emanazione di atti normativi, amministrativi e generali, di pianificazione e

programmazione che, nel nostro sistema, sono preclusi alla partecipazione dei cittadini, poiché il

numero di soggetti coinvolti intralcerebbe l’azione amministrativa, sia dei procedimenti tributari.

Infine, l’art. 21 – octies prevede due ulteriori ipotesi di deroga. Nel primo caso, dei provvedimenti di

natura vincolata, è legittima la mancata osservanza dell’obbligo comunicativo, trattandosi di vizio

rientrante tra quelli di forma o di procedura che non consentono l’annullamento del provvedimento

finale. Nella seconda ipotesi, si ammette l’omissione della comunicazione di avvio anche per i

provvedimenti discrezionali, quando l’amministrazione sia in grado di dimostrare in giudizio che il

loro contenuto non avrebbe potuto essere diverso.

Il legislatore prevede la deroga anche per i provvedimenti che comportino scelte di natura

discrezionale, addossando sull’amministrazione l’onere di dimostrare in giudizio che il loro

contenuto non sarebbe cambiato anche in seguito alla partecipazione dell’interessato.

L’art. 10 – bis, introdotto nel 2005, prevede un ulteriore obbligo di comunicazione a carico

dell’amministrazione procedente. Quando, nei procedimenti a istanza di parte, l’istruttoria conduca

a una decisione negativa, l’amministrazione è tenuta a informare preventivamente l’istante,

concedendogli 10 giorni per presentare osservazioni al fine di contestare l’orientamento

dell’amministrazione. I termini per concludere il procedimento sono interrotti dal momento della

comunicazione e iniziano a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in

mancanza, dopo 10 giorni.

Tale disposizione offre il c.d. preavviso di rigetto, finalizzato alla collaborazione tra i cittadini e la

p.a. per la cura comune dell’interesse pubblico. Con questa comunicazione si consente

all’interessato di farsi un’idea del contenuto concreto della decisione finale, permettendogli di

indurre l’amministrazione a rivedere le sue posizioni. La ratio di tale norma è duplice. Infatti, da un

lato, costituisce un’ulteriore manifestazione del principio di trasparenza e, dall’altro, si assicura un

certo effetto deflativo del contenzioso verso la p.a.

Questa disposizione è stata più volte criticata, perché il preavviso di rigetto costituirebbe un

ulteriore onere a carico dell’amministrazione.

Per quanto riguarda i limiti, il legislatore ha previsto tre diverse deroghe all’obbligo di preavviso del

provvedimento sfavorevole.

Un primo ordine di limiti riguarda l’ambito oggettivo e soggettivo. Infatti, il preavviso è limitato ai

procedimenti avviati su istanza di parte, mentre quanto all’ambito soggettivo dall’interpretazione

letterale della norma, esso risulta circoscritto a favore dei soli istanti e non ai controinteressati,

probabilmente per non appesantire tutti i procedimenti.

Un secondo limite è quello delle procedure concorsuali, al fine di garantire la celerità dei

procedimenti.

Il terzo limite, infine, riguarda i procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito

di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. Tale limite è posto per proteggere gli enti

previdenziali dal gran numero possibile di partecipanti.

Oggi, con la legge 241 – bis il legislatore ha stabilito che tutti gli atti con portata limitativa della

sfera giuridica dei privati acquistino efficacia nei confronti di ciascun destinatario solo dopo che

abbiano raggiunto la disponibilità conoscitiva dello stesso. Si tratta di una condizione che non

incide sulla perfezione e esistenza del provvedimento, attenendo solo alla fase procedimentale che

ne integra l’efficacia. Con l’art. 2 – bis è stato codificato l’obbligo di comunicazione del

provvedimento finale sfavorevole. Con riferimento a tale onere comunicativo, il legislatore prevede

due deroghe. Infatti, escluso gli atti sanzionatori, gli altri provvedimenti possono contenere una

motivata clausola di immediata efficacia che escluda la recettizietà. Inoltre, è prevista la deroga nel

caso in cui l’amministrazione dichiara un provvedimento immediatamente efficace, poiché ha

carattere cautelare e urgente.

