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EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA:
divenuta eseguibile una sentenza (indicata nell’art.58 che ci dice
che una sentenza diventa eseguibile quando è passata in giudicato,
cioè che non possiamo dare ulteriori gradi di giudizio che noi
sappiamo esistere nel nostro ordinamento). Ci sono dei termini
entro cui una sentenza si può impugnare, trascorsi i quali la
sentenza è definitiva e non è più modificabile da nessuna autorità
125
giudiziaria. Una volta che la sentenza è divenuta definitiva può
essere eseguita.
Coloro che ottengono l’emissione del possesso temporaneo dei beni
dell’assente, possono disporre liberamente dei beni. Quindi, ciò che
era temporaneo si stabilizza; quindi con la dichiarazione di morte
presunta diventa definitivo. Tutto ciò che è temporaneo (come per
esempio l’esercizio dei diritti o la dichiarazione delle obbligazioni)
diventa definitivo.
Ma se una persona NON è morta?
Abbiamo detto che noi non abbiamo la prova diretta della morte;
semplicemente presumiamo. Sappiamo solo che per 10 anni non ha
dato sue notizie; quindi ci dobbiamo anche aspettare che la
presunzione possa essere smentita dai fatti. Nel senso che può
succedere che a un certo punto, la persona ritorna; questo è quello
che succede e viene preso in considerazione dagli articoli 66 e
seguenti i quali dicono che se ad un certo punto la persona ritorna
(o se viene data prova dell’esistenza in vita della persona), tutti i
trasferimenti patrimoniali che abbiamo fatto al momento
dell’esecuzione della sentenza della dichiarazione di morte presunta
vengono trasferiti alla persona tutto il patrimonio che sarebbe stato
traferito agli eredi nel caso in cui avrebbero ereditato gli eredi se
effettivamente fosse morto.
Questo meccanismo che prevede da un lato a chi affidare (il
curatore) e poi trasferire agli eredi il patrimonio e di ritornare
indietro sui nostri passi, il legislatore ci dice che la prima questione
è quella di assicurare anche in caso di scomparsa o morte presunta
che qualcuno amministri il patrimonio di cui il soggetto era titolare.
Perché il legislatore ce l’ha con quello che scompare?
Il legislatore cerca di reagire ad un’esigenza concreta: se sei titolare
di un patrimonio lo devi amministrare, se non sei in grado di
amministrarlo bisogna trovare qualcuno che lo faccia al tuo posto.
Temporanea ti viene data la possibilità di non perdere la titolarità
del patrimonio ma se la tua assenza dura per un arco di tempo
molto lungo (10 anni) a questo punto immaginiamo che sei morto e
126
quindi libero tutti quelli che avevano una relazione giuridica con te
e trasferisco agli eredi il tuo intero patrimonio.
E’ da ricordare che con la morte presunta viene meno anche il
vincolo coniugale! Il coniuge riacquista lo “stato libero” può
contrarre matrimonio. Però sappiamo che è una mera presunzione
questa morte perché la persona dichiarata morta potrebbe tornare
o si potrebbe dare la prova dell’esistenza in vita. E allora ecco che
viene in considerazione l’art.68 che dice che in tal caso, il
matrimonio è NULLO.
DIRITTO ALLA SALUTE
Anche nel caso della salute non abbiamo un articolo del codice
civile che espressamente ci dice che esiste questo diritto. Però noi
sappiamo anche che non possiamo guardare soltanto al codice
civile e che dobbiamo prendere in considerazione la nostra Carta
Costituzionale: già più volte abbiamo fatto riferimento all’art.32
della Costituzione.
In primo luogo bisogna fare una distinzione tra “salute” e “integrità
fiso-psichica”. Tutti noi abbiamo delle caratteristiche fisiche,
anatomiche e psichiche che ci consentono di svolgere determinate
attività nel corso della nostra giornata (camminare, svolgere
determinati sport, ecc.) e tutto questo possiamo farlo perché non
abbiamo nessun problema di carattere fiso-psichico: ma questo
significa stare in salute?
E’ una domanda che ci si pone da parecchio tempo (almeno a
partire dalla metà degli anni 70) perché (in quegli anni) per la prima
volta la nostra Giurisprudenza scopre che l’art.32 della Costituzione
non ha soltanto un valore per il legislatore; l’art.32 non è soltanto
un progetto di cui il costituente incarica il legislatore. Allora per dire
che la Repubblica tutela la salute come un diritto fondamentale per
l’individuo, la Costituzione pone una vera e propria pretesa e quindi
un diritto soggettivo in capo a tutti i cittadini che possono
pretendere il rispetto del suo diritto da parte non solo dello Stato
ma anche degli altri soggetti dell’Ordinamento. 127
Questo ha una conseguenza in quanto laddove che si trovi un diritto
soggettivo sia violato/leso da parte di un altro soggetto, ciò crea la
possibilità per la vittima di ottenere un risarcimento del danno. Fino
a quell’epoca noi riconoscevamo 2 tipologie di danni:
patrimoniale, cioè la decurtazione economica da parte di una
persona a seguito di un illecito. ESEMPIO: concorrenza sleale tra
imprenditori (che è un illecito). Questo genera come conseguenza la
perdita di ricchezza in capo alla vittima della concorrenza sleale; la
vittima potrà chiedere la reintegrazione del suo patrimonio
attraverso i pagamenti della somma di denaro corrispondente alla
perdita che ha subito. Il danno è PATRIMONIALE, cioè riguarda la
ricchezza della vittima ed è eliminabile attraverso il trasferimento
della ricchezza che è stata sottratta alla vittima.
