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Presunzioni di capacità e di colpa nella legge
La legge ha previsto delle presunzioni sia di capacità, sia di colpa: le presunzioni di causalità postulano che in determinate circostanze la lesione dell’altrui situazione è imputabile a determinate persone più che ad altre o alla causalità; le presunzioni di colpa postulano che il comportamento delle persone che hanno commesso il fatto è strettamente legato alla colpa, cioè tali soggetti non hanno tenuto un comportamento idoneo ad evitare il fatto lesivo.
- Presunzioni di causalità: l’onere della prova spetta al danneggiato che deve provare un collegamento tra l’evento lesivo e il comportamento del soggetto su cui grava la responsabilità di un determinato soggetto.
- Presunzioni di colpa: l’onere spetta al danneggiante e si parla di prova liberatoria perché il questideve provare di aver tenuto un comportamento idoneo ad evitare l’evento.
Il danneggiante può provare la sua innocenza con
varie prove liberatorie, come ad esempio la "prova di non aver potuto impedire il fatto" o la "prova di aver fatto tutto il possibile per impedire il danno" o la "prova di caso fortuito". In conclusione, la legge crea modelli di comportamento a cui le persone devono attenersi per non vedersi imputare gli eventi dannosi verificatesi in connessione con la loro attività o posizione. Le presunzioni di causalità e di colpa sono determinate su criteri probabilistici - statistici, su criteri tecnici. Il principio della colpa Critiche: Il principio personale della responsabilità è stato di recente duramente criticato: difatti, la dottrina prevalente presuppone la responsabilità anche in mancanza di colpa, perché il danneggiante, anche se dimostra di aver preso tutte le possibili misure idonee ad evitare il danno, sicuramente non ha adottato una misura ulteriore oltre a quelle in concreto adottate. Altri esempi diin assenza di colpa è necessario per garantire la tutela delle vittime di danni anonimi. In molti casi, è difficile individuare l'autore dell'evento lesivo all'interno di un'organizzazione produttiva. Pertanto, legare la responsabilità alla colpa non sarebbe sensato, considerando che la maggior parte dei danni sono anonimi. Se si dovesse sempre individuare una colpa altrui per riparare il danno causato, spesso la vittima rimarrebbe senza tutela. Inoltre, esistono anche danni inevitabili, come dimostrano le statistiche sugli incidenti di ogni genere. Nonostante la diligenza delle persone, soprattutto in determinate attività industriali e produttive, i danni si verificano comunque in grande quantità. In conclusione, un sistema di responsabilità in assenza di colpa è necessario per garantire la tutela delle vittime di danni anonimi.legato alla colpa non servirebbe a soddisfare l'esigenza fondamentale odierna, che è quella di trasferire il danno dal danneggiato su persona diversa, ma non necessariamente su chi ha causato l'evento dannoso.
Quindi, al principio generale della responsabilità del fatto illecito (art. 2043) si oppone il principio della responsabilità oggettiva, dove il soggetto risponde di un fatto lesivo anche se lo ha commesso senza dolo o colpa.
La responsabilità oggettiva si configura in molte eccezioni previste e disciplinate dal codice; essa si basa sulla sola esistenza di un rapporto di causalità tra il fatto e l'evento lesivo.
Il soggetto, a cui è imputato il fatto dannoso e sui cui grava la responsabilità oggettiva, può liberarsi dalla responsabilità provando l'imprevedibilità o l'inevitabilità dell'evento dannoso, cioè deve provare la mancanza del nesso di causalità tra il
suo comportamento e l'evento lesivo. Con questa nuova ottica di responsabilità, anche il risarcimento ha subìto delle modifiche: difatti il risarcimento, sotto questa nuova prospettiva, ha una funzione non sanzionatoria, ma riparatoria, ossia restitutoria della situazione lesa.
b. Responsabilità c.d. speciali.
Responsabilità per danno cagionato dall'incapace
In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Il dovere di sorveglianza dell'incapace si fonda non solo su un vincolo giuridico, come l'obbligo che grava sui genitori e sui tutori, ma si fonda anche su una relazione di fatto come la coabitazione, la convivenza o da una libera scelta (quale quella di accogliere l'incapace nella propria sfera personale o familiare), come ad esempio la responsabilità del
minore che grava sui nonni con i quali egli convive.Ai fini dell'applicazione dell'art. 2047 è indifferente che l'incapace sia di maggiore o minore età, in quanto ne rispondono i genitori che con lui convivono e coabitano.
Nel caso di un fatto lesivo commesso da infermo di mente, ne risponde l'azienda sanitaria che aveva l'obbligo di sorvegliarlo.
L'accertamento dello stato di incapacità di intendere e di volere non è fatto tramite precisi indicinormativi, ma tramite criteri di comune esperienza e nozioni della scienza.
