Riassunto esame Diritto del lavoro, prof. Loele, libro consigliato Diritto della previdenza sociale, Persiani
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La struttura mutualistica caratterizza le prime realizzazioni della previdenza sociale, ma
divenuta quest'ultimo infine proprio lo stato, ha subito profonde alterazioni.
I mezzi necessari alla realizzazione della tutela previdenziale sono ormai reperiti o
attraverso il finanziamento pubblico, o mediante l'imposizione di contributi a soggetti che
non hanno alcun interesse a quella realizzazione che si vengono a trovare con i soggetti
protetti in relazioni anche sporadiche e occasionali.
L'onere della tutela previdenziale è sostenuto anche da soggetti che di quella tutela
beneficiano. Anche in questi casi è non sussistono le caratteristiche proprie della mutualità
e manca soprattutto la reciprocità tra i soggetti esposti al rischio.
Nelle varie forme di previdenza sociale hanno è prevalso ormai la tendenza verso
l'adduzione del sistema finanziario detto della ripartizione. Tale sistema ha sostituito quello
della capitalizzazione per il quale la contribuzione in essere proporzionale all'onere
finanziario derivante dall'uno degli eventi che si sarebbero verificati futuro, stimato
secondo il calcolo della probabilità.
Manca quel identità fra soggetti esposti al rischio e coloro tra i quali sono ripartite le
conseguenze del verificarsi di quest'ultimo che caratterizza la struttura mutualistica e si ha
solo la subordinazione dell'interesse di quanti producono alla soddisfazione dell'interesse
pubblico a che venga realizzata la tutela previdenziale di quei lavoratori che si trovino in
determinate situazioni di bisogno.
21. Il sistema giuridico della previdenza sociale come espressione della solidarietà
nazionale
Nel sistema della previdenza sociale trova attuazione un principio diverso più vasto che
non quello mutualistico. Attraverso quel sistema si realizza la solidarietà di quanti sono in
grado di lavorare e di quanti dall'altrui lavoro traggono utilità.
Questa solidarietà non può essere espressa da una struttura mutualistica.
La solidarietà realizzata con la previdenza sociale è solidarietà tra chi lavora e chi, non
potendo più o non avendo potuto lavorare, si trova in condizione di bisogno; tra chi
produce e chi ha contribuito con il suo lavoro a quella di produzione. Tale solidarietà è
concentrata e attuata dallo stato. Questi garantisce l'attuazione della solidarietà nazionale
attraverso la realizzazione della tutela previdenziale anche con diretti interventi finanziari.
La solidarietà che trova espressione del sistema giuridico previdenziale rappresenta una
specie di quella segreta che lo stato realizza ogni volta che opera una redistribuzione del
reddito.
L'obbligo contributivo è imposto al fine di attuare la solidarietà di tutta la collettività
organizzata (art. 2 cost).
Le prestazioni previdenziali sono determinate sulla base di scelte politiche che tengono
conto non solo non tanto della contribuzione versata, ma anche e sempre più intensamente
dall'effettivo bisogno del soggetto protetto.
Dall'onere della metà del contributo previdenziale imposto al lavoratore ( art. 2115 cc), si
è passati, da un periodo in cui, nell'immenso dopoguerra, si era avuto l'esonero completo,
a una contribuzione di gran lunga inferiore rispetto a quella posta a carico del datore di
lavoro, adeguando così alla realtà economica e sociale la misura del contributo di chi
lavora alla realizzazione della solidarietà nazionale.
22. La previdenza sociale come pubblico servizio
È da considerare l'organizzazione degli enti pubblici previdenziali solo in relazione al fine
per il quale essa predisposta e cioè per l'erogazione delle prestazioni previdenziali.
L'attività degli enti previdenziali è qualificata come un servizio pubblico.
L'attività degli enti previdenziali è diretta alla realizzazione di interessi che, oltre a essere
pubblici, sono individuali.
Le prestazioni previdenziali trovano il loro scopo essenzialmente nell'interesse pubblico
alla loro erogazione, indipendentemente da ogni interesse patrimoniale degli enti
previdenziali e della economicità o meno del servizio.
23. Lo stato nel sistema giuridico della previdenza sociale
Lo stato non interviene direttamente, ma attraverso gli enti previdenziali.
L'art. 38 cost. disegnatore per quanto riguarda le forme di tutela già realizzate, nel senso
che dovrebbe ritenersi in contrasto con la costituzione ogni provvedimento legislativo che
preveda l'abolizione di ogni forma dell'attuale tutela previdenziale.
Ne deriva che rapporto intercorrente tra lo stato e gli enti previdenziali in tenuti ad
erogare quelle prestazioni si trova, al pari di quelle in cui si realizza il finanziamento, in
una relazione di strumentalità rispetto al rapporto giuridico previdenziale, in quanto
costituisce un mezzo al fine della realizzazione della tutela previdenziale.
24. Gli enti previdenziali come enti strumentali
L'attività di ente pubblico può essere soltanto rilevante per lo stato; ente pubblico può
svolgere una sua propria attività e nel contempo deve curare un fine statuale; inoltre può
essere titolare di un munus che è esclusivamente statuale e perciò la sua attività è posta
per intero al servizio dello stato.
Quando sussiste soltanto una connessione e non una coincidenza fra gli interessi dello
stato e quelli dell'ente pubblico, quest'ultimo gode di una certa autonomia. Diversamente
accade per gli enti strumentali, i quali sono necessariamente vincolati al perseguimento
dell'interesse pubblico statuale in vista del quale sono stati istituiti.
