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La riforma del sistema pensionistico
Il limite massimo del servizio utile è pari a 40 anni: quindi il lavoratore non può pretendere che la sospensione sia calcolata, per es., su 42 anni, quand'anche potesse vantarli come servizio effettivo.
Ove si trascenda l'ambito previdenziale, risulta evidente il movente economico della riforma, il cui principale effetto consiste in un alleggerimento dell'onere economico che le finanze dello Stato sono costrette a sobbarcarsi periodicamente: infatti l'elevazione dei requisiti di età e di contribuzione significa concretamente minore spesa per l'erogazione di prestazioni pensionistiche e maggiori entrate di natura contributiva.
Il cumulo tra pensione e reddito da lavoro è uno dei nodi cruciali di ogni riforma del sistema pensionistico. La questione è agitata da due istanze, l'una di carattere...
maggiormente teoretico, l'altra di carattere im-mediatamente pratico.
Sotto il primo profilo, essendo la funzione delle prestazioni previdenziali quella di alleviare la situazio-ne di chi versa in stato di bisogno, si rende opportuno tener conto di quei redditi che, comunque perce-piti dal soggetto, possono concretamente influire sulla sua situazione patrimoniale e dunque sul gradodi bisogno dello stesso.
Una simile necessità è stata in passato avvertita in particolar modo per i trattamenti anticipati, poiché intale ipotesi presupposto implicito per il riconoscimento della pensione d'anzianità era la sopravvenutainidoneità del lavoratore a fornire la sua prestazione lavorativa, a motivo della precoce usura fisica(così nella legge del 1969 era previsto un divieto assoluto di cumulo coi redditi da lavoro dipendente).
Al contrario, si dettava una disciplina più permissiva per quanti avessero raggiunto l'età della
pensionedi vecchiaia od il massimo dell'anzianità contributiva, perché in tal caso appariva iniquo che si dovesselimitare la capacità di produrre reddito a soggetti che già avevano pienamente contribuito al finanzia-mento del sistema previdenziale.Sotto il profilo pratico, emerge la comprensibile esigenza di evitare esborsi da parte dell'ente previden-ziale qualora il beneficiario degli stessi non ne appaia bisognevole.Sullo stesso piano, ma in senso contrario, vale parimenti l'esigenza di recuperare un maggior gettitocontributivo, che spinge a regolarizzare la posizione di quanti, pur in pensione, continuino a lavorareeffettuando "in nero" la loro prestazione.Dal prevalere delle contrapposte esigenze è derivato il continuo alternarsi di differenti discipline, quan-to al cumulo fra pensioni e redditi (nonché fra pensioni di diverso tipo).Volendo tentare una sintesi delle norme attualmente vigenti, si deve tenerpari o superiore a 63 anni, il limite del cumulo dei redditi da lavoro dipendente o autonomo è del 50% della parte di prestazione eccedente il trattamento minimo, fino a concorrenza dei redditi stessi (legge 335/1995). In altre parole, i redditi da lavoro dipendente o autonomo possono essere cumulati con la misura minima delle pensioni e con il 50% dell'importo residuo della pensione. Ad esempio, se la pensione è di 1.200,00 euro (con un minimo di 600,00 euro) e il pensionato guadagna 2.000,00 euro, potrà trattenere il minimo (600,00 euro) più il 50% del residuo (cioè il 50% di 600,00 euro, pari a 300,00 euro): in totale, 900,00 euro.inferiore ai 63 anni, la prestazione liquidata col metodo contributivo non è cumulabile coi redditi da lavoro dipendente nella loro interezza, mentre è cumulabile col reddito da lavoro autonomo nella misura del 50% della parte eccedente il trattamento minimo, e comunque fino a concorrenza coi redditi stessi. Per la pensione di vecchiaia liquidata col sistema retributivo, è disposta la possibilità di un cumulo pieno con i redditi da lavoro dipendente ed autonomo. Per quanto concerne la pensione d'anzianità, si dispone la possibilità del cumulo totale in tre sole ipotesi: a. nel caso in cui il lavoratore abbia comunque raggiunto i 40 anni di anzianità contributiva; b. nell'ipotesi in cui l'età anagrafica sia superiore a 58 anni ed i contributi versati siano pari ad almeno 37 anni; c. nel caso in cui il pensionato abbia raggiunto l'età della pensione di vecchiaia. In assenza di tali condizioni, la pensione.di anzianità non può essere cumulata con i redditi da lavoro dipendente, mentre è ammessa una cumulabilità parziale con i redditi da lavoro autonomo, nella misura del 30% della quota eccedente il minimo e comunque nei limiti del 30% del reddito da lavoro autonomo (l.388/2000). 