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L’ISTRUZIONE PROBATORIA: REGOLE GENERALI

Luogo e modalità di assunzione dei mezzi di prova. Assunzione per delega o per rogatoria

La fase istruttoria si snoda tra udienze il cui intervallo, a norma dell’art. 81 disp. att., non dovrebbe

essere superiore a 15 giorni.

Il giudice istruttore, quando dispone mezzi di prova, salvo possa assumerli immediatamente,

stabilisce tempo, luogo e modo di assunzione, fissando solitamente un’udienza ad hoc, a meno

che non si tratti di prova da assumere necessariamente fuori dall’udienza. In tal caso, fermo

restando che di regola è lo stesso giudice istruttore a dovervi provvedere, l’art. 203 prevede che,

se l’assunzione deve avvenire fuori dalla circoscrizione del tribunale, sia delegato a procedervi il

giudice istruttore del luogo, salvo che le parti chiedano concordemente, e il presidente del tribunale

lo consenta, che vi si trasferisca lo stesso giudice procedente.

Quando ricorra la delega, l’ordinanza che la dispone deve fissare il termine massimo entro cui la

prova deve essere assunta e la successiva udienza a cui le parti dovranno comparire per la

prosecuzione del processo. Il giudice delegato procede all’assunzione del mezzo di prova su

istanza della parte interessata e, d’ufficio, ne rimette il relativo processo verbale al giudice

delegante prima dell’udienza da questi fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se

l’assunzione non si è ancora esaurita.

Tale disciplina è applicabile, ai sensi dell’art. 204, anche nel caso in cui l’esecuzione di

provvedimenti istruttorii debba attuarsi attraverso rogatoria a autorità estere, da trasmettersi per via

diplomatica oppure, quando la rogatoria riguardi cittadini italiani residenti all’estero, tramite delega

al console competente, che provvede a norma della legge consolare.

Per quanto riguarda l'acquisizione di prove tramite rogatoria internazionale, la materia è regolata,

all'interno dell'Unione, nel regolamento 1206/2001 che consente la trasmissione diretta di richieste

di assunzione di prove tra autorità giudiziarie di diversi Stati membri e, a talune condizioni,

l'assunzione diretta della prova all'estero, da parte dell'autorità giudiziaria richiedente. Al di fuori

dell’UE, la materia è regolata dalla Convenzione dell'Aja del 1970, la quale dispone che ciascuno

Stato contraente designi una Autorità centrale con lo specifico incarico di ricevere le richieste di

rogatoria provenienti dall'autorità giudiziaria di un altro Stato contraente e di trasmetterle all'autorità

interna competente per darvi esecuzione.

Le modalità di assunzione della prova e la sua chiusura

Il giudice che procede all'espletamento della prova, pur quando sia stato a ciò delegato a norma

dell'art. 203, è competente a risolvere ogni questione che dovesse sorgere in tale sede (art. 205).

Le parti possono assistere personalmente all'assunzione dei mezzi di prova, per la quale si redige

un processo verbale sotto la direzione del giudice. Nel processo verbale le dichiarazioni delle parti

e dei testimoni sono riportate in prima persona e devono essere lette al dichiarante e da lui

sottoscritte. È previsto che il giudice, quando lo ritenga opportuno, possa far descrivere nel verbale

il contegno di chi ha reso la dichiarazione, al fine di mantenere traccia di elementi che potranno

essergli d'aiuto nel valutare l'attendibilità della dichiarazione stessa.

L'art. 208 stabilisce una decadenza dal diritto di far assumere la prova quando la parte, su istanza

della quale dovrebbe iniziarsi o proseguirsi la prova stessa, ometta di presentarsi. Tale decadenza

deve essere dichiarata d'ufficio dal giudice, a meno che non sia l'altra parte, presente, a chiederne

l'assunzione. La decadenza non opera rispetto ai mezzi di prova che siano stati disposti d'ufficio

dal giudice, nonché quando nessuna delle parti sia comparsa all'udienza. Quando sia stata

dichiarata la decadenza, la parte interessata può chiedere al giudice, nell'udienza successiva, la

revoca del provvedimento, allorché la sua mancata comparizione sia stata provocata da causa ad

essa non imputabile.

La chiusura della fase di assunzione delle prove è dichiarata dal giudice istruttore quando siano

stati esauriti tutti i mezzi di prova ammessi; quando, essendo le parti decadute dal diritto di

assumerne taluno, non ve ne siano altre da esperire; quando il giudice reputi superflua, per i

risultati già raggiunti, l'assunzione di ulteriori prove originariamente ammesse.

I SINGOLI MEZZI ISTRUTTORI: LA CONSULENZA TECNICA

Natura e funzione della consulenza tecnica

L'art. 61 consente al giudice, quando sia necessario, di farsi assistere per il compimento di singoli

atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica, che il codice

ricomprende nella categoria degli ausiliari del giudice. A questo scopo, presso ciascun tribunale

esiste un apposito albo dei consulenti tecnici, diviso in categorie a seconda delle specifiche

competenze e disciplinato dagli artt. 13 ss. disp. att., cui il giudice è tenuto normalmente ad

attingere per la scelta del consulente.