Per gli enti previdenziali stato lo provvede non solo di istituirli, ma determina altresì
l'ordinamento, ne prevede e ne nomina agli organi, stabilisce l'indirizzo politico-
amministrativo della loro attività.
Lo stato, si affida agli enti previdenziali il perseguimento di fini che non sono suoi,
provvede anche alla reperimento dei mezzi che sono necessari al loro raggiungimento. Ciò
avviene, nel regime attuale due modi:
- contribuendo direttamente al loro finanziamento;
- imponendo l'obbligo di contribuire ad alcuni soggetti.
Il carattere della strumentalità non manca neanche per gli enti previdenziali privatizzati
(d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 ).
La facoltà riconosciuta dalla legge ad alcuni enti pubblici previdenziali di trasformarsi in
associazioni o fondazioni è prevalentemente funzione della privatizzazione della attività di
gestione delle loro risorse.
Sia pure nella nuova veste di enti privati esercenti pubbliche funzioni, gli enti previdenziali
"privatizzati" devono soddisfare, oltre all'interesse individuale degli associati, anche il fine
pubblico della tutela previdenziale secondo l'art. 38 cost.
25. L'intervento dello stato al finanziamento degli enti previdenziali
L'intervento finanziario dello stato alla gestione degli enti previdenziali ha raggiunto
attualmente una intensità notevole, ma corrisponde anche a scopi sostanzialmente diversi.
Lo stato, non si limita più a favorire, stimolare e incoraggiare l'attività ai soggetti
interessati, ma in attuazione dell'art. 3, 2 comma e dell'art. 38, 4 comma cost., interviene
per rendere effettivo il diritto dei soggetti protetti alle prestazioni previdenziali.
L'intervento finanze dello stato è stato determinato dalla necessità di provvedere ad
esigenze contingenti.
Successivamente, con l'intervento è stato previsto per la realizzazione della tutela
previdenziale dei lavoratori autonomi.
Per i lavoratori subordinati, invece, l'intervento finanze dello stato consente di realizzare
un miglioramento della tutela o per coprire il deficit degli istituti previdenziali.
Qualunque sia la natura giuridica del contributo previdenziale imposte singoli, il contributo
dello stato non può assumere la stessa qualificazione. Se si tratta di tributi, lo stato non
paga tributi.
Il contributo finanziario dello stato non può trovare il suo fondamento nella conseguenza
che nelle riva e cioè nel minor onere che esso incontra nella realizzazione dell'assistenza
sociale.
Dovrebbe ritenersi l'intervento finanze dello stato alla realizzazione della tutela
previdenziale avvenga in esecuzione di un preciso dovere imposto dalla costituzione. Lo
stato è tenuto a realizzare quella tutela intervenendo direttamente e a finanziare gli enti
previdenziali.
Tant'è che tali enti non solo sono finanziati, ma sono anche stati ammessi al c.d. " tiraggio
di tesoreria" onde lo stato soddisfa direttamente anche alle loro esigenze di cassa mentre
sono tenuti a versare alla tesoreria dello stato le somme riscosse a titolo di contributi
previdenziali.
Il finanziamento dello stato rappresenta una manifestazione della solidarietà di tutta la
collettività verso chi si trova in condizione di bisogno.
26. La gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali
L'esigenza di consentire all'INPS il recupero degli importi di contributi dei quali era
creditore per legge nei confronti dello stato è che questi non aveva versato,aveva indotto
alla istituzione, nell'ambito dell'istituto, di una gestione autonoma denominata fondo
sociale ( legge n. 903 del 1965).
A detta gestione era stata la prima attribuita la competenza ad irrogare la quota parte di
ciascuna mensilità di persone; successivamente viene attribuito al fondo anche il compito
di erogare la pensione sociale ai cittadini ultra sessantacinquenni in disagiate condizioni
economiche, attualmente nominato " assegno sociale".
Quella gestione consentì l'avvio di una importante forma di solidarietà.
L'art. 40 della legge n. 88 del 1989 ha soppresso, a decorrere dal 1° gennaio 1989, il
fondo sociale e lo ha istituito, sempre nell'ambito dell'INPS, la gestione degli interventi
assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali.
A questa gestione fanno carico non solo le erogazioni delle prestazioni già affidate al
soppresso fondo sociale, ma anche l'integrazione dell'assegno ordinario di invalidità, gli
oneri derivanti dalle agevolazioni contributive disposte per legge e quelli dei trattamenti di
integrazione salariale straordinaria e dei trattamenti speciali di disoccupazione;gli oneri
derivanti dai pensionamenti anticipati, le pensioni delle gestioni dei coltivatori diretti,
mezzadri e coloni avente decorrenza anteriore al 1° gennaio 1989.
La gestione è finanziata dallo stato attraverso il trasferimento delle somme stanziate dalle
leggi finanziarie.
Quella gestione, unitamente a quella del servizio sanitario sociale e quella del servizio
integrato di interventi e servizi sociali appare significativa della realizzazione dell'idea di
sicurezza sociale.
L'onere del finanziamento delle misure a favore dei lavoratori stranieri è accollato al fondo
nazionale per le politiche migratorie.
