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PERMESSI D’USCITA

Sono disciplinati dalla Legge penitenziaria negli art. 30, 30-bis, 30-ter e 30-quater.

Vi sono due tipi di permessi di uscita concettualmente distinti:

1) Permesso di uscita che risponde ad esigenze di carattere umanitario ed è

disciplinato dall’art. 30, e si ricollega alla prima parte del 3° comma dell’art. 27

Costituzione, poiché le pene non possono esser contrarie al comune senso di

umanità. Questa prima categoria di permessi è rappresentata dal breve permesso

di uscita per andare a trovare un prossimo congiunto che si trova in imminente

pericolo di vita, malato gravemente, tanto che si teme per la sua vita. Sarebbe

infatti una detenzione disumana quella che non permette ad un soggetto, anche se

detenuto, di recarsi per l’ultima volta di visitare un congiunto troppo malato. Questa

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categoria di permessi è presente nell’ordinamento penitenziario italiano a partire

dalla legge del 1975, quando è stato riformato l’ordinamento penitenziario.

2) Permessi di uscita disciplinati dall’art. 30-ter, introdotta non contemporaneamente

all’entrata in vigore della Legge penitenziaria, ma con la legge Gozzini del 10

ottobre 1986, n.663, quindi 11 anni dopo! Questo secondo gruppo di permessi in

contrapposizione al primo possono esser chiamati con 3 diversi nomi, fra loro

sinonimi:

1. La rubrica dell’articolo parla di permessi premio;

2. Permessi trattamentali;

3. Permessi rieducativi .

La differenza principale è che il permesso umanitario viene fruito una tantum, invece i

permessi premio, o trattamentali, o rieducativi, possono esser fruiti con una certa

regolarità, e allora sì che divengono strumenti del trattamento, e forse il più importante.

04/04/2013

PERMESSI UMANITARI

Permessi umanitari di cui all’art. 30, nel 1° comma.

Art. 30.

Permessi

Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un

convivente, ai condannati e agli internati puo' essere concesso dal magistrato di

sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento,

l'infermo. Agli imputati il permesso e' concesso, durante il procedimento di primo grado,

dalle medesime autorita' giudiziarie competenti ai sensi del secondo comma dell'articolo

11 a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli imputati fino alla pronuncia

della sentenza di primo grado. Durante il procedimento di appello provvede il presidente

del collegio e, nel corso di quello di cassazione, il presidente dell'ufficio giudiziario presso

il quale si e' svolto il procedimento di appello.

((Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per

eventi familiari di particolare gravita'))

Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso

senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non piu' di dodici, e'

punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, e' punibile a

norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale ed e' applicabile la

disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.

L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del

permesso senza giustificato motivo e' punito in via disciplinare.

Non c’è alcun limite che riguarda la condanna. È congruente con la natura di questo

permesso il fatto che non vengano previsti requisiti di meritevolezza, prescindendo dalla

tipologia di reato e dalla condotta carceraria, poiché le esigenze umanitarie della pena

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sono tanto forti da sfondare queste paratie relative alla gravità del reato e al

comportamento in carcere.

Le esigenze umanitarie sono un valore importante, degno di tutela, ma non meno degno d

tutela è la sicurezza della collettività. È stato disposto un correttivo a questo problema, ed

è rappresentato dall’inciso nel 1° comma in cui c’è scritto che il magistrato di sorveglianza

concede il permesso con le cautele previste dal Regolamento.

Nel Regolamento di esecuzione all’art. 64, comma 2 si stabilisce infatti:

Art. 64.

Permessi

1. I permessi, previsti dal primo e secondo comma dell'articolo 30 della legge, sono

concessi su domanda e hanno una durata massima di cinque giorni, oltre al tempo

necessario per raggiungere il luogo dove il detenuto o l'internato deve recarsi.

2. Nel provvedimento di concessione sono stabilite le opportune prescrizioni ed è in ogni

caso specificato se il detenuto o l'internato deve o meno essere scortato per tutto o per

parte del tempo del permesso, avuto riguardo alla personalità del soggetto e all'indole del

reato di cui è imputato o per il quale è stato condannato.

Sempre nell’art. 64, 4° comma troviamo un’altra cautela:

4. Per i permessi di durata superiore alle dodici ore può esser disposto che il detenuto o

l'internato trascorra la notte in un istituto penitenziario.

La concessione o il diniego del permesso ruota attorno alla verifica del magistrato di

sorveglianza che sia esatto il presupposto di fatto che sta alla base della richiesta, ossia

che ci sia il prossimo congiunto o il convivente in pericolo di vita, chiedendo ai medici se la

situazione di salute è tale da poter parlare di un imminente pericolo di vita. Questi

permessi comunque possono esser fruiti anche dagli imputati, anche se solitamente

riguardano gli internati e i condannati.

È inoltre obbligatorio per il giudice stabilire se ci vuole la scorta o no.

Questi permessi hanno durata massima di 5 giorni, computati escludendo il tempo

necessario per il viaggio.

