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TRASFERIMENTI

I non mutano mai la competenza del giudice perché questi

potrebbero essere utilizzati dall’amministrazione penitenziaria con intenti ritorsivi.

Accade che magari spostando il detenuto in un’altra circoscrizione egli avrebbe

maggiori difficoltà a vedersi riconosciuto un beneficio penitenziario.

perpetuatio iurisdictionis

Vige il principio della , ossia la competenza rimane

fondata in capo al giudice che ha ricevuto la richiesta da parte dell’interessato.

All’interno di questa udienza spesso capita che il soggetto a piede libero venga

condannato all’esito di un processo penale e fino a quel momento non si sia neanche

posto il problema della sua detenzione. Nel momento in cui arriva il definitivo, quindi

viene notificato l’ordine di esecuzione, bisogna affrontare il problema della possibile

detenzione.

Per i soggetti detenuti in custodia cautelare la questione è diversa perché in questo

caso ci si ritrova detenuti per esigenze legate ai processi e non si ha nulla a che fare

con la pena.

È importante in questo caso concentrare tutto quello che si può e farlo conoscere al

magistrato di sorveglianza o al tribunale. Spesso sono situazioni drammatiche perché

magari il proprio assistito scoppia in lacrime e descrive una vita fatti di stenti e

umiliazioni che lo hanno portato a delinquere.

In sede del procedimento di sorveglianza non si discute del fatto di reato che rimane

tale così come è stato accertato dalla sentenza definitiva. Si discute della personalità

dell’interessato che ha fatto richiesta di misura alternativa o beneficio penitenziario e

che naturalmente deve essere valutato nel suo percorso riabilitativo portato avanti.

In realtà, a partire dal 1975 in poi la magistratura di sorveglianza può contare su

competenze che in qualche modo mettono in discussione quanto statuito con

riferimento alla determinazione della pena da parte del giudice del processo.

C’è la possibilità nel nostro ordinamento di vedere messa in discussione la pena, così

come determinata dal giudice del processo, da parte della magistratura di

sorveglianza che però non potrà mai modificarne i contenuti con riferimento alla

statuizione della pena.

Nell’ambito dell’esecuzione penale penitenziaria il procedimento di sorveglianza non è

l’unico procedimento attraverso il quale operano gli organi della sorveglianza ma ci

sono i procedimenti di sorveglianza che consistono nei reclami previsti dalla legge

penitenziaria (es: reclamo in materia di permessi).

Nei casi in cui la legge prevede per il soggetto interessato la possibilità di reclamare

un provvedimento del magistrato di sorveglianza, succede che quel provvedimento

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emesso dal giudice sarà possibile impugnarlo davanti al tribunale di sorveglianza. Qui

il reclamo si svolgerà pur sempre con le forme del procedimento di sorveglianza

atipico.

Il magistrato di sorveglianza decide ad esempio su un’istanza di liberazione anticipata

che viene riconosciuta al soggetto che abbia mantenuto una buona condotta entro un

semestre di pena e abbia partecipato attivamente all’opera di rieducazione.

Questo soggetto che si vede rigettare l’abbuono dei 45 giorni ha la possibilità di

reclamare davanti al tribunale di sorveglianza e quindi di far nuovamente esaminare di

fronte al collegio la sua situazione perché il collegio verifichi se quel rapporto possa

avere un’incidenza sul suo percorso di partecipazione all’opera di rieducazione. In

questa fase il procedimento all’esito del quale il tribunale di sorveglianza deciderà è

quello compiutamente giurisdizionalizzato, ossia il procedimento di sorveglianza tipico.

QUINDI, la magistratura di sorveglianza è una magistratura nella duplice composizione

di giudici che hanno a cuore la personalità dell’individuo. Non a caso all’esito del

procedimento di sorveglianza viene emesso un giudizio sull’uomo e non sul fatto reale,

che pure in qualche modo costituisce sempre un punto di partenza per le decisioni del

tribunale di sorveglianza. 08/11/2019

Il grande tema del sovraffollamento va sicuramente preso in considerazione. La

situazione però non è migliorata, anzi, lentamente stiamo ritornando ai tassi di

sovraffollamento degli anni precedenti che avevano portato ai ricorsi davanti a

Strasburgo e alle condanne per violazione dell’art. 3 CEDU.

La tendenza attuale è una tendenza all’aumento della popolazione detenuta rispetto

alla capienza media e agli standard previsti a livello europeo, dalle regole penitenziarie

e dai rapporti del CPT.

Se prendiamo in considerazione quanto detto fino ad ora abbiamo parlato di

caratteristiche generali però non abbiamo ancora fatto un discorso molto concreto.

I DIRITTI DELLA PERSONA DETENUTA

La persona detenuta, visto che è privata esclusivamente della libertà personale, di

quali diritti gode? Dobbiamo prendere in considerazione il soggetto comunque

detenuto e verificare i diritti che rimangono in capo a questo soggetto, i quali sono

comunque diversi dalla libertà personale.

Qui ci dovremmo aiutare con le fonti interne e con le fonti internazionali.

Contano tanto le sentenze della Corte Europea. Nel Caso Torreggiani i giudici ad un

certo punto parlano di vulnerabilità della persona detenuta e fanno proprio questo

discorso: il detenuto è vulnerabile perché è privato della libertà personale e quindi

bisogna stabilire quali diritti di volta in volta rimangono.

Lo stesso criterio e le stesse parole ritornano molte volte nelle sentenze della corte

DIRITTO AL

costituzionale che, ad esempio, in un caso sottolineano l’importanza del

NOME . 69

Nella sentenza n. 13 del 1994 i giudici costituzionali, nel trattare di una questione

specifica, ribadiscono come il diritto al nome sia un segno distintivo irrinunciabile della

propria identità personale.

Leggendo il regolamento del 1931 l’appello veniva fatto mediante numero di matricola

e non mediante le generalità dell’individuo.

Quindi, di sicuro, il nostro individuo è privato della libertà personale ma mantiene il

diritto al nome (e quindi rispetto, individualità, dignità).

DIRITTO ALLA SALUTE

Inoltre, bisogna garantire il . Di sicuro questo diritto non

dovrebbe essere cancellato. Che il diritto alla salute sia sicuramente importante lo si

capisce andando a vedere lo schema delle regole penitenziarie europee che dedicano

un’apposita parte al diritto alla salute. ART. 11

Questo diritto ha un riferimento specifico nell’ordinamento penitenziario all’

O.P. Questo articolo è stato anche modificato di recente con gli interventi del 2018 ed

è diventato un articolo lungo e complicato. Prevede una serie di cose ma certo

costituisce il grande centro del discorso.

C’è anche un altro articolo che potremmo citare immediatamente e che ci serve per

sostenere l’importanza del diritto alla salute. A questo art. 11 O.P. dobbiamo

ART. 32 COST.

affiancare l’ , il quale è composto da due commi.

ART. 32 COST. – LA TUTELA DELLA SALUTE

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse

della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per

disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal

rispetto della persona umana”.

Nel 1° co. risulta evidente l’importanza del diritto come diritto inviolabile e garantito a

tutti. Questo non è assolutamente un qualcosa di scontato.

Inizialmente il diritto alla salute viene considerato un mero principio programmatico.

Vale a dire che non è un diritto azionabile e non ha una precettività immediata.

Solo nel 1970 si inizia a ribaltare questa impostazione.

Parlare di diritto soggettivo non azionabile significa che il diritto è dichiarato ma poi le

tutele sono pari a zero.

Bisogna poi ricordare che il diritto alla salute non è un diritto unitario ma si articola in

tante situazioni soggettive. SALUTE

Noi automaticamente utilizziamo il termine “diritto alla salute”, ma cos’è la ?

È solo assenza di malattia? Noi spesso siamo portati a opporre salute a malattia. Se

però andiamo a controllare le definizioni a livello interazionale, quelle

dell’organizzazione mondiale della sanità, emerge un concetto di salute molto più

ampio e che è collegato non all’assenza di una malattia ma ad uno stato più ampio di

benessere.

Salute quindi non significa essere meramente non malati ma è benessere, almeno

psicofisico.

Infondo il problema del sovraffollamento è assolutamente legato alla salute perché se

c’è sovraffollamento c’è poco spazio, si vive male, c’è scarsa igiene ecc... Quindi il

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discorso del sovraffollamento può essere collegato ad una violazione del diritto alla

salute.

DECLINAZIONI DEL DIRITTO ALLA SALUTE

Si tratta di quattro profili che dovrebbero sempre trovare una loro tutela all’interno

dell’ordinamento penitenziario.

1. Diritto all’integrità psico-fisica

2. Diritto ai trattamenti sanitari

3. Diritto all’autodeterminazione sanitaria

4. Diritto ad un ambiente salubre

DIRITTO ALL’INTEGRITÀ PSICO-FISICA

Con l’espressione possiamo introdurre il

discorso del sovraffollamento. Questo diritto richiama anche le tante possibili

violazioni che possono essere rivolte al corpo e alla psiche di una persona

(maltrattamento e tortura).

Se andiamo a vedere l’art. 3 CEDU che vieta la tortura e il maltrattamento, ci troviamo

di fronte ad una giurisprudenza della Corte Europea molto vasta e gran parte di quella

giurisprudenza si occupa proprio di possibili forme di maltrattamento e tortura di

persone detenute (es: perquisizione della cella e perquisizione personale violenta,

lesiva della dignità dell’individuo, aggressione fisica, trasferimenti effettuati in maniera

violenta ecc…). Tutte queste situazioni possono essere ricondotte proprio all’interno di

questo diritto all’integrità psico-fisica. Se si verificano queste situazioni si viola

l’integrità psico-fisica della persona.

I casi sono tantissimi e vanno anche distinti in maniera molto precisa.

Si era anche sottolineata la possibilità da parte della polizia penitenziaria di utilizzare

la forza.

Non bisogna però mischiare la tortura con l’uso della forza. È possibile utilizzare la

forza a determinate condizioni, sempre che l’uso della forza sia proporzionato. Se

inizia

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A.A. 2019-2020
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SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rosandim di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penitenziario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Buzzelli Silvia.