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Separazione consensuale nel corso del giudizio

Se, nel corso del giudizio, i coniugi decidono di separarsi consensualmente, come ora è previsto espressamente dall'art. 3 n. 2 L. div., non sembra più necessario che il g.i. li rimetta innanzi al presidente per il tentativo di conciliazione: e ciò perché quest'ultima disposizione si riferisce (per il decorso del triennio che condiziona la proponibilità della domanda di divorzio), alla comparizione dei coniugi dinnanzi al presidente, così presupponendo che detta comparizione sia una sola; ne discende che il consenso può essere raccolto dallo stesso g.i.

Dopo l'eventuale istruzione e la rimessione della causa al collegio (ricordando che questo giudizio è tra quelli la cui decisione è riservata - dall'art. 50 bis n. 1 (per l'obbligatorietà dell'intervento del P.M.) - appunto al collegio), il giudizio si chiude con una sentenza, la cui provvisoria esecutività nella parte in cui provvede sulle...

questioni di natura economica (art. 4, Il ° comma L. divorzio applicabile dall'art. 23 L. 74/1987) è ora superata dalla generalizzata esecutività delle sentenze di primo grado (mentre chi negasse l'operatività attuale dell'art. 23 neppure in via analogica, non potrebbe che ritenere applicabile - limitatamente alla sentenza definitiva - la disciplina dell'appello nel procedimento ordinario). Va inoltre tenuto presente che per effetto del nuovo 3° periodo che la L. 263/2005 ha aggiunto all'art. 709 bis, è prevista la rimessione al collegio per la pronuncia della sentenza non definitiva di separazione, sentenza impugnabile solo con l'appello immediato in camera di consiglio (e con prosecuzione per le altre pronunce). Con l'instaurazione del giudicato si introduce lo stato di separazione giudiziale, eventualmente accompagnato dalla dichiarazione che la separazione è "addebitabile" all'uno o all'altro.coniuge o ad entrambi. La sentenza detta anche una disciplina definitiva del regime della famiglia con riguardo alla prole (il cui affidamento deve essere disposto "con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa"; e preferibilmente ad entrambi: art. 155 nuovo testo c.c.), all'eventuale diritto al mantenimento del coniuge al quale la separazione non sia addebitabile e sempre che egli non abbia adeguati redditi propri (art. 156 nuovo testo c.c.), all'eventuale assegnazione in uso della casa familiare (art. 155 quater c.c.), nonché, oltre che sull'eventuale addebito, con riguardo all'eventuale divieto alla moglie dell'uso del cognome del marito (art. 156 bis c.c.), e agli eventuali provvedimenti a favore dei figli maggiorenni (art. 155 quinquies c.c.). In forza dell'art. 191 c.c., la sentenza di separazione determina - quando passa in giudicato e con effetto ex nunc - lo scioglimento della comunione legale. La disciplinacontenuta nella sentenza potrà, in seguito, essere mutata (nonostante il giudicato che copre la sentenza) in applicazione della regola generale per cui si possono sempre far valere i fatti successivi al giudicato. Anzi, a questo riguardo, la legge prende in esplicita considerazione l'eventualità della modificazione, disponendo (art. 710) che tale modifica può essere chiesta e concessa con le forme del procedimento in camera di consiglio. Questo significa che, per ottenere tale modificazione, si deve introdurre - dopo il passaggio in giudicato - un nuovo giudizio per mezzo di un ricorso al tribunale in camera di consiglio. Tutto ciò, a prescindere della pura e semplice "cessazione degli effetti della separazione" prevista, per l'ipotesi della riconciliazione, dall'art. 157 c.c. con la conseguente possibilità di chiedere nuovamente la separazione "soltanto in relazione a fatti o comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione".

riconciliazione» (art. 157, 2° comma c.c.), nonché aprescindere dalla cessazione della materia del contendere da dichiararsi aseguito della morte di uno dei coniugi.

Oltre che con la sentenza, il giudizio può chiudersi, come ogni altro giudizio dicognizione, a seguito dell'estinzione per inattività delle parti o per rinuncia.

Accade, piuttosto di frequente, che i coniugi, dopo l'udienza presidenziale,trascurino di costituirsi o comunque di comparire alle udienze e lascino che ilgiudizio entri nello stato di quiescenza previsto dagli artt. 307 e 309 c.p.c., checonduce all'estinzione il che avverrà tanto più facilmente, quanto più ilpresidente avrà saputo, nella pronuncia dei suoi provvedimenti provvisori,adeguarsi alle giuste esigenze della realtà, in modo che entrambi i coniugiconsiderino giusto, o quanto meno accettabile, il regime introdotto con questiprovvedimenti e che può essere protratto, come

Stiamo per vedere. Con riguardo a questa eventualità, e sulla base della considerazione che la fase più propriamente contenziosa del giudizio tra i coniugi è sempre dannosa (perl'inevitabile reciproca animosità) ai coniugi stessi e soprattutto alla prole, la legge (art. 189 disp. atto c.p.c., 2° comma), quasi a favorire la desistenza dalla prosecuzione del giudizio, stabilisce che l'ordinanza presidenziale conserva la sua efficacia anche dopo l'estinzione del processo finché non sia sostituita con altro provvedimento emesso a seguito di nuova presentazione di altro ricorso.