CAPITOLO TERZO
IL RAPPORTO CONTRIBUTIVO
27. I contributi previdenziali e i soggetti tenuti al loro pagamento
Se lo stato interviene al finanziamento degli enti previdenziali e, tuttavia il reperimento dei
mezzi necessari al raggiungimento dei fini e istituzionali di questi ultimi ancora avviene
mediante l'imposizione dell'obbligo del pagamento di contributi previdenziali ad alcune
categorie di cittadini.
Tenuti al pagamento dei contributi previdenziali sono il datore di lavoro dei soggetti
protetti.
Accanto a questi, i lavoratori subordinati sono tenuti al pagamento dei contributi
previdenziali. In questi casi è responsabile dell'adempimento dell'obbligo contributivo è il
datore di lavoro che ha diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore.
Per i lavoratori parasubordinati, la contribuzione previdenziale è posta anche a carico dei
committenti, mentre per la tutela realizzata a favore dei lavoratori autonomi ed i liberi
professionisti sono gli stessi soggetti protetti che contribuiscono alla sua realizzazione.
L'onere di pagamento dei contributi previdenziali, quando ha imposto a soggetti diversi da
quelli protetti, non ricade solo ed esclusivamente sui datori di lavoro.
Il c.d. contributo di solidarietà è imposto ai datori di lavoro dell'industria al fine di
realizzare un miglioramento della tutela di malattia ai lavoratori dell'agricoltura, del
contributo posto a carico del datore di lavoro per finanziare l'assistenza di malattia ai
pensionati e ed avviene con il contributo di fedeltà imposta gestione pensionistica diversa
da quella del regime generale gestito dall'INPS per il finanziamento dell'assicurazione
generale obbligatoria per la invalidità, vecchiaia e superstiti e per il contributo di
solidarietà che datore di lavoro sono tenute a versare, sulle somme versate o destinate al
finanziamento di forme volontarie di previdenza integrativa o complementare.
Vi sono casi poi, in cui l'obbligo del pagamento dei contributi previdenziali grava su
soggetti che non sono datori di lavoro. Così, le società cooperative e le società, anche di
fatto, sono tenute al pagamento dei contributi per i loro soci impiegati nei lavori da esse
assunti.
La tutela previdenziale dei lavoratori autonomi e in particolar modo quella dei liberi
professionisti si realizza anche con i contributi posti a carico di soggetti che con i soggetti
protetti si venga a trovare in relazione occasionali e cioè dei committenti. Tale è la
situazione dei clienti dei liberi professionisti.
Contributi previdenziali sono poste a carico degli artigiani, dei commercianti e dei
coltivatori diretti anche per quei familiari che lavorino abitualmente dell'impresa artigiana
o commerciale o nei fondi e per i familiari viventi a carico. In questi casi, tra il soggetto
obbligato a al pagamento dei contributi e il beneficiario delle prestazioni previdenziali
intercorre rapporto familiare o un rapporto associativo, sottratto alla disciplina del diritto
di lavoro e designato da dottrina come rapporto di lavoro familiare.
28. Funzione previdenziale e obiettivi di politica economica
Il sistema di finanziamento della previdenza sociale è stato modificato con i provvedimenti
legislativi che hanno predisposto la fiscalizzazione degli oneri e sociali e gli sgravi
contributivi e per le imprese industriali che utilizzano effettivamente lavoratori nel
mezzogiorno.
A questi provvedimenti, e ne sono succeduti numerosi altri, sia di carattere generale, sia
limitata a particolari settori della produzione o singole regioni, sempre connotati dalla
temporaneità.
Attualmente, la fiscalizzazione degli oneri sociali è diventata strutturale e cioè definitiva,
mentre il regime degli sgravi contributivi per il mezzogiorno è stato sostituito.
Per effetto della fiscalizzazione e datore di lavoro, e a volte anche lavoratori sono, o
erano, esonerati dall'obbligo del versamento di alcuni o di una parte di alcuni contributi
previdenziali, mentre l'onere corrispondente è, ed era,assunto dallo stato.
Tutti questi provvedimenti sono esclusivamente destinati al perseguimento di finalità di
politica economica e tenendo ad incrementare la competitività delle imprese e i livelli
occupazionali.
Sia il godimento degli sgravi contributivi sia quello dei benefici della fiscalizzazione sono
stati condizionati alla c.d. clausola sociale e, cioè, all'erogazione ai dipendenti di un
trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi
nazionali del settore.
29. La contribuzione figurativa
La contribuzione figurativa può essere riconosciuta, a seconda dei casi, d'ufficio o su
domanda dell'interessato.
Quando il rapporto di lavoro rimane sospeso per effetto di determinati eventi ( malattia,
disoccupazione), lo svolgimento di cariche pubbliche elettive, i permessi per i genitori di
minore con handicap e nei casi di persecuzione politico laziale, la legge dispone che quei
periodi si considerino come periodi di contribuzione ai fini del diritto alle prestazioni
previdenziali e della determinazione della loro misura.
In quei casi infatti, la sostituzione del finanziamento pubblico alla contribuzione posta a
carico dei datori e dei prestatori di lavoro costituisce una precisa attuazione del principio
della solidarietà, in quanto tende ad evitare che i soggetti protetti subiscano un pregiudizio
per quanto attiene al futuro godimento delle prestazioni previdenziali.
