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DIRITTO DI OTTENERE LA PROVA RICHIESTA

Il giudice dopo una valutazione in diritto, dovrà escludere le prove espressamente vietate dalla legge in base all'oggetto o al soggetto della prova; per altro verso lo stesso giudice dovrà escludere le prove che risultano in concreto superflue o irrilevanti. La ricerca della verità è agevolata dal contraddittorio, non perché esso garantisca la genuinità della prova, ma perché è il miglior mezzo per verificarla, per scoprire se difetti. Nell'ambito del procedimento penale vi è un altro procedimento definito probatorio che attiene alle dinamiche della prova. Questo procedimento consta di 4 fasi:

1. RICERCA DELLE FONTI DI PROVA: spetta alle parti e sul magistrato del PM grava l'onere di provare la responsabilità penale del soggetto indagato; ma anche all'accusato è data facoltà di ricercare tutti gli elementi per convincere il giudice della sua.

innocenza.

AMMISSIONE DELLA PROVA: è effettuata su istanza delle parti, dal giudice con ordinanza emessa senza ritardo, il quale deve valutare che la prova attenga a dimostrare i fatti e non sia vietata per legge (legge solo in senso processuale).

ASSUNZIONE: è la fase in cui dalla fonte si perviene alla prova ed avviene con l'esame incrociato. Le parti hanno il compito di rivolgere domande al dichiarante sia esso un testimone o coimputato, un perito, secondo l'ordine stabilito dall'art. 498 cpp.

VALUTAZIONE DELL'ELEMENTO PROVA: è una fase gestita dal giudice il quale dovrà valutare la credibilità delle fonti e successivamente la credibilità della narrazione del dichiarante. Nel valutare gli elementi di prova il giudice dovrà avvalersi dello strumento del LIBERO CONVINCIMENTO ex art.192 il quale stabilisce che il giudice deve dar conto dei risultati acquisiti e dei criteri adottati nel valutare gli elementi di prova.

La motivazione è il luogo di sintesi del lavoro del giudice. Le parti possono sottoporre a controllo il ragionamento probatorio del giudice, contenuto nella sentenza, impugnando la sentenza; sarà il giudice dell'impugnazione a valutare la bontà del ragionamento probatorio del giudice e se lo riterrà errato riformerà o annullerà la sentenza, altrimenti conformerà la sentenza stessa. Il mezzo di prova è lo strumento processuale che consente di ottenere l'elemento di prova da utilizzare successivamente nella fase decisionale. Il legislatore disciplina sette mezzi di prova: testimonianza, esame delle parti, confronti, ricognizioni, esperimenti giudiziali, perizia, la prova documentale. I mezzi di prova "tipici" perché disciplinati dal legislatore, sono considerati gli strumenti più idonei per l'accertamento dei fatti oggetto del procedimento penale. Il nostro sistema processuale non prevede la

Tassatività dei mezzi di prova, pertanto accanto a quelli già disciplinati dal legislatore, vi possono essere dei mezzi di prova "atipici" non disciplinati dalla legge, ma comunque in grado di fornire il proprio apporto conoscitivo al processo penale. In base all'articolo 189 c.p.p., la prova non disciplinata dalla legge può essere ammessa se idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. La prova atipica è quella che mira ad ottenere un risultato probatorio diverso da quelli previsti dal legislatore, inoltre la prova atipica che, sebbene miri ad ottenere un risultato identico a quello che si avrebbe con un mezzo di prova disciplinato dal codice di rito, utilizza modalità di assunzione differenti rispetto a queste. Un esempio è dato dal riconoscimento dell'imputato presente in aula effettuato dal testimone, quando, in realtà, l'individuazione personale di un

soggetto dovrebbe essere effettuata con i criteri della ricognizione personale che è un mezzo di prova tipico. La testimonianza è il mezzo di prova con il quale una persona, diversa dalle parti coinvolte nella vicenda processuale, apporta il proprio contributo conoscitivo in relazione ai fatti che costituiscono oggetto di prova. Emerge con chiarezza come il legislatore abbia voluto tenere ben distinta la testimonianza rispetto all'esame delle parti con conseguente differenziazione della disciplina delle deposizioni nell'ambito del procedimento penale. Infatti, l'articolo 197 c.p.p. dispone che non possono essere assunti come testimoni il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Unica eccezione è costituita dalla parte civile che, identificandosi nella maggior parte dei casi con la persona offesa dal reato, ha portato un contributo conoscitivo rilevante per il processo di cui non si può fare a meno benché sia.

