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La possibilità di intervento del giudice per contratti squilibrati
E' possibile che un giudice intervenga per porre rimedio ad un contratto che oggettivamente risulti squilibrato se la conclusione di questo tipo di contratto è conseguenza della violazione, da parte della controparte forte, del dovere di buona fede contrattuale.
La clausola generale di buona fede tende ormai ad essere intesa quale limite generale dell'autonomia dei privati, quale strumento di controllo del contenuto, dell'equilibrio e della congruità causale del contratto.
Ove il contenuto del contratto presenti straordinarie onerìa a carico di una parte, il giudice non potrà accontentarsi di affermare che: "Il contratto è il contratto", ma dovrà intervenire in funzione repressiva e sanzionatoria (dell'autonomia dei privati) attraverso lo strumento della nullità del contratto (totale o parziale), tutto ciò al fine di non disattendere il dovere di solidarietà di cui all'art. 2 Cost., assunto come.
norma precettiva, dovreche, se applicato ai contratti, esige che ciascuno dei contraenti è tenuto a salvaguardare l'interesse dell'altro.
"PRINCIPI FONDAMENTALI", art. 2 Cost., "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".
Riccio A. "La clausola generale di buona fede è, dunque, un limite generale all'autonomia contrattuale" tratto da "Contratto e impresa / Europa" Vol. 1, Cedam, 1999, Padova 92.
I limiti fondamentali
- Scelta di concludere un contratto e obbligo di contrarre.
Dispone l'art. 2597 che l'imprenditore che esercita la sua attività in condizione di monopolio legale ha l'obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa.
Vi sono poi contratti che possono essere conclusi solo da determinati soggetti: ad esempio i contratti di assicurazione possono essere conclusi solo da società di assicurazione o anche alcuni tipi di contratti bancari possono essere conclusi solo da istituti di credito. Normalmente questo limite è collegato con la riserva di attività a determinati soggetti.
2. Scelta della controparte
Chiunque intenda concludere un contratto non è obbligato a giustificare il rifiuto di contrarre con un altro soggetto, a meno che il contratto non ricada nella disciplina del monopolio legale, di cui sopra.
3. Scelta della formazione del contratto
Il codice fissa delle regole rivolte a disciplinare la formazione dei contratti (art. 1326 e ss.); le parti tuttavia sono libere di stabilire deroghe a tale disciplina. Ma per determinate categorie di contratti, invece, sussistendo un interesse pubblico che si sovrappone all'interesse delle parti, la legge può stabilire
Una formazione del contratto che le parti non possono modificare; è il caso ad esempio della formazione dei contratti ad evidenza pubblica, e della scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione (nel caso di opere pubbliche, ecc...).
4. Scelta del tipo contrattuale
Le parti possono scegliere di adottare un tipo di contratto disciplinato dall'ordinamento (ad esempio i tipi legali previsti dal libro quarto del codice), oppure di scegliere un tipo di contratto non disciplinato (ad esempio, leasing, franchising, factoring, catering, ecc...). In quest'ultimo caso, l'interesse perseguito deve essere meritevole di tutela.
5. Scelta del contenuto
Le parti possono scegliere di assegnare al contratto il contenuto che credono. Tuttavia, vi sono patti vietati dalla legge, come il patto commissorio (art. 2744); patto leonino (art. 2265); Le clausole vessatorie contenute nei contratti dei consumatori (direttiva CEE 5 apr 1993); le clausole arbitrali contenute nei contratti
Per l'esercizio dei lavori pubblici (art.32 comma 2 c.d. "decreto Merloni" attualmente sospeso); le clausole che derogano a favore della banca le disposizioni relative alla trasparenza delle condizioni contrattuali (titolo VII 1 set. 1993 n. 385, e art 125 stessa legge; le intese restrittive della libertà di concorrenza (ai sensi dell'art. 21.10 ott. 1990 n.287.).
La legislazione speciale è irta di disposizioni che pongono limiti di tale sorta. La sanzione prevista per la conclusione di patti o la redazione di clausole oggetto del divieto è la nullità.
Vi sono poi clausole e patti tollerati dall'ordinamento, a cui tuttavia si applica la sanzione della nullità se non sono osservate le condizioni ed i limiti stabiliti dall'ordinamento. Ad esempio le clausole di esonero e di limitazione da responsabilità contrattuale ed extracontrattuali sono valide purché non implichi limitazione o esonero da colpa grave e dolo (art.
1229);il divieto di alienazione è valido purché contenuto entro convenienti limiti di tempo e risponda ad un apprezzabile interesse delle parti (art. 1379); il patto di non concorrenza è valido se circoscritto ad una determinata zona o ad una determinata attività e non ecceda i 5 anni (art. 2596).