Il secondo comma dell’art. 30 è stato oggetto di modifica legislativa ad opera della legge

20 luglio 1977 n.450.

La versione precedente, originaria era la seguente:

“Analoghi permessi possono essere concessi per gravi e accertati motivi”.

Perché questo secondo comma è stato modificato?

Prima della riforma del 1975 le rivolte in carcere erano frequenti, infatti si verificavano casi

in cui i carcerati salivano sui tetti mostrando cartelli in cui si invocava la riforma

penitenziaria, poiché c’era ancora il Regolamento del 1931, e la riforma dei codici penali

fascisti. Quando entra in vigore la riforma penitenziaria le aspettative di questa legge

nuova sono molte e vanno al di là di ciò che la legge può offrire.

Sia prima di ottenere il permesso, sia dopo che il permesso è stato fruito il detenuto che

ha beneficiato del permesso diviene più tranquillo, e da meno problemi in carcere. Il

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permesso infatti è visto come uno strumento importante, è ben visto. Quindi quando viene

alla luce il nuovo art. 30 c’è un po’ di delusione, e si pressa il magistrato di sorveglianza

per far sì che il numero di permessi possa aumentare.

Questo si ricava dal secondo comma originario. Quali potrebbero essere gli analoghi

motivi che consentono la concessione di un permesso non già ai sensi del primo comma,

ma del secondo comma?

Ad esempio quando la malattia non è così grave da poter rientrare nel primo comma,

oppure quando si riceve notizia da casa che un congiunto è in serio pericolo di vita, e

quindi si chiede il permesso al magistrato di sorveglianza, che però deve accertare e

decidere se concedere il permesso e se vi sono i requisiti. Nel ritardo però il congiunto

muore. E allora si può ricorrere alla disciplina del primo comma? Ad esempio per andare al

funerale?

Sì.

In caso di nascita di un figlio? È completamente disomogeneo rispetto agli esempi

precedenti, che erano eventi luttuosi, o dolorosi. Invece nel caso della nascita di un figlio

come si può interpretare l’art. 30 in modo da concedere al detenuto il permesso?

La soluzione: si è forzato nel secondo comma quell’aggettivo “gravi”, che sembra

sottintendere qualcosa di negativo, ma i magistrati di sorveglianza però hanno detto che

non è necessariamente così, poiché grave può esser sinonimo di qualcosa di importante,

un motivo importante, quale anche la nascita del figlio. Allora facendo leva su questo

significato dell’aggettivo grave posso concedere permessi anche per avvenimenti gioiosi.

Nel momento in cui l’aggettivo “grave” si interpreta in questo modo, apriamo una faglia,

perché è importante la nascita del figlio, ma anche la laurea del figlio, la prima comunione

del figlio, il matrimonio del detenuto al di fuori del carcere. Allora attraverso

quell’interpretazione forzata dell’aggettivo “grave” abbiamo una proliferazione delle

occasioni in cui il detenuto può andare in permesso, e allora abbiamo una surrettizia

trasformazione dal trattamento umanitario al trattamento Trattamentale.

La responsabilità è del magistrato di sorveglianza, che deve decidere se concedere o

meno il permesso, e se stabilire una scorta. Se si tratta di un imputato l’organo di reclamo

è la corte d’appello, come individuato dall’art. 30-bis.

Art. 30-bis

(Provvedimenti e reclami in materia di permessi).

Prima di pronunciarsi sull'istanza di permesso, l'autorita'

competente deve assumere informazioni sulla sussistenza dei motivi addotti, a mezzo

delle autorita' di pubblica sicurezza, anche del luogo in cui l'istante chiede di recarsi.

La decisione sull'istanza e' adottata con provvedimento motivato.

Il provvedimento e' comunicato immediatamente senza formalita',

anche a mezzo del telegrafo o del telefono, al pubblico ministero e all'interessato, i quali,

entro ventiquattro ore dalla comunicazione, possono proporre reclamo, se il

provvedimento e' stato emesso dal magistrato di sorveglianza, alla sezione di

sorveglianza, o, se il provvedimento e' stato emesso da altro organo giudiziario, alla corte

di appello.

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La sezione di sorveglianza o la corte di appello, assunte, se del

caso, sommarie informazioni, provvede entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo

dandone immediata comunicazione ai sensi del comma precedente.

Il magistrato di sorveglianza, o il presidente della corte

d'appello, non fa parte del collegio che decide sul reclamo avverso il provvedimento da lui

emesso.

Quando per effetto della disposizione contenuta nel precedente

comma non e' possibile comporre la sezione di sorveglianza con i magistrati di

sorveglianza del distretto, si procede all'integrazione della sezione ai sensi dell'articolo 68,

terzo e quarto comma.

L'esecuzione del permesso e' sospesa sino alla scadenza del termine

stabilito dal terzo comma e durante il procedimento previsto dal quarto comma, sino alla

scadenza del termi

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
123 pagine
5 download
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher pinkyale89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penitenziario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Della Casa Franco.