Diritto processuale civile II - ingiunzione
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Mentre l'originale del ricorso, con l'originale del decreto steso in calce ad esso,
rimane depositato in cancelleria insieme con i documenti il ricorrente deve aver
cura di provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto in copia autentica.
Se tale notificazione non avviene entro il termine di sessanta giorni dalla
pronuncia del decreto, quest'ultimo perde ogni sua efficacia; salva tuttavia la
possibilità di riproporre la domanda.
L'atto della notificazione del ricorso e del decreto assume un'evidentissima
importanza rispetto alla tecnica su cui è imperniato il procedimento ingiuntivo e
rispetto alla sua funzione. Basti tener presente, al riguardo, che appunto
attraverso quella notificazione l'asserito debitore viene finalmente a conoscere
la domanda del ricorrente, di cui fino a quel momento era rimasto all'oscuro; ed
insieme viene a conoscere il decreto pronunciato contro di lui e senza il suo
contraddittorio. Nel momento in cui apprende tutto ciò, il debitore si sente
provocato al contraddittorio in quanto legge sul decreto che, se ha ragioni da far
valere, e per le quali ritiene ingiusto il decreto, può proporre opposizione nel
termine; e contemporaneamente legge che se lascerà decorrere tale termine
senza aver proposto l'opposizione, egli subirà l'esecuzione forzata; e ciò in forza
di un provvedimento che, sebbene pronunciato senza la sua partecipazione, egli
avrà praticamente accettato con la sua acquiescenza, In relazione a ciò, la legge
enuncia che la notificazione - che, come si ricorderà, costituisce il momento
d'inizio della decorrenza del termine per l'opposizione - determina la pendenza
della lite. Ed infatti è in quel momento che il contraddittorio può dirsi attuato,
sia pure nella forma embrionale della provocazione al contraddittorio stesso
sotto pena delle conseguenze proprie dell'acquiescenza. In relazione a ciò sta la
veduta disposizione per la quale i documenti allegati al ricorso debbono
rimanere in cancelleria fino alla scadenza del termine per l'opposizione: il
debitore deve poterli conoscere per poter formulare la sua opposizione o per
decidere di non opporsi.
La fase (eventuale) di opposizione
Competente per il giudizio di opposizione è l'ufficio giudiziario al quale
appartiene il giudice monocratico che ha emesso il decreto: giudice di pace o
tribunale in composizione monocratica. Si tratta di competenza che non tollera
deroghe, neppure nel caso di incompetenza del giudice che ha pronunciato il
decreto, nonché neppure in caso di continenza, connessione sia generica e sia
specifica.
L'atto col quale viene introdotta la fase di opposizione del procedimento
ingiuntivo è un normale atto di citazione, da sottoscriversi dal difensore munito
di procura e che va notificato al ricorrente. Tale notificazione deve essere
effettuata nel domicilio che il ricorrente ha eletto nel ricorso o nella residenza
dichiarata, nel comune dove ha sede il giudice adito e quindi, nella maggior
parte dei casi, presso il procuratore del ricorrente. Questo atto di citazione di
opposizione è al tempo stesso l'atto introduttivo della fase di opposizione e l'atto
il cui compimento impedisce la decadenza dalla proposizione dell'opposizione;
è, insomma, l'atto che l'opponente ha l'onere di compiere nel termine perentorio
assegnatogli col decreto e che è di quaranta giorni.
Il meccanismo introduttivo di questa fase è in tutto identico al meccanismo
introduttivo di un'impugnazione e più precisamente del giudizio di appello a
cominciare dalla legittimazione ad agire, che spetta all'ingiunto e non ad altri.
Una volta introdotto, il giudizio di opposizione costituisce un giudizio di primo
grado, che conduce ad una sentenza assoggettata alle comuni impugnazioni
previste per le sentenze, a cominciare dall'appello. Se ne deve desumere che il
giudizio di opposizione è soltanto una fase eventuale del giudizio di primo
grado, la cui introduzione avviene con le forme e le modalità proprie
dell'impugnazione e la cui mancata introduzione dà luogo all'immediata
formazione del giudicato.
