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L’ANNULLABILITÀ
Una prima ipotesi di annullabilità è costituita dall’incapacità d’agire di una delle parti contraenti.
L’art. 1425 c.c. prevede che il contratto non sia annullabile soltanto quando vi è una delle parti incapace
d’agire (inabilitazione, interdizione, minore età, minore emancipato), ma il contratto è annullabile anche
quando una delle parti è incapace di intendere e di volere (cd incapacità naturale) prevista dall’’art. 428
c.c. Un soggetto che, per ragioni contingenti e transitorie, sia privo delle facoltà mentali poiché sotto
l’azione di stupefacenti, malattie ecc… si trova provvisoriamente in una condizione di incapacità di
intendere e di volere. L’art. 428 c.c. prevede che se la parte incapace è in grado di dimostrare la propria
incapacità la malafede dell'altro contraente, allora il contratto è annullabile. Nei casi invece dell’incapacità
d’agire il contratto è sempre annullabile poiché l’incapacità d’agire p sempre formalmente accertabile dai
pubblici registri (vedi pubblicità legale a cui sono sottoposte sentenze di interdizione e inabilitazione)
il contratto è inoltre annullabile in presenza dei cd vizi della volontà contrattuale (art. 1427 c.c.), i quali
• possono inquinare la volontà di concludere il contratto:
- ERRORE —> falsa rappresentazione della realtà in cui cade una parte contraente (es. errore materiale o
ostativo, se anziché scrivere 1000 si scrive 100 o errore sull’identità del contraente)
- DOLO —> inganno nei confronti dell’altra parte mediante raggiri, omissioni o menzogne
- VIOLENZA —> stipula del contratto sotto minaccia di una parte
Altra ipotesi di annullabilità riguarda i contratti conclusi dall’interdetto legale (1441 2° comma c.c.). In
• questo caso, a differenza dell’interdizione giudiziale, chiunque può decidere di avviare l’azione di
annullamento.
Questo spiega perché l’interdizione legale non ha una logica protettiva ma punitiva (rappresentando una
pena accessoria prevista dall’art. 32 c.p.). Mentre la regola generale afferma che per tutti quei contratti
annullabili, soltanto la parte tutelata può richiedere l’azione di annullamento (quindi per interdizione
giudiziale è l’interdetto, mediante suo rappresentante legale, che può chiedere l’annullamento)
nell’interdizione legale “chiunque” può cedere l’annullamento del contratto stipulato dell’interdetto legale.
Negli altri casi diversi dell’interdizione legale inoltre il soggetto può decidere di convalidare il contratto
annullabile, cioè sanare l’invalidità del contratto annullabile (“convalida” art. 1444 c.c.)
Supponiamo che un soggetto stipuli un contratto per errore può decidere o di chiedere al giudice
l’annullabilità del contratto o di convalidare il contratto. La convalida è il negozio giuridico unilaterale con il
quale la parte che è legittimata a chiedere l’annullamento del contratto decide invece di sanare la sua
invalidità-
Ulteriore specificazione —> presupposto fondamentale perché possa operare la convalida del contratto
annullabile è la cessazione dela causa dell’invalidità del contratto (es. se un minore d’età stipula il contratto
a 15 anni, la convalida può operare solo a partire dal raggiungimento del 18° anno d’età).
Lezione del 03/12/2012
Atti e fatti giuridici idonei alla costituzione di un rapporto obbligatorio; tali atti o fatti rappresentano le fonti
dell’obbligazione ed individuano i comportamenti con i quali essa si costituisce. A differenza dei diritti reali
che sono situazioni giuridiche soggettive stabili, le obbligazioni sono concepite dall’ordinamento giuridico
come situazioni giuridiche soggettive transitorie. Per spiegare a transitorietà o la stabilità di una situazione
giuridica soggettiva bisogna fare riferimento all’istituto della prescrizione e della decadenza. Entrambi tali
istituti fanno riferimento all’istituzione, più o meno assoluta, di una situazione giuridica. su essa incide il
trascorrere del tempo e un suo non uso protratto nel tempo può portare alla sua estinzione.
L’effetto estintivo previsto dalla prescrizione (art. 2934 co. 1 c.c.) trova la sua causa nell’inerzia del titolo
• protratta per un certo periodo di tempo. Il termine ordinario di prescrizione (ad es. per le obbligazioni) è
di 10 anni (2946 c.c.) un periodo maggiore vale per i diritti reali su cosa altrui che si prescrivono in 20
anni. Sono previste anche brevi prescrizioni: 5 anni per il risarcimento del danno da fatto illecito, 2 anni
nel caso in cui il danno sia stato prodotto dalla circolazione di veicolo. Alcuni diritti sono
imprescrittibili: gi status (di figlio o di coniuge), i diritti della persona, il diritto di proprietà.
La decadenza, al pari della prescrizione, pregiudica la possibilità di esercitare il diritto a causa dell’inerzia
• del titolare protratti per un certo periodo di tempo.
