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Se il credito si prescrive il debitore non è tenuto a pagarlo, ma se paga
spontaneamente non può chiedere la ripetizione, cioè la restituzione di ciò che
ha pagato (dovere di coerenza).
Questa disposizione era stata richiamata nelle obbligazioni naturali, nelle quali
c’è incoercibilità ma una volta che il pagamento è stato fatto da un debitore
capace vi è irripetibilità.
Un altro esempio è il pagamento di un debito di gioco o in riferimento ai
coniugi.
Chi ritiene che la prescrizione sia un modo di estinzione del diritto spiega l’art. 2940
c.c. esattamente così: il credito si estingue, si estingue l’obbligo civile del debitore
che degrada all’obbligo morale.
Chi spiega la prescrizione come fonte di inaccoglibilità di una pretesa perché
tardivamente esercitata, legge il 2940 come norma relativa all’adempimento di
un’obbligazione civile il debitore che paga tardivamente adempie ad
un’obbligazione civile. Ai fini di un’obbligazione naturale occorre che il debitore paghi
spontaneamente ed in condizioni di capacità, mentre nel 2940 non si fa riferimento
alla capacità del solvens. Ciò forse accredita la seconda lettura con la conseguenza
che se è l’adempimento di un’obbligazione civile, il solvens può anche non essere
capace, perché nelle obbligazioni civili (a norma dell’art. 1191 c.c.) il debitore può
anche non essere capace perché tanto dovrebbe comunque eseguire nuovamente
adempiere una volta riacquistata la capacità o la svolgerà il tutore.
DECORRENZA DEL TERMINE DI PRESCRIZIONE (art. 2935 c.c.):
“la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto
valere”.
Es. se si tratta di un credito, il momento in cui esso può essere fatto valere coincide
con la sua esigibilità che varia a seconda della natura del termine.
La legge guarda alla possibilità giuridica di esercitare un diritto, non alla possibilità
fattuale. Per cui il termine inizia a decorrere anche se il creditore non possa di fatto
esercitare il suo diritto, per esempio perché ignora di essere creditore.
Ciò che conta è che egli possa esercitarlo per il diritto.
Il termine generale di prescrizione (che vale per tutti i diritti per i quali la legge non
prevede diversamente) è quello decennale (art. 2946 c.c.)
Vi sono poi termini di prescrizione speciali come per esempio quelli indicati per
determinati crediti all’art. 2947 c.c. che al primo comma stabilisce un termine
quinquennale per un credito a risarcimento del danno extracontrattuale (mentre il
credito a risarcimento di un danno contrattuale può nascere da un contratto e per cui
da un rapporto con una prova scritta, il credito a risarcimento di un danno da fatto
illecito può nascere da un fatto per cui non vi è una prova precostituita per cui è
congruo che sia più breve il termine per farlo valere).
Se si tratta di un credito a risarcimento del danno per circolazione stradale (art. 2054
c.c.) il termine di prescrizione indicato al secondo comma del 2947 è biennale.
In entrambe le ipotesi (extracontrattuale e circolazione stradale) se il fatto costituisce
reato ed il termine di prescrizione del reato è più lungo di quello di quello civile si
applica all’illecito civile il termine di prescrizione del reato.
Sempre in materia di crediti, è quinquennale la prescrizione del credito agli interessi
sui capitali (art. 2948 n.4 c.c.), il credito di capitale in dieci anni.
La prescrizione dei diritti reali minore è soggetta ad un termine più lungo, che è di
venti anni.
Per quanto riguarda i diritti reali di garanzia (pegno ed ipoteca) questi normalmente
non pongono un autonomo problema di prescrizione perché essendo accessori al
credito garantito si estingueranno al venir meno, eventualmente anche per
prescrizione, del credito garantito.
L’art. 2880 c.c., con riguardo all’ipoteca, stabilisce che “nei confronti del terzo
acquirente, l’immobile ipotecato, l’ipoteca si estingue per prescrizione a prescindere
dalla prescrizione del credito col decorso di venti anni dalla data di trascrizione
dell’atto di acquisto”.
CALCOLO DEL TERMINE DI PRESCRIZIONE (artt. 2962-2963 c.c.):
si applica il calendario comune (gregoriano) e due regole:
1) Dies a quo non computator in termino che significa che la prescrizione
comincia a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il diritto può essere
fatto valere.
Perciò se da oggi il credito è esigibile, da domani inizia a decorrere il termine di
prescrizione.
2) Dies ad quem computator in termino la prestazione si compie con lo spirare
dell’ultimo istante del giorno finale.
Se la scadenza si colloca in un giorno festivo, essa è prorogata di diritto al
primo giorno non festivo immediatamente successivo.
■ SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE (artt. 2941-2942 c.c.)
Essa ferma il decorso del termine prescrizionale, il quale riprenderà a decorrere da
dove si era fermato quando sarà cessato l’evento che ha provocato la sospensione.
Le cause della sospensione hanno a che fare con una inerzia giustificata del titolare
del diritto soggetto a prescrizione, che rende opportuno per la legge che il termine
prescrizionale smetta di decorrere o non inizi a decorrere.
Tali cause sono due:
1) Art. 2941 c.c. consiste in un particolare rapporto tra le parti. Ad esempio, la
prescrizione è sospesa tra i coniugi.