Il legislatore ha chiaramente mostrato di voler configurare l'atto di opposizione
come l'atto introduttivo non già di un giudizio autonomo e neppure di un grado
autonomo, ma semplicemente di una fase (eventuale) del giudizio già pendente;
più precisamente ha mostrato di voler attribuire alla suddetta (eventuale)
introduzione della fase di opposizione, la portata di una autentica riconduzione
del procedimento entro i binari del processo ordinario di cognizione.
In seguito all'opposizione, il giudizio si svolge secondo le norme del
procedimento ordinario davanti al giudice adito. Questo significa, in pratica, che
l'opposizione che, da un lato, non toglie automaticamente di mezzo il decreto
ingiuntivo, dall'altro lato, gli sottrae ogni efficacia diretta sicché le parti si
ritrovano davanti al giudice di primo grado nella stessa posizione sostanziale
che avrebbero avuto se il decreto non fosse mai stato pronunciato; mentre, sotto
il profilo formale, il decreto rimane come punto di riferimento della pronuncia
che chiude il giudizio di primo grado, nel quale l'attore in opposizione è colui
che nel giudizio ordinario sarebbe stato il convenuto, e viceversa. Più
concretamente: la pronuncia del decreto inverte solo l'onere dell'instaurazione
dell'effettivo contraddittorio senza ulteriormente influire sulla posizione delle
parti davanti al giudice, ed in particolare senza invertire l'onere della prova, per
il quale vigono le regole generali, così come con riguardo alla portata e all'
efficacia delle prove. In pratica, l'atto di opposizione, che ha la struttura dell'atto
di citazione, ha il contenuto della comparsa di risposta. Il tutto in funzione di un
giudizio (di primo grado) che investe senz'altro e comunque il merito della
pretesa del creditore, senza arrestarsi agli eventuali vizi della procedura
monitoria.
Si è veduto che l'opposizione va proposta entro il termine assegnato, che è
normalmente di quaranta giorni. In via del tutto eccezionale l'art. 650 consente l'
opposizione (c.d, tardiva) nonostante l'avvenuta scadenza del termine, quando
l'opponente prova di non aver avuto tempestivamente conoscenza del decreto,
per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o per forza maggiore e
purché non siano trascorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione.
Si tratta di un rimedio di carattere straordinario che, d'altra parte, preclude ogni
altro rimedio.
Dobbiamo ora vedere i casi nei quali l'esecutorietà provvisoria, non concessa al
momento della pronuncia del decreto, può essere concessa in seguito, ossia
dopo la proposizione dell'opposizione, e nonostante tale proposizione. La
suddetta possibilità si verifica alla prima udienza innanzi all'istruttore nel
giudizio di opposizione. Più precisamente, l'art. 648 c.p.c. attribuisce il potere di
concedere l'esecutorietà provvisoria, con decreto non impugnabile, all'istruttore
alla prima udienza, in due ipotesi: a) che l'opposizione non sia fondata su prova
scritta o di pronta soluzione: in tal caso la concessione dell'esecutorietà è
meramente facoltativa; b) che la parte che l'ha chiesta offra cauzione: per questo
caso la norma in esame disponeva che l'istruttore deve concederla; ma la Corte
costituzionale, con sua sentenza 4 maggio 1984 n. 137, ha restituito al giudice
istruttore il potere e dovere di valutare discrezionalmente l'opportunità della
concessione, avuto riguardo sia all'idoneità della cauzione e sia alla consistenza
della prova scritta offerta.
Nell'ipotesi che, invece, l'esecutorietà provvisoria sia stata concessa all'atto
della pronuncia del decreto ai termini dell'art. 642, l'istruttore può, su istanza
dell' opponente e purché ricorrano gravi motivi; concedere - con ordinanza non
impugnabile -la sospensione del/' esecuzione provvisoria (art. 649 c.p.c.). Tale
concessione che, può avvenire già all'udienza di prima comparizione, è quanto
meno dubbio che possa avvenire prima di tale udienza ed ancora più dubbio se
possa avvenire prima della designazione del giudice istruttore. È, d'altra parte,
esclusa, secondo il diritto vigente, la revocabilità dell' esecutività provvisoria.
