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CAPITOLO TERZO – IL DANNO AMBIENTALE: PROFILI DI RESPONSABILITA’ E (POSSIBILI)

TUTELE (C.BALDASSARRE)

La difficile costruzione del concetto di ambiente in senso giuridico

L’analisi del diritto ambientale avviene tramite due approcci diversi: da un lato troviamo autori che,

conoscendo bene la nozione di ambiente, ne cercano una definizione in ambito giuridico, mentre dall’altro

vi sono quelli che si limitano, per così dire, a riscontrare la disomogeneità e l’inadeguatezza della normativa

legislativa in materia di ambiente.

E’ possibile, però, un terzo approccio, posto in essere da chi cerca ci far coincidere la teoria dei sistemi

complessi che formano l’ambiente ed un sistema giuridico volto a tutelare tale complessità. La teoria dei

sistemi complessi, giusto per capirci, prevede che l’approccio ad un sistema provenga dallo studio di più

discipline che si vanno ad intersecare tra loro ed il terzo approccio cui abbiamo fatto cenno tende,

appunto, a garantire il rifiuto della nozione unitaria di ambiente.

I vari aspetti del sistema complesso “ambiente”, in realtà, devono essere descritti come unitari, ma

partendo da una distinzione logica tra elementi, tra oggetti eterogenei: tale concetto, tra l’altro, va preso in

considerazione proprio in relazione all’uomo, in quanto il diritto dell’ambiente è, soprattutto, “diritto

fondamentale dell’uomo alla fruizione dell’ambiente”.

Nel panorama legislativo, tanto italiano quanto comunitario, assistiamo all’emanazione di due tipi di

norme: il primo tipo prende in considerazione le risorse naturali come componenti dell’ecosistema da cui si

originano flussi di beni e servizi (insuscettibili di appropriazione esclusiva), mentre il secondo analizza le

stesse risorse naturali come punto di partenza di attività trasformative dell’uomo, volte ad originare utilità

economiche e sociali. Tale bipartizione appare utile, tra l’altro, per distinguere due tipologie di danno

ambientale, quello intrinseco e quello estrinseco. 34

L’unico problema rimane quello di trasporre in categorie giuridiche il concetto di risorse naturali: tale

dilemma, tuttavia, viene affrontato in tutti i sistemi giuridici col medesimo approccio, ossia partendo dalla

percezione del territorio come bene comune, frutto della somma dei singoli beni che lo compongono

(acqua, suolo, foreste ecc.).

Il diritto all’ambiente, dunque, risulta come espressione di una molteplicità di situazioni soggettive,

protette diversamente da ogni ordinamento.

La tutela dell’ambiente nel contesto europeo ed internazionale

L’esigenza di tutela dell’ambiente è cresciuta notevolmente, col passare del tempo, all’interno dei vari

livelli ordinamentali (nazionale, comunitario ed internazionale) con un procedimento inverso rispetto a

quello tradizionale: solitamente per la tutela di un interesse si parte dagli ordinamenti nazionali per poi

estendere tale normativa in ambito europeo ed internazionale. Per la normativa in materia di ambiente è

avvenuto l’esatto contrario, in quanto si è partiti da una legislazione estesa per poi giungere a quella dei

singoli Stati.

In ambito comunitario sono ben otto le norme dedicate, all’interno del vecchio TCE oggi divenuto TFUE,

all’ambiente, due i riferimenti nel più importante TUE e 6 i Piani d’azione comunitaria in merito al tema

trattato. Vi sono poi una moltitudine di regolamenti, direttive e pronunce della Corte di Giustizia

dell’Unione Europea, così come anche la Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza nel 2000, tutela

l’ambiente.

Una mole di provvedimenti così corposa si è fatta sentire, ovviamente, anche nei singoli ordinamenti, i

quali si sono mostrati sul tema dell’ambiente molto più “vitali e dinamici” rispetto ad altri campi. Ed anzi,

occorre sottolineare come nella fase di elaborazione del diritto comunitario, detta “ascendente”, i singoli

Stati abbiano spesso fatto sentire il proprio peso condizionando i testi approvati, per facilitare a se stessi il

lavoro nella fase “discendente”, ossia quella di applicazione del diritto europeo.

In Italia, tra l’altro, nel 2001 si è avuta la modifica del titolo V della Costituzione, inerentemente alla

ripartizione di competenze tra Stati e regioni, toccando anche il tema dell’ambiente.

In ambito internazionale sono addirittura 9.000 i trattati in merito alla tutela del sistema ambientale, volti

ad assicurare una protezione globale e ad arginare il deterioramento dell’ecosistema. Punto di partenza è

stata sicuramente la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (UNCHE),tenutasi a Stoccolma

nel 1972.

La protezione dell’ambiente e gli strumenti del diritto privato

La legislazione in materia di tutela dell’ambiente è partita dagli Stati Uniti all’inizio degli anni Settanta, con

il National Environmental Policy Act (NEPA), attento più che altro alle implicazioni economiche di un danno

all’ambiente. Nel decennio successivo anche la CEE ha recepito un modello simile e, tramite quest’ultimo,

la disciplina in materia si è estesa ai singoli Stati membri, tra cui l’Italia. In quegli anni, però, il tema delle

problematiche ambientali è stato più che altro focalizzato su una funzione riparatoria del danno già

procurato al sistema, sebbene vi sia stato un tentativo di rendere la responsabilità civile strumento di

politica ambientale finalizzato alla lotto contro l’inquinamento ed alla prevenzione del danno. Tale

tendenza ha riguardato tanto i Paesi di common law, quanto quelli di civil law.