6. Modalità del contenuto
Le parti, di regola, possono articolare il contenuto del contratto come meglio credono. Tuttavia, vi sono contratti i cui contenuti minimi sono stabiliti in via imperativa: è il caso, ad esempio, dei regolamenti della CONSOB relativi ai contratti di gestione di patrimoni di valori mobiliari.
7. Integrazione del contratto
La legge, gli usi l'equità, sono fonti di integrazione del contratto. La legge può stabilire che le lacune contenute in un contratto siano colmate secondo i dettami di una disposizione, e cioè anche in contrasto con la volontà delle parti.
8. Determinazione del contratto da parte di terzi
Le parti possono affidare ad un terzo la determinazione dell'oggetto del contratto (art. 1349). Tuttavia, se il terzo si rifiuta, ovvero opera iniquamente, l'oggetto del contratto è determinato dal giudice.
Forma
Le parti possono scegliere di vincolarsi ad una forma. Art. 1352 <<Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo>> (Bessone, M., "Lineamenti di diritto privato" GIAPPICHELLI P.348 s. 132).
Il principio di autonomia contrattuale nel diritto internazionale
Una comparazione tra la disciplina del contratto interno e quella del contratto internazionale evidenzia la più grande estensione del principio di autonomia in materia contrattuale - transnazionale rispetto a quella riconosciuta dal legislatore per il contratto interno. Le esigenze del commercio internazionale, infatti, hanno imposto ai singoli.
Stati una crescente diversificazione della disciplina del principio di autonomia contrattuale al fine di consentire la partecipazione dei singoli al traffico giuridico transnazionale.
Per autonomia contrattuale di diritto interno si indicano le facoltà di scegliere un contratto atipico, di determinarne il contenuto e di poter concludere contratti atipici.
La volontà si estrinseca nell'individuare l'ordinamento a partire dal quale determinare l'esatta estensione delle obbligazioni delle parti e tale volontà non ha valore in sé, bensì ogni conseguenza giuridica di questa va costruita in base alle modalità ed ai limiti imposti dall'ordinamento statale in cui siede il giudice adito.
Le norme di conflitto della lex fori stabiliscono sovranamente i requisiti essenziali del contratto decidendo ciò che le parti possono scegliere e le eventuali scelte a cui non sarà data alcuna efficacia di diritto positivo.
"Contratto e"
impresa / Europa" Vol. 2 CEDAM 2003 p. 828 s. 14
Esigenze di certezza del diritto hanno condotto gli Stati membri della Comunità Europea ad uniformare le norme di conflitto in materia di obbligazioni contrattuali attraverso il varo della Convenzione di Roma del 1980, destinata a diventare regolamento comunitario.
Così, in materia di legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, il giudice interno di uno Stato che ha ratificato la Convenzione di Roma, applicherà le norme di conflitto uniformi contenute nella Convenzione stessa.
In materia di obbligazioni contrattuali, l'art. 57 della legge 31 maggio 1995, n.218 sulla Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, prevede in ogni caso l'applicazione della Convenzione di Roma. L'art. 3 della Convenzione di Roma fissa il principio di autonomia contrattuale, principio che esprime tutto il suo vigore nell'ambito dei contratti business to business. In base al citato principio, il
Il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. L'art. 15 della Convenzione medesima si precisa che l'ordinamento statale richiamato va inteso riferito esclusivamente alle norme giuridiche materiali in vigore, quindi escludendo dall'ambito dell'autonomia contrattuale l'ipotesi del richiamo a un diritto abrogato.
La medesima Convenzione prevede la possibilità di scelte parziali, che porta alla diversificazione delle leggi applicabili a clausole contrattuali. In caso di assenza di scelta della lex contractus, si applicano altre norme della Convenzione, le quali sottopongono la fattispecie contrattuale all'ordinamento del Paese con il quale presenta il collegamento più stretto, seguendo anche un sistema di presunzioni, per permetterne l'individuazione in modo più agevole, facendo riferimento a criteri quali il luogo di residenza abituale o della sede dell'amministrazione centrale della parte che deve fornire la.
prestazione caratteristica. La Convenzione di Roma tratta inoltre dei contratti conclusi con i consumatori, per i quali la forma di autonomia contrattuale viene compressa al fine di realizzare forme di tutela per il contraente debole. Per tali rapporti, la scelta ad opera delle parti della legge applicabile non può avere come risultato di privare il consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della legge del Paese nel quale risiede abitualmente. Un modello di tutela analogo viene previsto per il contratto individuale di lavoro, dove la scelta della legge non vale a privare il lavoratore della protezione a loro garantita.