Durante il corso dell'istruzione, può avvenire che le parti si concilino, per
effetto, o meno, del tentativo di conciliazione svolto dal giudice. In questo caso
il decreto ingiuntivo può essere utilizzato per sanzionare l'accordo in un titolo
definitivo ed esecutivo e ciò per l'intero importo, oppure per quello inferiore sul
quale le parti si sono accordate. In quest'ultimo caso, rimane ferma la validità
degli atti eventualmente compiuti e dell'ipoteca eventualmente iscritta, fino a
concorrenza della somma ridotta. Ché se, invece, le parti si fossero accordate
nel senso di non considerare esistente il credito, occorrerebbe un'esplicita
rinuncia al decreto, ad evitare che l'estinzione del giudizio di opposizione dia
luogo alla definitività del decreto, come stiamo per accennare.
Indipendentemente dalla conciliazione, il giudizio di opposizione può chiudersi
anche per effetto dell'estinzione disciplinata. In tale ipotesi, si verifica un
fenomeno analogo a quello che si verifica quando si estingue un giudizio
d'impugnazione: il provvedimento impugnato - qui il decreto opposto - diviene
definitivo, come se non fosse mai stato opposto, così acquisendo un'efficacia
che è quella della vera e propria incontrovertibilità che fonda il giudicato.
Ma naturalmente la conclusione normale del giudizio in discorso, come quella
di ogni altro giudizio ordinario di cognizione, è la sentenza, la cui pronuncia è
affidata all'organo giudicante (giudice di pace o tribunale in composizione
monocratica). Questa sentenza, come ogni altra sentenza di primo grado, può
essere impugnata con i consueti mezzi, fino a quando, per l'esaurimento della
serie dei mezzi o per il decorso dei termini, essa, o un'altra di grado superiore,
passa in giudicato, salva naturalmente la possibilità che durante le fasi
d'impugnazione abbia ad operare l'istituto dell'esecutorietà provvisoria. In ogni
caso, la sentenza, quale che sia il suo grado, si sostituisce al decreto ingiunti vo,
che viene tolto di mezzo salvo che, per effetto del rigetto dell'opposizione, sia
confermato o recepito nella sentenza per relationem.
L'opposizione può, innanzi tutto, essere rigettata. Il rigetto dell'opposizione può
fondarsi sia su ragioni processuali e sia su ragioni di merito. Ragioni processuali
sono ad es. l'inammissibilità dell'opposizione proposta fuori termine o la sua
improcedibilità per mancata o ritardata costituzione dell' opponente o per altre
cause o, ancora, l'incompetenza funzionale del giudice in quanto diverso da
quello che ha pronunciato il decreto mentre nel caso di dichiarazione
dell’incompetenza per territorio o per valore del giudice che ha pronunciato il
decreto, la pronuncia è di accoglimento dell'opposizione. Ragioni di merito
sono il riscontro dei fatti costitutivi c/o l'accertata insussistenza di fatti estintivi
o impeditivi e comunque il rilievo della sussistenza del credito.
Altra ipotesi che può verificarsi è quella che l'opposizione sia in parte accolta e
in parte respinta. Per questa ipotesi, l'art. 653, 2 comma dispone che «il titolo
esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza ma gli atti esecutivi già
compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o
della quantità ridotta».
Infine, può verificarsi l'ipotesi dell' accoglimento totale dell' opposizione in
merito o anche in rito. Per queste ipotesi la legge non dispone specificamente
nulla, ma è chiaro che l'accoglimento totale dell'opposizione implica la
caducazione integrale del decreto, sicché, mentre sotto il profilo sostanziale, i
rapporti tra le parti restano regolati dalla sentenza sull'opposizione, sotto il
profilo processuale il decreto perderà ogni efficacia, compresa quella esecutiva,
qualora ne fosse munito. In conclusione le norme ora richiamate sono
nuovamente riconducibili alla tecnica che, nelle impugnazioni, caratterizza i
rapporti tra la pronuncia impugnata e la pronuncia sull'impugnazione, salvo poi
vedere se prevale la tecnica dell'impugnazione sostitutiva o quella
dell'impugnazione rescindente.
Nel caso della mancata costituzione da parte dell'opponente, nonché quello della
sua costituzione fuori termine, l'art. 647 dispone che il giudice che ha
pronunciato il decreto, su istanza, anche verbale, del ricorrente, dichiara
esecutivo il decreto. Nel caso della mancata opposizione, il giudice deve
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