La legge consente per i non vedenti adibiti alle mansioni di centralinisti telefonici, nonché
per i sordomuti e gli invalidi oltre 74%, l'accredito su richiesta dell'interessato di due mesi
di contributi figurativi per ogni anno di lavoro effettivo, sino ad un massimo di cinque
anni.
Il problema è quello di sapere se i mezzi necessari alla realizzazione della tutela
previdenziale, una volta che destinata esclusivamente a realizzare un interesse pubblico
generale, debbano essere reperiti mediante l'imposizione di contributi esclusivamente ad
alcune categorie di cittadini.
Quest'ultima alla soluzione realizzata per la gestione degli interventi assistenziali e di
sostegno alle gestioni previdenziali.
30. I contratti di riallineamento
La connessione esistente tra politica economica e sociale e politica del finanziamento dei
regimi previdenziali attuata mediante la contribuzione previdenziale è confermata dalla
disciplina dettata dalla legge per i contratti di riallineamento.
È impossibile una analitica esposizione del disciplina legislativa dei contratti di
riallineamento.
Le linee ispiratrice di quella legislazione: la ratio della disciplina dei contratti di
riallineamento può essere agevolmente compresa se si tiene conto delle esigenze che essa
tende a soddisfare.
Il godimento degli sgravi e della fiscalizzazione ha condizionato all'erogazione di
trattamenti non inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva nazionale.
Di conseguenza, le imprese che non avevano rispettato tali condizioni non avevano diritto
agli sgravi fiscali e alla fiscalizzazione e sarebbero state obbligate a restituire le somme
corrispondenti ai benefici indebitamente goduti. Dall'altra, quelle imprese erano anche
inadempienti alle obbligazione contributive.
In questa situazione, il legislatore ha presunto che l'erogazione dei trattamenti retributivi
inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva nazionale fosse un sintomo delle
difficoltà economiche di quelle imprese che avevano potuto sopravvivere e mantenere
livelli di occupazione.
È stata avvertita l'esigenza di salvaguardare i livelli occupazionali alleggerendo l'onere
della contribuzione previdenziale.
Esigenza è stata soddisfatta abitando l'autonomia sindacale a stipulare contratti di
riallineamento e cioè accordi territoriali o aziendali che prevedono programmi di graduale
( triennale e a volte quadriennale) riallineamento dei trattamenti retributivi praticati a quelli
previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Il trattamento retributivo previsto dai contratti di riallineamento è stato equiparato a
quello previsto da contratti collettivi nazionali del settore.
31. L'emersione del lavoro sommerso
La legge n. 383 del 2001 ha tende ad incentivare l'emersione del lavoro sommerso e
persegue l'obiettivo di regolarizzare le posizioni contributive dei dipendenti di quelle
imprese che non avevano imprese ha adempiuto agli obblighi previsti dalla disciplina
previdenziale e da quella fiscale.
L'emersione del lavoro sommerso non ha rimessa alla contrattazione collettiva ma è
affidata all'iniziativa dei singoli imprenditori. Questi hanno l'onere di presentare una
dichiarazione di emersione con la quale si impegnano ad erogare, per il futuro, a propri
dipendenti e retribuzioni non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali.
Dichiarazione che doveva essere approvata dal sindaco sulla base delle indicazioni del
C.I.P.E.
Il d.l.n. 210 del 2002 istituisce comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso ai quali il
datore di lavoro deve inviare la dichiarazione di emersione affinché ne valutino la fattibilità
tecnica.
La legge consente all'imprenditore di presentare a compiere individuale di emersione
progressiva per il quale previsto una procedura particolare.
Due sono gli effetti della presentazione della dichiarazione di emersione.
Per il periodo anteriore alla presentazione della dichiarazione di emersione, l'imprenditore
può chiedere un concordato tributario e previdenziale che gli consente di regolarizzare gli
inadempimenti fiscali e previdenziali.
Regolarizzazione che avviene versando un'imposta sostitutiva, la quale è determinata nella
misura dell'8% del costo del lavoro irregolare utilizzato e dichiarato.
All'imprenditore che ha presentato la dichiarazione di emersione si applica, per i piani
successivi quella presentazione, un regime contributivo di grande favore. Egli è tenuto a
versare una contribuzione previdenziale.
Con effetto dalla data di presentazione della domanda di emersione, la decisione del
lavoratore costituisce rinuncia non impugnabile relativamente ai diritti di natura retributiva
e risarcitoria per il periodo pregresso.
32. Il problema della natura giuridica dei contributi previdenziali
Tutte le soluzioni possibili del problema della natura giuridica dei contributi previdenziali e
sono state proposte dalla dottrina: da quella per cui essi dovrebbero essere considerati
come un corrispettivo delle prestazioni previdenziali, alla stregua dei premi delle
assicurazioni private, fino a quelle che ne hanno sostenuto alla natura di tributo,
discutendosi poi se si tratta di tassa, di contributo speciale, di imposta in senso stretto
oppure di imposta speciale.
L'opinione secondo la quale i contributi previdenziali sarebbero da considerare come premi
di assicurazione deve essere respinta solo che si tenga presente l'inesistenza di quel nesso
di corrispettività tra contributi e prestazioni previdenziali che ne costituirebbe il
presupposto.
Allo stesso modo la configurazione dei contributi previdenziali come parte integrante del
salario considera i contributi previdenziali con esclusivo riguardo al rapporto tra
lavoratore e datore di lavoro; nulla dice a proposito della natura giuridica dei contributi
previdenziali.
