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QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI DIRITTO
Se il giudice dice che l'attore ha interesse ad agire, o se il giudice dice che l'attore non ha interesse ad agire ai sensi dell'art. 279 deve sempre pronunciarsi con sentenza. Se il giudice dice che l'attore non ha interesse ad agire la sentenza è definitiva. Se il giudice dice che l'attore ha interesse ad agire la sentenza non è definitiva. È importante stabilire se una sentenza è definitiva o non definitiva perché vale il regime d'impugnazione.
I mezzi di impugnazione sono sempre gli stessi cioè:
- APPELLO
- RICORSO IN CASSAZIONE
- REVOCAZIONE 21
- OPPOSIZIONE DEL TERZO
- REGOLAMENTO DI COMPETENZA
Questi mezzi si possono usare sia per le sentenze definitive sia per quelle non definitive. Solo per l'appello e per il ricorso in cassazione la sentenza non definitiva ha un regime particolare, ha delle forme e termini particolari. In virtù della soccombenza particolarmente.
debole che può produrre la sentenza non definitiva, in virtù degli interessi ad impugnare non ancora attuale prevede la possibilità di riservare il diritto di impugnare la sentenza all'esito del medesimo grado di giudizio. Questo regime di impugnazione non è previsto con una norma di carattere generale, negli art. 231 e seguenti non appare una disciplina specifica, quindi queste modalità di impugnazione non sono un principio generale, appaiono una volta nel capo di riserva d'appello (art. 340) una volta nel capo di riserva di ricorso in cassazione (art. 361). Esiste inoltre una coincidenza del termine per l'impugnazione immediata con il termine dell'impugnazione di una riserva, cioè tendenzialmente nello stesso termine la parte rimasta soccombente deve scegliere di proporre o l'impugnazione immediata o invece stare fermo e far passare in giudicato la sentenza. Una sentenza è impugnabile subito o dopo un termine un po'più lungo, dipende se essa è Se una parte notifica la sentenza all’altra parte decorre per entrambi un termine notificata. breve (30 giorni). Se viceversa la sentenza non è notificata decorre un termine lungo (1 anno + 45 giorni) che decorre dalla data di pubblicazione della sentenza (la data in cui la sentenza viene a giuridica esistenza cioè è stata firmata dal giudice). o l’impugnazione immediata o formulare la riserva In questi termini si può proporre d’impugnazione. Questo è vero salvo il caso in cui nell’ambito del termine intervenga un’udienza del processo nel corso del quale è stata pronunciata una sentenza, in questo caso fino a quell’udienza si può proporre sia l’impugnazione immediata che la riserva d’impugnazione, dopo questa udienza fino alla fine del termine si può proporre solo l’impugnazione immediata.
DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO
ART. 310 CPC. EFFETTI 22II
COMMA: L'estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo (artt. 278, 279) e quelle che regolano la competenza.
Il II comma dell'art. 310 stabilisce che sopravvivono all'estinzione del processo le sentenze di merito pronunciate nel corso di esso (sentenze non definitive) e le sentenze con le quali sia stata regolata la competenza.
Che significa che sopravvivono all'estinzione? Significa che, nonostante successivamente alla pronuncia di tali sentenze il processo si sia estinto, queste sentenze non perdono la propria efficacia e quindi il giudice di un successivo processo, al quale dovesse essere riproposta la domanda, resterebbe vincolato alle sentenze che sono sopravvissute all'estinzione del primo processo.
Quali sono queste sentenze? Sono sentenze pronunciate nel corso di un grado di giudizio che poi si estingue, quindi si tratta di SENTENZE NON DEFINITIVE perché non chiudono un grado di giudizio.
Non sopravvivono all'estinzione tutte le sentenze pronunciate nel corso del processo ma soltanto quelle di merito e quelle che regolano la competenza. Per quanto riguarda le prime, bisogna individuare, nell'ambito delle sentenze riconosciute negli artt. 278, 279 cpc che si occupano delle sentenze non capaci di sopravvivere all'estinzione del processo, quali sono i provvedimenti definitive. Abbiamo visto che l'art. 278 disciplina la condanna generica e l'art. 279 disciplina altri tipi di sentenze non definitive tra le quali ci interessano, in questa sede, soltanto quelle di merito perchè sono le uniche a sopravvivere all'estinzione del processo. Dobbiamo quindi stabilire quali, tra le sentenze elencate negli artt. 278, 279 cpc sono sentenze di merito. Certamente non sono sentenze di merito le sentenze sulla giurisdizione, quelle sulla competenza e quelle pregiudiziali di rito in quanto sono tutte sentenze che si interessano di questioni processuali e quindi.non sono capaci di sopravvivere all'estinzione del processo. Sicuramente sopravvivono all'estinzione del processo la sentenza di condanna generica e la sentenza non definitiva con la quale il giudice si sia pronunciato nel merito su una o più domande cumulate nel medesimo processo. Il primo dubbio sorge intorno alle sentenze su questioni preliminari di merito perché sono sentenze che tendono al merito ma sono pronunciate su qualcosa che è preliminare rispetto al merito della causa. In realtà non c'è in giurisprudenza un indirizzo univoco che ci aiuti a stabilire se le sentenze preliminari di merito sono o meno capaci di sopravvivere all'estinzione del processo. Tuttavia, secondo la gran parte della dottrina e secondo alcune sentenze della Corte di Cassazione, le sentenze preliminari di merito sono provvedimenti capaci di sopravvivere all'estinzione del processo e sono capaci di vincolare un secondo processo che dovesse essere instaurato.ricominciato ai sensi del I comma dell'art. 310 cpc. Concludendo le sentenze di merito non definitive che sopravvivono all'estinzione del processo sono:
- Le sentenze di condanna generica.