Funzione della decadenza è quella di limitare a periodi molto brevi lo stato di incertezza delle situazioni
giuridiche. Si spiega così perché ad essa non si applichino le norme in materia di interruzione della
prescrizione. Le obbligazioni dunque si prescrivono in un periodo di tempo relativamente breve (10 anni),
da qui il loro carattere transitorio. Tutte le obbligazioni periodiche poi, come il diritto al pagamento
dell’indennità assicurativa, si prescrivono in 2 anni; il diritto al compenso dei professionisti in 3 anni.
Mentre il carattere della stabilità dei diritti reali è dato da un termine di prescrizione superiore rispetto a
quello previsto per le obbligazioni ed è pari a 20 anni.
La disciplina giuridica dell’obbligazione tende a favorire l’estinzione della stessa poiché il credito o le altre
fonti dell’obbligazione non rappresenta delle situazioni giuridiche soggettive finali. Il credito è in un certo
senso una promessa fatta dal debitore grazia alla quale il creditore può ottenere ciò che gli spetta. Tuttavia
il credito è un diritto che il creditore esercita effettivamente al momento in cui ottiene il soddisfacimento
dell’interesse creditorio.
Riguardo la disciplina sulle obbligazioni, il c.c. prende anzitutto in esame le fotni dell’obbligazione ossi i
fatti costitutivi dell’obbligazione (art. 1173 c.c.) successivamente dedica un numero maggiore di norme ai
modi di estinzione dell’obbligazione. Per i diritti reali vale il contrario: il legislatore non ha preso in
considerazione la loro estinzione se non in casi maginali.
Art. 1173 c.c. —> “Le obbligazioni derivano da contratto, fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a
produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”.
- CONTRATTO: stipulazione di un contratto comporta la nascita di obbligazioni tra le parti
- FATTO ILLECITO: L’illecito civile è fatto giuridico secondo il c.c. ma per la dottrina è un atto giuridico in
senso stretto. Il legislatore parla di fatto illecito ma nel linguaggio della dottrina si parla di illecito civile. Il
fatto illecito è disciplinato dagli art. 2043 e seg. c.c.; la definizione di fatto illecito è: “ qualunque fatto
doloso o colposo, che cagiona ad altrui un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno”. Un fatto illecito può essere un incidente automobilistico che provochi un danno ad un
altro soggetto o un danno provocato dalla concorrenza sleale ecc.
Dalla nozione di fatto illecito, la dottrina suddivide la sua fattispecie in:
- Requisiti oggettivi: il 1° requisito oggettivo è che qualcuno abbia subito un danno ingiusto; non è
sufficiente lamentare il danno, affinché si possa dar luogo all’illecito civile è necessario che tale danno
sia ingiusto.
—> Ad esempio se un imprenditore sottrae clienti ad un altro perché più capace e non per concorrenza
sleale, allora si crea un danno ma non ingiusto. Fino agli anni ’70 non si considerava ingiusta la
violazione di un diritto relativo come ad esempio il diritto di credito. Questo perchè per definizione il diritto
di credito non è tutelabile erga omnes quindi la giurisprudenza ha sempre pensato che potesse essere
fatto valere solo nei confronti del debitore e che in caso di sua violazione non si trattasse di fatto illecito
ma di inadempimento di una obbligazione; se invece la violazione riguarda un diritto assoluto allora si
prefigura un fatto illecito. —> A partire dagli
anni ’60 la Corte di Cassazione ha cambiato il proprio ordinamento pensando che anche la violazione di
un diritto relativo prefigurasse un illecito civile nell’ipotesi dell’uccisione del creditore o della sua
impossibilità a lavorare. Famoso è il caso “Superga”, quando la squadra del Torino rimase uccisa in un
incidente aereo e la società fece causa per ottenere il risarcimento del denaro per aver perso i giocatori.
La risposta dei giuridici fu negativa perché non si poteva ammettere il risarcimento del danno per la
violazione di un diritto di credito. Il cambiamento giurisprudenziale arrivò nel 1971 con il caso Meroni. Il
calciatore del Torino, Luigi Meroni, venne travolto da un’auto e rimase ucciso. La squadra di calcio citò in
giudizio il conducente per ottenere il risarcimento del danno derivante del fatto di aver reso impossibile in
modo definitivo l’esecuzione della prestazione da parte del proprio giocatore. A differenza di quanto
avvenne con il caso Superga, questa volta la Corte di Cassazione riconobbe al Torino il risarcimento.
Altro caso è quello delle lesioni gravi provocate ad un lavoratore nel caso di incidenti. In questo caso, se
l’impossibilità lavorativa non è impugnabile a un 3°, il datore di lavoro è obbligato a retribuire il lavoratore.
Con la sentenza n° 500/1999 la Corte di Cassazione ha affermato che il danno è ingiusto non solo nel
caso di violazione dei diritti assoluti ma anche di quelli relativi qualora sia stato leso un interesse del
danneggiato meritevole di tutela per l’ordinamento giuridico; per la prima volta si fa valere l’interesse
legittimo non solo per l’annullamento di un atto amministrativo ma anche per il risarcimento del danno
ingiusto.
2° requisito oggettivo del fatto illecito è il NESSO DI CASUALITÀ del danno; il danno ingiusto subito non
è causale ma è stato causato da un altro oggetto soggettivo (in modo casuale e non casuale). Dunque il
danneggiato deve dimostrare che a) il dan