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FORMAZIONE DEL CONTRATTO
Prendiamo in considerazione la negoziazione come processo, dinamica di scambio di
dichiarazioni, che nel tempo portano alla formazione del contratto.
La prima qualificazione rilevante nota al nostro ordinamento, ma che si caratterizza in
modo diverso rispetto a quello che troviamo nei vari ordinamenti è la distinzione tra
proposta e invito a proporre.
La proposta è suscettibile di essere accettata e quindi di ricevere una dichiarazione di
per sé idonea a condurre alla perfezione del contratto, l’invito a proporre invece
legittima una risposta negativa alla proposta.
La distinzione in termini teorici può essere chiara, mentre in termini pratici meno, per
esempio ci si chiede se l’esposizione in vetrina o la pubblicità siano offerta o invito a
proporre. In Francia sono considerati proposta, in Germania, UK, USA, Russia e altri
ordinamenti è invito a proporre, in altri (come l’Italia) non è chiaro. Non è banale la
distinzione sul piano pratico, poiché vi sono dei casi nella giurisprudenza francese in
cui si ragiona argomentando che, se l’esposizione sugli scaffali di un supermercato
fosse invito a proporre, nel caso in cui un soggetto prelevasse l’oggetto in vendita e se
ne andasse senza pagare, il prendere dallo scaffale consisterebbe in una proposta, il
contratto non sarebbe ancora concluso, la proprietà non ancora passata e quindi il
soggetto sarebbe accusabile di furto; se fosse proposta, il prendere l’oggetto dallo
scaffale sarebbe accettazione, quindi il contratto sarebbe concluso, la proprietà
passata e il soggetto sarebbe dunque citabile in giudizio solo per inadempimento
contrattuale.
Ci si fa la stessa domanda circa le pagine web. Tra i desclaimer c’è sempre scritto che
non si tratta di proposte contrattuali, perché ad esempio non fa il calcolo della
disponibilità di magazzino (se fosse proposta e il prodotto non fosse più disponibile si
configurerebbe un inadempimento contrattuale). Sono quindi inviti a proporre perché
l’inserimento dei dati di pagamento è proposta contrattuale e si riserva l’accettazione
tramite esecuzione, questo è avallato dalla CISG e altre regole internazionali, che
qualifica come invito a proporre anche l’ offerta al pubblico.
La formazione comporta varie questioni rilevanti, troviamo una coerenza di scelte
rispetto a quelle effettuate circa la responsabilità precontrattuale con le soluzioni che
gli ordinamenti adottano per la qualificazione delle offerte circa la formazione del
contratto.
L’offerta nel nostro ordinamento è revocabile, se non è stata esplicitamente qualificata
come irrevocabile o implicitamente ponendo un termine. Ma questa soluzione
intermedia si colloca tra soluzioni antitetiche.
Nel common law è sempre revocabile, e è invalida l’offerta irrevocabile perché manca
un corrispettivo, si può solo stipulare un contratto di opzione, ciò è coerente con un
sistema in cui le parti sono libere di agire nelle trattative.
Nei sistemi continentali come Germania, Austria, Svizzera l’offerta è sempre
vincolante (“ein man ein word”), bisogna specificare la revocabilità, riducendola a un
invito a proporre. Vi è una vincolatività giuridica, coerentemente con una più
pregnante idea di responsabilità precontrattuale e con il fatto che essa è considerata
come responsabilità contrattuale, perché è stata disattesa una promessa.
La sovrapposizione delle fasi di proposta e accettazione impone di prendere in
considerazione il fatto che all’accettazione si può arrivare in diversi modi, non tutti
riconosciuti da ogni ordinamento.
La prima ipotesi è quella dell’accettazione mediante dichiarazione espressa; poi vi è
l’accettazione mediante condotta (alzare la mano in un’asta); l’accettazione mediante
adempimento e l’accettazione mediante mero silenzio.
L’accettazione mediante adempimento è interessante perché, nei casi in cui le fasi
della formazione del contratto non sono chiare, se partissimo dal presupposto che il
contratto è concluso solo se vi sono tutti gli elementi, tramite l’accettazione mediante
adempimento, dicendo che l’adempimento è un’accettazione, nel momento in cui è
stato eseguito si è accettata l’ultima controproposta (al più un’ulteriore negoziazione
potrebbe essere una proposta di modifica di un contratto già concluso). È un
meccanismo per individuare le regole applicabili a quel rapporto, è una finzione perché
in realtà le parti non sono ancora molto d’accordo.
Il problema è che il nostro ordinamento e altri (compresa la CISG), limitano
quest’ultimo meccanismo solo ai casi in cui sia implicito nella richiesta del proponente
o in cui sulla base degli usi o della natura dell’affare, l’accettazione può essere fatta
tramite l’esecuzione, secondo l’art. 1327 c.c.
Esistono situazioni in cui si deve concludere che l’art. 1327 non è applicabile, quindi si
è a rischio di una condizione in cui le parti hanno eseguito, ma il contratto non c’è
perché non si è mai raggiunto un accordo su tutti gli elementi del contratto.
