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CONTRATTO DI MUTUO SPOPORZIONATO
Decisione della corte tedesca del 12 marzo 81
Nel caso di specie un giovane studente tedesco fa un mutuo per acquistare la casa
e la fidanzata accetta di farsi garante del mutuo.
Con la fine del fidanzamento finisce anche il pagamento da parte del fidanzato, quindi la
banca agisce nei confronti della fidanzata per chiedere il pagamento del mutuo.
Il problema riguarda nel merito la circostanza che, a fronte di un tasso mediamente
applicato dello 0,33% al mese, in questo mutuo il tasso applicato era dello 0,95% al
mese, un tasso molto più alto della media.
Il tipo di mutuo non era stato ottenuto direttamente dalla banca ma da un brocker
indipendente, che quindi aveva venduto un pacchetto complesso che si componeva di
varie funzioni ed attività: alla somma iniziale di 12.000 marchi andavano pertanto aggiunte
le spese per la commissione del brocker (600), altre spese varie (50), una copertura
assicurativa per l’ipotesi di mancato pagamento del debito in caso di morte o incapacità
(1210), le spese di gestione (277) e gli interessi dello 0,95 sul finanziamento di tutta
l’operazione, arrivando ad un totale di 20.000 marchi.
Andava considerato che i due fidanzati erano molto giovani, non erano in grado di fornire
alcun tipo di garanzia, e la lunghezza del mutuo era del tutto inusitata (il tasso dello 0,33
erano per mutui molto più corti di solito): tuttavia, essendo il rischio e la durata del mutuo
altissimo per la banca,
il mutuo non era paragonabile agli altri.
La sentenza della Corte, a fronte di questa anomalia nella determinazione del tasso,
parte da una considerazione generale sul § 138, distinguendo la valutazione di
applicazione del primo e del secondo comma del paragrafo stesso:
• § 138 comma 1: “Un negozio giuridico contrario all’ordine pubblico è nullo”.
• § 138 comma 2: “Un negozio giuridico è nullo se una persona, sfruttando una
situazione (inesperienza, mancanza di giudizio, debolezza di volontà) a suo favore,
produca per sé stesso o per un terzo, a fronte di una prestazione
promessa o garantita, un vantaggio pecuniario sproporzionato rispetto a
quanto dato”.
Questa è una disposizione che pone una regola generale di riconduzione ad equità
del contratto squilibrato e che sembra tuttavia richiedere congiuntamente tra loro un
elemento oggettivo e uno soggettivo: la situazione di partenza è il contratto sproporzionato
(A dà una cosa ma riceve di più), ma è uno squilibrio che può condurre ad equità se c’è
uno status soggettivo particolare del promittente (es. inesperienza o debolezza), e uno
sfruttamento.
La valutazione muove prima dal 2° comma: c’è un’oggettiva disparità tra le prestazioni e
una palese debolezza della ragazza, che non era probabilmente ben consapevole dei
termini contrattuali (valutazione forse opinabile vista la maggiore età), ma ciò che non
consente di pervenire alla caducazione del contratto per questa via è la mancanza del 3°
presupposto, lo sfruttamento, perché la banca ha sì tratto vantaggio ma non si riesce a
dimostrare che abbia effettivamente sfruttato la sua debolezza.
Non essendoci dati probatori per l’elemento usuario della banca la Corte fa un passo
indietro.
L’aspetto più interessante è che la Corte torna allora al principio generale della nullità
per contrarietà all’ordine pubblico di cui al § 138 comma 1 e, attraverso questa clausola
generale, fa un passaggio logico un po’ azzardato: dice che la contrarietà all’ordine
pubblico si può identificare quando vi sia una marcata disparità e quando il soggetto che
fornisce il finanziamento chiude gli occhi al fatto che l’altro soggetto si sta infilando in
un’operazione svantaggiosa.