In tal modo il regime di separazione provvisoria si può protrarre indefinitamente.

Quanto, infine, all'ipotesi che nella pendenza del giudizio, si verifichi la morte di uno dei coniugi, la giurisprudenza suole ricorrere alla dichiarazione della cessazione della materia del contendere, salvo poi a vederne le diverse modalità, possibilità ed effetti.

nei diversi gradi di giudizio e come può coordinarsi o sostituirsi (o essere sostituita) con l'eventuale previa interruzione, comunque esclusa in cassazione. Il procedimento di separazione consensuale Il procedimento di separazione consensuale si articola in due fasi, la prima delle quali - quella presidenziale - è disciplinata in modo quasi identico alla fase presidenziale del procedimento di separazione giudiziale. Quanto alla competenza per materia del tribunale, il codice non dice nulla rispetto alla competenza per territorio, mentre la norma dettata con riguardo alla separazione giudiziale (l'art. 706, 1° comma) fa riferimento alla residenza o al domicilio del coniuge convenuto. Poiché nella separazione consensuale non c'è un coniuge propriamente convenuto al luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza (in quanto la domanda può essere proposta da entrambi i coniugi, e anche quando è proposta da uno solo nonÈ propostacontro l'altro), nella mancanza di un'ultima residenza comune dei due coniugi, non resterebbe che concludere che è competente il tribunale del luogo della residenza o del domicilio del coniuge che non propone la domanda, mentre nel caso che la domanda sia proposta da entrambi, si ha una competenza facoltativa in capo ai tribunali dei luoghi di residenza e di domicilio di entrambi i coniugi (qualora siano diversi). La legittimazione ad agire per la separazione consensuale spetta a ciascuno dei due coniugi o anche ad entrambi congiuntamente. Con riguardo all'allegittimazione processuale non abbiamo che da richiamarci a quanto detto a proposito della separazione giudiziale. Quanto all'interesse ad agire, si deve invece tener presente che qui non soltanto non si pretende di far valere le conseguenze di un comportamento lesivo neppure sotto il profilo marginale dell'"addebitabilità" della separazione, ma neppure si vuol far valere.undiritto; ciò che sta in relazione col fatto che il procedimento in discorso non ha caratteristiche di cognizione, ma di giurisdizione volontaria. In realtà, la ragione della domanda qui sta semplicemente nel fatto che i coniugi hanno raggiunto o ritengono di poter raggiungere l'accordo sulla separazione e sulle relative modalità, e perciò chiedono di manifestarlo nelle forme che la legge considera rilevanti. La domanda si propone con ricorso al tribunale che, come abbiamo già accennato, può essere sottoscritto da uno o da entrambi i coniugi (art. 711, l e 2 comma). In tale ricorso possono essere già contenute le modalità (eventualmente già concordate) della separazione, ma è comunque sufficiente l'asserzione che si è raggiunto l'accordo o che si ritiene che esso possa essere raggiunto. Il meccanismo d'inoltro del ricorso e della fissazione dell'udienza presidenziale è identico a quelloveduto per la separazione giudiziale. Va solo precisato che la notificazione all'altro coniuge del ricorso e del decreto (steso in calce) che fissa l'udienza innanzi al presidente è necessaria soltanto quando il ricorso è presentato da uno solo dei due coniugi (art. 711, 2 comma). L'udienza presidenziale si svolge come nel caso della separazione giudiziale. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione (art. 708, 2 comma). Se invece la conciliazione non riesce, "si dà atto, nel processo verbale, del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole" (art. 711, 3 comma). A differenza di quanto accade nel procedimento di separazione giudiziale che, proprio dopo il fallimento del tentativo di conciliazione, inizia la sua fase propriamente contenziosa, il procedimento di separazione consensuale è ormai giunto quasi al suo epilogo. Il "quasi"è riferito al fatto che occorre ancora l' omologazione del tribunale. Occorre ancora cioè quell'ulteriore breve fase - nelle cui more il consenso non può essere revocato unilateralmente - che conduce alla pronuncia dell'omologazione, da effettuarsi - così dispone l'art. 711, 4 comma - «dal tribunale in camera di consiglio su relazione del presidente». Ed è appunto questa fase che è più propriamente caratterizzata dalle forme proprie della giurisdizione volontaria. L'omologazione è in sostanza un controllo (di legittimità; ma anche di opportunità) intorno alle modalità con le quali i coniugi hanno deciso di separarsi, e che sono riportate sul processo verbale di separazione. Tale controllo si effettua, senza bisogno di alcuna particolare istanza da parte dei coniugi, mediante la trasmissione degli atti al tribunale riunito in camera di consiglio, ossia senza la partecipazione delle

parti e tanto meno dei difensori, ma previa trasmissione degli atti al P

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A.A. 2005-2006
26 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Processuale Civile II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Carratta Antonio.