Si deve quindi convenire con la dottrina prevalente la quale ritiene che i contributi
previdenziali siano tributi imposti dalla legge a favore di un ente pubblico e per la
realizzazione di un pubblico interesse.
E ma innanzitutto respinta l'opinione di chi ritiene che i contributi previdenziali siano
figure autonome speciale del tributo; poi che si è ritenuta possibile accettare una delle
qualificazione tradizionali, essendosi ammessa l'esistenza di una relazione sinallagmatica a
tra l'obbligazione contributiva è quella di erogare le prestazioni previdenziali. Poiché nei
tributi la corrispettività tra il sacrificio dell'imposizione e il vantaggio che ne deriva ai
singoli è normalmente esclusa.
Va anche respinta configurazione dei contributi previdenziali come tasse o come contributi
speciali.
33. I contributi previdenziali come imposte
I contributi previdenziali devono essere configurati come imposte.
Le imposte sono le prestazioni pecuniarie che un ente pubblico ha il diritto di esigere in
virtù della sua potestà di imperio, nei casi, nella misura nei modi stabiliti dalla legge, allo
scopo di reperire mezzi necessari allo svolgimento della sua attività. Presupposto
dell'imposta è esclusivamente la soggezione alla potestà dello stato, mentre l'impiego che
l'ente pubblico fa del ricavo dell'imposizione, in base a norme estranee al rapporto
tributario, non ha alcuna influenza sull'origine e sull'estensione dell'obbligo contributivo.
La funzione dei contributi previdenziali e è quella di fornire agli enti previdenziali e mezzi
necessari alla realizzazione dai compiti loro affidati dalla legge per la soddisfazione
immediata di un interesse pubblico.
Obbligati al pagamento dei contributi possono essere gli stessi soggetti che beneficiano
della tutela previdenziale; mentre, quando lo sono altri soggetti, tra questi soggetti protetti
intercorrono rapporti a volte diversi da quelli di lavoro subordinato e cioè rapporti
associativi, di lavoro autonomo o addirittura familiare.
I contributi previdenziali sono dovute esclusivamente in vista della realizzazione di un
interesse pubblico e dando la funzione di fornire mezzi necessari agli enti che con la loro
attività devono soddisfare questi interessi.
34. Costituzione ed estinzione del rapporto avente ad oggetto l'obbligazione contributiva.
La prescrizione
L'obbligo del pagamento dei contributi previdenziali sorge immediatamente al verificarsi
delle condizioni previste dalla legge.
A volte l'obbligazione contributiva sorge solo quanto si verifichino fatti ulteriori:
l'esercizio di una determinata specifica attività rispetto alla generica prefazione del lavoro
in posizione subordinata, lo svolgimento di una attività lavorativa rispetto ad un rapporto
associativo. Quest'ultimo è caso dei liberi professionisti.
L'obbligo contributivo si estingue anche per prescrizione. Questa è divenuta quinquennale
dal 1° gennaio 1996.
La legge n. 335 del 1995 ha ridotto a cinque anni la prescrizione per tutte le altre
contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, restando, così, modificata
anche la previgente prescrizione decennale per la contribuzione dovuta per la tutela contro
gli infortuni e le malattie professionali e per la tutela di malattia.
35. Determinazione dell'obbligo contributivo
Secondo l'art. 23 cost " nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta
se non in base alla legge", quest'ultima non solo importa obbligo contributivo ma ne
determina anche l'ammontare.
A volte i contributi sono determinati in misura fissa, invece altre volte, in misura
proporzionale della retribuzione imponibile.
Retribuzione o reddito professionale costituiscono la base imponibile che deve essere
valutata secondo i criteri stabiliti dalla legge.
Il tasso è fissato, o può essere variato, con decreto del presidente della repubblica su
proposta del ministro del lavoro e della previdenza sociale.
La legge determina le condizioni per l'esistenza dell'obbligo contributivo, mentre la
discrezionalità attribuita all'autorità governativa e agli enti previdenziali deve essere
esercitata nel rispetto dei criteri e nei casi determinati dalla legge.
Ai soggetti tenuti al pagamento dei contributi la legge impone anche obblighi accessori,
rispetto a quello contributivo, allo scopo di fornire agli enti previdenziali elementi
necessari per accertare l'esistenza dell'obbligo.
Questi obblighi accessori, assistiti a volte da sanzioni, sono imposti dalla legge al solo fine
di fornire gli elementi necessari per accertare l'esistenza dell'obbligazione contributiva e
l'ammontare dei contributi dovuti, deve ritenersi che il loro adempimento dia luogo a vere
e proprie denunzie.
L'obbligazione contributiva non sorge per effetto dell'accertamento, ma già avvenuta
essere nel momento in cui si sono verificate le condizioni oggettive e soggettive previste
dalla legge.
36. La retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale: a) la nozione legale
Per la determinazione dell'importo dei contributi previdenziali dovuti alle forme di tutela
previdenziale dei lavoratori subordinati, è determinante l'individuazione della retribuzione
da prendere come base per l'applicazione delle percentuali previste dalla legge.
La nominativa vigente prima del 1969 considerava retribuzione, ai fini contributivi, tutto
ciò che lavoratore riceve, in danaro o in natura, dal datore di lavoro per compenso
dell'opera prestata.