Affinché il soggetto tenuto alla sorveglianza possa dimostrare la sua non responsabilità, egli può esperire la prova liberatoria con la quale dimostra che l'evento dannoso si è verificato improvvisamente mentre egli stava tenendo un normale e diligente esercizio della sorveglianza.
Nel caso in cui il danneggiato non consegue il risarcimento da parte del sorvegliante, egli
Può ottenere un'equa indennità dallo stesso incapace, autore materiale del fatto lesivo; l'indennità è misurata dal giudice tenendo conto delle condizioni economiche delle parti.
Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori, dei maestri d'arte
L'art. 2048 dispone che per il fatto illecito commesso da minori d'età non emancipati, capaci d'intendere e di volere, ne rispondono i genitori e i tutori che non abbiano fatto quanto necessario per impedire il fatto illecito del minore; responsabili, quindi, non sono solo i genitori e i tutori, ma anche gli adottanti (dato che l'adozione conferisce loro lo status di genitori), i precettori*, i maestri d'arte o di un mestiere che sono responsabili per il fatto illecito commesso dall'allievo o dell'apprendista durante il tempo nel quale sono sottoposti alla loro sorveglianza.
La responsabilità di tutti questi concorre con quella del minore.
ma è autonoma da questa. Pertanto il danneggiato può proporre azione contro i genitori, tutori, precettori, e anche contro il minore; in seguito il genitore, che ha risarcito il danno provocato dal minore, può agire in via di regresso nei confronti del figlio. Per precettore* la giurisprudenza intende sia insegnanti di scuole pubbliche e private, sia istruttori sportivi e, in genere, coloro che svolgono funzioni di vigilanza accessorie all'insegnamento, escludendo però i direttori didattici data la natura meramente amministrativa dell'attività da lui svolta. I genitori, se volessero dimostrare la loro non responsabilità, possono esperire la prova liberatoria che richiede sia una prova negativa, ossia la non possibilità di impedire il fatto, che una prova positiva, ossia occorre provare di aver svolto con adeguatezza una giusta vigilanza sul minore e di avergli impartito un'adeguata educazione. Ai fini della prova liberatoria hamolta rilevanza l'educazione impartita e non vengono tenuti in considerazione i giudizi scolastici, in quanto il minore può avere comportamenti diversi fuori e dentro la scuola. Per quanto riguarda, invece, la prova liberatoria dei precettori, ci sono 2 orientamenti: - il primo ritiene necessario che il fatto illecito dell'allievo sia stato repentino ed imprevedibile; - il secondo postula che la vigilanza del precettore non deve essere assoluta, ma relativa, cioè deve essere proporzionata alla maturazione e all'età dell'allievo. Non sono responsabili del fatto illecito commesso dall'allievo durante l'intervallo gli insegnanti che stavano operando il cambio; se il fatto illecito dell'allievo avviene durante l'ora di lezione, l'insegnante è responsabile se era assente per motivi non giustificati. Per quanto riguarda i maestri d'arte, ossia coloro che insegnano un mestiere o un'arte, sono ritenutiresponsabili dei danni causati dal minore durante l'apprendimento di una professione. Responsabilità dei padroni e dei committenti L'art. 2049 dispone che per il fatto illecito di commesso o domestico, nell'esercizio delle loro incombenze, ne rispondono i padroni e i committenti. I presupposti di tale responsabilità sono: - il fatto illecito deve essere causato dal commesso o domestico; - un rapporto di preposizione tra il padrone o i committenti e i suoi commessi o domestici; tale rapporto si può configurare in un lavoro subordinato, o in un mandato. È sufficiente che ci sia una relazione tra il commesso che agisce in una posizione di subordinazione, e il committente che ha un potere di direzione, di controllo e di sorveglianza sulla condotta e sull'operato del commesso; è escluso tra i rapporti di preposizione, che rendono applicabile l'art 2049, quello d'agenzia e quello d'appalto, perché l'agente eL'appaltatore agisce in propria autonomia assumendosi il rischio dell'opera;
un nesso di dipendenza tra il danno e le incombenze da svolgere; è sufficiente un nesso di occasionalità necessaria, cioè se le mansioni svolte dal commesso sono state tali da agevolare o favorire la produzione dell'evento dannoso. Affinché il nesso di dipendenza sia valido, è richiesto che le mansioni che si stavano svolgendo al momento del fatto, rientrino nell'attività che è stata affidata: se all'operaio, recatosi in una casa per montare delle tende, viene chiesto il piacere di aggiustare un televisore, se nell'operazione questo viene danneggiato, del fatto non ne risponde il titolare della ditta.
Per quanto riguarda l'onere della prova, se il committente o padrone vuole dimostrare la sua non responsabilità del fatto, deve provare che non vi sia un nesso fra le mansioni affidate e l'illecito commesso.
dal dipendente. Il committente, che ha risarcito il danno provocato dal commesso, può esperire azione di rivalsa contro il dipendente stesso per l'intera somma.
Ratio: trattasi di responsabilità oggettiva per