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L’AZIONE DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO
La risoluzione del contratto, ossia lo scioglimento del vincolo contrattuale e la cessazione
degli effetti da esso derivanti, è prevista per anomalie funzionali, che impediscono la
concreta attuazione del regolamento di interessi disciplinato dal contratto. Può avvenire: a)
per inadempimento b) per impossibilità sopravvenuta c) per eccesiva onerosità
-La risoluzione per inadempimento è applicabile soltanto ai contratti a prestazioni
corrispettive, nei quali il sacrificio di ciascuna delle parti trova la sua giustificazione nella
controprestazione dell’altra, cosicchè, in caso di inadempimento da parte di uno dei
contraenti, il legislatore ammette che l’altro possa preferire di porre nel nulla l’intero
rapporto contrattuale
-di fronte all’inadempimento dell’altra parte, al contraente non inadempiente (1453) è
lasciata la facoltà di scegliere fra: insistere per l’adempimento degli accordi, chiedendo la
manutenzione del contratto e quindi la condanna della controparte ad eseguire la
prestazione non ancora adempiuta; oppure esercitare il diritto potestativo di chiedere la
risoluzione del contratto, ossia che il contratto venga sciolto
-in entrambi i casi il contraente non inadempiente ha inoltre diritto di pretendere il
risarcimento dei danni subiti
1) se egli insiste per la manutenzione del contratto, questo significa che l’adempimento
della controparte è ancora possibile e che si incorre in un semplice ritardo: perciò il
contraente non inadempiente potrà pretendere sia l’esecuzione della prestazione
originaria, sia il risarcimento del danno che gli deriva per aver ricevuto l’adempimento in
ritardo
2) quando invece, il creditore non intende più restare vincolato al contratto, può chiederne
lo scioglimento (risoluzione): in tal modo egli non dovrà più adempiere la
controprestazione, oppure, ove l’abbia già eseguita, avrà diritto di chiederne la
restituzione. In questo caso il risarcimento non si aggiunge al diritto di ottenere la
prestazione promessa, ma si sostituisce a quello, e quindi è commisurato al pregiudizio
che il contraente ha subito per non aver ricevuto la prestazione (inadempimento assoluto)
-se viene proposta l’azione di adempimento, la parte non si preclude il diritto di cambiare
idea e di chiedere successivamente la risoluzione del contratto. Invece una volta chiesta la
risoluzione non si può più chiedere l’adempimento: la parte che chiede la risoluzione infatti
dichiara di non avere più interesse all’attuazione del contratto e quindi l’altra parte non può
più ritenersi vincolata
-“dalla data della domanda di risoluzione” l’inadempiente non può più rimediare alla
precedente violazione del contratto con una tardiva esecuzione della prestazione da lui
dovuta: cioè l’altro contraente può legittimamente rifiutare la prestazione che gli venga
offerta dopo che sia stata presentata al giudice domanda di risoluzione
-per ottenere la risoluzione occorre proporre una domanda giudiziale, e spetterà al giudice
constatare se vi sia stato veramente inadempimento del contratto. La sentenza che
accoglie la domanda ha natura costitutiva, in quanto determina un effetto particolare, cioè
lo scioglimento del vincolo contrattuale e la liberazione dai conseguenti obblighi
-il giudice per risolvere il contratto deve accertare che l’inadempimento non abbia “scarsa
importanza” (1455); in quanto la gravità delle conseguenze di una sentenza di risoluzione
si giustifica soltanto a fronte di una violazione altrettanto grave
-il creditore, sia nel caso in cui agisca per ottenere l’adempimento e il risarcimento del
danno, sia in caso domandi la risoluzione del contratto, è tenuto a provare esclusivamente
la fonte del proprio diritto, mentre spetta al debitore l’onere di provare l’eventuale
adempimento
-la risoluzione ha efficacia retroattiva: infatti il contratto risolto non produce più effetti per
l’avvenire, e sono rimossi anche gli effetti traslativi ed obbligatori già prodottisi, sicchè le
prestazioni già eseguite devono essere restituite
- la retroattività non opera, quando si tratti di contratti ad esecuzione continuata o
periodica, riguardo alle prest già eseguite
LA RISOLUZIONE DI DIRITTO
La risoluzione del contratto può intervenire non soltanto per effetto di una sentenza del
giudice, ma anche di diritto, in tre casi espressamente regolati:
Clausola risolutiva espressa (1456). Si chiama così la clausola contrattuale con la
1) quale le parti prevedono espressamente che il contratto dovrà considerarsi
automaticamente risolto qualora una determinata obbligazione non venga
adempiuta affatto o non venga eseguita rispettando le modalità pattuite. La
risoluzione si verifica soltanto quando la parte non inadempiente, avendo deciso di
esercitare il diritto potestativo conferitole dalla clausola, comunichi all’altra parte che
intende avvalersene, risolvendo il contratto
Inoltre la clausola risolutiva espressa supera la necessità di una valutazione
negoziale sulla gravità dell’inadempimento: sono le parti stesse ad aver valutato ex
ante, nel determinare il contenuto della clausola, le violazioni sufficientemente gravi
da comportare risoluzione
Diffida ad adempiere. La parte non inadempiente può ottenere egualmente che la
2) risoluzione operi “di diritto” mediante una “diffida ad adempiere”, ossia mediante
una dichiarazione scritta, con la quale intima l’altro contraente di provvedere
all’adempimento entro un congruo termine (non inferiore a quindici giorni), con
avvertenza che, ove il termine fissato dovesse decorrere senza che si faccia luogo
all’adempimento, il contratto, si intenderà risolto (ipso iure)
Termine essenziale. Il termine per l’adempimento di una prestazione si dice
3) essenziale quando la prestazione diventa inutile per il creditore se non venga
eseguita entro il termine stabilito. L’essenzialità del termine si dice oggettiva:
quando deriva dalla natura stessa della prestazione; si dice soggettiva quando dalle
pattuizioni contrattuali risulti escluso l’interesse del creditore all’esecuzione della
prestazione oltre il termine indicato
L’inadempimento, se riguarda un’obbligazione derivante da contratto a prestazioni
corrispettive, determina la risoluzione ipso iure del contratto, senza bisogno di
alcuna dichiarazione.