Riflettendo sugli aspetti consolidati della riforma del 2005, si può affermare che:

• La comunicazione di avvio del procedimento ha subito una dequotazione a favore di una

concezione più sostanzialistica che prevedeva la legittimità del provvedimento finale, anche

in presenza di vizi formali o procedurali, quando il contenuto non poteva essere diverso. I

giudici amministrativi hanno, però, sottolineato che le limitazioni alla comunicazione di

avvio vadano intese in modo rigoroso e restrittivo;

• Il contraddittorio procedimentale non può essere escluso in maniera automatica, ma

l’amministrazione dovrà provare che l’esito non sarebbe cambiato se il privato avesse

partecipato;

• Per l’obbligo di comunicazione del provvedimento sfavorevole si sottolinea l’essenzialità

della conoscenza di tale comunicazione e deve avere un carattere formale.

IL SILENZIO ASSENSO – MARIA MARINARO

Il silenzio della p.a. è un non – atto, inespressivo di alcuna volontà, che viola il dovere di

provvedere e, quindi, i principi di efficienza e efficacia, compromettendo il buon andamento dell’art.

97 Cost.

Per altro verso, il silenzio coinvolge il sistema di garanzie e di tutela dei cittadini nei confronti dei

poteri pubblici, dal momento che i primi vedono disattesi senza motivo i loro interessi e

permangono in una situazione di incertezza.

Il problema è quello di tutelare il soggetto che aspiri a ottenere un provvedimento amministrativo e

dato che nel nostro ordinamento non c’è una norma generale che disciplini il silenzio, è stata

sempre più sentita la necessità di predisporre meccanismi per il suo superamento, dal momento

che campi sempre più estesi dell’economia e imprenditoriali sono stati sottoposti al controllo dei

poteri pubblici.

Ciò indusse, ben presto, la dottrina e la giurisprudenza a costituire gli istituti del:

• Silenzio rigetto;

• Ricorso gerarchico;

• Silenzio rifiuto di provvedere.

La costituzione del silenzio rigetto fu elaborata dal Consiglio di Stato nei primi anni del Novecento

e consentì al privato di ottenere la tutela giurisdizionale anche quando, proposto un ricorso

gerarchico, l’amministrazione non si pronunciasse in via definitiva.

Solamente con l’art. 5 del r.d. 383/1934 (Testo Unico Comuni e Province), l’istituto fu

espressamente disciplinato. Il ricorso gerarchico, trascorsi almeno 120 giorni dalla sua

presentazione e 60 dalla notifica di una diffida senza che l’amministrazione si fosse pronunciata, si

intendeva rigettato a tutti gli effetti e il ricorrente avrebbe potuto impugnare il silenzio rigetto in

sede giurisdizionale.

Il sistema è stato abrogato dall’art. 20 della legge 1034/1971 che ammise l’impugnabilità anche dei

provvedimenti non definitivi, consentendo di ricorrere al Tar attraverso lo stesso provvedimento

vanamente impugnato in via gerarchica e senza alcuna diffida.

Fino a epoca recente mancavano norme che prevedessero espressamente rimedi per l’inerzia

dell’amministrazione a fronte di un’istanza volta a ottenere il rilascio di un provvedimento

favorevole. Anche in tal caso, la giurisprudenza aveva aperto la strada al ricorso giurisdizionale,

istituendo il silenzio rifiuto.

In via analogica, si applicò prima l’art. 5 del r.d. 383/1934 e, una volta abrogato, l’art. 25 del Testo

Unico 3/1957, che per imputare la responsabilità dell’inerzia agli impiegati civili, prevedeva termini

minimi dimezzati (60 e 30 giorni) e esigeva la previa diffida.

Dagli anni ’60, la giurisprudenza abbandonò la concezione che equiparava il silenzio non

qualificato al rifiuto di provvedere e ammise il ricorso non impu

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
18 pagine
1 download
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarkM91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Bonomo Annamaria.