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ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO
INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO (ermeneutica):
1) Disposizione: costituisce un enunciato linguistico contenente un determinato precetto;
2) Norma: significato che l’interprete ricava dalla disposizione.
3) Ad una stessa disposizione posso corrispondere più norme a seconda di come le si
interpretano.
• Questo vale in tutti i fenomeni umani poiché qualunque testo scritto non ha un significato
precostituito.
• I testi normativi devono essere interpretati utilizzando criteri di interpretazione prestabiliti
dall’ordinamento stesso allo scopo di garantire la certezza delle interpretazioni.
• Ogni disposizione normativa deve essere interpretata, il significato non è precostituito.
• L’interpretazione è tanto più importante quanto più l’enunciato è vago o ambiguo.
• Se un enunciato è chiaro deve comunque essere interpretato.
CRITERI DI INTERPRETAZIONE
• Criterio letterale: attenersi alla lettera, dare a ciascuna parola il proprio significato ma non
fermarsi al significato letterale ma calano il significato delle singole parole nel contesto
dell’enunciato;
• Criterio logico: prende spunto dall’intenzione del legislatore che non va inteso in senso
psicologico ma come scopo ragionevolmente perseguito dal legislatore attraverso quella
disposizione. Quindi è un interpretazione teleologica o finalistica. Lo scopo perseguito dal
legislatore è la RATIO IURIS (ragione d’essere della norma). Per comprendere lo scopo
bisogna ricostruire i lavori parlamentari e capire la OCCASIO LEGIS (occasione che ha
determinato l’approvazione della legge), senza fermarsi però a questo perché la norma
acquista un significato che in parte si distacca dall’intenzione originaria del legislatore ma si
oggettiva. Quindi l’intento è anche sistematico: dare ad una disposizione il significato.
• Criterio evolutivo: l’interprete deve attribuire ad una disposizione il significato più coerente
con l’evoluzione ne tempo dell’ordinamento giuridico, in particolare il significato più
conforme ai principi costituzionali e al diritto dell’UE. Cerca di estrarre dalla disposizione
una norma più adatta all’evolversi della società. Accade quindi che nel corso del tempo si
ricavi da essa norme diverse perché l’ordinamento evolve e di conseguenza evolvono anche
le coordinate di fondo attraverso le quali fa interpretazione
• Es. art. 2087- oggi nel concetto di integrità e salute si comprende anche la salute psiica
dunque questa norma può essere interpretata nel senso di rendere responsabile il datore di
lavoro per quelle vessazioni psicologiche che egli stesso o altri suoi dipendenti pongono in
essere nei confronti del dipendente e che prendono il nome di mobbing.
• L’esito dell’interpretazione può essere:
• un’interpretazione dichiarativa: quando si attribuisce alla disposizione un significato
corrispondente a quello che si ricava applicando il solo criterio letterale;
• un’interpretazione estensiva: quando si attribuisce alla disposizione un significato più ampio
di quello che si ricaverebbe applicando il solo criterio letterale;
• un’interpretazione restrittiva: viceversa all’interpretazione estensiva.
• Può essere che il giudice non trovi una disposizione adatta a regolare il caso che deve
decidere.
• L’alternativa possibile è colmare la lacuna: l’ordinamento impone al giudice di operare in
prima battuta una analogia legis e se questa non fosse possibile una analogia iuris. Il giudice
quindi cerca all’interno dell’ordinamento disposizioni che reggono casi simili o analoghi e
procede ad una applicazione analogica al caso oggetto di decisione. Ovviamente il giudice
deve ritenere che il caso da decidere meriti di essere assoggettato alla stessa ratio iuris della
disposizione che regola il caso simile o materia analoga (ubi eadem ratio, ibi eadem iuris
disposito).
• Se quest’ultima non c’è si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico
italiano cosiddetta analogia iuris.
• Il giudice applica una norma senza disposizioni, una norma che non trova corrispondenza in
un determinato testo scritto.
• Alla fine l’ordinamento giuridico non è completo perché possono esserci lacune ma è
completabile dall’interno attraverso una auto-integrazione.
• Esistono tecniche argomentative per prevenire le lacune:
1. Argomento a contrario: questo argomento consiste nel dire che data nell’ordinamento una
norma che da una determinata qualificazione giuridica ha dei soggetti deve escludersi che vi
sia una norma che dia la stessa qualificazione giuridica a tutti gli altri soggetti (art.18: i
cittadini hanno diritto di associarsi liberamente. Questa norma attribuisce ai cittadini il
diritto di associarsi,applicando l’argomento al contrario deve escludersi che lo stesso diritto
sia attribuito agli stranieri).
