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Il contratto è un tentativo di mediare, di comporre degli interessi che in
partenza sono contrapposti; quando stipuliamo un contratto, realizziamo
attraverso un gioco di trattative di realizzare il nostro interesse egoistico, si
cerca di guadagnare una posizione migliore, si cerca di ottenere le condizioni
più favorevoli. Su entrambi i contraenti incombe il dovere di comportarsi
secondo correttezza, anche chiamato “criterio secondo buona fede oggettiva”,
ma non è detto che ciò accada, molto spesso, infatti, un contraente può
approfittarsi della situazione di minore capacità, di minore preparazione, di
minore cultura, di minore informazione della controparte, talvolta può abusare
del proprio potere contrattuale e quindi siamo di fronte ad una serie di squilibri,
di situazioni sbilanciate, che si traducono in un testo contrattuale che può
presentare delle criticità e allora ecco che il presupposto dell’interpretazione è
un conflitto di interessi, un contrasto e dunque una lite, un contrasto che si
traduce in una lite giudiziaria.
Talvolta tra le parti si può scegliere una diversa interpretazione del contratto;
quando, invece, si è in conflitto ci si rivolge ad un giudice e lì emergono tutte le
problematiche relative, talvolta, alla vaghezza, all’indeterminatezza dei
significati. Leggere, interpretare un testo, significa innanzitutto collegare le
parole da un punto di vista logico-linguistico, rendersi conto come sono
grammaticalmente costruite le frasi e questa è già una fase impegnativa molto
più di quanto possa apparire. A quelle parole molto spesso corrispondenti ad un
linguaggio comune, ad un significato comune, si aggiunge la comprensione dei
significati tecnici, specialistici. Occorre conferire un significato che è quello
giuridico.
Come procede il giudice?
Si trova di fronte il testo, deve leggerlo, cercare di comprenderne il significato e
chiarire quale è il senso giuridico di ciò che è accaduto o che avrebbe dovuto
avere un certo percorso che in realtà è stato deviato per una serie di motivi. Il
giudice si vale di regole, i suoi strumenti sono le norme, partendo soprattutto
dal Codice.
Cosa deve fare?
Il giudice si trova di fronte a due pretendenti; la controparte ha una lettura
completamente diversa o che magari denuncia un abuso, un approfittamento,
oppure semplicemente un inadempimento, un ritardo nel pagamento della
prestazione.
Il giudice dovrà innanzitutto ricostruire la fattispecie concreta; il giudice non è
testimone oculare di quello che è accaduto. Il contratto sotto il suo profilo
fattuale è un accadimento storico, si è esaurito. Il giudice dovrà ricostruire il
fatto, ciò che è accaduto sulla base di ciò le parti gli propongono, la
ricostruzione che viene rappresentata innanzitutto delle parti e già qui ci
possono essere delle diversità notevoli, ci possono essere delle testimonianze,
una serie di dati che fanno riferimento a delle memorie scritte, dei documenti
portati come prove di ciò accaduto.
Naturalmente, la prima cosa che il giudice dovrebbe ricevere è il testo
contrattuale, il contratto stipulato dai contraenti. Insieme ci sono il testo
contrattuale e un fatto, un accadimento e allora il giudice non interpreta solo e
soltanto il documento contrattuale, ma deve ricostruire anche ciò che è
accaduto, anche il fatto e deve attribuire a quest’atto e a quel documento
contrattuale il suo corretto valore, deve comprendere ciò che emerge da quel
documento contrattuale e perciò che quel documento vale per, vale per è una
finalizzazione e ci fa comprendere che quel documento ha una valenza
teleologica, è stato organizzato, programmato per raggiungere uno scopo, un
obiettivo. Il giudice dovrà interrogarsi su quali sono gli scopi delle parti, che
possono emergere dal testo contrattuale, che è una rappresentazione di
interessi, è un regolamento di interessi.
Se si tratta di un contratto di vendita, è evidente che emerge un forte interesse
di un soggetto ad acquisire un bene per conservarlo, quindi quel soggetto è
disposto a privarsi di una parte del proprio patrimonio per pagare un prezzo,
per titolarità di diritto su quel bene; emerge un interesse a conseguire un bene
e dall’altra parte un interesse ad acquisire una somma di denaro; emerge una
serie di interessi che vanno qualificati secondo delle regole giuridiche; allora il
giudice dovrà comprendere il senso di ciò che è accaduto, il senso del testo
contrattuale e dovrà in questo modo avvicinarsi progressivamente alla
ricostruzione di una regola, di una normativa contrattuale. Egli dovrà
comprendere quali sono le norme che si applicano a quel caso concreto. Dovrà,
per esempio, se ritiene che quella fattispecie è inquadrabile, qualificabile come
compravendita, come contratto di mutuo, come un qualsiasi contratto, che sia
già predefinito dal legislatore o sia anche innovativo, un contratto atipico, ma
dovrà cercare di qualificarlo per individuare la normativa da applicare a quella
fattispecie e dovrà immaginare a ciò che è accaduto e a ciò che è stato
dichiarato, quindi racchiuso, in un testo contrattuale e applicare quindi la
disciplina del contratto di compravendita perché ha qualificato quella
fattispecie come vendita, potrebbe però pensare che ricostruendo in maniera
più attenta il gioco degli interessi, per esempio, il prezzo dichiarato sia un
prezzo irrisorio per un bene che ha un valore elevato, il prezzo stabilito è molto
basso e allora ciò che equivarrebbe secondo la dichiarazione delle parti ad una
compravendita (il giudice ottiene delle linee di massima dalle parti, ma non si
ferma, non è vincolato a ciò che le parti dichiarano, deve andare oltre, deve
ricostruire il corretto, autentico, significato di ciò è accaduto, di ciò che è
dichiarato e allora si svincola da ciò che le parti hanno inteso, o vorrebbero che
così fosse inteso e magari valuta che quel prezzo sia molto basso e dunque il
vero interesse delle parti è tutt’altro), in realtà si tratterebbe di una fattispecie
diversa, potrebbe anche qualificarsi come una donazione.
