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Le opposizioni nel processo esecutivo
Non esiste, nel processo esecutivo, un vero e proprio contraddittorio: del quale non c'è necessità per il semplice motivo che non c'è luogo ad alcun giudizio poiché l'esecuzione deve effettuarsi con riferimento a quella situazione giuridica che è rappresentata nel titolo, prescindendosi da tutto ciò che dal titolo non risulta.
Per evitare di compromettere quell'efficacia incondizionata o "isolante" del titolo, che è essenziale per la funzionalità dell'esecuzione, non c'è che un modo: consentire di far valere quelle eventuali discordanze dalla realtà o quelle eventuali illegittimità, anziché nel processo esecutivo in un'autonoma sede di cognizione, quella appunto, delle opposizioni nel processo esecutivo.
Sede di cognizione, poiché si tratta di un accertamento, che è compito tipico del giudice, in sede di cognizione; autonoma.
Nel senso che postula un autonomo atto introduttivo di un giudizio che - per quanto funzionalmente coordinato col processo esecutivo, si svolge in modo autonomo, ad iniziativa di chi vuol far valere quella discordanza o illegittimità. Colui che assume questa iniziativa - debitore o terzo - assume la veste di opponente e, come tale, è un vero e proprio attore, mentre convenuto è il creditore o colui che si vanta tale con una concreta iniziativa di avvio o di preannuncio del processo esecutivo.
Processo autonomo, ma funzionalmente coordinato col processo esecutivo. Infatti, le opposizioni sono determinate da un processo esecutivo iniziato o almeno preannunciato e per questo motivo, esse debbono poter influire - sia pure indirettamente - su quel processo. Più esattamente, l'opposizione opera sul titolo, togliendolo di mezzo quando con essa si contesta il "se" dell'esecuzione (opposizione all'esecuzione); oppure opera sugli atti del processo.
esecutivo, quando con essa si contesta il «come» dell'esecuzione (opposizione agli atti esecutivi e opposizione del terzo nel processo esecutivo). L'eliminazione del titolo o la dichiarazione di illegittimità di determinati atti del processo esecutivo travolge o arresta questo processo; e questa è l'efficacia indiretta che le parentesi di cognizione in argomento producono sul processo esecutivo nel quale si inseriscono o che comunque le occasiona.
L’opposizione all’esecuzione
Le opposizioni nel processo esecutivo del debitore sono: 1) l'opposizione all'esecuzione; 2) l'opposizione agli atti esecutivi.
Con l’opposizione all'esecuzione si contesta il «se» dell'esecuzione, e più precisamente «si contesta il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata».
Sotto il profilo soggettivo attivo, risulta evidente che l'opposizione in esame può essere proposta (nella
Veste di opponente o attore in opposizione) da tutti coloro che in concreto subiscono l'esecuzione (o il suo preannuncio, con l'intimazione del precetto), coloro ai quali la parte istante attribuisce o pretende di attribuire il ruolo di "debitore".
Sotto il profilo oggettivo, "il diritto di procedere ad esecuzione forzata" non è altro che l'azione esecutiva che si fonda sul titolo esecutivo. Si tratta dunque di contestare il tipico effetto processuale del titolo attraverso la negazione dell'esistenza di un titolo, fin dall'origine, o per sopravvenuta caducazione; o attraverso la negazione della idoneità soggettiva del titolo a fondare l'esecuzione ad opera di quel soggetto o contro quel soggetto; o attraverso la negazione dell'idoneità del titolo a fondare quella esecuzione; o attraverso la negazione della corrispondenza della misura richiesta col contenuto del titolo; oppure per ragioni di merito, attraverso la.
negazione dell'esistenza attuale del diritto per la cui attuazione si procede ad esecuzione forzata, contestando la situazione sostanziale così come è enunciata nel titolo, attraverso la allegazione di fatti impeditivi o estintivi. In quest'ultimo caso (c.d. opposizione di merito all'esecuzione) l'ambito delle possibilità di contestare da parte del debitore è diverso a seconda che il titolo sulla cui base si procede sia giudiziale oppure stragiudiziale; ed infatti nel caso dell'opposizione di merito, come anche in quello in cui si fanno valere i vizi processuali di formazione del titolo (c.d. vizi di costruzione), la natura giudiziale del titolo fa sì che le contestazioni di merito o processuali incontrano il limite generale e assoluto determinato dal giudicato che copre il dedotto ed il deducibile e sana i vizi processuali; e perciò tali contestazioni possono fondarsi soltanto su fatti estintivi ed impeditivi successivi allaInoltre le contestazioni in discorso incontrano il limite, ugualmente generale, determinato dalla litispendenza o dalle preclusioni eventualmente verificatesi, nel senso che le eccezioni e contestazioni di merito o processuali costituiscono, presumibilmente, già oggetto del giudizio di impugnazione comunque non possono essere sollevate se non in quella sede salvi solo i vizi di inesistenza.