Altri ordinamenti hanno un’impostazione diversa (x es. l’ordinamento USA), lasciano
più spazio all’ accettazione mediante inizio dell’esecuzione, ed lo stesso risultato lo si
ottiene anche secondo il BGB, mentre è più articolato il caso della CISG.
Tutte queste questioni si collegano a un’altra fondamentale questione idonea a
superare i problemi, l’alternativa tra l’applicazione della mirror image rule, che
afferma che solo se proposta e accettazione sono speculari si forma il contratto, e
un’impostazione basata su una visione sostanziale per cui qualsiasi espressione che
sostanzialmente comporta un’accettazione. Quest’ultima impostazione cerca di
valorizzare il dato più confacente a ciò che avviene nella prassi.
Il nostro ordinamento, segue in modo evidente la mirror image rule. Anche l’art. 1327
non fa eccezione a questo principio perché semplicemente attribuisce rilevanza
all’inizio dell’esecuzione, ma proposta e accettazione devono essere uguali in ogni
elemento. Lo stesso lo si trova nel §150 BGB.
Per quanto riguarda il momento temporale di formazione del contratto esistono diversi
principi astrattamente applicabili. Nell’ordinamento italiano si applica il principio di
cognizione per cui il contratto è concluso quando si giunge a conoscenza
dell’accettazione dell’oblato (vi è anche una presunzione di conoscenza, per cui si
presume conosciuta al momento in cui giunge al domicilio del proponente). Esistono
poi il principio di ricezione (molto simile al precedente), e un principio diverso, il
principio di spedizione o mail box rule, vigente in Francia e in UK che anticipa il
momento di conclusione del contratto per cui il contratto si conclude nel momento in
cui parte l’accettazione senza aspettare che arrivi al destinatario. Non vi è nessuna
vincolatività nelle trattative nell’ordinamento UK quindi si cerca di anticipare
coerentemente la conclusione del contratto.
CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO
Vi è l’ipotesi che la contrattazione avvenga attraverso condizioni generali di
contratto, attraverso moduli e formulari per cui la parte si fa legislatore di se stesso,
predisponendo, una volta per tutte, le condizioni da utilizzare nei propri contratti.
Vi sono diversi problemi: per prima cosa un problema di validità, percepibile quando la
controparte è un consumatore, poiché anche il meccanismo formale di specifica
approvazione non possono nascondere il fatto che il contratto, come incontro di
volontà comune delle due parti sul contenuto delle singole clausole, non è ciò che
avviene in questo caso.
Vi è poi il problema di quando due imprese negoziano entrambe ciascuno pone le
proprie condizioni generali “battle of forms” in cui le parti contraggono e la loro
dichiarazione di volontà incorpora in sé ognuna le proprie condizioni generali
incompatibili con quelle dell’altro contraente, si arriva alla formazione del contratto in
cui ciascuno ha richiamato regole totalmente confliggenti. Nel nostro ordinamento si
guarda a chi ha eseguito per primo la prestazione perché è un’accettazione con inizio
di esecuzione, ma così si arriva ad un’individuazione quasi casuale delle condizioni da
adottare.
VINCOLO CONTRATTUALE E IL SUO FONDAMENTO
Parleremo del vincolo contrattuale e il suo fondamento e se esso comporti la necessità
di un equilibrio perché il contratto sia valido. Una sproporzione tra le prestazioni rende
invalido il contratto?
Si torna alla duplice visione del contratto:
• il contratto come accordo, ponendo in evidenza l’importanza della volontà,
secondo un’idea soggettiva;
• il contratto come scambio, che ha un equilibrio e comporta la necessità di
congruità, secondo una visione oggettiva.
In questo quadro si inserisce la nozione di causa e di consideration. Il tema può
essere ricondotto a un antichissima diatriba, per cui ci si chiedeva se ci debba essere
una giustizia commutativa e quindi un sinallagma, secondo la “teoria del giusto
prezzo” che per Aristotele doveva esistere in ogni rapporto.
Il diritto romano muove da un presupposto fondamentalmente diverso, ossia ex nudo
pacto actio non oritur, ossia non vi è ragione per riconoscere vincolatività alla mera
promessa. Non si giustifica un intervento del diritto se non c’è un elemento che rende
vincolante una promessa. Esistevano tre elementi per dare un pieno riconoscimento:
re, verbis, litteris.
La promessa si giustificava se vi era contatto con il bene (re), consegna del bene, a
fronte di essa l’obbligazione di pagare si giustificava, ed è quella categoria che ancora
oggi qualifichiamo come contratti reali. Verbis si riferiva a una certa solennità di
origine religiosa, nella fase arcaica si concretizzava nel pronunciare frasi solenni di
fronte a un sacerdote. Si distingue da litteris, forma scritta, che riguarda meramente
l’aspetto formale, non la presenza di un terzo che confermi la vincolatività.
Esisteva nel diritto romano anche il contratto consensu, il vincolo che sussisteva dal
mero consenso ma era limitata ad alcune ipotesi.
Nel diritto canonico era più considerata quest’ipotesi, per via della “denutiatio
evangelica”, vi era il meccanismo dell’obbligo di ravvedimento, se si