E poi avevamo il danno non patrimoniale, cioè una lesione che
non riguardava la sfera giuridica economica del soggetto. E in quel
momento lì (1942) il danno non patrimoniale coincideva con il
“danno morale soggettivo”, ossia la sofferenza per aver patito un
fatto illecito che guarda caso era anche penalmente rilevante. Il
fatto illecito può essere o non essere penalmente rilevante; cioè, un
fatto illecito può consistere in un comportamento che da un lato
viola un diritto soggettivo della vittima e dall’altro costituisce un
reato per il codice penale. ESEMPIO: il furto. Il furto viola il diritto di
proprietà del soggetto a cui viene sottratto un bene. Ma allo stesso
tempo il furto è un reato punito dal codice penale.
Questa regola esisteva perché l’art.185 del codice penale
prevedeva (e prevede tutt’ora) che la vittima di un reato possa
chiedere il risarcimento di TUTTI i danni (plurale) che sono
conseguenza del fattO penalmente rilevante (ossia, che sono
conseguenza del reato). L’art.2059 del codice civile che si occupa
del danno non patrimoniale dice che il danno non patrimoniale è
risarcibile nei casi previsti dalla legge; quindi nell’andare alla ricerca
all’interno dell’ordinamento di una norma che prevedesse il
risarcimento di un danno non patrimoniale, questa norma del 1942
era l’art.185 del codice penale.
Quindi: da un lato il danno patrimoniale (risarcibile ai sensi
dell’art.2043 del codice civile) e dall’altro lato il danno non 128
patrimoniale (risarcibile in base all’art.2059 nei casi previsti dalla
legge; i casi previsti dalla legge nel 1942 erano i fatti penalmente
rilevanti, art.185 del codice penale).
A metà degli anni 70 invece succede che la Giurisprudenza si
accorge che ci possono essere dei danni non patrimoniali che non
hanno NIENTE a che fare con la sofferenza; questo perché, ad
esempio, hanno a che fare con la privazione di un diritto soggettivo
che non ha un contenuto economico: un caso emblematico è IL
DIRITTO ALLA SALUTE.
Il diritto alla salute è sicuramente un diritto soggettivo assoluto
perché lo dice l’art.32 che ci dice che è un diritto fondamentale
dell’individuo; è un diritto soggettivo assoluto quindi. Può essere
leso?
Certo che può essere leso. Se io aggredisco una persona o se io
investo una persona con l’auto, violo l’integrità fiso-psichica del
soggetto e l’integrità di quello stato di benessere fisico e sociale
della persona. Posso quindi chiedere il risarcimento del danno (la
vittima ovviamente)?
Questa era la questione giuridica, alla quale nel corso del tempo si
è risposto in vario modo in quanto il legislatore non ci ha detto
niente fino al 2005; all’inizio c’era chi sosteneva che non si poteva
risarcire se non nei casi di reato perché questo è quello che ci dice
l’art.2059.
Però poi si sono presentati altri casi; uno dei casi frequenti era
quello dell’incidente stradale in cui non era possibile dare la prova
diretta della colpa di chi investiva la persona. L’art.2054 ci dice che
nella circolazione dei veicoli, se non si riesce a dare la prova della
colpa di uno dei 2 conducenti, la colpa si presume al 50% in capo a
ciascuno di coloro che ha dato origine all’incidente; Il fatto che “la
colpa si presume” significa che non ho la possibilità di dare una
prova diretta della colpa e quindi io reputo che ciascuno dei 2 ha
concorso nello stesso modo (50%) al verificarsi dell’incidente
stradale. Il problema è che nel diritto penale la colpa, se è uno degli
elementi del reato, NON si può presumere! Si deve PROVARE! Per 129
cui se io non posso dare la prova (nell’ambito del diritto penale) di
questo aspetto della vicenda, l’imputato di un certo reato va assolto
se non avesse compiuto il fatto reale.
Quindi, ho 2 regole completamente opposte; nel diritto civile posso
presumere la colpa, mentre nel diritto penale la colpa non la posso
presumere! Nel diritto civile per considerare la possibilità di
condannare qualcuno al risarcimento del danno posso ricorrere alla
presunzione, mentre nel diritto penale per condannare penalmente
qualcuno non posso presumere l’esistenza di quello che si chiama
“elemento soggettivo della fattispecie penale”.
ALLORA, facendo il risarcimento al ritroso: se io so di avere il
risarcimento del danno non patrimoniale solo nei casi previsti dalla
legge. Se questi casi previsti dalla legge sono i fatti penalmente
rilevanti (art.185 del codice penale). Se nel caso degli incidenti
stradali io non posso accertare (perché è impossibile nel caso
concreto) uno degli elementi della fattispecie penale, vuol dire che
quel comportamento che ha dato origine a un danno in ambito
civile, NON può essere considerato reato! Ma se non può essere
considerato reato, non si potrebbe chiedere il risarcimento del
danno non patrimoniale.
Quindi si doveva arrivare alla conclusione che: