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CAPITOLO XI I FATTI ILLECITI E LA RESPONSABILITÀ CIVILE
1 La responsabilità civile: profili generali
il cardine della responsabilità da fatto illecito extracontrattuale nascente dalla violazione di una norma
generale posta a tutela di tutti i consociati è individuabile nella fondamentale regola di cui all'art 2043. la
responsabilità da fatto illecito non presuppone un precedente rapporto tra danneggiato e danneggiante,
diversamente da quanto avviene nella responsabilità contrattuale la quale scaturisce dalla violazione di
una regola di rapporto relativa a soggetti determinati. Crea responsabilità contrattuale non solo
l'adempimento di un contratto ma qualsiasi lesione di un rapporto che leghi due soggetti e che non
necessariamente è di natura contrattuale: 433 riguarda l'obbligo di prestare gli alimenti implica un
rapporto tra determinati soggetti sulla base di un legame specifico pur se scaturente non da un contratto
ma da uno status o situazione personale. Se c'è violazione di tale obbligo si avrà responsabilità
contrattuale in quanto non si ottemperano doveri che nascono da una relazione soggettiva di carattere
relativo con individuazione specifica, da parte della legge, dell'obbligato e del titolare del diritto. Il
moltiplicarsi delle occasioni di danni anonimi fa assumere una indubbia centralità all'istituto della
responsabilità civile e ne valorizza la funzione riparatoria e compensativa rispetto all'antica funzione
sanzionatoria. La opinione che le due fonti generatrici di responsabilità in ambito civilistico abbiano una
radice unitaria trova numerosi riscontri nella stessa disciplina positiva nonché nei principi del diritto
privato europeo, con una tendenza al superamento di astratte distinzioni.
2 Gli elementi costitutivi del fatto illecito
2,1 L'ingiustizia del danno: evoluzione e dilatazione del concetto
Si nota una evoluzione del concetto di danno ingiusto che costituisce il fulcro della responsabilità
extracontrattuale e della individuazione dei diritti o interessi che danno luogo all'obbligazione di
risarcimento in capo a chi ha commesso il fatto. A prescindere dalla natura dell'interesse tutelato e della
sua formalizzazione alla stregua di diritto soggettivo assoluto o relativo, qualsiasi interesse ritenuto
meritevole di tutela dell'ordinamento, ove violato, con conseguente pregiudizio alla sfera patrimoniale o
personale del soggetto, fa sorgere la responsabilità e l'obbligo del risarcimento. Ove poi l'interesse
risultasse oggetto di immediata protezione da parte della norma giuridica l'operazione risulterà
semplificata; quando il suo riconoscimento risulta da norme o principi generali l'operazione risulta più
complessa dovendo prima procedere ad una valutazione comparativa tra gli interessi. Se è l'ingiustizia del
danno a definire l'ambito di operatività della responsabilità civile, l'area delle situazioni protette
corrisponde oggi a quanto fondamentalmente dalla giurisprudenza interpretato e qualificato in termini di
interesse meritevole di tutela, riferibile a pretese ritenute rilevanti e significative in un determinato
momento e contesto storico sociale. Si è passati così dalla tutela esclusiva dei diritti assoluti ad un
adempimento delle ipotesi di risarcibilità fino a farvi rientrare non solo la tutela ma anche di situazioni
come il possesso o di semplici interessi e aspettative purché collegati a posizioni ritenute rilevanti. Fino
agli anni 70 non dava luogo a responsabilità extracontrattuale il fatto di un soggetto che venisse
oggettivamente ad interferire nel rapporto contrattuale altrui rendendone impossibile l'esecuzione della
prestazione. si sosteneva che un terzo non poteva essere obbligato al risarcimento nemmeno se con il suo
comportamento illecito avesse reso impossibile al debitore di adempiere alla sua obbligazione. Il rapporto
credito debito si considerava dunque in-suscettibile di assumere rilievo rispetto ai terzi, autori di atti
illeciti. Si rilevava l'inesistenza di una norma che ponesse a carico dei terzi un generale dovere di
astensione in relazione ai rapporti di credito. La svolta che ha consentito di estendere il perimetro della
risarcibilità del danno anche alle lesioni esterne del credito, è dovuto alla maturazione di indirizzi e
orientamenti in seno alla giurisprudenza che è giunta nel corso degli anni a riconoscere la piena
ammissibilità delle pretese risarcitorie conseguenti al pregiudizio per violazione da parte del terzo del
diritto del creditore alla prestazione. Dalla tutela delle ipotesi nelle quali il fatto del terzo impedisca
l'adempimento dell'obbligazione da parte del debitore si giunge a ricomprendere anche quei casi in cui la
condotta del terzo influisca anche come concausa dell'inadempimento del debitore. La giurisprudenza ha
riconosciuto altre ipotesi di risarcibilità estranee alla lesione di diritti assoluti. Ci sono tante situazioni
ammesse:
chi inducendo altri all'inadempimento di una sua obbligazione, vi coopera, rendendosi acquirente
– di un bene già promesso in vendita a altri;
chi, con il suo fatto illecito, viene a turbare crediti alimentari è obbligato a risarcire il danno alla
– parte alimentata;
chi, nell'esercizio della sua attività professionale, con dolo o colpa, trasmette o diffonde
– informazioni inesatte che determina un pregiudizio economicamente quantificabile;
in particolari casi si può essere chiamati a risarcire il danno provocato dalla lesione di ragionevoli
– aspettative come quella legata alla crescita del figlio ovvero alla cura e all'assistenza da parte dei
propri genitori del figlio minorenne o non ancora economicamente indipendente;
dà luogo al risarcimento del danno la lesione di situazioni tradizionalmente ritenute di fatto, ma
– oggi rivalutate, come nei limiti in cui sia stato provocato turbamento o interruzione dell'attività
possessoria ovvero nel caso in cui non possa trovare attuazione la reintegrazione della cosa
attraverso l'esercizio della relativa azione;
può provocare il risarcimento anche l'ipotesi della perdita di chance intesa quale definitiva perdita
– della possibilità di conseguire un risultato utile;
è anche ammessa la risarcibilità del danno al convivente della vitta di un fatto illecito, sempre che
– si provi la sussistenza e una certa stabilità della famiglia di fatto nonché un rapporto costante di
contribuzione tra la vittima e il partner.
La dilatazione del danno ingiusto porta con sé anche il rischio di una proliferazione delle pretese
risarcitorie e di un allargamento a ventaglio delle situazioni risarcibili con la conseguenza di sottoporre a
rischi eccessivi l'attività umana. Dunque se da un lato appare apprezzabile la evoluzione interpretativa
segnalata dall'altro lato sembra necessario adottare un ragionevole criterio selettivo per non aggravare
eccessivamente la responsabilità del danneggiante. L'equilibrio dovrebbe ricavarsi da un uso accorto e
razionale del nesso di causalità nonché dall'applicazione di un obiettivo indice di valutazione degli
interessi rilevanti. In quel campo non può operare quindi quella discriminazione tra prevedibilità e
imprevedibilità del danno in quanto il fatto che genera l'obbligazione risarcitoria non è interpretabile in
relazione ad un futuro adempimento, secondo la prospettiva propria del contratto. Il debitore,
nell'assumere volontariamente un vincolo, è nelle condizioni di poter valutare quale sia il carico degli
oneri su di lui incombenti, sia nell'esito fisiologico che in quello patologico. Appare perciò giusto
discriminare il debitore che si comporta senza dolo da chi invece operando dolorosamente intenda
arrecare un danno al creditore. Non si può invece trasferire questa logica di tutela sul terreno del fatto
illecito, perchè l'obbligazione risarcitoria, generata da un fatto illecito, non è costruita sul piano di una
dinamica alternativa: chi arreca un danno viola comunque una norma generale di comportamento e la
legge non può tutelare il suo affidamento salva la corretta applicazione del nesso di causalità.
2,2 Condotta pregiudizievole e nesso di causalità
La condotta e attività del soggetto determinativa del danno ingiusto rimane il riferimento essenziale per la
configurazione del fatto illecito. Occorre rilevare che l'autore del danno può essere chiamato a
risponderne, sempre che lo stesso sia a lui imputabile: la legge prevede 2046 che l'autore del danno sia
capace di intendere e volere al momento in cui l'ha cagionato; non rileva lo stato di incapacità se deriva sa
sua colpa. La capacità cui si riferisce la norma è la capacità naturale 428, non quella legale. Infatti ove il
danno sia determinato da un incapace legale, chiamato a rispondere sarà chi è tenuto alla sorveglianza
dello stesso salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto dannoso. Al fine di evitare che il
danneggiato resti privo di ogni riparazione il giudice potrà condannare l'autore del danno al pagamento di
una equa indennità. La responsabilità dell'autore del fatto pregiudizievole è esclusa o limitata ricorrendo
determinate circostanze o situazioni, tassativamente previste dall'ordinamento e qualificate
complessivamente come causa di giustificazione, quali la legittima difesa di sé o di altri 2044; lo stato di
necessità 2045 di salvare sé od altri del pericolo attuale di un grave danno alla persona. Al danneggiato è
dovuto un indennizzo da determinarsi secondo l'equo apprezzamento del giudice. Da rilevare che la
legittima difesa giustifica l'azione di danni verso l'aggressore, ma non può giungere ad escludere la
responsabilità nei confronti del terzo eventualmente coinvolto. Nei confronti di quest'ultimo potrà semmai
essere invocato lo stato di necessità. Altre ipotesi sono l'esercizio di un diritto e del consenso dell'avente
diritto. Si tratta di fattispecie complesse rimesse al prudente apprezzamento del giudice. Quando il
comportamento dannoso è stato autorizzato dallo stesso soggetto danneggiato deve escludersi la
responsabilità dell'autore della condotta lesiva. È la natura dell'interesse leso a fondare il reale discrimine.
Infatti ove si tratti di bene indisponibile il consenso dell'avente diritto sarà irrilevante ai fini della
esclusione della responsabilità dell'autore per il pregiudizio arrecato al soggetto. In assenza di una legge
che disciplini la materia, la nostra giurisprudenza nell'ambito che non può certo dirsi compiuto, sembra
orientata ad attribuire al consenso del diritto interessa