- Le sentenze non definitive con le quali il giudice si sia pronunciato nel merito su una o più domande cumulate nel medesimo processo.
- Le sentenze non definitive con le quali il giudice si sia pronunciato su questioni preliminari di merito.
Il II comma dell'art. 310, oltre alle sentenze non definitive di merito, stabilisce che sopravvivono all'estinzione del processo anche le sentenze che REGOLANO la competenza. È da notare che l'art. 310 fa riferimento non alle sentenze con le quali il giudice si sia pronunciato sulla competenza ma esclusivamente alle sentenze che abbiano regolato la competenza. L'organo regolatore della competenza è la Corte di Cassazione quindi, quando il legislatore decide che sopravvivono all'estinzione del processo
Le sentenze che regolano la competenza fanno riferimento alle sentenze della Corte di Cassazione. Ad esempio, se Tizio impugna una sentenza sulla competenza dinanzi alla Corte di Cassazione, questa si pronuncia sulla questione di competenza e, dopo tale pronuncia, il processo originario si estingue. Tuttavia, la sentenza della Corte di Cassazione sopravvive all'estinzione e, se le stesse parti vogliono, ai sensi del I comma dell'art. 310 cpc, riproporre la domanda, quest'ultima deve essere riproposta al giudice indicato come competente nella sentenza della Corte di Cassazione. Quindi, sopravvivono al processo non solo le sentenze non definitive di merito dei giudici di merito (giudice di pace, tribunale, ecc.), ma anche le sentenze della Corte di Cassazione che regolano la competenza.
È da notare che nel II comma dell'art. 310 cpc manca il riferimento alle sentenze con le quali la Corte di Cassazione abbia regolato la giurisdizione. In realtà, non c'è una
Ragione che possa giustificare la scelta del legislatore di escludere le sentenze che regolano la capacità di sopravvivere all'estinzione del processo, per giurisdizione dai provvedimenti. Questo, secondo interpretazione unanime di dottrina e giurisprudenza, si tratta di una svista e quindi devono essere inserite nei provvedimenti in grado di sopravvivere all'estinzione del processo non solo le sentenze della Corte di Cassazione che regolano la competenza ma anche quelle che regolano la giurisdizione.
Concludendo, ai sensi dell'art. 310 cpc II comma, sopravvivono all'estinzione del processo:
- Le sentenze di condanna generica.
- Le sentenze con le quali il giudice si sia pronunciato nel merito su una di più domande cumulate nel medesimo processo.
- Le sentenze con le quali il giudice si sia pronunciato su questioni preliminari di merito.
- Le sentenze della Corte di Cassazione che regolano la competenza e quelle che regolano la giurisdizione.
Dalla lettura dell'art.
310 dovremmo aspettarci che, aldilà di quelli ivi elencati, non visiano altri provvedimenti capaci di sopravvivere all'estinzione del processo. Tuttavia, una serie di riforme ha introdotto gli artt. 186 bis, ter e quater. Tali artt. Fanno riferimento alle ORDINANZE DECISORIE che sono provvedimenti pronunciati in forma di ordinanza però hanno contenuto decisorio cioè sono idonei ad incidere sui diritti sostanziali delle parti quindi hanno sostanzialmente il contenuto tipico di una sentenza. Per questi motivi il legislatore negli artt. 186 bis, ter e quater afferma espressamente la capacità di tali atti di sopravvivere all'estinzione del processo.
PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO
Il principio del contraddittorio affonda le sue radici nella Carta Costituzionale oltre che nella tradizione del processo. Non c'è processo senza contraddittorio e per contraddittorio si può intendere sia la possibilità concessa alle parti di esprimere le
rispettive posizioni l'una nei confronti dell'altra, sia il confronto tra le parti ed il giudice perché altrimenti si potrebbe andare incontro alla possibilità di un giudice che decida una causa sulla base di una questione che non è stata mai dibattuta nel processo, per questo è importante che il giudice, quando si trovi di fronte ad una questione rilevabile d'ufficio (si pensi al difetto di giurisdizione) indichi la questione alle parti in modo che possano prendere posizione sulla soluzione che, a loro avviso, è corretto dare a tale questione. Le radici costituzionali del principio del contraddittorio affondano prima di tutto nell'art. 24 Cost. che inizialmente era considerata come una norma di scarso contenuto precettivo in quanto indicava esclusivamente il principio per il quale chi vuol far valere un diritto deve proporre domanda; nel corso degli anni la dottrina e la giurisprudenza hanno riconosciuto maggior