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E’ a partire dagli anni Novanta, però, che si è affermata una prospettiva di prevenzione dei disastri

ambientali, sfruttando tanto il diritto pubblico quanto, soprattutto, il diritto privato. Si è partiti dal

presupposto che il danno ambientale procuri una lesione individuale del diritto alla salute e del diritto di

proprietà, oltre che un “guaio” collettivo. Abbracciando questa linea di pensiero gli USA hanno ricondotto

particolari tipi di danno da inquinamento entro il sistema dei torts, processo poi seguito in Germania ed

anche in Francia (e quindi in Italia) sancendo il divieto di immissioni e la conseguente responsabilità per

danni.

Attraverso la tecnica risarcitoria, inoltre, è possibile fare in modo che le stesse imprese che svolgono

attività pericolose tendano a ridurre il rischio ambientale, adottando misure di sicurezza adeguate e

riducendo, in tal modo, anche la loro generale pericolosità.

Property rights e tutela efficiente delle risorse naturali secondo l’analisi economica del diritto

Noi sappiamo che le risorse naturali sono entità non suscettibili di appropriazione da parte dei singoli,

definite come “public goods”. Per esse il mercato non è in grado di esprimere un valore di scambio e,

pertanto, di procedere ad una giusta allocazione delle stesse.

L’analisi economica del diritto, partita proprio dal tema dell’ambiente, ha contribuito a creare uno schema

di regole volte ad un efficiente utilizzo delle risorse naturali, tutelando dunque i cosiddetti public goods. Il

termine, in lingua italiana, dovrebbe essere trasposto come “beni pubblici”, ma dato che questa locuzione

assume, nel nostro diritto, una valenza diversa, è meglio definirli come “beni LIBERI”, ossia beni disponibili

in quantità illimitata o quantomeno in quantità consistente. Tali beni, tra l’altro, sono definiti “comuni”, in

comunione tra tutti, non essendo possibile l’appropriazione di alcuno: ciò permette l’utilizzo simultaneo da

parte di più consumatori, il che è sfociato, col passare del tempo, in uno sfruttamento selvaggio degli

stessi, che ha condotto ad un cambiamento di pensiero, in quanto le risorse non sono più considerabili

come illimitate ed anzi, al contrario, vanno trattate come “risorse in esaurimento”. A tal punto è facile

intuire che la comunione di tali beni non è più lo strumento di sfruttamento/utilizzo giusto, ed è necessario

fissare delle regole per evitare il danno che deriverebbe dall’esaurimento.

I problemi che ci troviamo ad affrontare in materia di responsabilità per danno ambientale, dunque, sono

l’oggetto della tutela, soggetto

molteplici: occorre definire bene oltre che identificare il a cui spetta il

legittimazione imputare la responsabilità

risarcimento e la ad agire in giudizio, così come è necessario e

quantificare il danno. Analizziamo, uno per uno, questi elementi.

L’oggetto della tutela

Se da un lato tutti i legislatori utilizzano la responsabilità civile come strumento di politica ambientale,

dall’altro è riscontrabile una diversa definizione dell’oggetto di tutela, di danno all’ambiente. I beni

paesaggistici, per esempio, pur costituendo una componente dell’ambiente, sono trattati in Italia e Francia

all’interno della disciplina urbanistica. danno da inquinamento danno ambientale

Una prima distinzione possiamo farla tra e in senso stretto. Il

primo ricorre tutte le volte in cui un’attività inquinante finisce col provocare un danno a persone o cose e

quindi, in questo caso, l’ambiente viene tutelato solo indirettamente. Si ha danno ambientale in senso

stretto, invece, nel momento in cui il nocumento all’ambiente viene preso singolarmente in

considerazione, senza valutare eventuali lesioni a diritti individuali. Ovviamente una scelta del legislatore in

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questo senso comporta effetti negativi e positivi: da un lato rende necessaria l’individuazione

dell’ambiente tutelabile, così come di coloro legittimati ad agire in sua tutela e la quantificazione del danno

in termini economici; dall’altro, tuttavia, tutela l’ambiente al di fuori delle ipotesi di lesione di diritti

soggettivi. danno derivante dall’ambiente,

Un secondo criterio di differenziazione, invece, prende in considerazione il

ipotesi in cui l’illecito comporta una modifica dell’ambiente da cui deriva il danno al singolo (sotto il profilo

danno causato all’ambiente,

della salute o di un diritto reale), e il quale si concretizza nel caso in cui vi è il

deterioramento non solo di una risorsa naturale, ma anche dell’utilità di tale risorsa (ecco, quindi, la

danno intrinseco, danno estrinseco,

differenza tra ossia danno alle risorse naturali in senso stretto, e

danno alle utilità economiche o non economiche assicurate da tali risorse). Un esempio del danno

derivante dall’ambiente è dato dall’inquinamento di un industria: il comportamento dell’industria

configura l’illecito, che da vita ad una mod

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Publisher
A.A. 2012-2013
47 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/02 Diritto privato comparato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato comparato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Pardolesi Paolo.