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Sentenza di non luogo a procedere per "irrilevanza del fatto"
L'art 27 d.P.R 448/1988 tratta di sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto o l'occasionalità del comportamento, il PM può chiedere al giudice una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, quando l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne.
Sulla richiesta, il giudice provvede in camera di consiglio, sentendo il minorenne, l'esercente la potestà dei genitori e la persona offesa dal reato. Se non accoglie la richiesta, il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero.
Contro la sentenza possono proporre appello il minorenne e il procuratore generale presso la corte di appello. La corte di appello decide con le forme previste dall'art. 127 cpp e, se non conferma la sentenza, dispone la restituzione degli atti.
degli atti al pubblico ministero. Nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, se ricorrono le condizioni previste dal comma 1 art. 27 d.P.R 448/1988.
Appunti di Gianluca Pichierri - Diritto Processuale Penale Minorile
I presenti appunti non sostituiscono il libro di testo, possono solo agevolarne la ripetizione.
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previste dal comma 1 art. 27 d.P.R 448/1988.
MESSA ALLA PROVA (art. 29 d.P.R 448/1988)
L'istituto della messa alla prova introdotto dal DPR 448/88 e disciplinato anche dalle norme di attuazione regolate dal Decreto Legislativo 272/89.
L'innovazione fondamentale consiste nell'assicurare un serio trattamento al minore deviante e, nel contempo, incentivarne il recupero attraverso la prospettiva di evitare una condanna.
L'istituto in questione s'inserisce, dunque, nell'alveo del sistema diversificato di giustizia penale minorile ove, accanto a tutte le garanzie del
processo ordinario, si tende, per quanto possibile, a limitare gli effetti dannosi che il contatto con la giustizia può provocare. Vi sono infatti numerosi casi in cui un'immediata rinuncia alla pretesa punitiva in presenza di gravi elementi di pericolosità connessi con profonde deviazioni del processo di socializzazione del minore, sarebbe del tutto inopportuna, mentre ugualmente intempestiva sarebbe una condanna in presenza di valide possibilità di evoluzione positiva dell'itinerario maturativo del minore, ove adeguatamente sorretto. L'art. 28 del d.P.R 448/1988 prevede che "Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova". La sospensione del processo è applicabile a tutti i soggetti, siano o no minori al momento del giudizio, che abbiano commesso un reato quando erano minorenni. Non esiste alcunlimite all'applicazione dell'istituto in questione in relazione alla tipologia del reato commesso: esso è infatti applicabile sia alla contravvenzione che al delitto astrattamente punibile con il massimo della pena.
La sospensione, come prescritto dall'art. 28 del d.P.R 448/1988, è applicata dal giudice con ordinanza emessa o in udienza preliminare o in quella dibattimentale, mai nella fase delle indagini preliminari. Il giudice deve sentire le parti, ovviamente, in ordine proprio all'opportunità di sottoporre a prova il minore e sulla connotazione del progetto di recupero: non si tratta di una udizione generica ma di un coinvolgimento specifico sulle opportunità e sulle modalità del trattamento.
A tal fine, primaria importanza assume il ruolo dei servizi minorili, che forniscono i dati sulla personalità del ragazzo, sulla sua situazione socio-familiare e sulle esigenze educative da tutelare, guidando, sollecitando ed indirizzando le
decisioni del giudice. Il legislatore ha infatti voluto che la risposta al fatto-reato commesso dall'adolescente fosse propria del sociale. Di qui un costante rapportarsi tra giudice e servizi.
Ai sensi dell'art. 27 D.lgs 272/1989 "il giudice provvede a norma dell'art. 28 d.P.R 448/1988, sulla base di un progetto di intervento elaborato dai servizi".
Tale progetto di intervento, caratterizzato da adeguatezza, praticabilità, flessibilità e realizzabilità, racchiude tutte le attività di trattamento e di sostegno del minore, delineate sulla base dell'analisi della personalità del minore stesso, delle sue potenzialità da valorizzare e delle risorse familiari e ambientali di cui ci si può avvalere. Il progetto dovrà specificare le modalità di coinvolgimento del minore, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita; dovrà, altresì, specificare gli impegni che incomberanno sul minore.
nonché le prescrizioni positive o negative che lo stesso dovrà rispettare. Non esiste un progetto-standard, applicabile indifferenziatamente a tutti: è per questo motivo che le prescrizioni devono essere stabilite in maniera da risultare adatte alle diverse personalità ed ai diversi momenti evolutivi dei singoli minori. Gli impegni previsti devono essere costruiti su misura del ragazzo imputato e devono essere strumentali alla verifica di una personalità in cambiamento. Il giudice cerca quindi di non discostarsi troppo dalla vita abituale dell'adolescente, disponendo integrazioni tendenti al suo recupero.
