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IL PRESUPPOSTO DELLE CLAUSOLE ABUSIVE
Il presupposto della vessatorietà, nel sistema del codice del consumo è un sistema particolarissimo, perché per un verso enuncia una nozione
generale e ampia, cioè è abusiva quella clausola che determina nel regolamento contrattuale un eccessivo squilibrio di diritti e di doveri, laddove
per diritti e per doveri si allude a quella che abbiamo chiamato componente prelativa, ovvero a tutte quelle prerogative generali che in un
regolamento contrattuale sono state introdotte e che laddove introdotte comportano un sbilanciamento del regolamento a favore del soggetto che se
ne avvantaggia. E in riferimento al concetto di “malgrado la buonafede” che vi sono state molte perplessità perché c’è chi l’ha detta in termini
soggettivistici (buonafede in senso soggettivo), cioè quella consapevolezza del professionista di agire a svantaggio del consumatore e chi, invece,
reputa il concetto di “malgrado la buonafede” che vada riferito alla buonafede oggettiva, ossia quella regola di condotta che governa tutte quelle fasi
di svolgimento contrattuale. In tutto questo, si innesta, quella che la legge chiama “presunzione di vessatorietà”, ossia quell’elenco di clausole
presuntivamente abusive, vale a dire quelle clausole che di per sé determinano uno squilibrio. Non significa che la presunzione è presunta per la
semplice ragione che la presunzione è un mezzo di prova critica…la prova deriva da fatti. La vessatorietà non è un fatto, ma è una qualificazione
che si accerta, si constata…quindi, applicare la categoria della presunzione collegata ad una qualificazione giuridica è un assurdo, e se volessimo
adoperare un termine giusto, dovremmo dire che: in tutte una serie di clausole, previste dal legislatore il contenuto va considerato di per sé abusivo,
salvo che non si provi che quella singola clausola non genera lo squilibrio. Abbiamo determinate clausole il cui contenuto è in larga misura
squilibrante ma dal momento che il carattere abusivo della clausola, viene considerato separatamente, quindi il carattere abusivo della clausola si
determina anche confrontando la singola clausola con tutte le altre clausole del regolamento contrattuale. Una clausola che rientra nel comma2
dell’art.33 del codice del consumo, e che quindi in astratto è squilibrante, in concreto, tenuto conto dal regolamento che in alcuni potrebbe essere
vantaggiosa per il consumatore, potrebbe non attuare quell’eccessivo squilibro di cui parla il codice del consumo. E quindi, la valutazione di
vessatorietà, va determinato tenuto conto di tutto il regolamento contrattuale. Il carattere della clausola vessatoria è intrinsecamente squilibrante,
che va valutato concretamente alla luce dell’intero regolamento contrattuale.
Il catalogo delle clausole non porta ad un automatismo, tale per cui, se quella clausola rientra tra quelle previste dall’art.33 comma2 del codice del
consumo allora ipso jure (per la legge stessa), solo per questo siamo di fronte ad un contratto perché questa valutazione va compiuta. Le norme
sull’interpretazione del contratto, uno dei canoni interpretativi necessari è quello secondo cui la clausola va letta in combinato disposto con l’intero
regolamento contrattuale, la cui valutazione non può avvenire tramite interpretazioni isolate dei singoli frammenti del regolamento contrattuale.
EQUIVOCO: l’art.34 del codice del consumo, prevede una regolamentazione della non abusività che ha indotto una dottrina a creare un equivoco, e
cioè: se la singola clausola è oggetto di trattative individuali ciò impedisce alla clausola di avere il connotata dell’abusività, cioè la qualificazione di
abusività viene meno se, nonostante il contenuto squilibrante di essa, si accetti che la singola clausola è frutto di una trattativa individuale, è frutto
di una trattazione. E l’equivoco è legato al fatto che gli autori inseriscono il requisito della trattativa individuale nell’ambito del giudizio di
vessatorietà. Mentre una dottrina minoritaria dice che la circostanza che singola clausola è stata individualmente contrattata non incide sul carattere
di vessatorietà, ma rappresenta una condizione che esclude l’applicazione degli art.33 e ss. del codice del consumo. L’aver contrattato la clausola,
fa sì che essa, che potrebbe essere abusiva, va sottratta all’applicazione degli art.33 e ss. Una clausola che determina un eccessivo squilibrio tra
diritti e doveri è abusiva per il semplice fatto che determina un eccessivo squilibrio di diritti e doveri, e questo squilibrio non viene meno soltanto
perché la clausola è stata individualmente contrattata, e l’abusività permane ed è esclusivamente legata al fatto che tramite quella clausola si
determina questo squilibrio, e quindi, contrattata o non contrattata che sia, una clausola è abusiva, soltanto se determina lo squilibrio… ma se
contratta specificatamente è sottratta all’applicazione degli art.33 e ss., perché fulminano quelle clausole squilibranti e unilateralmente presupposte.
Gli art.33 e ss. si applicano sul presupposto che:
• il regolamento contrattuale sia frutto dell’unilaterale predisposizione ad opera del professionista;
• e sul presupposto che essa sia abusiva e cioè che crea squilibrio, a prescindere dal fatto o meno che sia stata contrattata.