Secondo l'idea del legislatore del '40, la consulenza tecnica non era un vero e proprio mezzo di

prova, deputato all'accertamento dei fatti, ma serviva essenzialmente a fornire al giudice le nozioni

del sapere tecnico-scientifico eventualmente occorrenti per valutare ed interpretare correttamente

le risultanze delle prove. Per questo è uno dei mezzi istruttorii di cui il giudice può avvalersi

d'ufficio, pur non essendo obbligato a farlo. Il giudice, comunque, non è mai vincolato alle

conclusioni o alle indicazioni fornitegli dal consulente.

Diversamente da quanto previsto nel '40, nella prassi la consulenza è spesso impiegata

puramente e semplicemente per l'accertamento di fatti controversi. Di conseguenza, il consulente

finisce con l’operare in sostituzione del magistrato, facendo acquisire al giudice, con la sua

narrazione, la conoscenza di fatti che il giudice stesso non ha potuto percepire direttamente. La

consulenza tecnica è, dunque, un vero e proprio mezzo di prova, soggetto, quanto all'efficacia

probatoria, alla regola generale del prudente apprezzamento del giudice.

I compiti e l’attività del consulente

La collaborazione del consulente tecnico può assumere due diverse forme, a seconda che si limiti

ad una mera assistenza al giudice e alle parti, nelle udienze cui è invitato a partecipare, oppure

implichi lo svolgimento di vere e proprie indagini, con l'intervento dello stesso giudice o in modo

autonomo.

Nel primo caso il suo compito consiste nel fornire in forma orale i chiarimenti richiesti, oppure,

qualora il presidente del collegio lo ritenga opportuno, nell'esprimere il suo parere in camera di

consiglio alla presenza delle parti. Nel secondo caso assume un ruolo attivo, soprattutto quando

svolge le indagini da solo. In questo caso sarà tenuto a redigere relazione scritta in cui deve

riassumere le operazioni eseguite ed i risultati ottenuti.

Lo svolgimento della consulenza tecnica e la liquidazione del relativo compenso

Con l’iscrizione (volontaria) nell’apposito albo, il consulente tecnico assume l’obbligo, in caso di

nomina, di prestare il proprio ufficio, cui può sottrarsi solo quando ricorra un giusto motivo di

astensione oppure quando siano le parti a ricusarlo.

L’ordinanza di nomina del consulente tecnico deve già formulare i quesiti, ossia indicare l’oggetto

specifico degli accertamenti e delle valutazioni che egli è chiamato a compiere e deve essere a lui

notificata, a cura del cancelliere, unitamente all’invito a comparire all’udienza fissata dal giudice.

Con la stessa ordinanza di nomina, inoltre, il giudice assegna alle parti un termine entro cui

designare, con una dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico (c.d. di parte),

che potrà assistere a tutte le operazioni del consulente del giudice e alle udienze cui quest’ultimo

partecipa, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del giudice, le sue osservazioni circa i

risultati delle indagini tecniche.

All’udienza cui è stato convocato, il consulente nominato dal giudice (c.d. consulte d’ufficio) è

tenuto a prestare il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo

di fare conoscere ai giudici la verità. Successivamente il giudice, se le indagini del consulente

tecnico devono aver luogo autonomamente e gli è pertanto richiesta una relazione scritta, fissa con

ordinanza, nella stessa udienza, un primo termine entro cui il consulente deve trasmettere tale

relazione alle parti costituite; un secondo termine entro cui le parti possono trasmettere al

consulente le proprie osservazioni sulla relazione, sollecitandone eventualmente integrazioni o

chiarimenti; e un terzo termine, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la propria

relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.

Quanto alle attività successive, è in primo luogo necessario, se le indagini avvengono senza la

partecipazione del giudice, che il consulente dia comunicazione alle parti e ai rispettivi consulenti

della data e del luogo di inizio delle operazioni, attraverso una dichiarazione inserita nel verbale

d’udienza oppure con biglietto a mezzo del cancelliere.

Qualora il consulente d’ufficio riesca a propiziare una conciliazione della controversia, dovrà

procedersi alla redazione del relativo verbale, sottoscritto dalle parti e dallo stesso consulente,

inserito nel fascicolo d’ufficio e successivamente munito dell’efficacia di titolo esecutivo con un

apposito decreto del giudice. Se invece la conciliazione non riesce, il consulente darà corso

all’incarico per depositare in cancelleria, entro il termine assegnatogli, la relazione scritta, relativa

alle indagini compiute, le osservazioni che le parti gli abbiano fatto tempestivamente pervenire in

merito alla relazione, e una propria sintetica valutazione di tali osservazioni.

Qualora, nel corso delle indagini, sorgano questioni circa i poteri e i limiti dell’incarico del

consulente, questi, senza essere tenuto a sospendere le operazioni, deve informarne il giudice, al

quale spetta di dare i provvedimenti opportuni.

La materia dei compensi del consulente tecnico è disciplinata, come per gli altri ausiliari del

giudice, dal d.p.r. 115/2002. Le relative spettanze devono essere richieste dall’interessato, a pena

di decadenza, entro 100 giorni dal compimento delle operazioni per l’espletamento dell’incarico. La

domanda deve essere presentata al giudice procedente, il quale provvede con decreto motivato,

che è com

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A.A. 2015-2016
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SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarkM91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Reali Giovanna.