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LA SUCCESSIONE NECESSARIA
In questo modulo, dedicato alla successione necessaria, "legittima". La legittima è il diritto di successione che spetta agli stretti congiunti anche contro la volontà del defunto. I titolari del diritto di legittima sono il coniuge, i figli e, in mancanza dei figli, gli ascendenti. La legittima prende anche il nome di successione necessaria, perché essa garantisce il diritto di successione anche contro la volontà del testatore. Per questo essa è comunemente chiamata successione necessaria, perché si attua anche contro gli atti di disposizione del defunto. Ai legittimari, quindi, la legge garantisce questa riserva, che consiste in una quota di valore, calcolata su una massa fittiziamente formata dai beni ereditari, cioè dai beni che il defunto aveva al momento della morte, più i beni donati in vita dal defunto. Questa è la massa, che
ècostituita dal “relitto”, più il “donato”. Quindi questo diritto di legittima non è una legittima qualitativa, ma una quota di valore: non quindi un diritto su determinati beni, ma su un minimo garantito di valore da prelevarsi da questa massa.
La successione necessaria rientra in un’ampia nozione di successione legittima, perché è una successione che ha titolo nella legge e non nella volontà del testatore. Anzi, si è detto come questa sia proprio contro la volontà del testatore. Ma, la successione legittima, come si vedrà, è intesa poi restrittivamente come “successione cioè quella successione che si apre quando non vi siano disposizioni testamentarie.legittima?
Come si determina la Per determinarla, occorre calcolare il valore dei beni ereditari (i beni relitti), cioè i beni appartenenti al defunto al momento della morte. Dal valore così calcolato
bisogna detrarre l'ammontare dei debiti ereditari e aggiungere poi il valore dei beni donati dal defunto. Questo riferimento al valore deve tener conto del valore che i beni relitti e donati hanno al tempo dell'apertura della successione. Si diceva che i legittimari fossero: il coniuge, i figli e gli ascendenti. Il coniuge nella attuale disciplina ha una posizione di particolare spicco. Prima della riforma del 1975, al coniuge era riservato solamente un diritto di usufrutto sui beni dell'eredità. Oggi, invece, il coniuge ha una riserva della metà della massa. Questo se non vi sono figli del defunto. Se vi è un figlio del defunto, allora la quota riservata al coniuge è di 1/3: 1/3 va al coniuge e 1/3 al figlio del defunto. Se ci sono più figli del defunto, allora la quota di legittima del coniuge è di ¼. Possono esservi, in luogo dei figli, gli ascendenti del defunto: in questo caso, il coniuge può sempre vantare lametà della massa. Ma la riforma del 1975 non solamente ha riservato al coniuge una situazione di primo piano in tema di diritto di successione necessaria e legittima, ma ha attribuito al coniuge anche un particolare diritto, che è l'abitazione sulla casa familiare e il diritto di uso sui mobili che la corredano. Il presupposto è che si tratti di beni di proprietà del defunto, o sui quali il defunto aveva un diritto reale di godimento, o di appropriazione (es. un diritto di riscatto). Ricordiamoci che se invece si tratta di una casa in regime di locazione, il coniuge è tutelato dalla legge c.d. sull'equo canone tra coloro che succedono nel contratto di locazione, così come previsto dalla legge del 1978, che ha largamente rivisitato la disciplina del contratto di locazione. Questi diritti di abitazione sono legati, e precisamente "legati di legittima". Un punto che è molto controverso è se il coniuge che per testamento abbia ricevuto la casa familiare,