La differenza tra testimonianza ed esame delle parti coinvolge aspetti sia di diritto processuale penale sia di diritto sostanziale. Il testimone ha l'obbligo di presentarsi al giudice, di attenersi alle prescrizioni date dal medesimo per le esigenze processuali e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte. Viceversa, le parti private possono essere ascoltate nell'ambito del processo penale con uno strumento diverso dalla testimonianza, vale a dire l'esame delle parti; queste non hanno l'obbligo di presentarsi per deporre, né quello di rispondere, né tanto meno l'obbligo di dire la verità qualora decidessero di rispondere. La qualità di testimone può essere assunta dalla persona che è a conoscenza dei fatti oggetto di prova; la testimonianza verte, cioè, sulla responsabilità dell'imputato e sui fatti utili a valutare la credibilità della fonte di prova.

e testimonianza è un elemento fondamentale nel processo penale. La testimonianza di un individuo può essere determinante per stabilire la verità dei fatti e l'affidabilità della deposizione. L'ufficio di testimone non può essere assunto da chi si trova in una situazione che rientra tra le cause di incompatibilità a testimoniare. Questo significa che una persona diventa testimone solo quando, su richiesta di una delle parti coinvolte, viene chiamata a deporre davanti al giudice durante il processo penale. La deposizione avviene durante l'esame incrociato, in cui le domande sono poste direttamente dal magistrato del pubblico ministero o dall'avvocato difensore che ha richiesto l'esame del testimone. L'articolo 195 del codice di procedura penale introduce il concetto di "testimone indiretto" in contrapposizione alla testimonianza diretta. La distinzione nasce dal presupposto che il testimone diretto può deporre sulla base di fatti che ha personalmente percepito, senza alcuna mediazione. Il testimone indiretto, invece, depone su circostanze che ha appreso tramite la rappresentazione fatta da altri soggetti. Il rapporto tra fatto e testimonianza è quindi un elemento cruciale nel processo penale.

oggetto di prova e testimonianza indiretta è quindi mediato dalla presenza di una terza persona che ha conoscenza diretta del fatto. Di qui, la necessità di prevedere una disciplina specifica per la testimonianza indiretta che consente di valutare l'attendibilità sia del testimone diretto e del testimone indiretto. Occorre, innanzitutto, che il testimone de relato (testimone indiretto) sia in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame. La mancata indicazione della fonte diretta costituisce causa di inutilizzabilità della testimonianza indiretta. Se il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice dispone che queste siano chiamate a deporre. L'inosservanza di queste disposizioni rende inutilizzabili le dichiarazioni del testimone indiretto, salvo che l'esame della persona che ha conoscenza diretta del fatto che risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità.

Il codice di rito pone espressamente un divieto di testimonianza sulle dichiarazioni rese dal testimone. Si tratta di un divieto di natura oggettiva, in quanto si riferisce a chiunque riceve le dichiarazioni, sia esso un agente di polizia giudiziaria o un testimone. In sostanza, si vuole evitare che per il tramite della testimonianza indiretta, venga violato il diritto al silenzio che costituisce imprescindibile prerogativa dell'imputato nel nostro ordinamento. In via generale, ogni persona ha la capacità di testimoniare. Tale regola permette anche agli infermi e ai minori di assumere l'ufficio di testimone. È chiaro che l'attendibilità delle dichiarazioni, al momento di essere valutata dal giudice, dovrà subire un vaglio ancora più penetrante in considerazione delle caratteristiche soggettive di chi ha reso la deposizione. Tra l'altro il giudice, qualora sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza,può anched'ufficio ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge. Il generale obbligo di rendere testimonianza subisce delle eccezioni in ragione della posizione soggettiva del deponente. Non possono essere assunti, infatti, come testimoni: - i coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso - il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria - coloro che hanno svolto il ruolo di Giudici o PM - il Difensore che abbia svolto attività investigativa I prossimi congiunti dell'imputato non sono obbligati a deporre. Se il prossimo congiunto, ricevuto l'avvertimento circa la possibilità di non rispondere, decidesse di non astenersi diverrebbe un testimone vero e proprio con il conseguente obbligo di rispondere e dire la verità; tuttavia se i congiunti sono gli autori della denuncia, querela o istanza, ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato, nonvale la facoltà di astenersi e devono deporre. Il giudice, in presenza di un prossimo congiunto, avverte della facoltà di astenersi chiedendo se intende avvalersene. L'omissione di tale avvertimento è punita con la sanzione della nullità relativa. Il codice di rito prevede che alcune categorie professionali legislativamente riconosciute hanno la facoltà di non rispondere a determinate domande quando la risposta comporta la violazione del segreto professionale. Si devono ritenere coperte dal segreto tutte quelle notizie conosciute per ragione del proprio ministero, ufficio o professione e che non devono essere portate a conoscenza di altri. I professionisti che dispongono della facoltà di apporre il segreto in sede di testimonianza sono: i ministri di confessioni religiose, gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai, e tutti gli altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di.

astenersi dal deporre, determinata dal segreto professionale.

Il codice, inoltre, prevede la possibilità di opporre il segreto d'ufficio e il segreto

Dettagli
Publisher
A.A. 2005-2006
43 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Garofoli Vincenzo.