Tuttavia se questa è disposta a mantenere in vita il contratto e accettare
l’adempimento tardivo, può evitare la risoluzione dandone notizia all’altra parte
ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO
La legge, nei contratti a prestazioni corrispettive, offre rimedi con la funzione di tutelare la
parte non inadempiente
-il primo è l’eccezione di inadempimento: ossia la facoltà concessa ad un contraente di
rifiutare di eseguire la prestazione, se l’altra parte non adempie o non offre
contemporaneamente di adempiere quanto da essa dovuto (1460)
-l’eccezione di inadempimento è un mezzo di tutela che può utilmente operare solo a
favore della parte che è tenuta ad eseguire la prestazione contemporaneamente all’altra
parte
-non basta tuttavia l’inadempimento dell’altra parte a giustificare il rifiuto della prestazione:
occorre che il rifiuto sia conforme a buona fede
MUTAMENTO DELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI DEI CONTRAENTI
È attribuita a ciascun contraente la facoltà di sospendere l’esecuzione della prestazione da
lui dovuta, se, successivamente al perfezionamento del contratto, le condizioni patrimoniali
dell’altro sono divenute tali da porre in pericolo il conseguimento della controprestazione
(1461)
-la previsione offre un mezzo di tutela alla parte che sia, secondo le previsioni contrattuali,
tenuta ad adempiere prima dell’altra e pertanto non potrebbe giovarsi dell’eccezione di
inadempimento
LA RISOLUZIONE PER IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA
L’impossibilità sopravvenuta della prestazione (1256) estingue l’obbligazione: essa, perciò
libera la parte che vi era tenuta. Nei contratti corrispettivi essa fa venir meno la
giustificazione del diritto alla controprestazione (la causa del rapporto) e perciò da luogo
alla risoluzione (1463). Tale risoluzione opera di diritto.
-se la prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile (impossibilità parziale) il
corrispettivo è giustificato per la parte corrispondente e deve essere ridotto: la risoluzione
è parziale.
Per quanto riguarda i contratti traslativi occorre tener presente i principi riguardo il
momento in cui avviene il trasferimento della proprietà: se oggetto del contratto è una cosa
determinata, la proprietà si trasferisce per effetto del semplice consenso (1376), mentre il
trasferimento della proprietà di cose fungibili avviene tramite l’individuazione (1378).
Dunque, se il perimento avviene dopo che la proprietà è passata all’acquirente, è questi
che deve sopportare il rischio, perché res perit domino: come dal momento in cui diventa
proprietario egli trae dalla cosa tutti i vantaggi, così subisce le conseguenze sfavorevoli
-Naturalmente il venditore è obbligato a consegnare il bene venduto e risponde
dell’eventuale inadempimento di tale obbligazione. Se il venditore, per negligenza, lascia
perire, smarrisce le cose che deve consegnare, risponde per l’inadempimento
dell’obbligazione di consegna; se invece, dopo il trasferimento della proprietà ma prima
della traditio, la cosa va distrutta per un caso fortuito, il venditore non solo non è
responsabile per tale perdita (1218), ma ha altresì diritto al pagamento del prezzo da parte
del compratore, che era già proprietario del bene nel momento in cui la res è perita (res
perit domino)
-l’individuazione delle cose generiche può avvenire con la loro consegna al vettore: perciò
se un commerciante di Milano ha spedito a Roma la merce richiestagli da un cliente e
questa perisce durante il viaggio, per causa non imputabile al venditore, il compratore non
si può esimere dal pagamento del prezzo
LA RISOLUZIONE PER ECCESSIVA ONEROSITA’
Quando tra il momento della stipulazione del contratto e quello della sua esecuzione
intercorre un certo lasso di tempo (contratti ad esecuzione differita, continuata o periodica)
può accadere che in questo periodo si verifichino eventi tali da modificare l’originaria
valutazione dell’una o dell’altra parte riguardo la convenienza economica dell’operazione
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