Ma non dobbiamo cadere in errore sul fatto che il regolamento contrattuale sia unilateralmente predisposto soltanto nell’ipotesi in cui si ricorre alla
tecnica di conclusione per moduli e formulari. Non è così! Quando il regolamento contrattuale è affidato alle tecniche predisposte negli Art.1341
Condizioni generali di contratto e Art.1342 Contratto concluso mediante moduli o formulari del c.c. ci troviamo di fronte ad un testo unilateralmente
predisposto…ma vi sono altri casi.
ESEMPIO: un contratto che non sia concluso tramite moduli e formulari, ciò nonostante potrebbe essere unilateralmente predisposto perché il
professionista ha inciso in maniera esclusiva nella predisposizione del testo contrattuale, e la forza contrattuale di cui gode il professionista a
discapito del consumatore, quella forza che deriva da diversi fattori.
È questa forma di debolezza contrattuale a far sì che anche un contratto concluso senza moduli e formulari possa essere in concreto frutto della
unilaterale predisposizione da parte del professionista. Se noi dicessimo che un contratto è unilateralmente predisposto soltanto quando si ricorre a
moduli e formulari noi creeremmo presupposti per il professionista di aggirare la norma, perché basterebbe che un impresa assicuratrice o una
banca stipuli contratti individualizzati, che però nella sostanza introducono il medesimo contenuto senza ricorrere a modelli prestampati per essere
automaticamente sottratti all’applicazione agli art.33 e ss. ed è un’assurdità!...perché lo spirito che contraddistingue gli art.33 e ss. rispetto gli
art.1341 e art.1342 del c.c., è proprio quello di affidare la tutela ad un meccanismo molto più duttile e sostanzialistico, rispetto la disciplina delle
condizioni generali di contratto del c.c., in quanto, la tutela del consumatore è affidata alla doppia sottoscrizione, che non è una garanzia di alcun
ché, che stabilisce che si iscrivano le clausole vessatorie senza quella ponderazione che la sottoscrizione apposita dovrebbe stimolare. Quindi ad
una tutela formale, quella degli art.1341 e art.1342 del c.c., si affianca una tutela sostanziale con gli art.33 e ss. del codice del consumo.
Moduli e formulari non sono finalizzati soltanto alla predisposizione del testo, perché c’è una norma che dice che il ricorso a moduli e formulari
implichi l’unilaterale predisposizione del testo. (art.1342 c.c. Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per
disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o
del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate)
SCOPO DEL RICORDO A MODULI E FORMULARI: regolare in maniera tendenzialmente unitaria una serie indefinita di contratti. Si potrebbe
verificare che il consumatore abbia la forza di imporre all’imprenditore una regolamentazione non uniforme al contenuto del formulario, allora in
questo caso, il ricorso al formulario non implicherà l’unilaterale predisposizione. Il fatto che non si ricorre a moduli e formulari non è indice del fatto
che quel testo sia frutto di una contrattazione autentica, perché nonostante la predisposizione di questi testi prestampati, si può verificare che il
professionista sia l’unico soggetto in grado di determinare il contenuto del contratto e che il consumatore si limiti a fare lo spettatore, salvo
quell’ultimo atto di autonomia privata che è l’adesione. Perché come dicono Irti e Oppo, aderire ad un contratto unilateralmente predisposto
costituisce pur sempre un atto di autonomia privata, meno corposo di partecipare alla stesura del testo, ma comunque fondamentale per la
conclusione.
Il PRESUPPOSTO è l’unilaterale predisposizione da parte del consumatore.
Tutto questo è stato oggetto di un’ordinanza della Corte Civile del 20 marzo 2010 n 6802…(In tema di tutela del consumatore, per escludere
l’applicabilità della relativa disciplina recata dagli artt. 33 e ss. del d.lgs. n. 206 del 2005, specificamente invocata dal consumatore per radicare la
competenza territoriale nel foro suo proprio, il professionista deve provare che la clausola contrattuale derogatoria di detto foro (art.33, comma 2,
lett. u) è stata oggetto di puntuale trattativa, ovvero deve fornire prova idonea a vincere la presunzione di vessatorietà della clausola medesima.). È
un’ordinanza e non una sentenza perché si tratta di un regolamento di giurisdizione, quando un soggetto contesta la competenza territoriale o di
competenza del giudice, e solleva la questione, questione pregiudiziale, dicendo “giudice io contesto che tu sia il soggetto che hai competenza a
decidere questa controversia perché non ti spetta territorialmente o perché non ti spetta per materia”. Ad esempio il foro del consumatore, ai sensi
dell’art.33 del codice del consumo, stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio
elettivo del consumatore. Questo contratto è un contratto di appalto, che vedeva contrapposti una società edile e un consumatore (architetto, che
sulla carta sarebbe un professionista). Le parti convengono che per ogni controversia il foro competente è il foro di Trento. Clausola che deroga il
foro a favore dell’appaltatore, perché