8. L'assegno (già pensione) d'invalidità La disciplina in precedenza vigente (l. 160/1975) assumeva come elemento costitutivo necessario ai fini del sorgere del diritto una riduzione della capacità di guadagno (misurata sulla base di apposite tabelle di medicina del lavoro) in misura superiore a 2/3; in capo all'assicurato doveva residuare in misura inferiore ad 1/3. Occorreva poi un periodo di almeno 5 anni di assicurazione ed altrettanti di contribuzione (uno dei quali doveva aver avuto luogo negli ultimi cinque). Per capacità di guadagno si intende la capacità di continuare a svolgere la medesima attività lavorativa svolta in.precedenza dal soggetto infortunatosi. Si noti la differenza col concetto della capacità di lavoro, operante nel campo degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali: quest'ultimo criterio sta ad indicare la generica capacità del soggetto assicurato a svolgere un qualunque genere di attività lavorativa. Così una ballerina che si fosse irrimediabilmente lesa l'articolazione della caviglia si sarebbe vista corrispondere dall'INPS una pensione basata su di una perdita del 100% della capacità di guadagno. L'INAIL invece, nel solo caso di infortunio avvenuto in occasione di lavoro ed a prescindere da qualsivoglia requisito contributivo, avrebbe corrisposto una rendita calcolata su di una percentuale inferiore al 100%, perché avrebbe tenuto conto del fatto che la ballerina avrebbe potuto comunque esercitare una qualunque diversa attività. In sintesi, a. l'INPS eroga la pensione in esame qualunque sia lacausa della lesione, mentre l'INAIL eroga una rendita solo se l'infortunio avviene in occasione del lavoro;
l'INPS richiede requisiti contributivi ed assicurativi di almeno 5 anni, mentre l'INAIL non ne pone (trova infatti piena applicazione il principio della automaticità delle prestazioni, di cui al 67 d.P.R.1124/1965, in base al quale gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso di mancata dichiarazione dell'attività lavorativa o di mancato pagamento dei premi da parte del datore di lavoro);
la percentuale d'incapacità richiesta dall'INPS è pari a più di 2/3 (e prendeva a base la capacità di guadagno), mentre l'INAIL eroga la rendita a fronte di una diminuzione superiore al 16% della capacità di lavoro;
per il calcolo dell'indennità l'INPS prende a base l'ammontare ed il valore dei contributi.
Versati, mentre l'INAIL applica un sistema misto che prevede due elementi (uno a-reddituale in ragione della misura della lesione, in correlazione con l'età del soggetto, ed un altro dove le percentuali sono messe in rapporto con l'importo della retribuzione).
Dunque l'assicurato che si infortuna al di fuori dell'occasione di lavoro (per es. la ballerina che si rovina la caviglia sciando) e che sia privo di contributi non ha diritto a nulla.
Ai fini della concessione del trattamento pensionistico l'INPS doveva tenere in considerazione la situazione socio-economica della provincia ove risiedeva l'infortunato: maggiore era la disoccupazione nell'ambito della provincia, minori erano le possibilità di reimpiego dell'infortunato.
Di conseguenza in queste aree era più facile ottenere il trattamento in esame.
Il legislatore è intervenuto (l. 222/1984), prevedendo sul punto il diritto dell'assicurato a due
distinte prestazioni: l'assegno ordinario d'invalidità e la pensione ordinaria d'inabilità; quest'ultima viene corrisposta all'assicurato solo se sia rimasto incapace nella misura del 100% e non nel caso di lesioni inferiori, come avveniva nel previgente sistema. La nozione di capacità presa a base non è più quella di guadagno ma, analogamente al regime dell'I-NAIL, di lavoro. Infine i requisiti di assicurazione e contribuzione: sono sempre richiesti 5 anni, ma negli ultimi 5 anni di assicurazione si richiede una contribuzione non più di almeno un anno, ma almeno di tre. Si parla di rischio precostituito per il fatto che il grado d'incapacità viene raggiunto in epoca anteriore al sorgere del rapporto assicurativo: in questo caso si ha egualmente diritto alla prestazione? L'INPS, sostenuta dalla giurisprudenza, negava tale diritto sulla base degli artt. 1886 (Assicurazioni sociali: Le)Le assicurazioni sociali sono disciplinate dalle leggi speciali. In mancanza si applicano le norme del presente capo [Libro IV, Delle obbligazioni, Titolo III, Dei singoli contratti, Capo XX, Dell'assicurazione]) e 1895 (Inesistenza del rischio: Il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto).
In effetti se l'evento dannoso si verifica prima della stipulazione del contratto d'assicurazione, la conclusione dello stesso non risponde ad alcun interesse meritevole di tutela (anzi, la stipula di un siffatto contratto avverrà probabilmente a fine di frode da parte dell'assicurato nei confronti dell'impresa assicuratrice, nei confronti della quale il contraente avrà occultato la già avvenuta verificazione del rischio), e pertanto se ne afferma la nullità.
Questa argomentazione era suffragata dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. 163/1983) e di Cassazione.
lteriori obblighi contrattuali.