La disciplina del 1969, invece, considerava retribuzione, ai fini contributivi,tutto ciò che il
lavoratore riceve dal datore di lavoro, in danaro o natura, in dipendenza del rapporto di
lavoro.
A era assoggettabile a contribuzione previdenziale non solo il corrispettivo in senso
oggettivo del lavoro prestato, ma anche il corrispettivo in senso soggettivo.
Un ulteriore evoluzione della nozione di retribuzione assoggettabile a contribuzione
previdenziale si è avuta, di recente, con l'emanazione del decreto legislativo 2 settembre
1997 n. 314.
La legge n. 662 del 1996 aveva indicato come criterio direttivo la completa equiparazione,
ove possibile della nozione di reddito imponibile a fini fiscali e di retribuzione
assoggettabile a contribuzione previdenziale.
Senonché, l'inciso "ove possibile" segnava un limite al legislatore delegato.
Di conseguenza, l'art. 6 del d.lgs. n.314 del 1997, che ha novellato l'art. 12 della legge n.
153 del 1969, dev'essere interpretato nel senso che la nozione di retribuzione
assoggettabile a contribuzione previdenziale è deferita mediante il rinvio all'art. 46 del
TUIR e non all'art. 48 TUIR che definisce il reddito da lavoro ai fini del prelievo fiscale.
Ne deriva che la nozione di retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale non
ha subito sostanziali modifiche posto che l'art. 46 del TUIR stabilisce che " sono redditi di
lavoro dipendenti quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di
lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze sotto la direzione di altri".
Sono espressamente escluse sia l'indennità di anzianità che l'indennità di cassa e alle quali
sono state aggiunte le erogazioni liberali concesse dal datore di lavoro, in occasione di
festività o ricorrenze, alle generalità o a categorie di lavoratori; i pasti consumati nelle
mense aziendali.
Sono escluse le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al
fine di incentivare l'esodo dei lavoratori.
Restano, invece, comprese da retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale le
integrazioni delle prestazioni previdenziali economiche che i contratti collettivi pongono a
carico dei datori di lavoro in caso di assenza dal lavoro per malattia, infortunio o
gravidanza e puerperio.
37. Segue: b) l'interpretazione giurisprudenziale
La giurisprudenza, sostituendo il requisito della dipendenza da rapporto di lavoro, voluto
dal legislatore, con il criterio della coincidenza temporale con rapporto stesso, aveva finito
con il ritenere assoggettabile a contribuzione previdenziale qualsiasi erogazione che, a
prescindere dall'accertamento della sua natura e funzione, avvenisse durante rapporto di
lavoro emesse nell'esistenza di tale rapporto la ragione, anche indiretta o occasionale, della
sua erogazione.
L'unico limite all'assoggettabilità a contribuzione previdenziale finiva per essere costituito
dalla tassativa elencazione prevista dalla legge.
Di qui la nozione di retribuzione assoggettabile a condizione previdenziale è stata estesa
fino a ricomprendervi le somme erogate dal datore di lavoro da soggetti diversi dal
lavoratore.
Fin quando la legge n. 335 del 1995 non ha modificato i criteri di calcolo delle pensioni, la
retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale costituiva anche la base di
calcolo dell'ammontare delle prestazioni pensionistiche.
38. Segue: c) l'interpretazione legislativa
Si era assistito a ripetuti interventi legislativi, volti a fornire una interpretazione autentica
dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969 che determinava l'esclusione, totale o parziale,
dall'imposizione contributiva degli specifici trattamenti di volta in volta presi in
considerazione.
Il legislatore aveva stabilito che la disposizione dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969
doveva essere interpretata nel senso che sono escluse dall'imposizione contributiva e che
sono assoggettate esclusivamente ad un contributo di solidarietà, a carico dei datori di
lavoro, "le contribuzioni e somme, versate o accantonate, a finanziamento di casse, di
fondi, gestioni o forme assicurative previsti da contratti collettivi o da accordi o da
regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali
a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione".
Il legislatore aveva anche stabilito che l'art. 12 della legge n. 153 nel 1969 da essere
interpretato nel senso che nella diaria onde indennità di trasferta sono ricomprese anche le
indennità spettanti ai lavoratori tenuti a per contratto ad una attività lavorativa in luoghi
variabili e sempre diversi da quello della sede aziendale, anche se corrisposti con carattere
di continuità.
Il legislatore aveva anche stabilito che non è assoggettabile a contribuzione previdenziale il
finanziamento dei servizi di mensa e di trasporto predisposti dal datore di lavoro a favore
della generalità dei lavoratori e per esigenze connesse con l'attività lavorativa.
Per i recente il legislatore aveva affermato che sono escluse dalla retribuzione
assoggettabile a contribuzione previdenziale: le spese sostenute dal datore di lavoro per il
funzionamento degli asili nido aziendali; le spese per il finanziamento di circoli aziendali; le
differenze tra il prezzo di mercato e quello agevolato praticato per l'assegnazione ai
dipendenti di azioni della società datrice di lavoro ovvero di società controllanti o
controllate.
Il legislatore aveva escluso dalla retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale
anche: le spese sostenute dal datore di lavoro per colonie climatiche in favore di figli dei
dipendenti, o universitari; il valore dei generi prodotti azienda ceduti dipendenti.
Era stato assoggettato a contribuzione previdenziale il 50% della differenza tra il costo
aziendale della provvista relativa ai mutui e prestiti concessi dal datore di lavoro
dipendenti e il tasso agevolato se inferiore al predetto costo, applicato ai dipendenti stessi.