2) Art. 2942 c.c. dipende da una particolare condizione in cui si trova il titolare
del diritto soggetto a prescrizione. Ad esempio, la prescrizione è sospesa
contro i minori e gli interdetti per tutto il tempo in cui non hanno un
rappresentate legale e per i sei mesi successivi alla sua nomina.
Es. Tizio è creditore di Caia dal 1/1/2018 ed il suo credito si estingue il
1/1/2028. Il 1/1/2019 i due convolano a nozze, il matrimonio dura sei anni e
con il divorzio il termine del credito riprende a decorrere. Perciò c’è
sospensione solo nel periodo del matrimonio, riprende con il divorzio.
■ INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE (artt. 2943-2944 c.c.)
Dal punto di vista del meccanismo, interrompe il termine nel senso che lo azzera per
cui al venir meno del fatto interruttivo, lo stesso termine prescrizionale inizia a
decorrere da capo.
Ad esempio, sono passati 9 anni su 10 prima della prescrizione ed avviene un evento
interruttivo è come se quei nove anni non fossero mai passati e si ricomincia di
nuovo.
Le cause dell’interruzioni sono:
1) Art. 2943 c.c. compimento di un atto dell’esercizio del diritto da parte del
suo titolare.
La norma prevede due ipotesi:
Proposizione di una domanda giudiziale da parte
del titolare del diritto nei confronti del soggetto
contro il quale il diritto può essere fatto valere
(perciò atto del creditore nei confronti del
debitore).
L’atto di costituzione in mora compiuto dal
creditore nei confronti del debitore (atto
stragiudiziale).
Se l’interruzione avviene con domanda giudiziale il
termine riprende a decorrere non dalla domanda
giudiziale, ma dal passaggio in giudicato della
sentenza con la quale si conclude in giudizio.
2) Art. 2944 c.c. il riconoscimento del diritto da parte del soggetto contro il
quale il diritto può essere esercitato interrompe la prescrizione.
es. il debitore riconosce l’esistenza del credito, anche implicitamente magari
chiedendo una dilazione di pagamento.
3. (artt. 1158-1167 c.c.)
Usucapione
Si tratta dell’acquisto a titolo originario della proprietà o di diritti reali di
godimento tramite il possesso per un lasso di tempo stabilito dalla legge.
Se un soggetto possiede ad immagine di proprietà/diritto minore un bene
altrui, per il tempo stabilito dalla legge, questo soggetto ne diventa
proprietario purché il possesso abbia certe caratteristiche.
Questo istituto ha una duplice ratio:
o 1° ratio: Far coincidere la situazione di diritto (cioè la
titolarità del bene) con la situazione di fatto.
Una protratta discrasia (discrepanza/dissociazione)
tra la situazione di diritto (proprietà) e la situazione di
fatto (possesso del bene) genera incertezza nei terzi
e per il diritto non è mai un bene che l’incertezza
perduri troppo a lungo.
Per cui l’ordinamento mira ad eliminare questa
discrepanza facendo coincidere la situazione di diritto
con quella di fatto, cioè attribuendo la proprietà a chi
possiede il bene allo scopo di rimuovere l’incertezza.
Attribuendo il diritto di proprietà a chi si comporta
come proprietario e perciò stesso togliendolo a chi
ha smesso di comportarsi come tale, l’ordinamento
incentiva i soggetti ad un uso produttivo delle risorse
economiche.
o 2° ratio: Facilitare la prova del diritto di proprietà nel
giudizio di rivendicazione, nel quale l’attore per
provare di essere proprietario deve provare
un’ininterrotta catena di acquisti a domino, che
presuppone quindi un primo acquisto a titolo
originario (probatio diabolica).
Per agevolare l’onere probatorio dell’attore, gli si
consente di provare di avere maturato lui un acquisto
originario tramite usucapione.
Magari unendo al proprio possesso quello del suo
dante causa tramite gli istituti della successione o
della accessione del possesso (art. 1146 c.1-2 c.c.)
Caratteristiche che il possesso deve avere ai fini dell’usucapione (possesso
ad usucapionem); deve essere:
- nel senso che per il tempo stabilito dalla legge non deve
Continuo
cessare per fatto proprio del possessore, il quale quindi deve possedere
continuativamente senza mai smettere di farlo.
- il possesso non deve cessare per circostanze esterne al
Ininterrotto
possessore o per fatto del terzo. Il possesso quindi si considera
interrotto in due ipotesi:
o Quando il possessore venga spossessato o
comunque subisca la perdita del possesso.
Se viene spossessato da un terzo, il possessore
ha l’onere di tutelare il suo possesso con
l’azione di reintegrazione entro un anno dallo
spoglio; se non viene intrapresa questa azione
il possesso si considera interrotto.
Se dovesse riiniziare a possedere dopo l’anno,
il possesso inizierà a decorrere da capo.
Se agisce tempestivamente (entro un anno) e
la sua domanda viene accolta, il possesso si
considera come se non fosse mai stato
interrotto.
o Consiste nella proposizione da parte del
proprietario della domanda giudiziale di
rivendica, che appunto ha l’effetto di
interrompere il possesso ad usucapionem.
- il possesso no