Se l'esecuzione non ancora iniziata, l'opposizione si instaura con un normale atto di citazione innanzi al giudice competente.
Ma poiché, in pratica, il debitore della consegna o del rilascio teme le conseguenze del possibile inizio dell'esecuzione, il nuovo testo dell'art. 615, venendo incontro a queste esigenze in modo che supera gli espedienti ai quali la giurisprudenza era solita ricorrere, dispone che "il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia esecutiva del titolo".
Si svolgerà così,
ad iniziativa del debitore (che diviene opponente, ossia attore in opposizione) o di colui che è equiparato al debitore, un normale giudizio di cognizione (destinato a concludersi con una sentenza ora non impugnabile, ma solo ricorribile per cassazione ex art. 111 cost.) il cui collegamento con l'esecuzione sta in ciò che la sentenza alla quale tende è destinata ad influire sul titolo o per negare o per riaffermare la sua efficacia, ossia per negare o riaffermare l'esistenza dell'azione esecutiva. Diversamente, quando l'esecuzione è già iniziata, da un lato, occorre evitare il già attuale pericolo in ipotesi irreparabile - che venga esecutivamente attuato un diritto che si assume inesistente; e perciò occorre poter fermare provvisoriamente l'esecuzione. Per tali ragioni l'art. 615, 2° comma dispone che, quando l'esecuzione è già iniziata, l'opposizione all'esecuzione va proposta conricorso al giudice dell'esecuzione, il quale fissa, con decreto in calce al ricorso stesso, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé (udienza che per il nuovo art. 185 disp.att., si svolge con le forme del giudizio camerale) ed un termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Alla udienza così fissata, il giudice dell'esecuzione - che in quel momento assomma le funzioni di organo del processo esecutivo e di giudice dell'opposizione si pronuncia sull'eventuale istanza di sospensione dell'esecuzione, concedendo tale sospensione qualora sussistano gravi motivi. Pertanto, il giudizio di opposizione si svolgerà d'ora innanzi in modo autonomo secondo le consuete regole del giudizio di cognizione, a cominciare da quelle sulla competenza: nell'ipotesi che queste regole sulla competenza indichino come competente per la causa di opposizione il tribunale al quale appartiene il giudice dell'esecuzione, i dueprocessi (quello esecutivo e quello di opposizione) procederanno in modo autonomo l'uno dall'altro sicché le funzioni di giudice istruttore potrebbero essere affidate ad altro magistrato designato dal presidente. In questa ipotesi – così l'art. 616 nel testo integrato della L. 52/2006, che competente per la causa sia l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione, questo "fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'art. 163 bis, o altri, se previsti; ridotti alla metà. Altrimenti rimette la causa dinanzi all'ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa". Così se le regole della competenza indicano come competente un altro giudice mentre iI criteri della competenza per territorio riconducono al luogo dell'esecuzione, la norma sopra riportata dispone che il giudice dell'esecuzione, con ordinanza, rimette le parti davanti all'ufficio giudiziario competente, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a quest'ultimo. Si tratta di provvedimento ordinatorio che non implica pronuncia sulla competenza e perciò non è impugnabile col regolamento.
La parte convenuta - che è la parte che chiede l'esecuzione - si può costituire con comparsa di risposta e può svolgere la sua attività difensiva che di solito consisterà nella richiesta del rigetto dell'opposizione con la contestazione del suo fondamento sia processuale che di merito; si ritiene, d'altra parte, che il creditore opposto possa anche superare l'ambito della semplice attività difensiva e proporre anche domanda riconvenzionale (ad es. per chiedere la condanna,
sel' esecuzione si svolge sul fondamento di un titolo stragiudiziale), ma non sarebbe corretto configurare questo potere come un onere perché l'oggetto del processo consiste nella contestazione del diritto di procedere ad esecuzione soltanto per il motivo dedotto dall'opponente e non per tutti i possibili motivi. Se la parte istante rinuncia al precetto, non ne consegue l'estinzione del giudizio di opposizione, ma la cessazione della materia del contendere, mentre la decisione avverrà con sentenza; in caso di competenza del tribunale, di regola senza previa rimessione al collegio, per cui la decisione di queste cause spetta al tribunale in composizione monocratica. La sentenza che conclude il giudizio dopo l'eventuale istruzione, e che, come si è visto, è dichiarata non impugnabile, sarà di accoglimento o di rigetto dell'opposizione. In quest'ultimo caso la sentenza passata in giudicato ha portata di mero accertamento dellegittimo svolgimento e della proseguibilità