39. Segue: d) l'uniformità di disciplina
La disciplina dettata per il regime generale è stata estesa a regimi esclusivi dei dipendenti
dello stato e degli enti locali e a quelli sostitutivi.
40. Segue: e) minimali e massimali di contribuzione e di retribuzione pensionabile
La gestione dei dirigenti di aziende industriali prendevo limite massimo della retribuzione
assoggettabile a contribuzione previdenziale e di quella pensionabile.
Nell'assicurazione generale obbligatoria e nelle gestioni dei quali trova applicazione l'art.
13 della legge n. 153 del 1969, non ha la previsto alcun limite massimo di retribuzione,
oltre il quale viene meno l'l'obbligo contributivo. Tale limite è stato recentemente
introdotto per tutti lavoratori che iniziano l'attività lavorativa dopo il 1 ° gennaio ha 1996
e per i lavoratori che opterranno per la liquidazione della pensione di vecchiaia unificata
con il nuovo sistema contributivo.
Per la retribuzione da assumere a parametro per il calcolo delle pensioni retributive è
fissato un massimale.
Tale massimale viene progressivamente adeguato nel tempo con atto apposita normativa.
È previsto un minimale di retribuzione, ai fini del calcolo dei contributi previdenziali
dovuti.
La retribuzione da assumere come base di quel calcolo non può essere inferiore all'importo
delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale e non può essere
inferiore al 9, 5% dell'importo del trattamento minimo mensile della pensione a carico del
fondo pensioni lavoratori dipendenti.
Il legislatore ha disposto che, nella determinazione delle voci indirette o indiretta della
retribuzione si debba necessariamente tener conto della effettiva volontà delle parti
stipulanti i contratti collettivi e gli accordi sindacali aziendali che li prevedono.
Un tipo particolare di minimale di retribuzione, ai fini del versamento dei contributi
previdenziali, è previsto per i rapporti di lavoro ad orario ridotto.
La contribuzione è determinata su retribuzione media convenzionale, non solo per i
lavoratori italiani all'estero, ma anche per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e sul
reddito professionale netto imponibile ai fini IRPEF per gli altri lavoratori autonomi.
41. L'obbligazione contributiva nei confronti dei lavoratori italiani all'estero
La tutela previdenziale e dei lavoratori italiani all'estero ha avuto attuazione condizionata
dall'esistenza di convenzioni internazionali in materia di sicurezza sociale che estendevano
agli stranieri il regime previdenziale dei lavoratori nazionali.
Una tutela più intensa, ma limitata all'ambito dei paesi aderenti, si è avuta con l'istituzione
della comunità economica europea. Il principio della libera circolazione della manodopera
è stato attuato mediante regolamenti comunitari a quelli resistenti.
Ai fini della realizzazione della tutela previdenziale dei lavoratori dell'Europea, deve essere
tenuto conto della giurisprudenza della corte di giustizia delle comunità che più volte ha
statuito sull'interpretazione ed applicazione delle legislazioni nazionali.
Per i paesi extra comunitari e ove fossero mancate convenzioni internazionali, il lavoratore
italiano restava privo di quelle forme di tutela previdenziale che si realizzano mediante
l'erogazione di prestazioni sanitarie o di indennità economiche temporanee.
Per la tutela pensionistica la legge si limitava a prevedere la possibilità, per i cittadini
italiani che avessero prestato lavoro subordinato all'estero, di chiedere il riscatto dei
periodi non coperti da assicurazioni sociali riconosciute dalla legislazione italiana.
Fuori dalla comunità economica europea, la tutela previdenziale dei lavoratori italiani
all'estero era condizionata dall'esistenza di una convenzione internazionale o dalla volontà
dello stesso datore di lavoro.
La necessità di modificare questa situazione fu avvertita la prima volta in occasione
dell'istituzione del servizio sanitario nazionale. L'art. 37 della legge n. 833 del 1978
previde l'emanazione di provvedimenti legislativi idonei a garantire la tutela della salute
anche agli italiani che lavorano all'estero. Tale garanzia è stata attuata dal d.p.r, 31 luglio
1980 n. 618.
La legge n. 398 del 1900 878 ha stabilito che i lavoratori italiani all'estero, impiegati in
paesi extracomunitari con i quali non siano in vigore accordi di sicurezza sociale, sono
obbligatoriamente iscritti alle gestioni previdenziali italiane.
Il legislatore ha previsto che la contribuzione previdenziale e la misura delle prestazioni
non siano commisurate alla retribuzione effettivamente percepita all'estero, ma ad una
retribuzione convenzionale determinata sulla base di un accertamento annuo di valore
medio delle retribuzioni sindacali italiane.
42. Responsabilità per omessa o irregolare contribuzione previdenziale
Quando obbligato al versamento della contribuzione previdenziale è il datore di lavoro, e
egli è responsabile anche per la quota che la legge pone a carico del lavoratore ( art. 2115,
2 comma cc). Il datore di lavoro ha diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore ( art.
2115 , 2 comma cc).
L'omessa o irregolare contribuzione previdenziale può dar luogo ad una responsabilità
penale e civile e amministrativa del datore di lavoro.
L'omesso o irregolare versamento dei contributi previdenziali è stato lungo considerato
dalla legge come reato e come una contravvenzione. È punito con l'ammenda per la quale
però era ammessa l'oblazione.