Si rileva, altresì, che il giudice, ai sensi dell'art. 28 comma 2 del d.P.R 448/1988, può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a
promuovere la conciliazione del minore con la persona offesa dal reato. Spesso, però, il tentativo di riconciliazione con la vittima incontra vari ostacoli: oltre alle difficoltà collegate al tipo di reato, talora è la vittima stessa che non si mostra disponibile a perdonare. In tali casi, allora, la riconciliazione avviene solo formalmente, è legata, cioè, esclusivamente all'attività svolta dagli avvocati, e dipende, in sostanza, da un fatto puramente economico. Naturalmente in questo caso essa non ha alcun significato educativo per il minore. La durata della prova, di norma commisurata alla gravità del reato commesso, alle esigenze del ragazzo e al modo in cui egli e la sua famiglia vivono il fatto penale, viene stabilita volta per volta dai giudici, tenendo conto anche della relazione dei servizi minorili. Durante tutto il corso della messa alla prova è, altresì, opportuno che colui che è preposto allavigilanzaabbia periodiche riunioni con il minore al fine di valutare con lui i progressi o gli eventuali regressi che si stanno compiendo, nonché le difficoltà di vita che il minore continua ad avere e a dover affrontare. Ulteriore espressione della adeguatezza e della flessibilità del progetto è la possibilità di un prolungamento del periodo di prova al di là di quello inizialmente previsto: oggetto della decisione del giudice è la valutazione della personalità del minorenne all'esito della prova e può accadere che tale valutazione richieda un periodo di ulteriore di osservazione rispetto a quello inizialmente stabilito. La misura in questione può essere anche oggetto di revoca nel caso di "ripetute e gravi trasgressioni delle prescrizioni imposte". È pertanto necessario, per la revoca, un evidente rifiuto del ragazzo, protratto nel tempo, ad impegnarsi nel progetto di recupero. È significativo cheil giudice, all'udienza preliminare, effettuerà la revoca della sospensione condizionale della pena.Il rinvio a giudizio o applicherà la sanzione sostitutiva o concederà il perdono, mentre il giudice del dibattimento applicherà i provvedimenti che gli sono propri.
LE IMPUGNAZIONI
Al minore è riconosciuta la più ampia capacità processuale di proporre impugnazioni. La stessa facoltà spetta all'esercente la potestà genitoriale, pur non avendo quest'ultimo diritto alla notificazione del provvedimento da impugnare emanato nei confronti del minore.
L'art. 34 del d.P.R 448/1988 stabilisce, però, che, nel caso in cui sia il minore sia l'esercente la potestà abbiano impugnato la sentenza e tra i due atti di impugnazione vi sia contraddizione, debba prevalere quella proposta dall'imputato minorenne.
In linea generale, in ragione del richiamo operato dall'art. 1 del codice di rito minorile alle norme Appunti di Gianluca Pichierri - Diritto Processuale Penale Minorile I presenti appunti non
Sostituiscono il libro di testo, possono solo agevolarne la ripetizione. 14 del codice di procedura penale, le sentenze possono essere impugnate con gli stessi mezzi di gravame previsti per il processo penale nei confronti degli adulti, con la sola eccezione dell'opposizione, mezzo di impugnazione, questo, previsto solo ed esclusivamente per i minorenni.
L'art. 32, ai commi 3 e 3bis, d.P.R 448/1988 stabilisce espressamente che, contro la sentenza di condanna a pena pecuniaria o sanzione sostitutiva e, in seguito alla dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 32, comma 2, d.P.R 448/1988 (sentenza n. 11 marzo 1993 n. 77) avverso la sentenza di non luogo a procedere con le quali si è presupposta la responsabilità del minorenne - e, pertanto, nel caso di perdono giudiziale o sentenza di non luogo a provvedere per difetto di imputabilità ai sensi dell'art. 98 c.p. - "l'imputato e il difensore munito di procura speciale"
giorno in cui è venuto a conoscenza della sentenza. La proposta di opposizione deve contenere le ragioni per cui si contesta la sentenza e deve essere firmata dall'imputato o dal suo difensore.