Ciò che le parti fanno viene spesso qualificato in maniera completamente
diversa all’esito del procedimento interpretativo, molto spesso le parti
nascondono la propria reale volontà.
L’attività interpretativa presenta un procedimento, una procedura ermeneutica
(quando si parla di ermeneutica, si intende la teoria/scienza/metodologia
dell’interpretazione ed ermeneusi come atto interpretativo).
Il giudice si ritrova davanti agli occhi per individuare la normativa nel caso
concreto. Ad esempio, chi si è impegnato a comprare un immobile in
costruzione, potrebbe correttamente pretendere dal costruttore di verificare lo
stato di avanzamento dei lavori, di controllare quell’attività, ma nella disciplina
del contratto di compravendita non troviamo una norma che preveda il potere
di controllo, quindi potrebbe trattarsi di un appalto.
L’ordinamento giuridico è complesso e va tutto indagato nella sua unitarietà. Il
nostro Codice Civile è del 1942. Un legislatore nel tentativo riuscito di mediare,
durante il fascismo, cerca di aprire ad una serie di stati sociali, che erano già
recepiti dai giudici sensibili. Il legislatore è chiamato a codificare. Un noto
studioso del tempo, Cesare Grassetti, studia altre codificazioni che avevano
influenza sulla nostra scienza giuridica e recupera la tradizione del Codice
francese e l’adatta alle esigenze del nostro sistema, in particolar modo,
recupera e aggiorna il gradualismo, il cosiddetto principio del gradualismo delle
regole interpretative, cioè con una ricostruzione brillante, che viene totalmente
recepita dal legislatore e ne esce fuori un procedimento ermeneutico che si
compone di una successione secondo fasi, due fasi fondamentali:
interpretazione soggettiva e interpretazione oggettiva.
Erano tempi ancora dominati da una visione volontaristica, al centro della
materia giuridica-civilistica, ma in particolar modo contrattuale, rimaneva pur
sempre un dato originario, quello della centralità della volontà, un dato
Ottocentesco che ha trovato la propria maggiore enfasi nella tradizione della
cosiddetta pandettistica tedesca, della scienza giuridica tedesca, sfociata in
una compilazione del Codice Civile tedesco. Il soggetto è il protagonista di ogni
attività e l’enfasi è portata sulla manifestazione della propria volontà, che è il
cuore anche della disciplina giuridica, che si preoccupa di assicurare la
cosiddetta “volontà vera” come dato psicologico, è un fatto psicologico, che va
ricostruito.
Molto presto, agli occhi di una scienza giuridica più evoluta, quel dato
psicologico è apparso sempre più sfuggente, sempre più difficile da cogliere,
perché in realtà molto spesso le parti non esternano più di tanto, o non lo fanno
per tanti motivi (mancanza di cognizioni tecniche), ma molto spesso per scelta,
talvolta per furbizia, per precostituirsi i mezzi e gli strumenti per poi ottenere
delle conseguenze più favorevoli.
La lite giudiziaria è alla base del contratto ed è testimonianza di una visione
contrattuale, non solidaristica, non di un contratto tra eguali, tra contraenti di
pari forza contrattuale e che si rispettano come dovrebbe essere. La visione più
diffusa è quella antagonistica; il contratto è teatro di scontro ed è esso stesso
una composizione di interessi.
Se il dato puramente volontaristico è sfuggente, che cosa deve indagare il
giudice? Deve indagare ciò che è stato dichiarato, ciò che è stato quindi portato
all’esterno, ciò che fuoriesce dalla volontà interna, che è un dato originario, ma
di difficilissima comprensione; ciò che emerge è il testo contrattuale, che è una
dichiarazione, è ciò che all’esterno è stato dichiarato e allora per il giudice (e
quindi per il regolamento) il contratto rileverà ciò che è il proprio valore di
precetto, di regola contrattuale, frutto sintesi di una dichiarazione (anzi di più
dichiarazioni).
Agli occhi di Grassetti e alla tradizione francese, recepita unitaria, per
ricostruire il dichiarato, occorre innanzitutto indagare il significato del contratto
attraverso gli strumenti di cosiddetta interpretazione soggettiva, definita la
comune intenzione dei contraenti.
Uno dei padri della sci