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CONCILIAZIONE IN SEDE AMMINISTRATIVA
Avviene presso la Direzione provinciale del lavoro ma oggi si chiama Ispettorato territoriale del lavoro. L’ispettorato
territoriale del lavoro è un organo periferico del Ministero del lavoro.
Tale conciliazione è disciplinata dall’art. 410 cpc: Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti
previsti dall’articolo 409 può promuovere (facoltatività – dal 2010) , anche tramite l’associazione sindacale alla quale
aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la Commissione di conciliazione individuata
secondo i criteri di cui all’art. 413.
Presso l’Ispettorato territoriale del lavoro è istituita in modo permanente una commissione di conciliazione che
definisce le controversie che ai sensi dell’art. 410 vengono portate in via preventiva rispetto alla domanda giudiziale. La
competenza della commissione di conciliazione viene individuata sulla base degli stessi criteri attraverso cui si
individua il giudice del lavoro competente (rinvio all’art. 413: individua la competenza territoriale del giudice del
lavoro).
Per quanto riguarda la modalità di svolgimento della conciliazione in sede amministrativa, il legislatore si ispira alla
fase contenziosa/processuale; molti elementi, infatti, richiamano l’introduzione del giudizio.
La comunicazione della richiesta di espletamento (si tratta di una vera e propria domanda) del tentativo di conciliazione
interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla
sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
Art. 2943: la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di
cognizione ovvero conservativo o esecutivo. Tale articolo disciplina l’effetto di natura sostanziale che è l’interruzione
della prescrizione mediante l’atto con il quale si inizia un giudizio. L’art. 410 ci dice che anche la domanda con il quale
si vuole tentare la conciliazione condivide, con il ricorso, questo effetto sostanziale.
Quindi non solo c’è un effetto interruttivo istantaneo della prescrizione, ma c’è anche la sospensione di ogni termine
decadenziale per la durata del tentativo e per i venti giorni successivi. È un effetto benefico per chi si adopera verso
questo procedimento di risoluzione alternativo della controversia, perché ottiene gli stessi effetti che si ha quando si
notifica o si deposita un ricorso ex art. 414.
Poi la norma disciplina la commissione di conciliazione. La commissione è composta da: 1 presidente, 4 rappresentanti
effettivi e 4 supplenti rispettivamente di datore e lavoratore. È una commissione che non opera a nove, ma opera a tre: si
divide in tante sub-commissioni. La commissione di conciliazione è composta, quindi, da un soggetto che fa la parte del
presidente e un rappresentante dei datori di lavoro e uno dei lavoratori. Viene garantita una rappresentanza paritetica.
L’importante è che siano rappresentati i lavoratori così come i datori di lavoro.
Si formula una vera e propria domanda: La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, è
consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di
conciliazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno a cura della stessa parte
istante alla controparte.
La forma è pressoché libera: è una domanda da spedire con raccomandata ar alla commissione e alla controparte. La
domanda deve avere il contenuto di un ricorso: individuazione soggettiva delle parti in contesa, luogo dove è sorto il
rapporto ovvero dove si trova l’azienda o sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli
prestava la sua opera al momento della fine del rapporto; luogo dove devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla
procedura; esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.
Nella domanda l’istante fornisce alla commissione tutti gli elementi che dovrebbe fornire anche al giudice. Se il
tentativo di conciliazione ha esito negativo è chiaro che se c’è la volontà si passerà poi al giudice; se il tentativo di
conciliazione ha esito positivo
Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la commissione di conciliazione
entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni di fatto e
in diritto nonché le eventuali domande in via riconvenzionale. Ci si muove come se ci fosse un giudizio pendente.
Ove ciò non avvenga (non c’è adesione alla conciliazione), ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria.
Entro i dieci giorni successivi al deposito, la commissione può fissa la comparizione delle parti per il tentativo di
conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni. Dianzi alla commissione il lavoratore può farsi
assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato.
Il lavoratore può farsi assistere da un avvocato o consulente del lavoro o andare da solo (perché comunque i suoi diritti
sono garantiti essendoci nella commissione un rappresentante dei lavoratori e stesso discorso vale per il datore di
lavoro).
Si tratta di una procedura molto semplice anche se non deformalizzata, perché presso l’Ispettorato territoriale del lavoro
vi è un ufficio addetto alla ricezione della domanda che organizza l’attività di gestione del contenzioso. Non è detto che
le parti trovino presso la commissione di conciliazione un accordo.