2. Argomento a fortiori (a maggior ragione): fa si che data una norma che da una certa
qualificazione giuridica a determinati soggetti, la stessa norma debba essere estesaa tutti gli
altri soggetti che si trovino in una situazione tale da meritare a maggior ragione lo stesso
trattamento giuridico (es. Se si è possessori di gatti bisogna pagare un imposta al comune di
residenza e Tizio possiede una tigre. Applicando l’argomento al contrario bisogna escludere
che questo diritto venga applicato anche ad altri animali-UBI LEX VOLUIT, DIXIT. UBI
NOLUIT, TACUIT= se la legge non l’ha detto, non l’ha voluto. Applicando l’argomento a
fortiori, la tigre essendo un felino deve pagare a maggior ragione quest’imposta).
• Usando questi argomenti preveniamo comunque la lacuna.
• Art. 14: le leggi penali e le leggi eccezionali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse
considerati, quindi non sono suscettibili di applicazione analogica. Il che significa che se nel
diritto penale si ravvisa una lacuna non la si può colmare applicando analogicamente una
norma incriminatrice che prevede come reato un fatto simile con la conseguenza che il fatto
non previsti come reato non è reato. La ratio di ciò è la tutela della certezza del diritto e della
libertà personale.
• Le norme penali oltre che retroattive sono anche tassative. Non si applicano al di fuori dei
casi in esse espressamente considerati.
• L’interpretazione del diritto può essere:
• autentica: fatta dal legislatore stesso attraverso leggi di interpretazione autentica, cioè leggi
che impongono di attribuire ad altre disposizioni di legge un determinato significato,
soprattutto quando si sono riscontati gravi dubbi interpretativi quindi forte incertezza.
Questa disposizione quindi vincola tutti gli interpreti ad interpretarla i quel modo. Queste
leggi sono retroattive perché impongono di dare quel significato sin da quando la
disposizione interpretata è andata in vigore;
• amministrativa: quando è operata dagli organi della pubblica amministrazione nelle materie
del quale essi sono competenti attraverso circolari amministrative che vincolano
l’amministrazione stessa ma non vincolano i giudici;
• giudiziaria: compiuta dai giudici che in presenza di un’interpretazione costante e uniforme si
può dire che si forma una giurisprudenza a riguardo che costituisce il diritto vivente;
• dottrinale: quando è compiuta dalla dottrina, cioè dalla comunità scientifica di studiosi del
diritto composta dai professori universitari che attraverso la ricerca cercano di inquadrare il
diritto sistematicamente.
Soggettivita’ giuridica, capacità giuridica, capacità di agire
• Principio di uguaglianza: enunciato all’art. 3 della costituzione, secondo il quale tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di
sesso, razza, lingua, religione, etc. Questa norma enuncia il principio di uguaglianza in senso
formale (uguale soggezione di tutti alla legge, di conseguenza vi è un divieto di
discriminazione sulla base di criteri come ad esempio il sesso, razza, lingua, etc.), mentre
l’art. 2 parla dell’uguaglianza in senso sostanziale. La precondizione perché tutti siano
uguali davanti alla legge è che tuti siano soggetti di diritto, cioè siano dotati di soggettività
giuridica intesa come la ido verità o attitudine ad essere titolari di situazioni giuridiche
soggettive che possiamo esprimere come titolari di diritti e doveri.
• Oggi la soggettività giuridica è riconosciuta alla persona umana detta anche persona fisica
per distinguerla dagli enti collettivi cioè organizzazioni di persone che perseguono
determinati scopi.
• L’ordinamento nega invece la soggettività giuridica non solo alle cose inanimate ma pure ai
vegetali e animali, i quali al pari delle cose sono beni-cosa.
• Il nostro codice civile non parla di soggettività giuridica ma di capacità giuridica (art. 1,
secondo il quale la capacità giuridica dal momento della nascita).
• Alcuni ritengono che soggettività e capacità giuridica coincidono ma sono concetti distinti.
• La soggettività giuridica spetta anche al concepito ed esprime l’idoneità dell’essere umano
ad essere titolare di situazioni soggettive di natura personale, mentre la capacità giuridica
spetta alla persona umana ed esprime la idoneità di questa ad essere titolare di situazioni
soggettive di natura patrimoniale.
• A partire dagli anni ‘70 si è diffuso il convincimento che anche il concepito sia titolare di
diritti fondamentali o inviolabili primo tra tuti il diritto di nascita e a nascere sano. Lo ha
chiarito un’importante sentenza della Corte Costituzionale numero 27 del 1975, la quale ha
ritenuto che la vita umana inizi a decorrere a partire dal concepimento e si distingue dalla
persone che è l’essere umano già nato.
• Perché il concepito sia titolare di diritti inviolabili a precondizione è che sia un soggetto
giuridico.
• L’art. 1 della Costituzione attribuisce la capacità giuridica a partire dalla nascita, quindi in
conclusione il concepito pur no avendo ancora capacità giuridica che acquisterà solo a
partire dalla nascita ha sin dall’inizio soggettività giuridica.
• Con la nascita diventato persona più in là acquista anche la capacità giuridica che esprime
l’idoneità ad essere titolare a situazione soggettive patrimoniali.
• Il fatto che il concepito sia soggetto di diritto non significa che il suo diritto principale