Successivamente però sono state abolite le sanzioni penali sostituendole con quelle
amministrative (c.d. depenalizzazione).
Sono ancora previste sanzioni penali per il datore di lavoro quando l'evasione contributiva
e quantitativamente rilevante a condizione non solo che l'evasione sia determinata dalla
omessa o irregolare tenuta delle scritture ( libero paga,) Massari ha anche qualificata dal
dolo specifico.
Le sanzioni amministrative possono essere annullate,o ridotte, nei casi in cui il ritardo
dell'adempimento del datore di lavoro sia limitato nel tempo.
La legge prevede ulteriori sanzioni,c.d. civili.
Oltre contributi non versati sono dovuti gli interessi legali, ma di norma è dovuta una
"somma aggiuntiva" il cui ammontare varia a seconda che si tratti di mera omissione
contributiva (mancato o tardivo pagamento di contributi in presenza di registrazioni e
documentazione aziendale regolarmente tenute) ovvero di evasione contributiva ( e
conseguente ad omessa o infedele registrazione). Nel primo caso non può superare il 40%
dell'ammontare dei contributi omessi; nel secondo caso l'ammontare massimo complessivo
delle sanzioni è pari al 60%.
La sanzione della " somma aggiuntiva" è dovuta nella misura massima del 40% anche nel
caso di evasione ove il datore di lavoro denunci spontaneamente inadempimento
contributivo e provveda a versare contributi dovuti entro 30 giorni dalla denuncia.
Le sanzioni civili possono essere ridotte sino alla misura degli interessi legali, nel caso di di
oggettive, gravi incertezze relative all'esistenza dell'obbligo contributivo nonché nel caso
di aziende in crisi.
Si ritiene che la sanzione della somma aggiuntiva è abbia natura di sanzione civile e
costituisca il risarcimento del danno.
Sanzioni amministrative sono previste per la violazione da parte del datore di lavoro degli
obblighi accessori che hanno lo scopo di fornire al lavoratore l'indicazione della
retribuzione denunciata e assoggettata a contribuzione previdenziale e di fornire agli enti
previdenziali gli elementi per accertare l'esistenza dell'obbligo contributivo e l'ammontare
dei contributi dovuti e delle retribuzioni individuali.
43. Responsabilità del datore di lavoro nei confronti del lavoratore per omessa o irregolare
contribuzione previdenziale
Nei limiti in cui non trova compiuta applicazione il principio dell'automaticità delle
prestazioni, e il datore di lavoro e anche responsabile nei confronti del lavoratore del
danno che a questo sia derivato dalla mancata o irregolare contribuzione previdenziale
( art. 2116, 2 comma cc).
Responsabilità che deriva dalla violazione del diritto soggettivo del lavoratore alla
posizione contributiva. Questa viene configurata come entità patrimoniale. come un bene
giuridico produttivo di effetti economici, la cui lesione concretizza un danno certo,
suscettibile di immediato risarcimento. E infatti, il lavoratore, a ragione del divieto di
versare contributi prescritti, può subire un danno.
Il diritto risarcimento dei danni per omessa o irregolare contribuzione è riconosciuto anche
superstiti del lavoratore.
La giurisprudenza della corte di cassazione ritiene che lavoratore possa far valere le sue
ragioni esercitando due azioni:
a) trova fondamento nell'art. 2116 cc e ha ad oggetto il risarcimento dei danni. Azione
esperibile nel momento in cui l'ente previdenziale ha verificato le prestazioni o le abbia
concesse in misura minore di quella dovuta per effetto del mancato o irregolare
versamento dei contributi previdenziali dovuti. Il termine di prescrizione di questa azione è
di dieci anni dalla data del provvedimento di rifiuto della pensione o di quello che la
determina in misura inferiore di quella dovuta.
b) deriva dalla lesione del diritto del lavoratore alla sua posizione contributiva. Azione che
non solo sarebbe esperibile sin dal momento in cui si è verificata l' omissione contributiva,
ma sarebbe anche imprescrittibile. Questa azione può avere ad oggetto la condanna del
datore di lavoro ad adempiere l'obbligazione contributiva non ancora prescritta nei
confronti dell'ente previdenziale che però deve essere chiamato in giudizio in quanto unico
legittimato a far valere il credito contributivo. Ove quest'ultimo sia prescritto, l'azione non
potrà avere altro oggetto che il risarcimento del danno.
La legge prevede una liquidazione in forma specifica del danno derivante da omessa o
irregolare contribuzione previdenziale.
La costituzione della rendita avviene con il pagamento all'ente previdenziale di un capitale
corrispondente alla riserva matematica necessaria per erogare le prestazioni che sarebbero
state dovute e se non si fosse verificata l'omissione contributiva. Ne consegue che il
versamento di quel capitale comporta la regolarizzazione della posizione contributiva del
lavoratore.
Il rapporto di lavoro deve risultare da documentazione di data certa.
Il lavoratore, quando non possa ottenere la costituzione della rendita dal datore di lavoro,
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Diritto del lavoro, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente Diritto della previdenza sociale, Persiani. Nello specifico gli argomenti che vengono trattati sono i seguenti: L'evoluzione della Previdenza sociale, il sistema giuridico della Previdenza sociale, il rapporto contributivo.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Salerno - Unisa o del prof Loele Lorenzo.
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