Molto spesso vi è una diffidenza da parte dell’istante: piuttosto si preferisce andare davanti al giudice.
Nel caso della conciliazione la procedura è gratuita e l’istante sopporta solo il peso di due raccomandate; il costo
relativo all’introduzione di un giudizio, invece, è molto alto. Nella conciliazione, si prevedono i termini entro i quali la
procedura deve essere finita; una volta depositato il ricorso, invece, ci si affida ai tempi della giustizia che non sono
tempi prevedibili.
Si è tornati a una situazione di facoltatività perché ci si è resi conto che non funzionava il meccanismo conciliativo e
quindi l’obbligatorietà rappresentava una perdita di tempo.
Art. 411: Se la conciliazione esperita ai sensi dell’articolo 410 riesce, anche limitatamente a una parte della domanda,
viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il
giudice, su istanza della parte interessa, lo dichiara esecutivo con decreto.
Se riesce positivamente vuol dire che c’è stata adesione della controparte e il raggiungimento di un accordo, anche
limitatamente a una parte della domanda (anche un accordo che copre solo una parte della pretesa).
Se la conciliazione ha esito positivo e risulti da un apposito verbale redatto e sottoscritto dalle parti, il giudice presso il
quale il verbale viene depositato, lo dichiara titolo esecutivo. C’è a seguito dell’intervento giudiziale un’equiparazione
a una sentenza. La dichiarazione di esecutività interessa quando, ad esempio, nell’ambito dell’accordo del verbale di
conciliazione sia prevista la dazione di una somma di denaro da parte del datore al lavoratore. E quindi è interesse del
lavoratore quello di rendere esecutivo il verbale.
Molto spesso accade che l’accordo si raggiunge tra le parti al di fuori dell’ispettorato del lavoro e molto spesso si
utilizza la commissione di conciliazione per formalizzare, e per conseguire effetti esecutivi.
Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria
definizione della controversia. La proposta si fa sulla base dei dati della domanda del lavoratore e dalla memoria
difensiva depositata dal datore di lavoro.
Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse
dalle parti. Dalle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il
giudice tiene conto in sede di giudizio.
La norma ci dice che, confidando nel buon esito della conciliazione, se una parte rifiuta senza motivo la proposta
formulata dalla commissione, le ragioni e le motivazioni devono essere trasferite nel verbale affinché poi,
nell’eventualità che sia adito in un momento successivo il giudice, quest’ultimo possa rendersi conto dei motivi per i
quali una parte non ha accettato la proposta. Il giudice può prendere atto dei motivi per i quali le parti non hanno
accettato la proposta formulata dalla commissione e ne terrà conto in sede di giudizio.
17/04/2018 (UNDICESIMA LEZIONE)
La commissione è chiamata a formulare la proposta e la mancata adesione alla proposta da una o entrambe le parti, deve
esser motivata. La ingiustificatezza dei motivi per cui una o entrambe le parti non intendono aderire, sarà questione
sottoposta alla valutazione del giudice in sede di giudizio. In sede amministrativa, il verbale diventa titolo esecutivo a
seguito di una omologa da parte del giudice del lavoro territorialmente competente. Il verbale di conciliazione redatto e
sottoscritto in Ispettorato territoriale del lavoro passa in automatico alla cancelleria del giudice competente il quale,
verificata la regolarità formale dell’accordo, attribuisce al verbale l’efficacia di titolo esecutivo. Per quanto riguarda gli
effetti esecutivi, vi è una piena e completa equiparazione alla sentenza di condanna.
L’atto di invito e l’atto di risposta nonché la proposta della commissione, cioè tutti gli atti del fascicolo della
conciliazione in sede amministrativa, se poi viene iniziato il giudizio, passano al giudice del lavoro.
Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso depositato ai sensi dell’articolo 415 devono
essere allegati i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito.
Il giudice del lavoro adito successivamente avrà contezza di quanto si è svolto in sede amministrativa. Tale
conciliazione è una prassi molto diffusa soprattutto quando l’accordo viene raggiunto dalle parti (fuori) e poi viene
sottoscritto davanti alla commissione territoriale per formalizzarlo.
CONCILIAZIONE IN SEDE SINDACALE
Non viene disciplinata quanto al procedimento, ma viene richiamata dall’art. 411 laddove si dice che “ se il tentativo di
conciliazione si è svolto in sede sindacale, ad esso non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 410”.
Il procedimento che si segue in sede sindacale non è quello previsto dall’art. 410. &