possa pretendere anche di far valere il valore di quello che sarebbe stato il diritto di abitazione a carico dell'eredità. La giurisprudenza ha accolto la tesi positiva, in quanto si dice, la norma che prevede il diritto di abitazione al coniuge vuole che questo diritto faccia anzitutto carico sulla disponibile. Si desume quindi da questo che la legge oltre a garantire al coniuge la possibilità di continuare a vivere nella casa familiare, gli abbia anche conferito questo ulteriore vantaggio quantitativo, rappresentato dal valore del diritto di abitazione. Questo diritto cosa è? È un diritto reale, corrispondente agli artt. 1021 e ss. C.c. Si tratta di diritti che sono incedibili e che non possono andare al di là, come durata, della vita del titolare. C'è da dire, peraltro, che la disciplina dei diritti reali di uso e di abitazione.Considerazione delle circostanze personali e patrimoniali degli eredi. Va rilevato che le norme che continuano a prevedere gli articoli 537, 542, 566 C.c., questo diritto di commutazione e, precisamente, gli sono palesemente affetti da incostituzionalità, perché si tratta di norme che creano un deteriore trattamento dei figli naturali (una vera e propria discriminazione), che appare tanto più assurda se si consideri che i figli legittimi non hanno nessun diritto di commutazione nei confronti degli estranei. Quindi, i figli naturali del defunto sono trattati, in base a queste norme, in maniera deteriore rispetto agli eredi estranei. Ascendenti del defunto, Legittimari, per ultimo, sono gli i quali hanno però questo diritto di legittima solo se e in quanto il defunto sia deceduto senza lasciare figli, né ovviamente loro discendenti. Quindi, è una legittima condizionata. Questa legittima ammonta ad ¼ della massa quando concorre il coniuge del
defunto, oppure ad 1/3, se non concorre il coniuge del defunto. In definitiva, come si è visto, il diritto di legittima spetta agli ascendenti se non vi sono figli del defunto. Si tratta di un'attribuzione testamentaria a titolo particolare diretta a tacitare il diritto di legittima del legatario, precludendogli di agire in riduzione. Questo legato grava sulla quota di riserva e, per l'eccedenza, sulla disponibile (art. 551 C.c.). Questo legato in sostituzione di legittima non priva il legittimario del suo diritto di riserva, ma lo pone nella situazione di dover scegliere tra il legato e la legittima. Il legatario è libero di scegliere la legittima, ma se decide di agire in riduzione ha l'onere di rinunziare al legato. Il legato in sostituzione di legittima va differenziato anzitutto rispetto al "legato che il legittimario deve in conto di legittima".
imputare alla sua quota di legittima. Quindi, il legato, ma anche la donazione, possono essere "in conto di legittima": si tratta di attribuzioni che vanno imputate alla quota di legittima del beneficiario, ma non gli precludono di agire in riduzione per l'eventuale differenza. Questo vuol dire che il legittimario che consegue il legato può comunque far valere il suo diritto di legittima se il legato o la donazione risultino insufficienti e, cioè, se il loro valore non raggiunge il valore della quota di riserva. In questo caso il legittimario agisce per la differenza. Quindi, se il testatore lascia al proprio unico figlio un legato il cui valore è pari a 1/4 della massa, il figlio potrà comunque far valere il suo diritto alla metà della massa, e questo senza dover rinunciare al legato. Ovviamente, il legittimario in quanto legatario può rinunciare all'eredità e ritenere i legati. L'art. 548 C.c. stabilisce che il
Il coniuge a cui sia stata addebitata la separazione perde i diritti successori che, invece, spettano al coniuge separato senza addebito.
Altra figura di legato che occorre tenere distinta nel campo della successione necessaria, è quella del "legato in conto della disponibile": quando il legato è in conto della disponibile, allora esso grava sulla disponibile, e quindi si aggiunge a quanto spetta al beneficiario a titolo di legittima. Mediante questa attribuzione, quindi, l'intento del testatore è quello di conferire al legittimario un vantaggio ulteriore rispetto a quello che è rappresentato dalla stessa quota di legittima. Va tenuto presente che anche la donazione può essere attribuita in conto della disponibile. Quando ciò succede, questo significa che il donatario è dispensato dall'imputazione della stessa in sede di azione di riduzione.
La quota del legittimario, dice la legge, non può essere gravata da pesi e condizioni.